Kimama
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Kimama
La notizia dell'evasione di Charlie Gun dalla prigione di Barrytown in Kansas, grazie al telegrafo, raggiunse rapidamente la maggior parte delle città dello stato e degli stati confinanti. Quando lo venne a sapere George Milton, cassiere della banca di Fortune Creek in Colorado, il suo colorito virò velocemente dal rosa al grigio cenere. Si trovava all'emporio del vecchio Culbert per acquistare delle patate e dei fagioli, quando entrò il becchino per renderlo partecipe della novità. Le sue gambe cedettero per un attimo, di certo per l'implicazione che quella notizia comportava, ma anche per lo sguardo colmo d'avidità che quell'avvoltoio gli riservò.
«Avanti George, siediti un minuto» disse il signor Culbert uscendo da dietro il bancone e porgendogli una sedia. «Stattene qui tranquillo mentre io ti vado a rimediare un goccetto.»
“Già, sono proprio tranquillo con quel beccamorto che continua a squadrarmi dalla testa ai piedi” pensò George, dondolandosi avanti e indietro sulla sedia. Per sua fortuna però il becchino abbandonò quasi subito l'emporio, lasciandolo ad affogare nei propri pensieri. Quando il vecchio finalmente ritornò nella stanza, reggeva tra le mani due bicchieri e una bottiglia di whisky. Riempì un bicchierino sino all'orlo e lo passò a George, poi rabboccò anche il suo.
«Alla salute» disse Culbert. George Milton si limitò ad annuire, quindi ingoiò in un sorso quel liquido dal colore del rame.
«Hai notato come mi squadrava quel bastardo di Felton? Sarà già corso a prepararmi la cassa, ci scommetto il sedere.»
«Lascialo perdere» rispose il vecchio, «è un avido, pensa solo agli affari. Per lui ogni cosa è una questione d'affari.»
«Già, ma questo è un affare che riguarda soltanto me, purtroppo.»
Qualche mese prima Charlie Gun aveva provato a rapinare la banca di Fortune Creek con alcuni complici, ma grazie all'intervento di George il colpo era sfumato. Quel gesto eroico gli aveva procurato una pallottola alla gamba destra e una promessa ancor più dolorosa. Difatti, prima di fuggire al galoppo inseguito dal vecchio sceriffo, Charlie gliel'aveva giurata, fosse stata anche l'ultima cosa che avesse fatto nella vita.
«Già me lo vedevo sulla forca, quel figlio di una gran baldracca!» protestò l'impiegato, come rivolgendosi direttamente al destino.
«Parlane col nuovo sceriffo, magari lui ti può aiutare» suggerì Culbert.
«Chi? Willard? Quello non vale l'unghia del mignolo della mano sinistra del vecchio sceriffo, pace all'anima sua. Quando estrae la pistola è già molto se riesce nell'impresa di non spararsi sugli stivali.»
Il vecchio Culbert ridacchiò di gusto, poi si riempì un altro bicchiere, senza essere imitato da George.
«No, come ho già detto questo è un affare che riguarda soltanto me» continuò George, parlando più a se stesso che al vecchio. «Devo pensarci io e devo farlo in fretta.» Detto questo, l'uomo pagò per la merce che aveva acquistato e salutò il vecchio. Mentre raggiungeva l'uscita zoppicando, la gamba gli regalò una fitta più fastidiosa del solito, come a volergli ricordare che la promessa di morte di Charlie Gun si stava avvicinando.
Fu nel corso di una vivace riunione cittadina che gli abitanti di Fortune Creek decisero di porre fine alle scorrerie di Charlie Gun piazzando una taglia sopra la sua testa. Per ovvie ragioni fu George Milton a caldeggiare quella possibilità, eppure anche tanti altri cittadini si trovarono concordi con lui, visto che nessuno poteva sentirsi al sicuro con quella carogna a piede libero. Tra l'altro il signor Johnson, direttore e proprietario della banca cittadina, per una sorta di riconoscenza nei confronti del suo impiegato, si era impegnato per la quasi totalità dei millecinquecento dollari di taglia. Così, una volta presa la decisione, avevano fatto uscire delle inserzioni sulle pagine di una mezza dozzina di giornali della zona, sperando poi che il vento del deserto(o chi per esso) trasportasse la notizia sulla taglia sempre più lontano, dritta dritta alle orecchie giuste.
George Milton godeva ancora di buona salute quando quella strana coppia entrò in città. I due uomini procedevano lentamente su grossi cavalli dal manto nero, i cappelli ben calcati sul volto. Nonostante questo però, gli abitanti di Fortune Creek non poterono fare a meno di notare le fattezze degli stranieri.
«Un negro e un dannato indiano» ragliò uno mentre gli passavano accanto, «chissà cosa vogliono.»
«Dipendesse da me, certi rifiuti li riempirei di piombo prima di fargli mettere il muso in città» berciò un altro, concludendo l'intervento con una risata sguaiata. Nel frattempo si era creato un capannello di curiosi e anche altri individui si erano uniti a quell'incauta allegria.
A quel punto il nero, infastidito, si girò verso il primo che aveva riso, fulminandolo con gli occhi, dopodiché scostò la giacca per mostrare la pistola che gli pendeva dal cinturone. D'un tratto tutta l'ilarità cessò.
«Basta con queste stupidaggini, le presentazioni rimandiamole a dopo» disse l'indiano, arrestandosi davanti a un edificio e scendendo da cavallo. «Ho bisogno di un bagno, la sabbia del deserto mi si è infilata sin dentro le mutande.»
Prima di varcare la porta del locale si rivolse ancora una volta al compagno. «Aspettami qui e non fare entrare nessuno.»
Quando l'indiano si chiuse la porta alle spalle, il proprietario della bath house, un uomo basso e calvo, gli andò incontro.
«Buongiorno, signore, cosa possa fare per lei?» domandò in modo affabile.
«Un bagno. Caldo. E due asciugamani.»
L'ometto si mosse senza perdere tempo, riempì con l'acqua la tinozza in metallo situata in fondo alla stanza, poi si occupò del braciere.
Lungo la parete erano stati ricavati quattro alloggi grazie a dei divisori in legno, all'interno dei quali erano state posizionate quattro tinozze, due di metallo e due in legno. Nella parte anteriore di ogni alloggio il gestore aveva anche sistemato dei vecchi drappi di colore rosso, per garantire alla sua clientela un minimo di riservatezza.
L'indiano si diresse verso l'unica tenda tirata e la scostò.
«Hey amico, che succede? Hai perso qualcosa?» chiese l'uomo a mollo nel catino di legno.
«Vattene» rispose il pellerossa.
«Come sarebbe a dire?» sbraitò l'altro, risentito.
L'indiano non perse tempo, estrasse la pistola e sparò al catino. «Ho detto vattene.»
L'uomo, visibilmente spaventato, uscì dal mastello ormai inservibile e raccolse i vestiti, puntando con rapidità la porta.
«Dimentichi questo» disse l'indiano lanciandogli il cappello, «per coprire le vergogne.»
«Ma che diavolo è successo qui?» piagnucolò l'ometto calvo, passandosi nervosamente le mani sulla testa liscia.
«Nulla che non si possa aggiustare» rispose placidamente il nativo americano, tirando fuori una moneta da cinque dollari. «È pronto il mio bagno?»
L'uomo calvo fece di sì con la testa, facendo sparire la moneta nella tasca dei calzoni.
«Bene. Ora esci e non rientrare fino a quando avrò finito. Corri dal signor Johnson e avvisalo che Johnny Falena e Virgil sono qui per la taglia su Charlie Gun.»
Quando l'uomo uscì, Johnny Falena iniziò a spogliarsi, appoggiando gli abiti sulla sedia vicino al catino. In ultimo si tolse il cappello di cuoio marrone dalla forma arrotondata, levò le forcine e lasciò fluire liberi i lunghi capelli neri. Con un rapido gesto li portò subito sul davanti, a nascondere le orrende cicatrici che deturpavano il suo petto.
Un folto cespuglio nero nascondeva la fessura tra le gambe, ultimo baluardo di una femminilità massacrata. S'immerse nell'acqua calda, serrò gli occhi e fece scivolare le dita sopra i solchi frastagliati, là dove un tempo troneggiavano i seni. Era passato parecchio tempo da quando i miliziani dell'Unione avevano attaccato il suo villaggio, violentandola e mutilandola. Avevano reciso le sue mammelle, macabri trofei da esibire agli amici, lasciandola a terra agonizzante, assieme ad altre decine di corpi. Avevano creduto fosse morta, ma la sua voglia di vivere era stata più forte di tutto, ancora più forte dell'annientamento e del dolore, così lo sciamano e le erbe miracolose erano riusciti nell'intento di rimetterla in piedi.
Sì, era viva, ma qualcosa in lei non c'era più. La farfalla era morta per lasciare spazio alla falena, la creatura che si nutre della notte, l'essere oscuro e dannato attratto dalla luce di un passato che non può ritornare. Si era compiuta una metamorfosi, una trasformazione benedetta dall'odio che reclamava il suo tributo di sangue e vendetta.
Quando Johnny Falena uscì, a nessuno balenò per un solo secondo l'idea che quell'individuo potesse essere una donna. «L'acqua è ancora tiepida se vuoi toglierti di dosso un po' di sporcizia» disse a Virgil con voce cupa.
L'ufficio di Frederick Johnson era spazioso e accogliente, permeato da un odore dolciastro di tabacco. Lui e l'indiano erano seduti uno di fronte all'altro, mentre Virgil stava in piedi, alle spalle di Johnny Falena. Il direttore sfregò un fiammifero sul bordo della scrivania e incendiò il fornelletto della pipa.
«Allora le cose stanno davvero così» disse Johnson, fissando il messaggio appena giunto dal vicino ufficio telegrafico.
«Già» confermò Virgil «le nostre informazioni erano esatte. Dopo la fuga dalla prigione, Charlie Gun si è diretto a nord con un paio di uomini, inseguito dallo sceriffo di Barrytown. Presumibilmente deve aver fatto perdere le proprie tracce nei pressi del Green River, ha invertito la marcia ed è tornato a sud.»
«Secondo il vostro informatore in questo momento si trova a Silent City» continuò Johnson, indicando con la base della pipa il messaggio abbandonato sul ripiano della scrivania «e questo vuol dire che...»
«Per domani mattina sarà in città» terminò al suo posto Johnny Falena.
«Vado ad avvertire George, è doveroso metterlo a conoscenza degli sviluppi» disse il direttore, alzandosi dalla poltrona e raggiungendo il cassiere allo sportello. Quando Johnson rientrò nella stanza, Johnny e Virgil erano in piedi davanti alla finestra.
