Lettera di un impiegato
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Different Tales :: Off Topic :: Archivio :: Different Rooms :: Step 3 - Il Bagno
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Lettera di un impiegato
Pettinengo 21 maggio 1968
Mamma carissima,
ti sento affaccendata in cucina a preparare la colazione e già mi arriva l’odore del caffè mentre, chiuso in bagno, sto tentando di scriverti una lettera d’addio e non so come cominciare. Ascolto Il gocciolare del rubinetto della vasca che papà non è stato in grado di riparare né di trovare un idraulico capace di sostituirlo. Per forza, oggi tutti vogliono fare gli impiegati e scovare un operaio diventa un’impresa.
Da alcuni minuti guardo il foglio bianco, mi mancano le parole perché non ne trovo di neutre che non ti facciano male; il foglio resta bianco e i minuti passano goccia a goccia.
Faccio fatica a scrivere perché sto pensando al percorso che mi aspetta quando uscirò di casa. E mi viene in mente la strada dei tessitori, di cui mi parlavi da bambino.
Ricordi la fiaba di Martino che ogni giorno si alzava all’alba e da Pettinengo, attraverso il sentiero dla turbin passando per il Santuario di Banchette e la frazione Romanina, raggiungeva la fabbrica? Mi raccontavi le sue avventure nel bosco e la meraviglia del telaio meccanico, più facile da manovrare di quello a mano. E io volevo diventare come Martino, ma quando lo dissi, mi guardasti con disappunto dicendomi: no, amore mio, tu farai l’impiegato.
Quanto sto per dirti è la fine del progetto che hai coltivato per me e di cui sei così fiera, certa ormai che l’obiettivo, a cui hai mirato con tutte le tue forze e tanti sacrifici, sia ormai raggiunto, ma non è così, mamma. Il posto fisso, la sicurezza dello stipendio di bancario è sempre stato il tuo sogno, non il mio.
No, non sognavo proprio di contare banconote e mettere bolli, non mi piace il lavoro allo sportello e neanche quello di contabile in amministrazione, chiuso in ufficio tutto il giorno. Eppure da due anni faccio questa vita da recluso. Sono passato dalla scuola alla banca, non appena conseguito il diploma di ragioniere. Una gran fortuna, eh?
Ho appena vent’anni, mamma, e già hai in mente un altro progetto per me, mi dispiace deluderti, ma ho un programma diverso.
Non ho intenzione di mettere su famiglia e sposare Rosetta, la tua candidata pura siccome un angelo, che al più si lascia toccare le tette e strilla come un’aquila se solo tento di metterle una mano tra le cosce.
Non voglio diventare come mio padre, non credo più alla sua falsa autorità, nei suoi occhi spenti leggo solo frustrazione e autocommiserazione nei tuoi. So che nascondi la pietà per te stessa approvandoti nello specchio che ti riflette con il cappotto di pelliccia o mentre dal balcone guardi soddisfatta la millecento nuova, parcheggiata in strada. Per te sono simboli dell’agiatezza raggiunta, per me sono solo cose di nessun valore.
Non vuoi vedere il fermento che agita il mondo, ti spaventa e storci il naso se ti capita tra le mani un giornale con le foto di quel che succede nelle università italiane, per non dire di quelle francesi o americane. Il tuo commento è sempre lo stesso: giovani scapestrati, la finiranno prima o poi!
Non è così; sono giovani che vogliono contare, che non si accontentano di adattarsi alla società, vogliono cambiarla.
Perdonami, mamma, se voglio essere protagonista della mia vita, se per la prima volta voglio essere io a decidere. L’ho fatto ieri: mi sono licenziato, ho deciso di unirmi a quei giovani. Come loro, ho abbastanza tempo anche per la galera, se sarà necessario, sono pronto a tutto: alla lotta, perfino alla violenza.
A te sembrerà una follia, per me è una scelta di libertà. Tra il ruolo di vittima e quello del carnefice preferisco la parte del boia.
Ma tu non puoi capire, perciò non pensare a me, rimani tranquilla in questa bolla di paese coi suoi quartieri sonnolenti, senza barricate, senza granate. Non temere: il fuoco risparmierà la millecento di papà, nessuno tirerà uova marce sulla tua pelliccia nuova.
Papà sembra felice quando firma cambiali, felice di possedere subito quello che pagherà a poco a poco; non capisce che è una trappola del sistema neocapitalistico per vendere e produrre sempre di più sulle spalle degli operai. Io detesto il consumismo perché ci permette di consumare anche quello di cui non abbiamo bisogno; non serve a noi, ma ai padroni.
Io vado via. Ti prego, mamma, non criticare quello che non puoi capire, non posso continuare a obbedirti, sono ormai oltre, al di là dei tuoi comandi, non seguirò la tua strada e se non puoi darmi una mano, almeno non intralciarmi, io seguirò un cammino diverso perché i tempi stanno cambiando.
