Impegni
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Impegni
https://www.differentales.org/t530-irma-non-parla#34777
“Rompeva più finestre lui con un pallone che i serbi con le loro bombe.”
Dipendente dell’Hotel Kolovare
Tra meno di un’ora giocherò la partita di calcio più importante della mia vita. Non penso agli avversari, non mi concentro sugli schemi, non ripercorro la mia carriera con le sue vittorie e le sue sconfitte, non parlo con i compagni.
Nel corridoio sotterraneo degli spogliatoi ripenso al muro sgangherato del parcheggio dell’Hotel Kolovare contro cui a sei anni tiravo il pallone, ripenso alle scarpette rosse con i tacchetti che mio padre e mia madre mi fecero trovare il giorno di Natale del’91 sotto la brandina del campo profughi di Zara, rivedo la mia casa avvolta dal fumo e dal fuoco, la disperazione della nonna, la paura che mi assale togliendomi il respiro.
Ho ancora nelle orecchie il frastuono delle granate e dei colpi di mortaio serbi. Rumori ancora vivi che superano prepotentemente anche le urla dello stadio. Non se ne andranno mai.
Cosa mi importa di una partita di calcio?
Non sarò mai in pace, non sono pronto, non vorrei essere qui, anche se ho fatto di tutto per giocare questa finale. Ho sognato questo momento per più di venticinque anni e adesso che sono a un passo, tutto sembra perdere di significato.
Ma ecco che sento posarsi bonariamente sui miei capelli, non più così biondi, le mani enormi e ruvide di mio nonno. Ho negli occhi il suo sorriso sdentato, le sue rughe scolpite dal vento. Mi rincuoro nei suoi occhi allegri e buoni. Ho nelle narici il suo odore e quello acre delle sue pecore. Sono a casa, sulle colline aspre della mia terra con il pallone tra i piedi, quello che lui mi ha regalato. Sorrido. Lo aspetto fino a sera per ringraziarlo. E’ buio. Non tornerà.
Non so se questa sera vincerò la Coppa del Mondo ma ho preso due impegni. Parlare con i fantasmi e restituire un sorriso.
“Rompeva più finestre lui con un pallone che i serbi con le loro bombe.”
Dipendente dell’Hotel Kolovare
Tra meno di un’ora giocherò la partita di calcio più importante della mia vita. Non penso agli avversari, non mi concentro sugli schemi, non ripercorro la mia carriera con le sue vittorie e le sue sconfitte, non parlo con i compagni.
Nel corridoio sotterraneo degli spogliatoi ripenso al muro sgangherato del parcheggio dell’Hotel Kolovare contro cui a sei anni tiravo il pallone, ripenso alle scarpette rosse con i tacchetti che mio padre e mia madre mi fecero trovare il giorno di Natale del’91 sotto la brandina del campo profughi di Zara, rivedo la mia casa avvolta dal fumo e dal fuoco, la disperazione della nonna, la paura che mi assale togliendomi il respiro.
Ho ancora nelle orecchie il frastuono delle granate e dei colpi di mortaio serbi. Rumori ancora vivi che superano prepotentemente anche le urla dello stadio. Non se ne andranno mai.
Cosa mi importa di una partita di calcio?
Non sarò mai in pace, non sono pronto, non vorrei essere qui, anche se ho fatto di tutto per giocare questa finale. Ho sognato questo momento per più di venticinque anni e adesso che sono a un passo, tutto sembra perdere di significato.
Ma ecco che sento posarsi bonariamente sui miei capelli, non più così biondi, le mani enormi e ruvide di mio nonno. Ho negli occhi il suo sorriso sdentato, le sue rughe scolpite dal vento. Mi rincuoro nei suoi occhi allegri e buoni. Ho nelle narici il suo odore e quello acre delle sue pecore. Sono a casa, sulle colline aspre della mia terra con il pallone tra i piedi, quello che lui mi ha regalato. Sorrido. Lo aspetto fino a sera per ringraziarlo. E’ buio. Non tornerà.
Non so se questa sera vincerò la Coppa del Mondo ma ho preso due impegni. Parlare con i fantasmi e restituire un sorriso.
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Re: Impegni
Premetto che per me il calcio è un pelo sotto il sanscrito; quindi non so se ti sei ispirato a fatti veri, a un vero calciatore (direi di sì ma non ha poi molta importanza). Mi permetto quindi solo una breve riflessione puramente letteraria e personale.