«L'ha presa bene?» lo interrogò Johnny, lo sguardo perso oltre il vetro chiazzato di polvere.
«Tutt'altro» rispose il signor Johnson. «Mi raccomando, la vita di George Milton è nelle vostre mani.»
«Lo tranquillizzi allora. Appena Charlie Gun entrerà in città sarà un uomo morto.» A quel punto l'indiano si voltò e guardò intensamente il direttore, indicando la finestra alle sue spalle. «Cosa c'è nell'edificio di fronte alla banca?»
«Oh, quella è la vecchia scuola. Il piccolo Sam Belton è morto là dentro... Una cosa improvvisa e inspiegabile. Da quel giorno nessuno degli altri bambini ha più voluto mettervi piede. Siamo stati costretti a costruire un'altra scuola, lontano da lì. Davvero una strana e triste storia.»
«Per noi è perfetta» disse Virgil con un mezzo sorriso. «Ci apposteremo là dentro.»
Quando Johnny e Virgil entrarono nella vecchia scuola, l'indiano corrugò la fronte e sorrise impercettibilmente.
«Non mi stupisce che i bambini non siano più voluti entrare qua dentro. Sono più ricettivi dei grandi, molto di più. Sento la presenza del piccolo Sam.»
Virgil inarcò un sopracciglio con aria interrogativa.
«Non preoccuparti, non ha pregiudizi razziali. Non ci darà fastidio.»
Virgil rise rumorosamente, poi prese a ispezionare la stanza. Al centro era posizionato un grosso tavolo, circondato da quattro panche. Lì vicino, una robusta stufa a legna garantiva il riscaldamento dei piccoli
durante le giornate più fredde. Di fronte al tavolo un barile di legno che fungeva da piano d'appoggio per la maestra. Virgil oltrepassò il barile, poi si fermò: abbandonato sul pavimento in terra battuta c'era un bastone appuntito e tutto intorno solchi che formavano lettere e numeri, testimoni polverosi di una lontana lezione.
«Hai visto?» disse Johnny. «La terra ricorda e insegna. Sempre.»
Virgil annuì, poi strinse a sé Kimama. Quello era il vero nome di Johnny Falena e Virgil lo sapeva, perché conosceva il suo segreto.
La baciò sulla fronte, stringendola ancora più forte. «Kimama, sei proprio sicura che Charlie Gun domani arriverà in città?»
«Ho mai sbagliato? Ho sognato il suo nome, ho visto il suo volto impresso nelle fiamme del fuoco e questa notte ci sarà la luna piena. La sua anima mi appartiene.»
Virgil fece risalire le mani lungo i fianchi di Kimama, poi con estrema dolcezza accarezzò il ricordo del suo seno. Lei con un movimento fulmineo si girò, concedendogli la parete liscia della schiena. Non permetteva a nessuno di toccarle il petto, neppure al suo amico, servitore, aiutante e amante. Odiava quelle cicatrici, perché le facevano ancora un male tremendo. Non fuori, ma dentro.
«Non credo verrà da solo. Tu pensa agli altri, ma lui lascialo a me» disse infine, staccandosi da Virgil. Il sole stava tramontando, con la luce morente in attesa di cedere il passo all'oscurità. Kimama raggiunse una delle tre finestre e la spalancò, fiutando l'aria.
«È in arrivo un temporale» disse con voce stanca, poi richiuse la finestra e corse verso Virgil. Lo abbracciò forte, poi posò le proprie labbra su quelle di lui.
Quando Charlie Gun arrivò in città per placare la propria sete di vendetta erano da poco scoccate le dieci. Un cielo pesante e carico di pioggia gravava sulle teste degli abitanti di Fortune Creek, pronto a ricoprire col suo sudario di umidità la vita di tutti, in particolare quella di George Milton. Non era solo, aveva portato con sé due uomini. Appena i tre furono di fronte alla banca, Charlie impugnò la pistola e sparò un colpo contro una delle finestre dell'istituto.
«Esci fuori, eroe» gridò il bandito, facendo esplodere un nuovo colpo. «Se non esci entrerò io e farò una strage.»
Johnny Falena e Virgil erano affacciati alla porta della scuola e osservavano la scena con attenzione. Non appena i tre smontarono da cavallo, Virgil uscì col suo fucile e in rapida successione sparò ai complici di Charlie, uccidendoli sul colpo. Quando Charlie si girò di scatto in direzione degli spari, lui lo teneva già sotto tiro col Winchester.
«Rimetti la pistola nel cinturone e vieni lentamente verso di me» tuonò Virgil.
«Non prendo ordini da un negro» rispose l'altro, sputando per terra.
«Il cassiere della banca è la dentro» disse Virgil, puntando lo stivale verso la porta della scuola. «Non vogliamo che muoia nessun altro, questa è una questione tra te e lui.»
Charlie lo squadrò con attenzione, poi sputò di nuovo.
«Se non ti fidi, ti apro subito un buco nel petto e ti mando a far compagnia ai tuoi compari» continuò Virgil. «A te la scelta.»
A quel punto Charlie ripose la pistola e si avvicinò con tutta la cautela del caso. Appena si trovò in prossimità della soglia Virgil lo spinse dentro, poi chiuse la porta. Aveva cominciato a piovere e il cielo da grigio si era fatto nero pece. All'interno della scuola regnava l'oscurità e c'era più buio che nel fondo di una miniera.
«Hey, eroe, dove ti nascondi? Qui è più nero che dentro il culo di tua madre» ringhiò Charlie impugnando la Colt.
In effetti non si riusciva a vedere nulla: appena svegli, Kimama e Virgil avevano oscurato le tre finestre con delle coperte e il cielo scuro non permetteva alla luce del sole di fare breccia tra le fessure createsi nel legno.
Kimama accese un fiammifero e subito ci soffiò sopra. Charlie Gun sparò in direzione di quel bagliore morente con un senso di angoscia che iniziava a stringergli le budella.
«Mostrati, codardo. Dimostra di essere un uomo, non ti nascondere.»
«Essere uomo? È un po' difficile» rispose Kimama con voce spettrale.
Il bandito fece esplodere un nuovo colpo verso quella voce, senza ottenere alcun risultato. La nativa americana della tribù degli Scioscioni si trovava alle spalle del ricercato quando sfregò un secondo fiammifero. Charlie Gun sentì lo sfregamento e si girò sparando, mentre la fiammella si dissolveva nell'umidità scura.
Kimama si orientava nel buio con naturalezza, grazie alla vista da falena che le avevano donato i soldati dell'Unione, quando l'avevano lasciata a vagare nelle tenebre sul baratro della morte. La luce di malvagità che emanava il corpo dell'uomo brillava nel buio, attirandola inesorabilmente, ma lei sapeva che doveva attendere ancora un po'. Cominciò a correre per la stanza, saltò sul tavolo, sulle panche, girò attorno al corpo di Charlie Gun che, sempre più disorientato, sperimentò un'insolita paura. Lo spostamento d'aria della donna, quando gli passava accanto, lo fece impazzire.
«Smettilaaaa! Fatti vedere» piagnucolò al culmine dell'esasperazione, dopodiché scaricò un'altra pallottola nel nulla.
Con la Colt oramai scarica, la donna falena poté finalmente avvicinarsi a quella luce. Era a pochi centimetri dal bandito quando accese un altro fiammifero, l'ultimo, per farsi vedere.
«Non temere, tra un po' sarà tutto finito» gli disse, mentre Charlie continuava a premere nervosamente il grilletto muto, col viso trasfigurato dalla paura.
Kimama soffiò sulla fiamma, lasciando che la puzza di zolfo bruciato inondasse le loro narici, poi raggiunse l'uomo e con forza gli piantò nel collo il bastone appuntito che in quella scuola veniva utilizzato per insegnare ai bambini la magia delle lettere e dei numeri. La sua lingua da gatto s'immerse nel sangue, assaporando la vita che defluiva da quel corpo. Le piaceva quel sapore ferroso, perché lo associava a quello della vendetta e questo contribuiva a fiaccare il suo dolore.
Fortune Creek galleggiava già parecchie miglia dietro di loro quando Kimama saltò dal suo cavallo su quello di Virgil. Aveva cessato di piovere e il sole pulsava feroce sopra al deserto.
«Proteggimi dalla luce o rischierò di bruciarmi le ali» gli disse abbracciandolo e poggiando la testa contro la sua schiena possente.
Lui rise e lei gli andò dietro.
«Hai ritrovato un po' di pace?» le domandò dolcemente
«Lo sai che non succederà mai.»
Ci fu un attimo di assoluto silenzio, poi le loro mani si toccarono,
intrecciandosi in un legame indissolubile.
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Re: Kimama
ciao autore
Oh che bella storia. Un racconto corposo e rispettoso di tutti i paletti richiesti.
La storia mi è piaciuta molto, ci sono dei passaggi fenomenali anche se il testo avrebbe bisogno di una ulteriore revisione.
Non sempre i termini che hai scelto mi sembrano appropriati, alcuni sono troppo ripetuti (cercherei dei sinonimi) C’è un uso sovrabbondante degli aggettivi possessivi e dei dimostrativi (troppi!) e rallentano la lettura rendendola poco scorrevole a tratti.
Ti ho segnalato in neretto alcuni punti di “attenzione” proprio per farti vedere ciò che intendevo dirti.
Comunque a me questo racconto è piaciuto parecchio. Complimenti sinceri.
Originale e molto efficace “il bagno” e il personaggio di Kiamama non sarà facile da dimenticare.
La notizia dell'evasione di Charlie Gun dalla prigione di Barrytown in Kansas, grazie al telegrafo, raggiunse rapidamente la maggior parte delle città dello stato e degli stati confinanti.(metterei a capo)
Quando lo venne a sapere George Milton, cassiere della banca di Fortune Creek in Colorado, il suo colorito virò velocemente dal rosa al grigio cenere. Si trovava all'emporio del vecchio Culbert per acquistare delle patate e dei fagioli, quando entrò il becchino per renderlo partecipe della novità. Le sue gambe cedettero per un attimo, di certo per l'implicazione che quella notizia comportava, ma anche per lo sguardo colmo d'avidità che quell'avvoltoio gli riservò.
«Avanti George, siediti un minuto» disse il signor Culbert uscendo da dietro il bancone e porgendogli una sedia. «Stattene qui tranquillo mentre io ti vado a rimediare un goccetto.»
