“Eccoci qua.”
“Ma dobbiamo proprio prenderla?”
“Cosa?”
“La funivia.”
“Certo che dobbiamo prenderla, Marco e Anna ci aspettano al rifugio per pranzo”.
“E non c’è un modo alternativo per raggiungere il rifugio? Non so, ad esempio in macchina.”
“No, in macchina non si può raggiungere”.
“E a piedi?”
“A piedi sì, ma ci vogliono almeno quattro ore.”
“Quattro ore?”
“Esatto”.
“É tanto”.
“Esatto”.
“Ed è tutta in salita?”
“Certo che è in salita. Il rifugio è a più di duemila metri”.
“Quindi non ci resta che la funivia?”
“Sì, è così. Ma non capisco dove sia il problema.”
“É che non mi fido di questi cosi”.
“Delle funivie”.
“Di tutto quello che si alza da terra”.
“Ma non succede nulla, tranquillo”.
“No,non sono tranquillo. É questo rumore cos’è?”
“Sono le porte che si chiudono. Adesso si parte.”
“É troppo tardi per scendere?.”
“Direi di sì. Ci stiamo già muovendo.”
“Che brutta sensazione.”
“Ma dai! Finiscila!”
“Cazzo! Balla tutto!”
“Non balla nulla, dai! Rilassati! Guarda il panorama!”
“Non voglio guardare il panorama! Voglio scendere! Voglio avere i piedi a terra!”
“Allora pensa al pranzo su al rifugio. Polenta e cervo. Che delizia.”
“Ma come fai a pensare al cibo in un momento del genere?”
“Stiamo andando a mangiare in un rifugio tra i monti. A cosa dovrei pensare se non al panorama e al cibo?”
“Non hai rispetto per la gente che soffre.”
“Ma finiscila di fare il melodrammatico!”
“Cos’è stato?”
“Nulla, non preoccuparti.”
“Voglio sapere cos’era quel rumore!”
“Ma nulla! Siamo passati all’altezza del pilone!”
“Voglio scendere!”
“Non puoi scendere! Calmati e goditi il viaggio.”
“Ma come fai ad essere così tranquillo?”
“Mi vuoi spiegare cosa ti prende?”
“Non mi sento sicuro.”
“Ma guarda che non succede nulla.”
“E io ho paura comunque.”
“É la prima volta che sali su una funivia?”
“Sì.”
“E un aereo?”
“Mai preso.”
“Mai preso?”
“No. Non mi interessa e non ne ho mai avuto bisogno.”
“Ma guarda che è più sicuro di un’automobile.”
“Non mi interessa. Non cominciare anche tu con questa storia!”
“Questa storia è vera.”
“Non ne voglio parlare.”
“Guarda i camosci!”
“Non mi interessa!”
“Guardali laggiù! Che bellini che sono!”
“Non mi interessa!”
“Dai, guarda!”
“Non voglio guardare giù!”
“Hai paura?”
“Non ho paura. Ma non voglio guardare!”
“Soffri di vertigini?”
“Mi vuoi lasciare in pace? Ecco un altro rumore.”
“Sono sempre i piloni.”
“Questa cosa è snervante.”
“Tu sei snervante. Pensa a quante cose ti neghi per questa stupida paura.”
“Non mi nego nulla di importante.”
“Praticamente tutto quello che si trova a più di tre metri di altezza.”
“Appunto, nulla di importante.”
“Viaggi, escursioni. L’ascensore lo prendi?”
“Ci sono le scale.”
“Sei incredibile.”
“Ma cosa te ne frega di quali mezzi voglio o non voglio prendere?”
“Ok, ok. Va bene. Non insisto. Non sta a me convincerti.”
“Ecco, bravo.”
“Che bella giornata. Non c’è una nuvola in cielo.”
“Bene, parliamo del tempo che è meglio.”
“Non mi lasci molte alternative.”
“Ci sono centinaia di argomenti diversi dalla mia paura per l’altezza.”