Quando leggerai questa lettera, io sarò lontano e tu piangerai.
Non sai quanto mi dispiace darti questo dolore, ma devo seguire la mia strada come tutti gli altri giovani che vogliono avere un ruolo nella società, nella politica, nella cultura. Sono anni che la rivolta è iniziata e non solo il Italia, ma in tutto il mondo.
Tanto impulso creativo arriva anche qui. Non in paese. A Pettinengo o nei piccoli comuni tutti sembrano dormire, ma esperienze locali di impegno politico, come quelle di un giornalino studentesco, di movimenti progressisti o di rivolta, proliferano ovunque. La parola d’ordine è: studenti e operai uniti nella lotta. Questa è la novità. I collettivi operai- studenti e i contenuti di queste lotte, vengono adattati alle situazioni locali.
Povera mamma. Ti parlo di collettivi universitari e tu non sai nemmeno cosa siano e non sai che esiste il collettivo Valsessera. Cerco di dirtelo in poche parole: gli studenti si avvicinano alla politica e agli operai, le esperienze e le elaborazioni teoriche delle università incalzano in valle per rendere coscienti gli operai del loro potere e lottare per una organizzazione nuova, autonoma dal movimento operaio ufficiale.
L’operaio di oggi non è più il Martino della tua favola. Non più l’operaio di mestiere orgoglioso del suo lavoro; lo hanno svegliato le lotte degli operai tessili nel 1961. Sì, proprio qui, anche qui. Tre milioni di ore di sciopero, cortei e dimostrazioni, hanno fatto uscire la gente valsesserina dal sottosviluppo salariale, ma hanno suscitato la reazione imprenditoriale basata sullo sfruttamento della forza lavoro.
Lo chiamano rinnovamento tecnologico, ristrutturazione degli impianti: mescolano alla lana fibre artificiali, più resistenti e perciò adatte alla lavorazione veloce e quindi ci vogliono nuovi apparecchi di lavoro e nuovi accorgimenti per accrescere la produttività delle macchine tradizionali, aumentandone la velocità. Ne deriva l’espulsione di manodopera inadatta alle nuove mansioni, l’operaio viene controllato da cronometristi e analisti dei tempi di lavorazione, come i camici bianchi a Mirafiori controllano i tempi degli operai alla catena di montaggio. Produrre di più per consumare di più. I giovani operai del collettivo Valsessera si confrontano in fabbrica con questa realtà.
Ti chiederai perché ti racconto queste cose che a te non interessano. Per te, gli studenti devono studiare e gli operai lavorare e chi ha la fortuna di avere un posto fisso, magari in banca, deve tenerselo stretto e non occuparsi di politica, che è una cosa sporca, tanto il mondo va così ed è sempre stato così con chi sta sopra e comanda e chi sotto e obbedisce. E questo vale in famiglia, a scuola, in fabbrica e in ogni ambito della società.
Tu non ti poni domande, non sai perché c’è la guerra in Vietnam, anzi non sai nemmeno in quale parte del mondo si trova il Vietnam. A me rimbomba nella testa la canzone di Morandi C’era un ragazzo che come me… la sua chitarra non suona più ma uno strumento che sempre dà la stessa nota rta tatata… Tu non ti chiedi quante armi dovranno ancora sparare, prima dì essere bandite per sempre, non ti interessa sapere quanto può resistere un ghiacciaio prima di sciogliersi, inghiottito in mare.
Io me le sono poste queste domande; milioni di giovani se le stanno ponendo e le risposte sono nel vento; un vento che sta cambiando, sta soffiando a raffiche violente in tutto il mondo.
Mamma adorata, scrivo queste cose perché voglio convincerti che se lascio la banca e l’agiatezza di una di una vita borghese, il mio non è un colpo di testa. Al contrario, è una decisione sofferta e ponderata. Ho studiato molto, ho riflettuto molto e sono giunto alla conclusione, che tu non condividerai e forse nemmeno riuscirai a capire nonostante le mie tante parole. Il mondo sta cambiando, mamma, ma io non voglio stare a guardare. Voglio partecipare.
S’è fatto tardi; papà ha bussato alla porta del bagno: allora, che fai, non stai bene? Si è accorto che sono qui dentro da troppo tempo. Ho risposto che sto uscendo, ora piego questo foglio, appoggio le labbra alla carta per lasciarti un ultimo bacio e lo metto nel tuo cassetto dei cosmetici. È ora di andare, non sarò solo; mi aspettano i compagni.
Ciao mamma, ti voglio bene,
Enrico
Different Staff- Admin
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Re: Lettera di un impiegato
A me vedere questo racconto fuori concorso duole assai.