“Già, sono proprio tranquillo con quel beccamorto che continua a squadrarmi dalla testa ai piedi” pensò George, dondolandosi avanti e indietro sulla sedia. Per sua fortuna però il becchino abbandonò quasi subito l'emporio, lasciandolo ad affogare nei propri pensieri. Quando il vecchio finalmente ritornò nella stanza, reggeva tra le mani due bicchieri e una bottiglia di whisky. Riempì un bicchierino sino all'orlo e lo passò a George, poi rabboccò anche il suo.
«Alla salute» disse Culbert. George Milton si limitò ad annuire, quindi ingoiò in un sorso quel liquido dal colore del rame.
«Hai notato come mi squadrava quel bastardo di Felton? Sarà già corso a prepararmi la cassa, ci scommetto il sedere.»
«Lascialo perdere» rispose il vecchio, «è un avido, pensa solo agli affari. Per lui ogni cosa è una questione d'affari.»
«Già, ma questo è un affare che riguarda soltanto me, purtroppo.»
Qualche mese prima, Charlie Gun aveva provato a rapinare la banca di Fortune Creek con alcuni complici, ma grazie all'intervento di George il colpo era sfumato. Quel gesto eroico gli aveva procurato una pallottola alla gamba destra e una promessa ancor più dolorosa. Difatti, prima di fuggire al galoppo inseguito dal vecchio sceriffo, Charlie gliel'aveva giurata, fosse stata anche l'ultima cosa che avesse fatto nella vita.
«Già me lo vedevo sulla forca, quel figlio di una gran baldracca!» protestò l'impiegato, come rivolgendosi direttamente al destino.
«Parlane col nuovo sceriffo, magari lui ti può (potrà) aiutare» suggerì Culbert.
«Chi? Willard? Quello non vale l'unghia del mignolo della mano sinistra del vecchio sceriffo, pace all'anima sua. Quando estrae la pistola è già molto se riesce nell'impresa di non spararsi sugli stivali.»
Il vecchio Culbert ridacchiò di gusto, poi si riempì un altro bicchiere, senza essere imitato da George.
«No, come ho già detto questo è un affare che riguarda soltanto me» continuò George, parlando più a se stesso che al vecchio. «Devo pensarci io e devo farlo in fretta.» Detto questo, l'uomo pagò per la merce che aveva acquistato e salutò il vecchio. Mentre raggiungeva l'uscita zoppicando, la gamba gli regalò una fitta più fastidiosa del solito, come a volergli ricordare che la promessa di morte di Charlie Gun si stava avvicinando.
Fu nel corso di una vivace riunione cittadina che gli abitanti di Fortune Creek decisero di porre fine alle scorrerie di Charlie Gun piazzando una taglia sopra la sua testa. Per ovvie ragioni fu George Milton a caldeggiare quella possibilità, eppure anche tanti altri cittadini si trovarono concordi con lui, visto che nessuno poteva sentirsi al sicuro con quella carogna a piede libero. Tra l'altro il signor Johnson, direttore e proprietario della banca cittadina, per una sorta di riconoscenza nei confronti del suo impiegato, si era impegnato per la quasi totalità dei millecinquecento dollari di taglia. Così, una volta presa la decisione, avevano fatto uscire delle inserzioni sulle pagine di una mezza dozzina di giornali della zona, sperando poi che il vento del deserto(o chi per esso) trasportasse la notizia sulla taglia sempre più lontano, dritta dritta alle orecchie giuste.
George Milton godeva ancora di buona salute quando quella strana coppia entrò in città. I due uomini procedevano lentamente su grossi cavalli dal manto nero, i cappelli ben calcati sul volto. Nonostante questo però, gli abitanti di Fortune Creek non poterono fare a meno di notare le fattezze degli stranieri.
«Un negro e un dannato indiano» ragliò uno mentre gli passavano accanto, «chissà cosa vogliono.»
«Dipendesse da me, certi rifiuti li riempirei di piombo prima di fargli mettere il muso in città» berciò un altro, concludendo l'intervento con una risata sguaiata. Nel frattempo si era creato un capannello di curiosi e anche altri individui si erano uniti a quell'incauta allegria.
A quel punto il nero, infastidito, si girò verso il primo che aveva riso, fulminandolo con gli occhi, dopodiché scostò la giacca per mostrare la pistola che gli pendeva dal cinturone. D'un tratto tutta l'ilarità cessò.
«Basta con queste stupidaggini, le presentazioni rimandiamole a dopo» disse l'indiano, arrestandosi davanti a un edificio e scendendo da cavallo. «Ho bisogno di un bagno, la sabbia del deserto mi si è infilata sin dentro le mutande.»
Prima di varcare la porta del locale si rivolse ancora una volta al compagno. «Aspettami qui e non fare entrare nessuno.»
Quando l'indiano si chiuse la porta alle spalle, il proprietario della bath house, un uomo basso e calvo, gli andò incontro.
«Buongiorno, signore, cosa possa fare per lei?» domandò in modo affabile.
«Un bagno. Caldo. E due asciugamani.»
L'ometto si mosse senza perdere tempo, riempì con l'acqua la tinozza in metallo situata in fondo alla stanza, poi si occupò del braciere.
Lungo la parete erano stati ricavati quattro alloggi grazie a dei divisori in legno, all'interno dei quali erano state posizionate quattro tinozze, due di metallo e due in legno. Nella parte anteriore di ogni alloggio il gestore aveva anche sistemato dei vecchi drappi di colore rosso, per garantire alla sua clientela un minimo di riservatezza.
L'indiano si diresse verso l'unica tenda tirata e la scostò.
«Hey amico, che succede? Hai perso qualcosa?» chiese l'uomo a mollo nel catino di legno.
«Vattene» rispose il pellerossa.
«Come sarebbe a dire?» sbraitò l'altro, risentito.
L'indiano non perse tempo, estrasse la pistola e sparò al catino. «Ho detto vattene.»
L'uomo, visibilmente spaventato, uscì dal mastello ormai inservibile e raccolse i vestiti, puntando con rapidità la porta.
«Dimentichi questo» disse l'indiano lanciandogli il cappello, «per coprire le vergogne.»
«Ma che diavolo è successo qui?» piagnucolò l'ometto calvo, passandosi nervosamente le mani sulla testa liscia.
«Nulla che non si possa aggiustare» rispose placidamente il nativo americano, tirando fuori una moneta da cinque dollari. «È pronto il mio bagno?»
L'uomo calvo fece di sì con la testa, facendo sparire la moneta nella tasca dei calzoni.
«Bene. Ora esci e non rientrare fino a quando avrò finito. Corri dal signor Johnson e avvisalo che Johnny Falena e Virgil sono qui per la taglia su Charlie Gun.»
Quando l'uomo uscì, Johnny Falena iniziò a spogliarsi, appoggiando gli abiti sulla sedia vicino al catino. In ultimo si tolse il cappello di cuoio marrone dalla forma arrotondata, levò le forcine e lasciò fluire liberi i lunghi capelli neri. Con un rapido gesto li portò subito sul davanti, a nascondere le orrende cicatrici che deturpavano il suo petto.
Un folto cespuglio nero nascondeva la fessura tra le gambe, ultimo baluardo di una femminilità massacrata. S'immerse nell'acqua calda, serrò gli occhi e fece scivolare le dita sopra i solchi frastagliati, là dove un tempo troneggiavano i seni. Era passato parecchio tempo da quando i miliziani dell'Unione avevano attaccato il suo villaggio, violentandola e mutilandola. Avevano reciso le sue mammelle, macabri trofei da esibire agli amici, lasciandola a terra agonizzante, assieme ad altre decine di corpi. Avevano creduto fosse morta, ma la sua voglia di vivere era stata più forte di tutto, ancora più forte dell'annientamento e del dolore, così lo sciamano e le erbe miracolose erano riusciti nell'intento di rimetterla in piedi.
Sì, era viva, ma qualcosa in lei non c'era più. La farfalla era morta per lasciare spazio alla falena, la creatura che si nutre della notte, l'essere oscuro e dannato attratto dalla luce di un passato che non può ritornare. Si era compiuta una metamorfosi, una trasformazione benedetta dall'odio che reclamava il suo tributo di sangue e vendetta.
Quando Johnny Falena uscì, a nessuno balenò per un solo secondo l'idea che quell'individuo potesse essere una donna. «L'acqua è ancora tiepida se vuoi toglierti di dosso un po' di sporcizia» disse a Virgil con voce cupa.
L'ufficio di Frederick Johnson era spazioso e accogliente, permeato da un odore dolciastro di tabacco. Lui e l'indiano erano seduti uno di fronte all'altro, mentre Virgil stava in piedi, alle spalle di Johnny Falena. Il direttore sfregò un fiammifero sul bordo della scrivania e incendiò il fornelletto della pipa.
«Allora le cose stanno davvero così» disse Johnson, fissando il messaggio appena giunto dal vicino ufficio telegrafico.
«Già» confermò Virgil «le nostre informazioni erano esatte. Dopo la fuga dalla prigione, Charlie Gun si è diretto a nord con un paio di uomini, inseguito dallo sceriffo di Barrytown. Presumibilmente deve aver fatto perdere le proprie tracce nei pressi del Green River, ha invertito la marcia ed è tornato a sud.»
«Secondo il vostro informatore in questo momento si trova a Silent City» continuò Johnson, indicando con la base della pipa il messaggio abbandonato sul ripiano della scrivania «e questo vuol dire che...»
«Per domani mattina sarà in città» terminò al suo posto Johnny Falena.
«Vado ad avvertire George, è doveroso metterlo a conoscenza degli sviluppi» disse il direttore, alzandosi dalla poltrona e raggiungendo il cassiere allo sportello. Quando Johnson rientrò nella stanza, Johnny e Virgil erano in piedi davanti alla finestra.
«L'ha presa bene?» lo interrogò Johnny, lo sguardo perso oltre il vetro chiazzato di polvere.
«Tutt'altro» rispose il signor Johnson. «Mi raccomando, la vita di George Milton è nelle vostre mani.»
«Lo tranquillizzi allora. Appena Charlie Gun entrerà in città sarà un uomo morto.» A quel punto l'indiano si voltò e guardò intensamente il direttore, indicando la finestra alle sue spalle. «Cosa c'è nell'edificio di fronte alla banca?»
«Oh, quella è la vecchia scuola. Il piccolo Sam Belton è morto là dentro... Una cosa improvvisa e inspiegabile. Da quel giorno nessuno degli altri bambini ha più voluto mettervi piede. Siamo stati costretti a costruire un'altra scuola, lontano da lì. Davvero una strana e triste storia.»
«Per noi è perfetta» disse Virgil con un mezzo sorriso. «Ci apposteremo là dentro.»
