Io non so ben ridir com’i’ v’intrai,
tant’era pien di sonno a quel punto
che la verace via abbandonai. *1
In preda a una stanchezza eterna, tutto pensava, fuorché di trovarsi in un luogo come quello. C’era un grande spiazzo, un grande prato all’inglese, fresco e ben curato. In fondo al sentiero, tre casette uguali, costruite una accanto all’altra. Quella di sinistra era di color rosso fuoco e ti faceva sudare soltanto a guardarla. Quella al centro era verde come il prato e a guardarla ti sembrava un limbo. Quella di destra era candida come la neve e incuteva tranquillità, pace. A vederla bene pareva, a tratti, cambiar colore, diventando azzurra come il cielo profondo. Eppure, il cielo non si vedeva, poiché quello strano luogo sembrava essere avvolto in una grande nube, pronta a scaricare pioggia e saette.
Molli si fece coraggio, dopotutto non aveva più niente da perdere. Per l’ultima volta pensò al suo corpo, alle spoglie mortali che da poco aveva abbandonato. S’avviò verso la casetta rossa.
Avvicinandosi capì che la casetta era in realtà la stazione da cui partiva una funivia. Le cabine, stranamente, andavano verso il basso. C’era una fila infernale, un grande caos, un tale assembramento da far spavento. E tutti si lamentavano, urlavano, bestemmiavano tutti gli dei del mondo. Dopo un tempo che gli sembrò infinito, venne finalmente il suo turno.
Non isperate mai veder lo cielo:
i’ vegno per menarvi a l’altra riva
ne le tenebre etterne, in caldo e ‘n gelo.
E tu che se’ costì, anima viva,
pàrtiti da cotesti che son morti. *2
Gridò a Molli, con tono minaccioso, il signore che pilotava la cabina discendente.
“Veramente anch’io sarei morto” esclamò Molli. Gli occhi dell’uomo s’inondarono di fiamme. Molli si spaventò e corse via, più veloce che poté, verso la casetta verde. Anche quella era la stazione di una funivia, ma le cabine non salivano né scendevano. Partivano dritte, rasentando il prato, prima di sparire nella nube grigia.
Noi eravam tutti fissi e attenti
a le sue note; ed ecco il veglio onesto
gridando: “Che è ciò, spiriti lenti?
qual negligenza, quale stare è questo?
correte al monte a spogliarvi lo scoglio
ch’esser non lascia a voi Dio manifesto.” *3
“Mi scusi, non ho capito” disse Molli con un filo di voce. Nessuno gli rispose. “Ma tu guarda ‘sto maleducato!” pensò Molli tra sé e sé, avanzando deciso verso la cabina. Gli altri presenti sembrava volessero ostacolarlo.
“Permesso!”
“Scusate!”
“Permesso! Oh, ma ce la fate?”
Molli si stava innervosendo, anche perché a ogni spallata che dava, sentiva rispondersi: “Omissione! Omissione!”
Ad un passo dalla cabina, Molli esclamò: “A voi altri vi hanno omesso il cervello!”
Il tizio che prima aveva parlato lo guardò con sguardo interrogativo.
“Sono Molli Redigano!”
Udite queste parole, il tizio scosse la testa e disse: “Niente omissione!”
“Come niente omissione? Tutti omissione, omissione e io niente omissione?”
Il tizio scosse nuovamente la testa e senza dire altro alzò il braccio, indicando a Molli la casetta bianca che ogni tanto sembrava diventare azzurra.
Quando Molli fu nei pressi della casetta biancazzurra, si sorprese di come l’incazzatura che aveva fosse svanita nel nulla. Si sentì quieto e felice. E vide una cabina, semivuota, lasciare la stazione salendo verso l’alto.
Era solo, non c’era anima morta. Dove l’avrebbe portato quella funivia? Questo lo ignorava e, nonostante quell’incertezza pesasse, sentiva nel suo cuore fermo di essere sulla retta via. Nessuno lo fermò, fu lui a fermarsi di fronte all’uomo che pilotava la cabina. Un signore anziano, con una cuffia in testa e un naso aquilino. Gli sorrise, allargando le braccia in segno di benvenuto, scostandosi un poco per permettergli di salire. E disse:
La gloria di colui che tutto move
per l’universo penetra, e risplende
in una parte più e meno altrove.
Nel ciel che più del la sua luce prende
fu’ io, e vidi cose che ridire
né sa né può chi di là su discende;
perché appressando sé al suo disire,
nostro intelletto si profonda tanto,
che dietro la memoria non può ire. *4
1. Divina Commedia, Inferno, Canto I, vv. 10-12
2. Divina Commedia, Inferno, Canto III, vv. 85-89
3. Divina Commedia, Purgatorio, Canto II, vv. 118-123
4. Divina Commedia, Paradiso, Canto I, vv. 1-9