Mi duole assai perché penso che avrebbe potuto benissimo essere sistemato quel poco che bastava per poter concorrere e magari guadagnare anche un buon piazzamento. Però le scelte degli Autori vanno sempre rispettate: c'è chi ha deciso addirittura di non essere presente nemmeno fc, quindi ti ringrazio per aver scelto di esserci comunque.
Il mio commento è davvero poco utile, in quanto ritengo che questo sia uno dei racconti più belli che ho letto in questo step e, per quanto mi riguarda, poteva benissimo anche guadagnare il Premio CdL, oltre che un buon piazzamento in classifica; ecco perché non ho molto da dirti. Mi limito a farti i complimenti.
Al prossimo step!
Mi duole assai perché penso che avrebbe potuto benissimo essere sistemato quel poco che bastava per poter concorrere e magari guadagnare anche un buon piazzamento. Però le scelte degli Autori vanno sempre rispettate: c'è chi ha deciso addirittura di non essere presente nemmeno fc, quindi ti ringrazio per aver scelto di esserci comunque.
Il mio commento è davvero poco utile, in quanto ritengo che questo sia uno dei racconti più belli che ho letto in questo step e, per quanto mi riguarda, poteva benissimo anche guadagnare il Premio CdL, oltre che un buon piazzamento in classifica; ecco perché non ho molto da dirti. Mi limito a farti i complimenti.
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Un giorno tornerò, e avrò le idee più chiare.
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Re: Lettera di un impiegato
Mah... io ho vissuto quel periodo e mai mi sarei sognato di condividerlo con mia madre, né con mio padre. Loro erano inermi, i genitori appartenevano a un altro pianeta, la rivolta era solo nostra, la protesta era solo nostra.
Non capisco però l'esclusione del tuo racconto, scritto magistralmente. Manca qualche paletto?
Non capisco però l'esclusione del tuo racconto, scritto magistralmente. Manca qualche paletto?

Ospite- Ospite
Re: Lettera di un impiegato
faccio mio il commento di vivonic.
anche a me spiace vederlo fuori gara, viste le potenzialità della storia.
sarebbe bastato poco a sistemare ogni cosa e mettersi in corsa per il podio.
peccato, ma va bene così.
alla prossima
anche a me spiace vederlo fuori gara, viste le potenzialità della storia.
sarebbe bastato poco a sistemare ogni cosa e mettersi in corsa per il podio.
peccato, ma va bene così.
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Arunachala- Admin
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Re: Lettera di un impiegato
Ciao autor te lo dico in tutta franchezza: il tuo è il racconto più bello. Facile a dirsi di fronte a un’opera fuori concorso (francamente a parte il ruolo marginale del bagno non vedrei altri motivi di esclusione)
Mi è piaciuto il taglio che hai dato e la densità del racconto che risulta uno spaccato verosimile dell’epoca. Ho apprezzato molto il riferimento al lavoro operaio e a quei telai che caratterizzano in modo peculiare Pettinengo. Sono molto curiosa di conoscere i motivi dell’esclusione.
Comunque, per quanto valga, hai il mio massimo gradimento.
Mi è piaciuto il taglio che hai dato e la densità del racconto che risulta uno spaccato verosimile dell’epoca. Ho apprezzato molto il riferimento al lavoro operaio e a quei telai che caratterizzano in modo peculiare Pettinengo. Sono molto curiosa di conoscere i motivi dell’esclusione.
Comunque, per quanto valga, hai il mio massimo gradimento.
Petunia- Moderatore
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Re: Lettera di un impiegato
Il motivo dell'esclusione è che questo racconto è un monologo e non certo un racconto epistolare, non c'è mistero.
Avendo appena terminato lo step a genere monologo e avendone parlato in almeno tre discussioni mi sembra alquanto evidente il motivo dell'esclusione.
Avendo appena terminato lo step a genere monologo e avendone parlato in almeno tre discussioni mi sembra alquanto evidente il motivo dell'esclusione.
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Un giorno tornerò, e avrò le idee più chiare.
vivonic- Admin
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Re: Lettera di un impiegato
Grazie Vivonic. In effetto ora che me lo fai notare è così. Ma sarebbe bastato davvero poco a correggerlo! Proprio un peccato.
Petunia- Moderatore
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Re: Lettera di un impiegato
Già...Petunia ha scritto:Grazie Vivonic. In effetto ora che me lo fai notare è così. Ma sarebbe bastato davvero poco a correggerlo! Proprio un peccato.
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Un giorno tornerò, e avrò le idee più chiare.
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Re: Lettera di un impiegato
vero, e si sarebbe giocato un posto alto, secondo mePetunia ha scritto:Grazie Vivonic. In effetto ora che me lo fai notare è così. Ma sarebbe bastato davvero poco a correggerlo! Proprio un peccato.