Quando Johnny e Virgil entrarono nella vecchia scuola, l'indiano corrugò la fronte e sorrise impercettibilmente.
«Non mi stupisce che i bambini non siano più voluti entrare qua dentro. Sono più ricettivi dei grandi, molto di più. Sento la presenza del piccolo Sam.»
Virgil inarcò un sopracciglio con aria interrogativa.
«Non preoccuparti, non ha pregiudizi razziali. Non ci darà fastidio.»
Virgil rise rumorosamente, poi prese a ispezionare la stanza. Al centro era posizionato un grosso tavolo, circondato da quattro panche. Lì vicino, una robusta stufa a legna garantiva il riscaldamento dei piccoli
durante le giornate più fredde. Di fronte al tavolo un barile di legno che fungeva da piano d'appoggio per la maestra. Virgil oltrepassò il barile, poi si fermò: abbandonato sul pavimento in terra battuta c'era un bastone appuntito e tutto intorno solchi che formavano lettere e numeri, testimoni polverosi di una lontana lezione.
«Hai visto?» disse Johnny. «La terra ricorda e insegna. Sempre.»
Virgil annuì, poi strinse a sé Kimama. Quello era il vero nome di Johnny Falena e Virgil lo sapeva, perché conosceva il suo segreto.
La baciò sulla fronte, stringendola ancora più forte. «Kimama, sei proprio sicura che Charlie Gun domani arriverà in città?»
«Ho mai sbagliato? Ho sognato il suo nome, ho visto il suo volto impresso nelle fiamme del fuoco e questa notte ci sarà la luna piena. La sua anima mi appartiene.»
Virgil fece risalire le mani lungo i fianchi di Kimama, poi con estrema dolcezza accarezzò il ricordo del suo seno. Lei con un movimento fulmineo si girò, concedendogli la parete liscia della schiena. Non permetteva a nessuno di toccarle il petto, neppure al suo amico, servitore, aiutante e amante. Odiava quelle cicatrici, perché le facevano ancora un male tremendo. Non fuori, ma dentro.
«Non credo verrà da solo. Tu pensa agli altri, ma lui lascialo a me» disse infine, staccandosi da Virgil. Il sole stava tramontando, con la luce morente in attesa di cedere il passo all'oscurità. Kimama raggiunse una delle tre finestre e la spalancò, fiutando l'aria.
«È in arrivo un temporale» disse con voce stanca, poi richiuse la finestra e corse verso Virgil. Lo abbracciò forte, poi posò le proprie labbra su quelle di lui.
Quando Charlie Gun arrivò in città per placare la propria sete di vendetta erano da poco scoccate le dieci. Un cielo pesante e carico di pioggia gravava sulle teste degli abitanti di Fortune Creek, pronto a ricoprire col suo sudario di umidità la vita di tutti, in particolare quella di George Milton. Non era solo, aveva portato con sé due uomini. Appena i tre furono di fronte alla banca, Charlie impugnò la pistola e sparò un colpo contro una delle finestre dell'istituto.
«Esci fuori, eroe» gridò il bandito, facendo esplodere un nuovo colpo. «Se non esci entrerò io e farò una strage.»
Johnny Falena e Virgil erano affacciati alla porta della scuola e osservavano la scena con attenzione. Non appena i tre smontarono da cavallo, Virgil uscì col suo fucile e in rapida successione sparò ai complici di Charlie, uccidendoli sul colpo. Quando Charlie si girò di scatto in direzione degli spari, lui lo teneva già sotto tiro col Winchester.
«Rimetti la pistola nel cinturone e vieni lentamente verso di me» tuonò Virgil.
«Non prendo ordini da un negro» rispose l'altro, sputando per terra.
«Il cassiere della banca è la dentro» disse Virgil, puntando lo stivale verso la porta della scuola. «Non vogliamo che muoia nessun altro, questa è una questione tra te e lui.»
Charlie lo squadrò con attenzione, poi sputò di nuovo.
«Se non ti fidi, ti apro subito un buco nel petto e ti mando a far compagnia ai tuoi compari» continuò Virgil. «A te la scelta.»
A quel punto Charlie ripose la pistola e si avvicinò con tutta la cautela del caso. Appena si trovò in prossimità della soglia Virgil lo spinse dentro, poi chiuse la porta. Aveva cominciato a piovere e il cielo da grigio si era fatto nero pece. All'interno della scuola regnava l'oscurità e c'era più buio che nel fondo di una miniera.
«Hey, eroe, dove ti nascondi? Qui è più nero che dentro il culo di tua madre» ringhiò Charlie impugnando la Colt.
In effetti non si riusciva a vedere nulla: appena svegli, Kimama e Virgil avevano oscurato le tre finestre con delle coperte e il cielo scuro non permetteva alla luce del sole di fare breccia tra le fessure createsi nel legno.
Kimama accese un fiammifero e subito ci soffiò sopra. Charlie Gun sparò in direzione di quel bagliore morente con un senso di angoscia che iniziava a stringergli le budella.
«Mostrati, codardo. Dimostra di essere un uomo, non ti nascondere.»
«Essere uomo? È un po' difficile» rispose Kimama con voce spettrale.
Il bandito fece esplodere un nuovo colpo verso quella voce, senza ottenere alcun risultato. La nativa americana della tribù degli Scioscioni si trovava alle spalle del ricercato quando sfregò un secondo fiammifero. Charlie Gun sentì lo sfregamento e si girò sparando, mentre la fiammella si dissolveva nell'umidità scura.
Kimama si orientava nel buio con naturalezza, grazie alla vista da falena che le avevano donato i soldati dell'Unione, quando l'avevano lasciata a vagare nelle tenebre sul baratro della morte. La luce di malvagità che emanava il corpo dell'uomo brillava nel buio, attirandola inesorabilmente, ma lei sapeva che doveva attendere ancora un po'. Cominciò a correre per la stanza, saltò sul tavolo, sulle panche, girò attorno al corpo di Charlie Gun che, sempre più disorientato, sperimentò un'insolita paura. Lo spostamento d'aria della donna, quando gli passava accanto, lo fece impazzire.
«Smettilaaaa! Fatti vedere» piagnucolò al culmine dell'esasperazione, dopodiché scaricò un'altra pallottola nel nulla.
Con la Colt oramai scarica, la donna falena poté finalmente avvicinarsi a quella luce. Era a pochi centimetri dal bandito quando accese un altro fiammifero, l'ultimo, per farsi vedere.
«Non temere, tra un po' sarà tutto finito» gli disse, mentre Charlie continuava a premere nervosamente il grilletto muto, col viso trasfigurato dalla paura.
Kimama soffiò sulla fiamma, lasciando che la puzza di zolfo bruciato inondasse le loro narici, poi raggiunse l'uomo e con forza gli piantò nel collo il bastone appuntito che in quella scuola veniva utilizzato per insegnare ai bambini la magia delle lettere e dei numeri. La sua lingua da gatto s'immerse nel sangue, assaporando la vita che defluiva da quel corpo. Le piaceva quel sapore ferroso, perché lo associava a quello della vendetta e questo contribuiva a fiaccare il suo dolore.
Fortune Creek galleggiava già parecchie miglia dietro di loro quando Kimama saltò dal suo cavallo su quello di Virgil. Aveva cessato di piovere e il sole pulsava feroce sopra al deserto.
«Proteggimi dalla luce o rischierò di bruciarmi le ali» gli disse abbracciandolo e poggiando la testa contro la sua schiena possente.
Lui rise e lei gli andò dietro.
«Hai ritrovato un po' di pace?» le domandò dolcemente
«Lo sai che non succederà mai.»
Ci fu un attimo di assoluto silenzio, poi le loro mani si toccarono,
intrecciandosi in un legame indissolubile.
Petunia- Moderatore
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Re: Kimama
Questo racconto merita attenzione. I personaggi sono il suo punto forte, hanno un'ottima caratterizzazione, in linea col genere, tra l'altro. Sono incasellati e precisi, attori perfetti per quel filone di western che sembra quasi una recita in maschera. La trama è decisamente lineare, non ci sono colpi di scena o ribaltamenti, anche questo in linea col west stile Tex, fatto di bianchi e neri molto marcati. Dalla prima riga era chiaro che il banchiere si sarebbe salvato e che il fuorilegge sarebbe morto. In linea con lo stereotipo di genere è anche lo stile, anche se devo dire che alcuni passaggi risultano decisamente forzati, soprattutto nei dialoghi, che sono davvero troppo fumettistici, un po' più di naturalezza avrebbe giovato. Faccio mie inoltre le considerazioni di Pet sui possessivi. Sembrano pignolerie, ma fanno la differenza.
E questo bon, in linea di principio, ma ci sono delle cose che andrebbero migliorate. Una tra tutte i numerosi infodump e le spiegazioni date al lettore. Possibile che non ci fosse altro modo di far conoscere il passato atroce di Kimama se non quello di aprire una parentesi così estesa? Non è un ricordo né un sogno, è proprio una parentesi che apre il narratore, un'intrusione. Il narratore è troppo ingombrante, qua in maniera evidente, ma anche nel resto del racconto capita di sentirlo intervenire. Altro punto che si può migliorare è la gestione dei pdv, ho contato ben quattro pdv: il banchiere, Kimama, Virgil, il bandito. È un salto continuo, che conferma l'invadenza del narratore onnisciente e che deve essere gestita a dovere. Nel penultimo paragrafo invece c'è un po' di confusione, si parte col bandito che arriva in città, poi passa a Virgil e si finisce con Kimama, tutto in poche righe.
In conclusione il racconto mi è piaciuto, anche se preferisco il west più malinconico alla Ken Parker a quello machista di Tex. Mi è piaciuto soprattutto per la forza dei personaggi, ma tecnicamente l'ho trovato migliorabile. L'autore dovrebbe avere più fiducia nei suoi personaggi e lasciarli fare, invece di intervenire così spesso.
E questo bon, in linea di principio, ma ci sono delle cose che andrebbero migliorate. Una tra tutte i numerosi infodump e le spiegazioni date al lettore. Possibile che non ci fosse altro modo di far conoscere il passato atroce di Kimama se non quello di aprire una parentesi così estesa? Non è un ricordo né un sogno, è proprio una parentesi che apre il narratore, un'intrusione. Il narratore è troppo ingombrante, qua in maniera evidente, ma anche nel resto del racconto capita di sentirlo intervenire. Altro punto che si può migliorare è la gestione dei pdv, ho contato ben quattro pdv: il banchiere, Kimama, Virgil, il bandito. È un salto continuo, che conferma l'invadenza del narratore onnisciente e che deve essere gestita a dovere. Nel penultimo paragrafo invece c'è un po' di confusione, si parte col bandito che arriva in città, poi passa a Virgil e si finisce con Kimama, tutto in poche righe.