“Vedi che ammetti di avere paura?”
“Certo che ho paura!”
“E io ti dico che è immotivata.”
“Tu puoi dire quello che vuoi, tanto la situazione non cambia.”
“Non cambia perché tu non vuoi che cambi.”
“Non è così semplice”.
“Sì, vabbè!”
“Cosa vorresti dire?”
“Nulla. Riflettevo.”
“Non è che se tu mi dici di cambiare allora tutto cambia improvvisamente.”
“Non ho detto nulla.”
“Hai detto ‘Sì, vabbè’.”
“E allora?”
“E allora dice tanto.”
“Cosa?”
“Quel tuo ‘Sì, vabbè’”. Dice molto di più di quanto sembri.”
“Senti, sono stufo di questa cosa. Rimani con le tue fobie. Non ne parliamo più.”
“Ecco, bravo.”
“Guarda la stazione di arrivo. Siamo saliti in un attimo.”
“Un attimo? Un viaggio infinito.”
“Pochi secondi e potrai tornare a mettere i piedi sulla terraferma.”
“Dio sia lodato.”
“Come sei patetico.”
“Per favore, non ricominciamo.”
“No no, per l’amor del cielo. Scendiamo da questo coso e pensiamo soltanto a un buon piatto di polenta e cervo.”
“Quando si aprono le porte?”
“Pazienta ancora qualche secondo. Ecco. Contento?”
“Fuori di qui!”
“Mamma mia!”
“Che bella sensazione mettere i piedi su qualcosa di saldo.”
“Non ho parole. Ecco. Il rifugio è da quella parte. Ma dove stai andando?”
“Da questa parte.”
“Ma il rifugio è dall’altra.”
“Non mi interessa. Quattro ore hai detto?”
“Quattro ore per cosa?”
“Per arrivare a piedi al parcheggio.”
“Sì, ma…”
“Allora ti aspetto alla macchina per le quattro. Vedi di non fare tardi.”
“Ma dobbiamo proprio prenderla?”
“Cosa?”
“La funivia.”
“Certo che dobbiamo prenderla, Marco e Anna ci aspettano al rifugio per pranzo”.
“E non c’è un modo alternativo per raggiungere il rifugio? Non so, ad esempio in macchina.”
“No, in macchina non si può raggiungere”.
“E a piedi?”
“A piedi sì, ma ci vogliono almeno quattro ore.”
“Quattro ore?”
“Esatto”.
“É tanto”.
“Esatto”.
“Ed è tutta in salita?”
“Certo che è in salita. Il rifugio è a più di duemila metri”.
“Quindi non ci resta che la funivia?”
“Sì, è così. Ma non capisco dove sia il problema.”
“É che non mi fido di questi cosi”.
“Delle funivie”.
“Di tutto quello che si alza da terra”.
“Ma non succede nulla, tranquillo”.
“No,non sono tranquillo. É questo rumore cos’è?”
“Sono le porte che si chiudono. Adesso si parte.”
“É troppo tardi per scendere?.”
“Direi di sì. Ci stiamo già muovendo.”
“Che brutta sensazione.”
“Ma dai! Finiscila!”
“Cazzo! Balla tutto!”
“Non balla nulla, dai! Rilassati! Guarda il panorama!”
“Non voglio guardare il panorama! Voglio scendere! Voglio avere i piedi a terra!”
“Allora pensa al pranzo su al rifugio. Polenta e cervo. Che delizia.”
“Ma come fai a pensare al cibo in un momento del genere?”
“Stiamo andando a mangiare in un rifugio tra i monti. A cosa dovrei pensare se non al panorama e al cibo?”
“Non hai rispetto per la gente che soffre.”
“Ma finiscila di fare il melodrammatico!”
“Cos’è stato?”
“Nulla, non preoccuparti.”
“Voglio sapere cos’era quel rumore!”
“Ma nulla! Siamo passati all’altezza del pilone!”