Arunachala- Admin
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Re: Lettera di un impiegato
Le risposte sono nel vento.
Solo per aver citato questa bellissima canzone di Dylan meritavi di partecipare.
Sicuramente l'intervento della commissione ha colpito la tua sensibilità e non hai voluto aggiungere una virgola.
Secondo me stai partecipando ugualmente.
Solo per aver citato questa bellissima canzone di Dylan meritavi di partecipare.
Sicuramente l'intervento della commissione ha colpito la tua sensibilità e non hai voluto aggiungere una virgola.
Secondo me stai partecipando ugualmente.
Ospite- Ospite
Re: Lettera di un impiegato
È piaciuto anche a me questo racconto ed è un peccato vederlo fuori gara.
Si tratta di un pezzo sincero, genuino, che riesce a farti calare nell'ambiente, nella mentalità di quegli anni.
Avrei forse tolto le righe sul rinnovamento tecnologico, mi sembra un episodio troppo specifico e circoscritto da raccontare a una madre in una lettera d'addio, una tematica troppo tecnica ecco.
Non so se avresti vinto, ma a mio avviso ti saresti piazzato nelle prime posizioni con questo bel lavoro.
Si tratta di un pezzo sincero, genuino, che riesce a farti calare nell'ambiente, nella mentalità di quegli anni.
Avrei forse tolto le righe sul rinnovamento tecnologico, mi sembra un episodio troppo specifico e circoscritto da raccontare a una madre in una lettera d'addio, una tematica troppo tecnica ecco.
Non so se avresti vinto, ma a mio avviso ti saresti piazzato nelle prime posizioni con questo bel lavoro.
Byron.RN- Cavaliere Jedi
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Re: Lettera di un impiegato
Il racconto è veramente ben scritto, semplice da seguire e molto esplicativo. Io il 68 l'ho vissuto sotto la dittatura di Franco e non ne ho seguito le mosse né la sua filosofia. Ho letto cose a posteriori e sono convinto che quanto fosse richiesto sia giustissimo ma... non con la violenza. Bellissima prova escluso per la ragione del monologo che sì è così ma c'è anche lo sfogo in una sola lettera. Non discuto le decisioni degli Admin. Se no stavolta mi buttano in Arno per sempre e... io preferisco il mare.
Antonio Borghesi- Cavaliere Jedi
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Re: Lettera di un impiegato
La forza espressiva di questo racconto è indubbia.
Qualche dettaglio troppo tecnico in effetti c'è, ma comunica perfettamente il clima di quegli anni e la sincerità con la quale il protagonista li vive.
A me viene un dubbio di natura coreografica.
Il fil rouge che lega tutti i racconti visti finora ambientati nel '68 è il tema di cambiare il mondo: ma il mondo alla fine è cambiato?
Cioè, nella percezione di chi quegli anni li ha vissuti, la lotta è servita a qualcosa?
Questo è un tema che mi affascina molto.
Ottimo lavoro.
Qualche dettaglio troppo tecnico in effetti c'è, ma comunica perfettamente il clima di quegli anni e la sincerità con la quale il protagonista li vive.
A me viene un dubbio di natura coreografica.
Il fil rouge che lega tutti i racconti visti finora ambientati nel '68 è il tema di cambiare il mondo: ma il mondo alla fine è cambiato?
Cioè, nella percezione di chi quegli anni li ha vissuti, la lotta è servita a qualcosa?
Questo è un tema che mi affascina molto.
Ottimo lavoro.
Fante Scelto- Cavaliere Jedi
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Re: Lettera di un impiegato
provo a risponderti io, fante, che non sono l'autore del pezzo.Fante Scelto ha scritto:La forza espressiva di questo racconto è indubbia.
Qualche dettaglio troppo tecnico in effetti c'è, ma comunica perfettamente il clima di quegli anni e la sincerità con la quale il protagonista li vive.
A me viene un dubbio di natura coreografica.
Il fil rouge che lega tutti i racconti visti finora ambientati nel '68 è il tema di cambiare il mondo: ma il mondo alla fine è cambiato?
Cioè, nella percezione di chi quegli anni li ha vissuti, la lotta è servita a qualcosa?
Questo è un tema che mi affascina molto.
Ottimo lavoro.
e ti rispondo con una domanda: ti infastidisce che si volesse cambiare?
io gli anni li ho vissuti, sia pure di striscio, visto che vivevo in un paese e non in città.
e in paese tutto arrivava dopo, già censurato.