In conclusione il racconto mi è piaciuto, anche se preferisco il west più malinconico alla Ken Parker a quello machista di Tex. Mi è piaciuto soprattutto per la forza dei personaggi, ma tecnicamente l'ho trovato migliorabile. L'autore dovrebbe avere più fiducia nei suoi personaggi e lasciarli fare, invece di intervenire così spesso.
Ultima modifica di Akimizu il Dom Giu 13, 2021 12:04 pm - modificato 1 volta.
Akimizu- Cavaliere Jedi
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Re: Kimama
bello, molto ma molto bello davvero.
bella la storia, carica di tensione e umanità al contempo, di rabbia, sete di vendetta.
alcune descrizioni sono fantastiche, posso solo farti i complimenti.
è vero, come dice Petunia, che una revisione potrebbe solo migliorare ulteriormente un testo già splendido, ma va bene anche così.
voto alto, molto alto, per me
bella la storia, carica di tensione e umanità al contempo, di rabbia, sete di vendetta.
alcune descrizioni sono fantastiche, posso solo farti i complimenti.
è vero, come dice Petunia, che una revisione potrebbe solo migliorare ulteriormente un testo già splendido, ma va bene anche così.
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Arunachala- Admin
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Re: Kimama
Di questo racconto mi piacciono la trama e l’idea della coppia di mercenari; molto forte a anche imprevisto il personaggio di Kimama. Non so se la suggestione che ha guidato te è questa, ma io di certo non riesco a togliermi dalla mente la scena di “Soldato blu” in cui i soldati violentano e mutilano le donne indiane.
Non è la prima donna pistolero guidata dalla vendetta che trovo in una narrazione western, ma originale è il fatto che tenga nascosto di essere una donna, per di più indiana. Insomma, hai creato un bel personaggio.
A tratti invece non mi ha convinto il linguaggio, a volte un po’ enfatico e ridondante. Solo in alcuni punti, però, nella maggior parte dei casi va bene.
Non vedrei male quindi qualche limatura. Ti faccio qualche esempio:
- virò velocemente= paradossalmente, quel “velocemente” ha l’effetto di rallentare il ritmo, quindi l’effetto è il contrario di quello che volevi ottenere; io lo toglierei
- quel liquido dal colore del rame= precisazione superflua che appesantisce
- per acquistare delle patate e dei fagioli= idem
- come rivolgendosi direttamente al destino= aggiunta enfatica inutile, che ha l’effetto di abbassare il livello della scrittura
- il nativo americano= utilizzato perché cercavi un sinonimo per “indiano”, usato nella riga prima, ma è un termine politically correct che trovi in un saggio, un articolo, non in una narrazione
- Si era compiuta una metamorfosi, una trasformazione benedetta dall'odio che reclamava il suo tributo di sangue e vendetta= troppo enfatico, teatrale, da dramma sentimentale
- dell'istituto= di nuovo, hai cercato un sinonimo, questa volta per “banca”; puoi proprio omettere la precisazione, oppure ad esempio usare “edificio”
- La nativa americana della tribù degli Scioscioni= di nuovo, una precisazione inutile (a cosa serve al lettore, a questo punto della storia, che è della tribù degli Scioscioni?) unita al sinonimo di cui ti ho scritto sopra
- La luce di malvagità che emanava il corpo dell'uomo brillava nel buio= anche questa frase, per mio personale gusto, è enfatica
I paletti ci sono.
La costruzione logico-narrativa è buona, così come lo è il ritmo.
Arianna 2016- Maestro Jedi
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Re: Kimama
Ciao Aut*
Un buon racconto dove tutto si regge sulle spalle di Kimama. Lei è il personaggio più bello di tutti i racconti proposti dallo step e forse anche dell'intero concorso. È un personaggio di cui vorrei sapere molto di più e tu ce lo rendi al meglio.
Peccato però che il resto sparisca davanti a un personaggio così immenso e ben costruito. L'intero racconto appare insipido finché non appare lei. La prima parte l'ho trovata troppo lunga e stavo per annoiarmi quando fa la sua comparsa come un oasi nel deserto Kimama. La metafora sulla farfalla e la falena mi è piaciuta molto.
Credo che tu abbia aggiunto troppa carne al fuoco per sostenere la tua protagonista ma non è risultato vincente perché alla fine ha reso solo più "pesante" la lettura. Per esempio mi riferisco alla scuola con la storia della morte del bambino.
Il personaggio di Virgil, nei miei appunti, l'ho definito "evitabile". È così trasparente al confronto con Kimama che sparisce completamente.
Sono passati 2 giorni dalla lettura del racconto e ho ancora impresso nella mia memoria l'immagine di Kimama, ho proprio una raffigurazione visiva di lei in testa, peccato che mi sia dimenticato tutto il resto.
Dunque complimenti sono doverosi perché forse se ti prendessi più tempo per delineare gli altri personaggi ne verrebbe fuori un racconto pazzesco.
Grazie.
Un buon racconto dove tutto si regge sulle spalle di Kimama. Lei è il personaggio più bello di tutti i racconti proposti dallo step e forse anche dell'intero concorso. È un personaggio di cui vorrei sapere molto di più e tu ce lo rendi al meglio.
Peccato però che il resto sparisca davanti a un personaggio così immenso e ben costruito. L'intero racconto appare insipido finché non appare lei. La prima parte l'ho trovata troppo lunga e stavo per annoiarmi quando fa la sua comparsa come un oasi nel deserto Kimama. La metafora sulla farfalla e la falena mi è piaciuta molto.
Credo che tu abbia aggiunto troppa carne al fuoco per sostenere la tua protagonista ma non è risultato vincente perché alla fine ha reso solo più "pesante" la lettura. Per esempio mi riferisco alla scuola con la storia della morte del bambino.
Il personaggio di Virgil, nei miei appunti, l'ho definito "evitabile". È così trasparente al confronto con Kimama che sparisce completamente.
Sono passati 2 giorni dalla lettura del racconto e ho ancora impresso nella mia memoria l'immagine di Kimama, ho proprio una raffigurazione visiva di lei in testa, peccato che mi sia dimenticato tutto il resto.
Dunque complimenti sono doverosi perché forse se ti prendessi più tempo per delineare gli altri personaggi ne verrebbe fuori un racconto pazzesco.
Grazie.
ImaGiraffe- Cavaliere Jedi
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Re: Kimama
Molto probabilmente hai usato tutti i caratteri messi a disposizione nello step. Forse l'avrei accorciato togliendo qualche avverbio e riportando le frasi a una più corta consistenza. L'ho apprezzato moltissimo. La figura di Kimana è un'idea geniale. Non penso sia mai stata usata così come l'hai fatto tu in una qualche letteratura. C'è stata Calamity Jane ma lei era una donna. Brav@
Ultima modifica di Antonio Borghesi il Mer Giu 16, 2021 6:26 pm - modificato 1 volta. (Motivazione : Errore di battuta)
Antonio Borghesi- Cavaliere Jedi
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Re: Kimama
Ciao Autore.
Inizio da quello che mi è piaciuto di più: il bagno e come hai presentato Kimana. Un bell'effetto a sorpresa! Anche gli altri personaggi sono caratterizzati con precisione e la trama è interessante.
Ho trovato alti e bassi, nelle descrizioni, a volte inutilmente ridondanti.
Avrei legato la volontà di uccidere Gun di persona alla sua tragica esperienza e non solo alla taglia: mi sembra manchi qualche cosa.
Anche il duello finale, con lo svolazzare attorno al bandito non mi ha convinto.
Comunque si lascia leggere volentieri.
Inizio da quello che mi è piaciuto di più: il bagno e come hai presentato Kimana. Un bell'effetto a sorpresa! Anche gli altri personaggi sono caratterizzati con precisione e la trama è interessante.
Ho trovato alti e bassi, nelle descrizioni, a volte inutilmente ridondanti.
Avrei legato la volontà di uccidere Gun di persona alla sua tragica esperienza e non solo alla taglia: mi sembra manchi qualche cosa.
Anche il duello finale, con lo svolazzare attorno al bandito non mi ha convinto.
Comunque si lascia leggere volentieri.
FedericoChiesa- Cavaliere Jedi
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Re: Kimama
A me questo racconto è piaciuto.
È un pezzo robusto, dalla trama lineare, che si può inserire nel filone classico del genere.
L'elemento di novità e originalità è dato dalla presenza di due bounty killers atipici, un nero e un'indiana.
I personaggi mi paiono ben tratteggiati, anche quelli di contorno. L'unico che forse potevi caratterizzare meglio è il cattivo, Charlie Gun, che non mi ha impressionato particolarmente. Per farlo spiccare potevi dotarlo di qualche peculiarità.
Kimama invece è un personaggio interessante, che buca la pagina: ho provato ha cercare su internet se vi fosse traccia di un personaggio realmente esistito ma non sono riuscito a trovare niente, deduco quindi che possa essere frutto della tua immaginazione.
Suggestivo il duello finale, anche per il suo scantonamento dal binario classico, non alla luce del sole, ma al buio.
Da rivedere invece, come ha già detto Petunia, l'uso eccessivo dei dimostrativi, per migliorare la scorrevolezza del testo. Eviterei anche di iniziare i paragrafi con Quando, perché lo fai spesso, ne ho contati ben tre.
Sui paletti non mi soffermo, mi sembrano rispettati.
Davvero una bella lettura.
È un pezzo robusto, dalla trama lineare, che si può inserire nel filone classico del genere.
L'elemento di novità e originalità è dato dalla presenza di due bounty killers atipici, un nero e un'indiana.
I personaggi mi paiono ben tratteggiati, anche quelli di contorno. L'unico che forse potevi caratterizzare meglio è il cattivo, Charlie Gun, che non mi ha impressionato particolarmente. Per farlo spiccare potevi dotarlo di qualche peculiarità.
Kimama invece è un personaggio interessante, che buca la pagina: ho provato ha cercare su internet se vi fosse traccia di un personaggio realmente esistito ma non sono riuscito a trovare niente, deduco quindi che possa essere frutto della tua immaginazione.
Suggestivo il duello finale, anche per il suo scantonamento dal binario classico, non alla luce del sole, ma al buio.
Da rivedere invece, come ha già detto Petunia, l'uso eccessivo dei dimostrativi, per migliorare la scorrevolezza del testo. Eviterei anche di iniziare i paragrafi con Quando, perché lo fai spesso, ne ho contati ben tre.
Sui paletti non mi soffermo, mi sembrano rispettati.
