Dana amava le stelle.
Era una cagnolina meticcia che qualche personaggio con poco cuore aveva abbandonato, ancora cucciola, sui cinque o sei mesi di vita, nel parco pubblico del paese.
Apparve un mattino, tutta spaventata, avvicinandosi a un anziano seduto su di una panchina, forse in cerca di cibo. Un esserino tutto nero, a pelo corto, con la parte inferiore delle zampe di colore bianco, come dei calzini.
E una macchia bianca in fronte, a forma di stella a quattro punte. Forse le amava per quello, chi lo sa.
Divenne in fretta la mascotte dei frequentatori, bambini inclusi e, anche se qualcuno provò a darle una cuccia sicura, con pappe e coperta per riposare, dopo pochi giorni scappava e tornava nel parco.
L’associazione “Quattro zampe e un cuore”, di cui faccio parte, si occupò di farla sterilizzare, tenendola sotto controllo per il mese successivo. Non aveva problemi a fare amicizia, si lasciava avvicinare e prendere in braccio tranquillamente.
Una volta chiaro che considerava il parco come casa sua, ci si preoccupò solamente di prepararle un rifugio per i giorni di pioggia e per l’inverno. Costruimmo così un riparo all’interno di un folto cespuglio dove lei si recava spesso per dormire.
Fu restia all’inizio, ma poi comprese che sarebbe stato opportuno sfruttare quell’aiuto e così fece.
Mangiare non era un problema e bere neppure, visto che ci sono un laghetto e un rio, all’interno del parco.
Scoprii che amava le stelle quando, una sera di primavera, la vidi ferma a guardare verso il cielo, ruotando piano la testolina per godersi lo spettacolo.
Sulle prime pensai avesse avvistato qualche volatile, ormai era quasi del tutto buio e le luci dell’universo si stavano accendendo una dopo l’altra.
Rimasi a osservarla per un po’; chissà che pensieri le frullavano dentro…
Voi direte che i cani non pensano, come anche gli altri animali, però io ribatto che non ne sarei così sicuro. Magari pensieri semplici, ma credo che li formulino.
Incuriosito da questo comportamento, la seguii ancora più da vicino ed ebbi conferma: amava le stelle, altrimenti non si spiegava quel suo guardare in su quando faceva buio.
E amava anche il vento, Dana.
Si metteva seduta a prendere le folate, godendo di questo piacere che la natura le elargiva. Poi si rotolava sull’erba, si risiedeva nel vento, si rotolava ancora…
Era una gioia per gli occhi vedere come si divertiva; credo di poter affermare che in quei momenti era felice.
Ricordo che una sera d’agosto giunse un inatteso temporale, piuttosto violento. Per fortuna ero vicino al bar del parco, perché a casa sarei arrivato fradicio. Mentre ero al riparo e la pioggia si affievoliva, pensai a Dana, sperando si fosse rifugiata per tempo.
La pioggia cessò e si levò un vento non da poco. Uscii per tornare a casa ma dopo pochi metri la vidi, seduta sull’erba bagnata a godersi le folate con gli occhi verso l’alto e mi venne un’intuizione: stava aspettando che il vento spostasse le nubi per poter così vedere le stelle.
Mi fermai apposta per verificare ed ebbi ragione.
Appena ne apparvero alcune mi avvicinai alla cagnolina e mi sedetti con lei, incurante del fatto che mi sarei inzuppato i pantaloni, a osservare le luci celesti.
Volse il capo verso di me per un istante, ma poi tornò a contemplare lo spazio.
Quello fu uno dei momenti più belli della mia vita, dove venne a crearsi una comunione uomo-animale-universo che non ritrovai mai più.
Non c’è più, Dana.
Il suo corpicino non venne mai ritrovato, semplicemente scomparve e nessuno la vide più.
Mi manca quel suo incredibile comportamento ma chissà, magari è da qualche altra parte a guardare le stelle, forse in un altro parco, forse in un altro mondo, forse in un altro tempo.
Forse è andata a vederle da vicino, le stelle.