è servita la lotta, cazzo se è servita.
ha reso più consapevoli tanti uomini, anche se non sono riusciti a cambiare il mondo (e questa è la parte che rimpiango).
si sono recuperati diritti prima soffocati e che oggi si stanno soffocando di nuovo, con l'avvento del neofascismo e collaterali.
lo so, sto finendo nella politica pura e mi secca perché non volevo, ma a un certo punto mi viene naturale.
era cambiato qualcosa, fante, non molto ma era cambiato.
e oggi è stato di nuovo tolto, ci vorrà un nuovo 68, magari un po' più deciso.
scusate tutti quanti se mi sono lasciato prendere, assumo ogni responsabilità di quanto detto.
Arunachala- Admin
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Re: Lettera di un impiegato
Un vero peccato. Per me sarebbe stato un primo posto certo e lo dico senza nemmeno aver finito tutte le letture. Sarà che ricordo bene il periodo per averlo vissuto e l’ho rivissuto in questa lettera.
Apprezzo fuori misura le citazioni di De André, già dal titolo che richiama “Storia di un impiegato”, come anche l’accenno alla Millecento, dal testo della “Canzone del Maggio” che dice “Se il fuoco ha risparmiato le vostre Millecento…”.
Mai, dall’alto della mia ignoranza, avrei sospettato che si trattasse di monologo perché per me la definizione di monologo è strettamente collegata al palcoscenico e non a un testo di prosa, se non appunto finalizzato al teatro. Ma i miei giudizi sono solo istintivi in materia e probabilmente mi mancano le basi.
Pettinengo ha realmente un senso nel racconto, rispetto a altri brani in cui la località viene citata.
Le piccole criticità per me sono:
il contenuto è un po’ troppo finalizzato alla narrazione del periodo a favore del lettore, anziché al tentativo di spiegare alla madre le proprie scelte e ottenerne comprensione e supporto. Per cui da questo punto di vista perde un po’ di credibilità;
la stanza da bagno era dovuta per la prova, ma non aggiunge né toglie niente al testo;
i temi proposti sono molti. Hai voluto inserire anche quello ecologico (“non ti interessa sapere quanto può resistere un ghiacciaio prima di sciogliersi, inghiottito in mare”), ma non ricordo che il tema fosse all’epoca fra i più dibattuti).
Sono però tutte piccolezze che non compromettono il mio primo posto “virtuale”.
Apprezzo fuori misura le citazioni di De André, già dal titolo che richiama “Storia di un impiegato”, come anche l’accenno alla Millecento, dal testo della “Canzone del Maggio” che dice “Se il fuoco ha risparmiato le vostre Millecento…”.
Mai, dall’alto della mia ignoranza, avrei sospettato che si trattasse di monologo perché per me la definizione di monologo è strettamente collegata al palcoscenico e non a un testo di prosa, se non appunto finalizzato al teatro. Ma i miei giudizi sono solo istintivi in materia e probabilmente mi mancano le basi.
Pettinengo ha realmente un senso nel racconto, rispetto a altri brani in cui la località viene citata.
Le piccole criticità per me sono:
il contenuto è un po’ troppo finalizzato alla narrazione del periodo a favore del lettore, anziché al tentativo di spiegare alla madre le proprie scelte e ottenerne comprensione e supporto. Per cui da questo punto di vista perde un po’ di credibilità;
la stanza da bagno era dovuta per la prova, ma non aggiunge né toglie niente al testo;
i temi proposti sono molti. Hai voluto inserire anche quello ecologico (“non ti interessa sapere quanto può resistere un ghiacciaio prima di sciogliersi, inghiottito in mare”), ma non ricordo che il tema fosse all’epoca fra i più dibattuti).
Sono però tutte piccolezze che non compromettono il mio primo posto “virtuale”.
Danilo Nucci- Cavaliere Jedi
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Re: Lettera di un impiegato
Premessa: non avendo letto gli altri commenti prima di comporre il mio, non mi si era palesata la motivazione dell’esclusione (sveglia Susy, mi sono detta!)
Il titolo è solo in apparenza banale, troppo legato al genere per incuriosire ma alla fine è azzeccato.
Questo racconto, ad una prima lettura e prima di conoscere le motivazioni dell’esclusione, non mi era piaciuto molto, sono sincera. Poi l’ho rivalutato.
Mi è piaciuto perché racconta di una persona che (come tante altre) ha avuto il coraggio di abbandonare tante sicurezze (un buon lavoro in primis) per le incertezze di un futuro denso di incognite non da poco, anche con la consapevolezza che non tutte le scelte che farà saranno indolori. Scelte che potranno anche dipendere da scelte di altre persone di cui decide di seguire le ideologie.
Sa di rischiare molto, ma decide di buttarsi nelle mischia, senza farsi condizionare da una famiglia borghese e senza stimoli.