Davvero una bella lettura.
Byron.RN- Cavaliere Jedi
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Re: Kimama
Bella storia, bei personaggi. Ci hai lavorato sopra molto e meriti tutti i complimenti degli altri scrittori.
Alla faccia di chi odia le storie d'amore sei riuscito a infilarci pure quella.
Che dirti di più?
Voglio farti sorridere. Oggi in spiaggia mia moglie mi ha fotografato con un inizio di abbronzatura e la chiavetta elettronica per la doccia e per il gabinetto al collo. Lei non sa nulla delle storie che raccontiamo e io quando mi rivedo con la chiavetta del cesso come medaglia, rido.
Rido così tanto che si è offesa.
Vieni sul mio podio, autore, e porta Kimama, è proprio una grande donna.
Alla faccia di chi odia le storie d'amore sei riuscito a infilarci pure quella.
Che dirti di più?
Voglio farti sorridere. Oggi in spiaggia mia moglie mi ha fotografato con un inizio di abbronzatura e la chiavetta elettronica per la doccia e per il gabinetto al collo. Lei non sa nulla delle storie che raccontiamo e io quando mi rivedo con la chiavetta del cesso come medaglia, rido.
Rido così tanto che si è offesa.
Vieni sul mio podio, autore, e porta Kimama, è proprio una grande donna.
Ospite- Ospite
Re: Kimama
Grazie per aver scritto per noi.
Le pulci:
1. Trovo i dialoghi artefatti, poco naturali.
2. "Buongiorno, signore, cosa possa fare per lei?" Posso.
3. "Poi con estrema dolcezza accarezzò il ricordo del suo seno." Trovo stridente il gesto fisico e il "ricordo", anche se riesco a accettare l'immagine che vuoi trasmettere.
4. "Fortune Creek galleggiava già parecchie miglia dietro di loro...". Perché "galleggiava"? Perché aveva da poco terminato di piovere? Non lo trovo opportuno.
5. "Proteggimi dalla luce o rischierò di bruciarmi le ali.". Bello ma inutile nel contesto e nel "contrasto".
Piacevolezza di lettura :
È un buon racconto, e forse, visti i commenti precedenti, avevo caricato di troppa aspettativa la lettura. Le informazioni sulla scuola del West, con tanto di barile e di operazioni di calcolo sul terreno sabbioso sembrano prese pari pari da internet. Lo dico perché anche io avevo svolto ricerca per il racconto e ricordo molto bene lo stesso sito dove tu hai trovato quelle informazioni. La parte che più mi è piaciuta è quella dell'agguato al buio della "falena" attirata dalla luce della malvagità. In quel "balletto" mortale sta tutta la natura femminile del personaggio. Ben ricostruite le ambientazioni. È un bel racconto, non molto originale, senza "guizzi* e con qualche sdolcinata poco opportuna. Mi ha fatto piacere leggerlo. Grazie.
Le pulci:
1. Trovo i dialoghi artefatti, poco naturali.
2. "Buongiorno, signore, cosa possa fare per lei?" Posso.
3. "Poi con estrema dolcezza accarezzò il ricordo del suo seno." Trovo stridente il gesto fisico e il "ricordo", anche se riesco a accettare l'immagine che vuoi trasmettere.
4. "Fortune Creek galleggiava già parecchie miglia dietro di loro...". Perché "galleggiava"? Perché aveva da poco terminato di piovere? Non lo trovo opportuno.
5. "Proteggimi dalla luce o rischierò di bruciarmi le ali.". Bello ma inutile nel contesto e nel "contrasto".
Piacevolezza di lettura :
È un buon racconto, e forse, visti i commenti precedenti, avevo caricato di troppa aspettativa la lettura. Le informazioni sulla scuola del West, con tanto di barile e di operazioni di calcolo sul terreno sabbioso sembrano prese pari pari da internet. Lo dico perché anche io avevo svolto ricerca per il racconto e ricordo molto bene lo stesso sito dove tu hai trovato quelle informazioni. La parte che più mi è piaciuta è quella dell'agguato al buio della "falena" attirata dalla luce della malvagità. In quel "balletto" mortale sta tutta la natura femminile del personaggio. Ben ricostruite le ambientazioni. È un bel racconto, non molto originale, senza "guizzi* e con qualche sdolcinata poco opportuna. Mi ha fatto piacere leggerlo. Grazie.
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Re: Kimama
Non so se questo mio commento sarà giudicato sufficiente dallo staff, eventualmente lo integrerò ma dal punto di vista grammaticale e sintattico non so cosa potrei aggiungere al lavoro spettacolare fatto da Petunia, Arianna e digito (solo per citare i principali) se non che io avrei inserito una riga di spazio prima del periodo che inizia con
Dette queste due cose, il succo del mio commento è che hai creato il più bel personaggio che mi sia capitato di incontrare da quando frequento SpS prima e DT, poi e come si dice in questi casi, Kimama da sola vale il prezzo del biglietto.
Un'altra osservazione che ti farei riguarda il momento in cui Kimama uccide Charlie Gun, sembra di intuire che quest'ultimo fosse tra gli uomini dell'Unione che l'hanno ridotta come è ora e che non ci sia solo la taglia in ballo ma anche una vendetta da parte della donna: se ho inteso bene, allora mi sembra strano che prima di finire l'avversario, Kimama non si riveli a lui (ma potrei non avere capito).George Milton godeva ancora di buona salute quando
Dette queste due cose, il succo del mio commento è che hai creato il più bel personaggio che mi sia capitato di incontrare da quando frequento SpS prima e DT, poi e come si dice in questi casi, Kimama da sola vale il prezzo del biglietto.
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Re: Kimama
Secondo me il più western fra quelli letti fino a ora. Quindi ok per il genere, come pure per il bancario e il mercenario (stavolta in coppia). La stanza da bagno ha un ruolo importante perché offre lo spunto per presentarci la protagonista che è veramente un bel personaggio.
“Non mi stupisce che i bambini non siano più voluti entrare qua dentro. Sono più ricettivi dei grandi...” Qui l’ultima affermazione stona un po’ e non sembra un lessico compatibile con l’epopea western.
Un posto in classifica e magari sul podio non te lo toglie nessuno.
“Non mi stupisce che i bambini non siano più voluti entrare qua dentro. Sono più ricettivi dei grandi...” Qui l’ultima affermazione stona un po’ e non sembra un lessico compatibile con l’epopea western.
Un posto in classifica e magari sul podio non te lo toglie nessuno.
Danilo Nucci- Cavaliere Jedi
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Re: Kimama
Il personaggio è davvero maestoso, la metafora della falena estremamente azzeccata, basta da sola a giustificare l'anomalia del duello al buio. Non mi pare abbastanza messo in luce il perché dell'accanimento contro Charlie Gun fino al vampirismo. Qualcosa di personale come suppone [Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link] o solo un odio contro tutti i maschi bianchi ma solo se malvagi? Per il resto la narrazione mi è parsa un poco troppo dispersiva, appesantita da dettagli e divagazioni fastidiose (vedi i commenti precedenti) e la figura di Virgil troppo evanescente come la sua relazione presente e passata con Kimama.
Re: Kimama
Questo racconto mi aveva colpito molto a prima lettura a causa della sua protagonista; poi me lo sono progressivamente dimenticato, fino a ritrovarlo oggi, ma ti confesso che me lo ricordavo poco e male. E ho provato a chiedermi il perché.
Ci sono diversi segni di punteggiatura da sistemare per conferire la giusta scorrevolezza alla lettura, ma il ritmo è ottimo e il tutto si legge molto bene.
Il vero problema sono alcune parti in cui ti soffermi troppo, secondo me; per esempio, lo “spiegone” dei seni interrompe la narrazione: ho già capito da “ultimo baluardo di una femminilità massacrata”, perché continuare con cinque righe di spiegazione? Ci sono diversi punti in cui mi interrompi il climax con queste incursioni, e secondo me devi porti il problema di trovare altri modi più naturali per darci le stesse informazioni (confronta questo passaggio: poi strinse a sé Kimama. Quello era il vero nome di Johnny Falena e Virgil lo sapeva, perché conosceva il suo segreto). Ci sono anche diversi cambi di pdv, che potevi gestire in maniera diversa.
Insomma, il racconto è bello, ma forse non esprime quanto merita davvero… Sembra tu non abbia avuto molto tempo per rifletterci sopra, limare, riscrivere, controllare… E la differenza si nota, purtroppo.
C’è da dire, però, che hai usato molto bene i paletti dello step, in maniera logica e coerente con la narrazione, tanto da non sentirli come estranei al racconto stesso (forse la scuola meritava qualche battuta in più, una volta che hai scelto di raccontarci la storia del bambino morto, ma anche in questo caso vale quanto scritto a inizio commento).
In conclusione, non è uno dei miei racconti preferiti nello step perché mi dà l’idea di essere solo una bozza di quello che poteva essere. Spero ci tornerai su, rendendolo il racconto che potenzialmente ci suggerisce di essere.
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Un giorno tornerò, e avrò le idee più chiare.
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Re: Kimama
Molto solido. Nella trama e nei personaggi. La storia è ben studiata, la successione delle scene è perfetta. Credo che siano soprattutto questi due aspetti a renderlo così leggibile e accattivante. Scivola invece un po' sulla scrittura o comunque su certe scelte stilistiche. Come ti hanno già fatto notare anche altri certi interventi del narratore sono troppo lunghi e con un linguaggio che disturba un po' (ultimo baluardo di una femminilità massacrata, per esempio). Ho trovato i dialoghi decisamente più riusciti e asciutti, quindi avrei preferito che trovassero più spazio. E quando i personaggi non hanno nulla dire, allora devono essere le loro azioni a parlare. Per esempio la scena in cui lui l'accarezza e lei si gira di schiena. Cavolo, sarebbe perfetta così. Molto potente. Non c'è bisogno che aggiungi nulla. Di conseguenza il commento del narratore è fuori luogo. Le cicatrici le facevano ancora male. Non fuori ma dentro. Via tutto, secondo me. Lascia che il lettore se lo immagini da solo che fanno male, che è un dolore diverso da quando è successo, ma non meno doloroso.
Fatta questi aggiustamenti, è una gran bella storia. Oltretutto il personaggi di Kimama mi sembra anche molto originale, innovativo per il genere, quindi complimenti anche solo per l'invenzione e per come hai architettato la storia. Forse ti ha preso molto tempo quello e ne hai avuto meno per curare il resto, ma vale la pena lavorarci sopra, persino distenderlo un po' di più, lasciando più spazio possibile ai personaggi, a quello che dicono e a quello che fanno.