“Voglio scendere!”
“Non puoi scendere! Calmati e goditi il viaggio.”
“Ma come fai ad essere così tranquillo?”
“Mi vuoi spiegare cosa ti prende?”
“Non mi sento sicuro.”
“Ma guarda che non succede nulla.”
“E io ho paura comunque.”
“É la prima volta che sali su una funivia?”
“Sì.”
“E un aereo?”
“Mai preso.”
“Mai preso?”
“No. Non mi interessa e non ne ho mai avuto bisogno.”
“Ma guarda che è più sicuro di un’automobile.”
“Non mi interessa. Non cominciare anche tu con questa storia!”
“Questa storia è vera.”
“Non ne voglio parlare.”
“Guarda i camosci!”
“Non mi interessa!”
“Guardali laggiù! Che bellini che sono!”
“Non mi interessa!”
“Dai, guarda!”
“Non voglio guardare giù!”
“Hai paura?”
“Non ho paura. Ma non voglio guardare!”
“Soffri di vertigini?”
“Mi vuoi lasciare in pace? Ecco un altro rumore.”
“Sono sempre i piloni.”
“Questa cosa è snervante.”
“Tu sei snervante. Pensa a quante cose ti neghi per questa stupida paura.”
“Non mi nego nulla di importante.”
“Praticamente tutto quello che si trova a più di tre metri di altezza.”
“Appunto, nulla di importante.”
“Viaggi, escursioni. L’ascensore lo prendi?”
“Ci sono le scale.”
“Sei incredibile.”
“Ma cosa te ne frega di quali mezzi voglio o non voglio prendere?”
“Ok, ok. Va bene. Non insisto. Non sta a me convincerti.”
“Ecco, bravo.”
“Che bella giornata. Non c’è una nuvola in cielo.”
“Bene, parliamo del tempo che è meglio.”
“Non mi lasci molte alternative.”
“Ci sono centinaia di argomenti diversi dalla mia paura per l’altezza.”
“Vedi che ammetti di avere paura?”
“Certo che ho paura!”
“E io ti dico che è immotivata.”
“Tu puoi dire quello che vuoi, tanto la situazione non cambia.”
“Non cambia perché tu non vuoi che cambi.”
“Non è così semplice”.
“Sì, vabbè!”
“Cosa vorresti dire?”
“Nulla. Riflettevo.”
“Non è che se tu mi dici di cambiare allora tutto cambia improvvisamente.”
“Non ho detto nulla.”
“Hai detto ‘Sì, vabbè’.”
“E allora?”
“E allora dice tanto.”
“Cosa?”
“Quel tuo ‘Sì, vabbè’”. Dice molto di più di quanto sembri.”
“Senti, sono stufo di questa cosa. Rimani con le tue fobie. Non ne parliamo più.”
“Ecco, bravo.”
“Guarda la stazione di arrivo. Siamo saliti in un attimo.”
“Un attimo? Un viaggio infinito.”
“Pochi secondi e potrai tornare a mettere i piedi sulla terraferma.”
“Dio sia lodato.”
“Come sei patetico.”
“Per favore, non ricominciamo.”
“No no, per l’amor del cielo. Scendiamo da questo coso e pensiamo soltanto a un buon piatto di polenta e cervo.”
“Quando si aprono le porte?”
“Pazienta ancora qualche secondo. Ecco. Contento?”
“Fuori di qui!”
“Mamma mia!”
“Che bella sensazione mettere i piedi su qualcosa di saldo.”
“Non ho parole. Ecco. Il rifugio è da quella parte. Ma dove stai andando?”
“Da questa parte.”
“Ma il rifugio è dall’altra.”
“Non mi interessa. Quattro ore hai detto?”
“Quattro ore per cosa?”
“Per arrivare a piedi al parcheggio.”
“Sì, ma…”
“Allora ti aspetto alla macchina per le quattro. Vedi di non fare tardi.”