Non mi era piaciuto perché, car* Aut*, hai infarcito una sola lettera di tanti concetti, tante frasi che paiono presi da articoli di giornale, saggi, quasi una lezione su quel periodo. Se lo hai vissuto hai saputo darcene una bella idea, se frutto di ricerca, complimenti per aver saputo coglierne gli aspetti più importanti.
Se quanto esposto in un unico blocco fosse stato diluito in più missive alla madre, o anche al padre, il tutto sarebbe stato decisamente più accettabile, senza la necessità di alleggerire o sfrondare di qualcosa.
Rimane quindi un buon lavoro e davvero peccato non sia in concorso.
I complimenti te li faccio volentieri.
E se mi consenti un paio di annotazioni.
Inizialmente lui dice alla madre che non riesce a scrivere, ma allora questa lettera non è una lettera, ma una sorta di bozza?
La frase delle “avances amorose” (quando decido di non essere pesante...) mi sembra esagerata per una lettera alla propria madre, che poi descrive come intrisa di stereotipi. Magari la vedrei nel corso di una bella discussione accesa, in cui scappa di tutto.
Alla prossima, ma dentro lo step, non fuori!
Il titolo è solo in apparenza banale, troppo legato al genere per incuriosire ma alla fine è azzeccato.
Questo racconto, ad una prima lettura e prima di conoscere le motivazioni dell’esclusione, non mi era piaciuto molto, sono sincera. Poi l’ho rivalutato.
Mi è piaciuto perché racconta di una persona che (come tante altre) ha avuto il coraggio di abbandonare tante sicurezze (un buon lavoro in primis) per le incertezze di un futuro denso di incognite non da poco, anche con la consapevolezza che non tutte le scelte che farà saranno indolori. Scelte che potranno anche dipendere da scelte di altre persone di cui decide di seguire le ideologie.
Sa di rischiare molto, ma decide di buttarsi nelle mischia, senza farsi condizionare da una famiglia borghese e senza stimoli.
Non mi era piaciuto perché, car* Aut*, hai infarcito una sola lettera di tanti concetti, tante frasi che paiono presi da articoli di giornale, saggi, quasi una lezione su quel periodo. Se lo hai vissuto hai saputo darcene una bella idea, se frutto di ricerca, complimenti per aver saputo coglierne gli aspetti più importanti.
Se quanto esposto in un unico blocco fosse stato diluito in più missive alla madre, o anche al padre, il tutto sarebbe stato decisamente più accettabile, senza la necessità di alleggerire o sfrondare di qualcosa.
Rimane quindi un buon lavoro e davvero peccato non sia in concorso.
I complimenti te li faccio volentieri.
E se mi consenti un paio di annotazioni.
Inizialmente lui dice alla madre che non riesce a scrivere, ma allora questa lettera non è una lettera, ma una sorta di bozza?
La frase delle “avances amorose” (quando decido di non essere pesante...) mi sembra esagerata per una lettera alla propria madre, che poi descrive come intrisa di stereotipi. Magari la vedrei nel corso di una bella discussione accesa, in cui scappa di tutto.
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"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"
Susanna- Maestro Jedi
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Re: Lettera di un impiegato
Per essere uno che fa fatica a trovare le parole, di parole ne ha trovate parecchie. Solo per dire che il testo – che in effetti è un monologo autobiografico – sembra poco una lettera scritta a fatica in un bagno, magari un po’ frettolosamente perché appunto c’è il rischio che qualcuno bussi.
Come in tanti altri racconti, il bagno è stato usato come luogo di rifugio in cui scrivere, però qui è saltata fuori una lunga lettera, ben costruita e articolata, più quasi un testo argomentativo che una lettera personale. Ecco, direi che questo è un po’ un elemento che mi ha lasciato una sensazione di incongruenza.
Faccio quindi finta che la lettera sia stata scritta con calma in camera da letto, magari a più riprese, riletta e corretta, in modo da lasciare alla madre un testo solido che dia ragione delle decisioni prese.
Così, tutto mi torna. La lettera è molto razionale, il discorso è appunto solido, ben costruito e ben argomentato.
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Re: Lettera di un impiegato
Il più bello letto finora. Capisco e non discuto l'esclusione basata sul fatto che questo racconto epistolare non è.
Ma sei stato molto bravo/a. Sei la mia vincitrice morale.
Maggio 68 era il tema ed era molto più interessante del tema bagno che invece ha spopolato con tanti che vi si richiudevano per scrivere.
Ho letto un altro racconto dove la tua stessa lettera, mutatis mutandis, viene scritta ai nipoti.
Se i tuoi genitori non capiscono la tua lettera, poco male, fa parte del gioco, se non la capiscono i tuoi nipoti la questione è molto più triste e il lumicino della speranza sempre più fievole.
Ma sei stato molto bravo/a. Sei la mia vincitrice morale.