Fatta questi aggiustamenti, è una gran bella storia. Oltretutto il personaggi di Kimama mi sembra anche molto originale, innovativo per il genere, quindi complimenti anche solo per l'invenzione e per come hai architettato la storia. Forse ti ha preso molto tempo quello e ne hai avuto meno per curare il resto, ma vale la pena lavorarci sopra, persino distenderlo un po' di più, lasciando più spazio possibile ai personaggi, a quello che dicono e a quello che fanno.
Asbottino- Cavaliere Jedi
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Re: Kimama
Ciao, prima ho avuto problemi coi commenti, colpa sicuramente del mio cellulare!
Il tuo è secondo me un western classico, scritto anche molto bene, però avresti dovuto usare più imperfezioni, sporcare il classico con degli effetti, più tensione.
I paletti sono rispettati e se devo segnalarti degli errori, dovresti stare più attento al testo, perché per distrazione hai scritto "possa" invece di "posso" e nella frase successiva hai inserito dei punti in eccesso.
Nonostante tutto però è uno dei miei preferiti finora!
Il tuo è secondo me un western classico, scritto anche molto bene, però avresti dovuto usare più imperfezioni, sporcare il classico con degli effetti, più tensione.
I paletti sono rispettati e se devo segnalarti degli errori, dovresti stare più attento al testo, perché per distrazione hai scritto "possa" invece di "posso" e nella frase successiva hai inserito dei punti in eccesso.
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miichiiiiiiiiiii- Younglings
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Re: Kimama
Questo è l’ultimo racconto di questo step che leggo, anche se il titolo mi aveva molto incuriosito fin da subito, ed è stata la degna conclusione di questa tornata di letture che, dati i paletti, ha dato filo da torcere a chi ha scritto e a chi ha commentato.
È un racconto bellissimo, l’ho trovato intenso e intimo, soprattutto ad una seconda doverosa lettura
Lascio stare i paletti centrati alla grande.
Un western coniugato con una bella e, alla base, drammatica, storia d’amore, che però di rosa non ha assolutamente nulla: ci hai regalato tante emozioni, con frasi semplici ma di effetto. A volte non è necessario trovare parole inusuali o sofisticate per porgere al lettore quello che vuoi trasmettergli.
I personaggi sono tratteggiati con molta precisione, ma senza esagerazioni che rallentano il ritmo della trama. Ma è proprio sui personaggi, ognuno dei quali ha un suo spazio ben preciso e una sua storia all’interno del racconto, che si regge il racconto stesso. Kimama in primis, ovviamente.
Nella scena di Kimama e Virgil all’interno della scuola, con poche frasi ha reso la sensualità del loro rapporto.
La storia avrebbe potuto essere un banale western con risolti anche noir se vogliamo, se non l’avessi stravolta con quel finale così originale.
Davvero brav*, la seconda lettura ci è voluta per rientrare in questa atmosfera così particolare.
Ti faccio qualche piccola annotazione mia, ma solo per essere in linea con gli altri racconti, e condivido alcune note di altri commentatori su quache scelta lessicale. Il racconto è molto lungo quindi anche se l’avrai letto e riletto, le imprecisioni spesso sfuggono.
poi rabboccò anche il suo – significherebbe che stava già bevendo, ma non trovo traccia del goccetto precedente
scommetto il sedere – mi pare troppo moderno, mi ha stoppato
qualche punto mancante alla fine di un dialogo, anche se ho trovato in rete esempi in cui non sarebbero considerati errori o refusi ( es. «Tutt'altro» rispose il signor Johnson)
qualche a capo per dare più enfasi alle azioni che si susseguono
... quando quella strana coppia entrò in città.
I due uomini...
e anche appena dopo
... dal cinturone...
D’un tratto...
Buongiorno, signore, cosa possa fare per lei? - beh se sei in una bath house...
Hey Ehi
catino di solito è un piccolo recipiente, così come mastello, appena più grande, non penso adatti al bagno di un adulto.
per coprire le vergogne – mi è parso un inutile dettglio
Con la Colt oramai scarica, la donna – sembra che sia lei ad avere la pistola scarica
È un racconto bellissimo, l’ho trovato intenso e intimo, soprattutto ad una seconda doverosa lettura
Lascio stare i paletti centrati alla grande.
Un western coniugato con una bella e, alla base, drammatica, storia d’amore, che però di rosa non ha assolutamente nulla: ci hai regalato tante emozioni, con frasi semplici ma di effetto. A volte non è necessario trovare parole inusuali o sofisticate per porgere al lettore quello che vuoi trasmettergli.
I personaggi sono tratteggiati con molta precisione, ma senza esagerazioni che rallentano il ritmo della trama. Ma è proprio sui personaggi, ognuno dei quali ha un suo spazio ben preciso e una sua storia all’interno del racconto, che si regge il racconto stesso. Kimama in primis, ovviamente.
Nella scena di Kimama e Virgil all’interno della scuola, con poche frasi ha reso la sensualità del loro rapporto.
La storia avrebbe potuto essere un banale western con risolti anche noir se vogliamo, se non l’avessi stravolta con quel finale così originale.
Davvero brav*, la seconda lettura ci è voluta per rientrare in questa atmosfera così particolare.
Ti faccio qualche piccola annotazione mia, ma solo per essere in linea con gli altri racconti, e condivido alcune note di altri commentatori su quache scelta lessicale. Il racconto è molto lungo quindi anche se l’avrai letto e riletto, le imprecisioni spesso sfuggono.
poi rabboccò anche il suo – significherebbe che stava già bevendo, ma non trovo traccia del goccetto precedente
scommetto il sedere – mi pare troppo moderno, mi ha stoppato
qualche punto mancante alla fine di un dialogo, anche se ho trovato in rete esempi in cui non sarebbero considerati errori o refusi ( es. «Tutt'altro» rispose il signor Johnson)
qualche a capo per dare più enfasi alle azioni che si susseguono
... quando quella strana coppia entrò in città.
I due uomini...
e anche appena dopo
... dal cinturone...
D’un tratto...
Buongiorno, signore, cosa possa fare per lei? - beh se sei in una bath house...
Hey Ehi
catino di solito è un piccolo recipiente, così come mastello, appena più grande, non penso adatti al bagno di un adulto.
per coprire le vergogne – mi è parso un inutile dettglio
Con la Colt oramai scarica, la donna – sembra che sia lei ad avere la pistola scarica
Ultima modifica di Susanna il Gio Lug 01, 2021 10:12 pm - modificato 1 volta.
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Re: Kimama
Pro.
Abilmente scritto.
Scorre bene ed è piacevole da leggere.
Bella la sorpresa dell'indiono/a
Contro
Dialoghi, come ha già notato qualcuno, prevedibili e scolastici.
L'elemento tuttavia, a mio avviso, più negativo è che, per quanto strano possa sembrare, il personaggio principale che dà il titolo al racconto benche sia un personaggio "forte" con una storia ancora più forte alle spalle, appare freddo, non suscita quell'empatia che dovrebbe essere alla base del racconto. Non sei, a mio avviso, riuscito/a a trasformarlo da icona a personaggio a tutto tondo. Non basta dire che un personaggio è complesso, intrigato e drammatico per renderlo tale, così come non basta raccontare una storia drammatica per giustificare e "creare" un personaggio complesso.
E siccome il racconto è lei, è un problema non da poco.
Curiosità
Ma il cattivo c'entra con quello che è successo a Kimana? Se si come lascieresti immaginare, forse quella è la strata per meglio definire Kimana.
Suggerimento
Rimonta il racconto partendo da.
Abilmente scritto.
Scorre bene ed è piacevole da leggere.
Bella la sorpresa dell'indiono/a
Contro
Dialoghi, come ha già notato qualcuno, prevedibili e scolastici.
L'elemento tuttavia, a mio avviso, più negativo è che, per quanto strano possa sembrare, il personaggio principale che dà il titolo al racconto benche sia un personaggio "forte" con una storia ancora più forte alle spalle, appare freddo, non suscita quell'empatia che dovrebbe essere alla base del racconto. Non sei, a mio avviso, riuscito/a a trasformarlo da icona a personaggio a tutto tondo. Non basta dire che un personaggio è complesso, intrigato e drammatico per renderlo tale, così come non basta raccontare una storia drammatica per giustificare e "creare" un personaggio complesso.
E siccome il racconto è lei, è un problema non da poco.
Curiosità
Ma il cattivo c'entra con quello che è successo a Kimana? Se si come lascieresti immaginare, forse quella è la strata per meglio definire Kimana.
Suggerimento
Rimonta il racconto partendo da.
George Milton godeva ancora di buona salute quando quella strana coppia entrò in città. I due uomini procedevano lentamente su grossi cavalli dal manto nero, i cappelli ben calcati sul volto. Nonostante questo però, gli abitanti di Fortune Creek non poterono fare a meno di notare le fattezze degli stranieri.
«Un negro e un dannato indiano» ragliò uno mentre gli passavano accanto, «chissà cosa vogliono.»
«Un negro e un dannato indiano» ragliò uno mentre gli passavano accanto, «chissà cosa vogliono.»
Questo è un incipit più potente.
Degno di quel western all'italiana a cui forse ti sei ispirato
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Re: Kimama
Ho trovato in questo racconto un grande pregio. Pur essendo lungo, la sua lettura non mi ha annoiato, non mi è pesato arrivare in fondo (purtoppo a volte capita). La storia è viva e interessante. Sì, come ti hanno già fatto notare, è un po' troppo spiegata. Forse dovresti fidarti di più dei tuoi personaggi, sono costruiti egragiamente e sanno contestualizzarsi benissimo da soli senza mille spiegoni :-D
I duello finale è la cosa che mi ha convinto meno. Charlie arriva in città con i suoi scagnozzi e questi fanno una brutta fine ancora prima di entrare in scena, un po' troppo bruciata come cosa.
Kimama vuole tutto per se il duello con il "cattivo" che va a infilarsi in un luogo buio e senza uscita... Molto sprovveduto o poco verosimile?
Un ottimo racconto che necessita sicuramente di una revisione perché il potenziale è davvero molto alto.
Complimenti.
Grazie.
I duello finale è la cosa che mi ha convinto meno. Charlie arriva in città con i suoi scagnozzi e questi fanno una brutta fine ancora prima di entrare in scena, un po' troppo bruciata come cosa.
Kimama vuole tutto per se il duello con il "cattivo" che va a infilarsi in un luogo buio e senza uscita... Molto sprovveduto o poco verosimile?
Un ottimo racconto che necessita sicuramente di una revisione perché il potenziale è davvero molto alto.