E' scritto bene, e questo la sai anche tu, ma a mio avviso più che un racconto è una vignetta, uno schizzo, un abbozzo. Come devo dire? La fotografia di un momento intimo, un'immagine tenera nella memoria del giocatore, che va bene, ma la sua brevità lo rende un pochino asettico; non c'è contesto, non c'è particolare profondità, e conseguentemente non dà al lettore il tempo e il modo di immedesimarsi, di conoscere il senso che il protagonista sta dando a questo momento, le sue speranze, il significato del suo ricordo; insomma: manca un pochino di spessore. Comprendi bene che a partire da questo abbozzo potresti facilmente scrivere cinque pagine di ansia, amore, memoria, dramma (della guerra passata) e speranza (rappresentata forse dalla gioia della partita) eccetera, e scrivere quindi un racconto intimista che - da queste poche righe - mi sembra sia nelle tue corde. Così, onestamente, passa come una folata di vento e lascia in me poche sensazioni.
E' scritto bene, e questo la sai anche tu, ma a mio avviso più che un racconto è una vignetta, uno schizzo, un abbozzo. Come devo dire? La fotografia di un momento intimo, un'immagine tenera nella memoria del giocatore, che va bene, ma la sua brevità lo rende un pochino asettico; non c'è contesto, non c'è particolare profondità, e conseguentemente non dà al lettore il tempo e il modo di immedesimarsi, di conoscere il senso che il protagonista sta dando a questo momento, le sue speranze, il significato del suo ricordo; insomma: manca un pochino di spessore. Comprendi bene che a partire da questo abbozzo potresti facilmente scrivere cinque pagine di ansia, amore, memoria, dramma (della guerra passata) e speranza (rappresentata forse dalla gioia della partita) eccetera, e scrivere quindi un racconto intimista che - da queste poche righe - mi sembra sia nelle tue corde. Così, onestamente, passa come una folata di vento e lascia in me poche sensazioni.
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I racconti non si abbandonano come cani in autostrada. Si riprendono, si tolgono le pulci e li si rimette in sesto (rubata a Susanna)
Re: Impegni
Il racconto non deve piacere al lettore, deve piacere soprattutto a chi lo scrive e se hai saziato il tuo cuore con la storia di questo campione, va bene, va bene così.
Bravo Andrea.
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tommybe- Maestro Jedi
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Re: Impegni
Grazie Claudio e Tommy per i vostri commenti. Lo scritto è un piccolo appunto preso prima della finale mondiale Francia - Croazia del 2018 . Ero rimasto colpito da un articolo che parlava di una generazione di calciatori croati cresciuti durante il conflitto balcanico. Il testo immagina i pensieri di Luka Modrič prima dell'incontro più importante della sua carriera e ripercorre molto brevemente l'infanzia traumatica del talentuoso numero 10.
Non ho mai sviluppato ulteriormente la narrazione, nonostante il biasimo di mia moglie (o forse a causa di esso). Confesso che la mia pigrizia è stata poi sicuramente un fattore determinante.
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Re: Impegni
non sono del tutto d'accordo, a mio parere deve cercare di soddisfare entrambi, altrimenti rimane il classico "lo scrivo per me e nessun altro".tommybe ha scritto:Il racconto non deve piacere al lettore, deve piacere soprattutto a chi lo scrive e se hai saziato il tuo cuore con la storia di questo campione, va bene, va bene così.
Bravo Andrea.
ma se lo rendi pubblico, permettimi di dirlo, devi dare qualcosa anche a chi legge.
detto questo, è chiaro che vivere un'emozione come quella del protagonista non è cosa da tutti i giorni, quindi è ovvio che sia in subbuglio.
altrattanto ovvio che evochi echi e ricordi del passato, la strada percorsa per arrivare fin lì, i sacrifici e la volontà.
a me non è dispiaciuto anche se, come dice @Claudio Bezzi, è una folata e poco più.
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Re: Impegni
Andrea @Bernardi, pensa che io, di cognome, mi chiamo Pivari e, nella Croazia che hai descritto, giocava un tale Josip Pivarič con il quale, ovviamente, non ho alcun rapporto di parentela. Tuttavia questa concomitanza mi aveva reso molto simpatica questa squadra che però, mi sembra di ricordare, perse in finale per 4 a 2 contro la Francia...
Sono invece d'accordo sul fatto che racconto non significa per forza che debba esserci una trama che narra delle vicende; un racconto può essere semplicemente di sè stessi e...ça sûffit.
Sono invece d'accordo sul fatto che racconto non significa per forza che debba esserci una trama che narra delle vicende; un racconto può essere semplicemente di sè stessi e...ça sûffit.
AlbertOne- Viandante
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