Maggio 68 era il tema ed era molto più interessante del tema bagno che invece ha spopolato con tanti che vi si richiudevano per scrivere.
Ho letto un altro racconto dove la tua stessa lettera, mutatis mutandis, viene scritta ai nipoti.
Se i tuoi genitori non capiscono la tua lettera, poco male, fa parte del gioco, se non la capiscono i tuoi nipoti la questione è molto più triste e il lumicino della speranza sempre più fievole.
gipoviani- Padawan
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Data di iscrizione : 01.05.21
Re: Lettera di un impiegato
Ciao Aut*
Voglio fare un commento onesto perchè lo meriti a pieno visto le capacità che possiedi. Io ti faccio un applauso per la scelta di non modificare il testo, apprezzo la tua decisione. Avresti dovuto fare delle modifiche, anche se piccole, che lo avrebbero reso altro non certo il testo potente che è. Io voglio imparare da te, voglio poter riuscire a dire "NO. quello che volevo dire è questo, non accetto modifiche".
Però allo stesso modo hai fatto bene a mandarlo fuori gara così da farcelo godere nella sua vera forma.
Trovo un pochino troppo "mieloso" dire
"oh avresti vinto"
"ti avrei dato tutti i miei punti"
Alla fine sappiamo che non è sempre così. Anzi a un testo del genere avremmo fatto le pulci a ogni singola parola, a ogni singola virgola o termine strano.
Detto questo il testo mi è piaciuto un casino ma forse in alcune parti l'ho trovato pesantuccio e troppo denso di parole. Nulla di grave o impossibile da digerire ma che comunque ha fatto si che mi rallentasse la lettura.
Ora ti faccio i miei complimenti per il testo e sopratutto per il tuo gesto deciso, Grazie.
Voglio fare un commento onesto perchè lo meriti a pieno visto le capacità che possiedi. Io ti faccio un applauso per la scelta di non modificare il testo, apprezzo la tua decisione. Avresti dovuto fare delle modifiche, anche se piccole, che lo avrebbero reso altro non certo il testo potente che è. Io voglio imparare da te, voglio poter riuscire a dire "NO. quello che volevo dire è questo, non accetto modifiche".
Però allo stesso modo hai fatto bene a mandarlo fuori gara così da farcelo godere nella sua vera forma.
Trovo un pochino troppo "mieloso" dire
"oh avresti vinto"
"ti avrei dato tutti i miei punti"
Alla fine sappiamo che non è sempre così. Anzi a un testo del genere avremmo fatto le pulci a ogni singola parola, a ogni singola virgola o termine strano.
Detto questo il testo mi è piaciuto un casino ma forse in alcune parti l'ho trovato pesantuccio e troppo denso di parole. Nulla di grave o impossibile da digerire ma che comunque ha fatto si che mi rallentasse la lettura.
Ora ti faccio i miei complimenti per il testo e sopratutto per il tuo gesto deciso, Grazie.
ImaGiraffe- Cavaliere Jedi
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Re: Lettera di un impiegato
Se scrivo che non mi ha entusiasmato e che se in concorso probabilmente non lo avrei inserito nella mia cinquina so di rischiare i buu di molti ma in compenso ti offro quell'onestà intellettuale che tu hai fatto coerentemente tua decidendo di non cambiare il tuo pezzo ma volendolo regalare ugualmente a noi lettori. È scritto bene con un solo refuso (l'agiatezza di una di una vita borghese), con i paletti ben inseriti e centrati a parte quello del genere. E allora? Allora questo mi è sembrato un manifesto politico, uno scritto ottimo per un comizio, scritto proprio bene, ma non mi è sembrato nemmeno per un momento la lettera di un figlio alla madre. Perdonami la franchezza, scrivi così bene che penso tu sia in grado di comprenderla e accettarla.
paluca66- Maestro Jedi
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Re: Lettera di un impiegato
Caro Autore,
forse è l'unico racconto in cui Pettinengo rientra come Pettinengo e non come qualunque piccolo paese di provincia.
Pettinengo era un centro tessile, con telai prima manuali e poi mossi dall'acqua.
Il santuario, la strada... sono di Pettinengo.
Per il resto ho qualche ombra, sia nella descrizione didattica degli avvenimenti, sia modo di parlare alla mamma, in un modo che non mi suona per un 'contestatore' di quei tempi.
Peccato non sia comunque in concorso.
forse è l'unico racconto in cui Pettinengo rientra come Pettinengo e non come qualunque piccolo paese di provincia.
Pettinengo era un centro tessile, con telai prima manuali e poi mossi dall'acqua.
Il santuario, la strada... sono di Pettinengo.
Per il resto ho qualche ombra, sia nella descrizione didattica degli avvenimenti, sia modo di parlare alla mamma, in un modo che non mi suona per un 'contestatore' di quei tempi.