Complimenti.
Grazie.
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CharAznable- Cavaliere Jedi
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Re: Kimama
Ciao.
Bel racconto, dei western è quello più classico, come lo intendevo io.
L’arrivo, l’attesa, il duello e il lieto fine con giustizia fatta.
Sei stat@ brav@ davvero a rendere l’atmosfera, la tensione e anche i personaggi saltano fuori dal foglio con grande potenza.
La lettura è veloce, alleggerita dai dialoghi e dalla descrizione delle scene, quella del bagno, rivelatrice della natura di Kimima, è molto bella.
La frase:
l'uomo pagò per la merce che aveva acquistato
mi stona, come se avesse pagato due volte…
in conclusione gran bella storia per un racconto convincente.
complimenti
Bel racconto, dei western è quello più classico, come lo intendevo io.
L’arrivo, l’attesa, il duello e il lieto fine con giustizia fatta.
Sei stat@ brav@ davvero a rendere l’atmosfera, la tensione e anche i personaggi saltano fuori dal foglio con grande potenza.
La lettura è veloce, alleggerita dai dialoghi e dalla descrizione delle scene, quella del bagno, rivelatrice della natura di Kimima, è molto bella.
La frase:
l'uomo pagò per la merce che aveva acquistato
mi stona, come se avesse pagato due volte…
in conclusione gran bella storia per un racconto convincente.
complimenti
Resdei- Cavaliere Jedi
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Re: Kimama
Mi sento un po' tapino ad andare controcorrente, ma non sono riuscito ad apprezzare questo racconto.
Il suo limite, almeno per me, sta proprio nella ricercatezza esagerata dei personaggi principali.
Un po' come nei film di Tarantino, se vogliamo. Prendi Django Unchained: è un film incredibile, con una storia fantastica, brillante e tutto, ma... non è realistico. Cioè i personaggi sono studiati e voluti per stupire, impressionare, essere degli unicum che sì, colpiscono, ma non hanno una vera base realistica. Alla fine del film pensi di aver visto un magnifico film ma non di aver vissuto una magnifica storia.
Non so se ho reso l'idea.
Qui ho riscontrato lo stesso forte limite.
Una donna indiana orribilmente mutilata che sopravvive, diventa una abile cacciatrice di taglie, ha una relazione con un servo/amante/pistolero di colore (quindi altro reietto), sembra persino avere dei poteri paranormali, anche se magari è solo un effetto della paura di Gun, questo non era chiarissimo.
Insomma, per carità, originale ma davvero tanto fumettistico o tarantiniano.
Oltretutto è il tipo di personaggi che non amo molto, proprio per il loro essere più dei portatori di messaggi subliminali che delle vere persone.
La logica della trama mi lascia a sua volta insoddisfatto, perché con personaggi così estremi speravo quantomeno in una storia altrettanto estrema che ne fosse corollario, invece tutto si svolge secondo dettami classici del western, col cattivo che agisce in maniera incauta e finisce tritato.
Manca quel collegamento, che appare in qualche modo dovuto, tra Gun e Kimama, come se i due si fossero conosciuti in passato. Magari era proprio uno dei soldati che l'hanno mutilata.
Oppure il suo parziale sollievo è dovuto al fatto di uccidere uomini malvagi, ma qui secondo me ritorniamo nel campo del fumettistico.
Infine lo stile con cui è scritto il racconto non mi ha catturato.
Tanto narratore onnisciente, tante descrizioni abbondanti e a volte troppo ampollose.
Dialoghi scolastici.
Dettagli messi qui e là che non hanno seguito (il bambino morto nella scuola, ad esempio).
Non so, è come se fosse una grande bozza che ha bisogno del lavoro decisivo, anche e soprattutto per stabilire se vuole rimanere nell'ambito film/fumetto o se vuole trasformarsi in una storia a sfondo più concreto.
Perdona il giudizio in apparenza stroncante. Sparatorie e robe simil-belliche sono le cose che amo di più, quindi sono anche più esigente in questo campo!
Il suo limite, almeno per me, sta proprio nella ricercatezza esagerata dei personaggi principali.
Un po' come nei film di Tarantino, se vogliamo. Prendi Django Unchained: è un film incredibile, con una storia fantastica, brillante e tutto, ma... non è realistico. Cioè i personaggi sono studiati e voluti per stupire, impressionare, essere degli unicum che sì, colpiscono, ma non hanno una vera base realistica. Alla fine del film pensi di aver visto un magnifico film ma non di aver vissuto una magnifica storia.
Non so se ho reso l'idea.
Qui ho riscontrato lo stesso forte limite.
Una donna indiana orribilmente mutilata che sopravvive, diventa una abile cacciatrice di taglie, ha una relazione con un servo/amante/pistolero di colore (quindi altro reietto), sembra persino avere dei poteri paranormali, anche se magari è solo un effetto della paura di Gun, questo non era chiarissimo.
Insomma, per carità, originale ma davvero tanto fumettistico o tarantiniano.
Oltretutto è il tipo di personaggi che non amo molto, proprio per il loro essere più dei portatori di messaggi subliminali che delle vere persone.
La logica della trama mi lascia a sua volta insoddisfatto, perché con personaggi così estremi speravo quantomeno in una storia altrettanto estrema che ne fosse corollario, invece tutto si svolge secondo dettami classici del western, col cattivo che agisce in maniera incauta e finisce tritato.
Manca quel collegamento, che appare in qualche modo dovuto, tra Gun e Kimama, come se i due si fossero conosciuti in passato. Magari era proprio uno dei soldati che l'hanno mutilata.
Oppure il suo parziale sollievo è dovuto al fatto di uccidere uomini malvagi, ma qui secondo me ritorniamo nel campo del fumettistico.
Infine lo stile con cui è scritto il racconto non mi ha catturato.
Tanto narratore onnisciente, tante descrizioni abbondanti e a volte troppo ampollose.
Dialoghi scolastici.
Dettagli messi qui e là che non hanno seguito (il bambino morto nella scuola, ad esempio).
Non so, è come se fosse una grande bozza che ha bisogno del lavoro decisivo, anche e soprattutto per stabilire se vuole rimanere nell'ambito film/fumetto o se vuole trasformarsi in una storia a sfondo più concreto.
Perdona il giudizio in apparenza stroncante. Sparatorie e robe simil-belliche sono le cose che amo di più, quindi sono anche più esigente in questo campo!
Fante Scelto- Cavaliere Jedi
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Re: Kimama
Non mi ricordo dove, tempo fa ho commentato un racconto dicendo che la simpatia dei protagonisti è una inaccettabile mancia per il giudizio del lettore. Ovviamente scherzavo. Anche se, la situazione si ripete.
Autore formidabile.
Autore formidabile.
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Re: Kimama
"quando l'avevano lasciata a vagare nelle tenebre sul baratro della morte."
Ho un dubbio sulla dicitura di questa frase nel senso che "vagare nelle tenebre" ci sta, ma "sul baratro della morte" secondo me no. Suggerirei "vagare nelle tenebre a braccetto con la morte" oppure "vagare nelle tenebre su una linea sottile tra la vita e la morte". O ancora, per utilizzare "baratro": "vagare nelle tenebre: da una parte la vita, dall'altra il baratro della morte".
Detto questo, la scrittura del racconto è certamente migliorabile, ma nel complesso buona e scorrevole.
Ho un dubbio sulla dicitura di questa frase nel senso che "vagare nelle tenebre" ci sta, ma "sul baratro della morte" secondo me no. Suggerirei "vagare nelle tenebre a braccetto con la morte" oppure "vagare nelle tenebre su una linea sottile tra la vita e la morte". O ancora, per utilizzare "baratro": "vagare nelle tenebre: da una parte la vita, dall'altra il baratro della morte".
Detto questo, la scrittura del racconto è certamente migliorabile, ma nel complesso buona e scorrevole.
La trama è piuttosto classica, ovvero la cronaca di una vendetta promessa. Ciò che la rende originale è Kimama, questa protagonista nascosta, dal passato oscuro (non perché non ce lo racconti, ma per ciò che le è accaduto). Ho apprezzato particolarmente il suo nome da "maschio", ovvero Johnny Falena. Curioso e originale, nettamente in controtendenza per l'epoca, il rapporto tra Kimama e Virgil, il muscoloso uomo di colore che sembra essere la sua ombra, fisicamente e sentimentalmente.
Ma quanto si è cagato addosso George Milton quando ha saputo che Charlie Gun è uscito di galera? E il becchino, come una mosca sulla cacca, ha iniziato a ronzargli intorno. Bel colpo Autore, mi hai fatto percepire tutto questo senza essere andato direttamente al punto.
"George Milton godeva ancora di buona salute quando quella strana coppia entrò in città."
"George Milton godeva ancora di buona salute quando una strana coppia entrò in città."
Il fatto che tu dica che George godesse ancora di buona salute, mi ricorda, credo, un modo di dire tipicamente del west. Anche perché, se non fosse così, vuol dire che George s'è preso qualche malanno dopo, ma non ce l'hai detto.
Una battuta:
"La luce di malvagità che emanava il corpo dell'uomo brillava nel buio"
Avrà fatto il vaccino anti Covid
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"Omne tulit punctum qui miscuit utile dulci lectorem delectando pariterque monendo."
"Ottiene il risultato migliore chi - nell'opera letteraria - ha saputo unire l'utile col piacevole, divertendo e ammaestrando nello stesso momento il lettore."
Orazio, Ars Poetica, vv. 343-344
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Re: Kimama
Ciao autor*
Trovo, come altri, molto "classico" questo tuo racconto. C'è tutto quello che ci si aspetta, eppure è come se manchi qualcosa. Forse, ha ragione chi ha scritto che sembra qualcosa lasciato a metà. Non di rilettura o alleggerimento, proprio metà della storia in se, non saprei.
Il testo è comunque scritto molto bene, scorre piacevolmente.
Non ho trovato refusi da segnalarti, per lo meno tecnici di scrittura. Sul resto non voglio dilungarmi oltre quello che già è stato detto.
Grazie della lettura e alla prossima.
Trovo, come altri, molto "classico" questo tuo racconto. C'è tutto quello che ci si aspetta, eppure è come se manchi qualcosa. Forse, ha ragione chi ha scritto che sembra qualcosa lasciato a metà. Non di rilettura o alleggerimento, proprio metà della storia in se, non saprei.
Il testo è comunque scritto molto bene, scorre piacevolmente.
Non ho trovato refusi da segnalarti, per lo meno tecnici di scrittura. Sul resto non voglio dilungarmi oltre quello che già è stato detto.
Grazie della lettura e alla prossima.
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