Peccato non sia comunque in concorso.
FedericoChiesa- Padawan
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Re: Lettera di un impiegato
ciao
il tuo è un racconto onesto e pieno di coraggio,
scritto di getto, mi sembra, per la presenza di errori di battitura, per mancanza di tempo.
una rilettura piu' attenta avrebbe evitato il fc.
studiando quel periodo, così rivoluzionario, mi chiedo quanti ideali di allora ci siamo persi per strada,
quanto siamo ritornati indietro nelle conquiste fatte.
rimane tanta amarezza e desolazione, ma non leggendo il tuo racconto.
forse il tuo protagonista non troverà comprensione presso sua madre,
ma credo che abbia preso la decisione giusta!
il tuo è un racconto onesto e pieno di coraggio,
scritto di getto, mi sembra, per la presenza di errori di battitura, per mancanza di tempo.
una rilettura piu' attenta avrebbe evitato il fc.
studiando quel periodo, così rivoluzionario, mi chiedo quanti ideali di allora ci siamo persi per strada,
quanto siamo ritornati indietro nelle conquiste fatte.
rimane tanta amarezza e desolazione, ma non leggendo il tuo racconto.
forse il tuo protagonista non troverà comprensione presso sua madre,
ma credo che abbia preso la decisione giusta!
Resdei- Cavaliere Jedi
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Re: Lettera di un impiegato
Ciao e grazie per aver scritto per noi, ancor più per averci dato questo bel racconto sebbene fuori concorso. E allora ti dirò che comunque non sarebbe entrato nella mia cinquina, pur apprezzandolo. L'avevo già scritto per un altro racconto, e anche questo lo vedo così, poco credibile come lettera a un genitore e tanto manifesto politico. Il paletto del bagno è stato aggirato come nella maggior parte dei racconti. Poi, di contro, è scritto benissimo ma avendo letto il tuo dopo aver letto gli altri simili ho faticato a giungere fino in fondo. Infine, sarò sincero fino in fondo, la decisione di non apportare nemmeno pochi particolari per farlo ammettere in concorso non la vedo così positiva e comunque ancor più ne rimarca il valore di manifesto politico anziché di lettera. A rileggerti presto, al prossimo step.
digitoergosum- Cavaliere Jedi
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Re: Lettera di un impiegato
Mi riallaccio a un discorso che facevo in un altro racconto sulle citazioni. Là erano smaccate e stonano un po', qua invece sono ben amalgamate, impastate direi, e si evincono solo con una lettura attenta.
Il racconto mi è piaciuto, ma con riserva. Nel senso, l'ho trovato un po' troppo "manifesto", sembra un pamphlet di tutto quello di nostalgico che riguarda quegli anni. Tutte le citazioni, come detto su, e i temi come la piccola borghesia, le catene delle cambiali ect... Mi spiego, sembra scritto oggi, sospirando malinconici, che effettivamente nel '68. Manca la rabbia vera, lo spirito guerriero, quello che c'è per forza vista la scelta di vita del protagonista.
La scrittura è invece ottima, fin troppo pulita oserei dire. Alla prossima, si spera in gara!
Il racconto mi è piaciuto, ma con riserva. Nel senso, l'ho trovato un po' troppo "manifesto", sembra un pamphlet di tutto quello di nostalgico che riguarda quegli anni. Tutte le citazioni, come detto su, e i temi come la piccola borghesia, le catene delle cambiali ect... Mi spiego, sembra scritto oggi, sospirando malinconici, che effettivamente nel '68. Manca la rabbia vera, lo spirito guerriero, quello che c'è per forza vista la scelta di vita del protagonista.
La scrittura è invece ottima, fin troppo pulita oserei dire. Alla prossima, si spera in gara!
Akimizu- Cavaliere Jedi
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Re: Lettera di un impiegato
Sul questo racconto hanno già scritto molto gli amici che mi hanno preceduto e condivido molti dei pregi e dei difetti che hanno sottolinato. Non avrebbe senso scriverti che se avrei inserito o meno il tuo racconto nella cinquina. Voglio lasciati solamente quanto mi salta all'occhio dopo la lettura. Questa lettera/racconto sembra un saggio. Usi il fatto che la madre è estranea alle vicende per scrivere un pezzo su "i moti del 68 e i piccoli borghi operai". Interessante, ma rende poco credibile la lettera scritta di nascosto e in preda a forti sentimenti.
Per il resto si legge bene ed è scritto egregiamente.
Grazie per averlo condiviso con noi.
Complimenti
Per il resto si legge bene ed è scritto egregiamente.
Grazie per averlo condiviso con noi.
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I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto. Gli altri fanno volume.
CharAznable- Cavaliere Jedi
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