Una costellazione col mio nome
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Una costellazione col mio nome
“Berenicem statim ab urbe dimisit, invitus invitam.”
Berenice fu (da Tito) subito allontanata dalla città, benché entrambi ne fossero scontenti.
Svetonio - 11, 7
Nel mio ritratto ci sarà l'acqua di mare. La farai bollire con la cera per ottenere la cera punica, che aggiungerai ai colori per renderli satinati.
L’acqua di mare. Se avessi qualche anno in meno ti direi qualcosa di poetico, profondo, per colpirti; qualcosa tipo: sarà dunque un ritratto salato, come le lacrime che ho versato in questi giorni. Ma ormai sono vecchia, sembrerei patetica.
Vieni sul letto con me e sdraiati, lascia stare un attimo il fuoco, sembri più un cuoco che un pittore. Certo, l'odore della cera è buono e un poco mi gira la testa, mi pare di tornare nel Tempio, a Gerusalemme. Ricordo un profumo simile, di candele e poi di qualcosa di dolce, come di frutta andata a male. Forse era l'odore dello spirito di Dio, chi può dirlo ormai, visto che il Tempio è stato distrutto?
Da bambina ci andavo spesso, solo per toccarlo: le grandi pietre bianche scottavano per il sole, lo rendevano vivo, febbricitante. Il suo interno mi era proibito, ero pur sempre una femmina, ma ero anche la nipote del re di Giudea e quindi una sbirciatina ogni tanto mi era concessa. Era scuro e fresco, spoglio, c’era silenzio e quell’odore…
Quando è bruciato, insieme alla città, io ero presente. Tito permise che mi recassi alle rovine, io ci salii sopra che ancora le pietre emanavano calore e non ci crederai, ma mi parve di sentire l'odore di frutta marcita tra la polvere e i fili di fumo.
Ho camminato sulle macerie della storia. Ecco, anche non volendo, qualcosa per colpirti l'ho detta. Non so, forse sono come il Tempio, posso essere distrutta, certo, ma l'odore dello spirito non va via.
Dài, lascia stare per un secondo quegli intrugli colorati e vieni qui ad accarezzare le mie vecchie pietre, non abbiamo fretta, aspetteremo che il sole tramonti e dipingerai con la luce della luna, nel giardino; accenderemo dei fuochi attorno alla fontana, se sarà necessario.
No, non cacciare via i gatti. Se non disturbano lasciali dormire sui cuscini. Questi devono essere i figli dei figli dei figli di quei gatti che vennero con me quando mi sposai. Avevo tredici anni ed ero addirittura felice, anche se a quell’età tutto in te cambia e non sai nulla del mondo. Chissà, forse ero felice perché a tredici anni sei come Icaro, non hai paura di volare, forse giusto un po’ quella di cadere, ma è una paura piena di meraviglia, una paura positiva. Forse anche per te è così e il momento migliore del dipingere è quello in cui ti ritrovi a fissare la tavola vuota. Quello in cui ancora tutto è possibile. Quello in cui ti attraversa la sottile paura che ciò che disegnerai potrebbe anche non piacere. Quello in cui sei un pittore di tredici anni.
Ho abitato per poco in questo palazzo, che apparteneva al mio primo marito, Marco Alessandro, ma ogni tanto mi piace tornarci, perché qua in Egitto l'aria è così statica da avvolgermi come una veste e anche quando sono nuda mi sento protetta. Marco Alessandro era impotente, ma gli piaceva guardare, si metteva disteso sul letto, dove sto io ora, e mangiava datteri, mentre danzavo per lui circondata dai gatti che mi facevano il solletico con le code ritte.
Alessandria è una città meravigliosa, non trovi? So che provieni da Fayuum, nel mezzo del deserto, dove tutto è dorato perché ricoperto dalla sabbia leggera. Anche la tua pelle sembra d’oro... e questi piccoli occhi così bui, ricordi mio fratello. È bello baciarti, accarezzarti piano e farti ridere.
Mi piace quando parli quel tuo dialetto dalle vocali rotonde e le frasi veloci, che sembrano un’unica parola lunghissima. Sussurralo vicino al mio orecchio, non importa cosa dici davvero, puoi parlare di quegli strani cavalli bassi con gli zoccoli larghi o dei coleotteri rossi che divorano le palme dall'interno. Non voglio capirti, voglio solo immaginarlo. Voglio riempirmi di parole senza senso, perché quelle che capisco mi hanno fatto troppo male.
Voglio amarti senza pensare, con gli occhi chiusi.
Questo ritratto lo spedirò a Roma, a Tito, così che mi abbia con sé per sempre, così che in punto di morte possa essere il suo unico rimpianto. Rimane solo da decidere quale me dipingerai sulla tavoletta di cedro.
Sai, l'ho aspettato per due giorni, Tito. È passato solo un mese. La settimana di lutto per la morte del padre era finita, lui era appena stato eletto imperatore e io, come una sciocca, mi sono precipitata da lui. Ora che Vespasiano non c'è più, ho pensato, nulla potrà separarci. Sono andata a supplicarlo di sposarmi, come aveva promesso tanti anni prima, sul campo di battaglia fuori Gerusalemme. L’aveva giurato su qualcuno di quei suoi stupidi Dei inventati, non ricordo quale; ricordo solo l'umidità dei cuscini sudati, le urla degli zeloti in catene che sfilavano di fianco alla tenda, il suo ansimare.
Ho aspettato due giorni fuori dalla sua villa, ma c'era poco da fare, una consorte orientale non l'avrebbe perdonata nessuno, né il senato, ancora meno il popolo romano. Mi ha fatto consegnare un messaggio, lui non si è presentato, non era solo la fine del nostro amore, era la fine persino del guardarsi negli occhi. Avrei meritato di vederlo per l'ultima volta, fosse solo come premio per il coraggio di essermi dimostrata capace di ricevere un rifiuto.
Nel messaggio ha scritto: “Anche non avere scelta è una scelta.”
Come se non lo sapessi, è da sempre che scelgo di non avere scelta: è il destino di chi ha addosso la responsabilità di migliaia di altre vite. Non avere scelta è la scelta di chi governa con coscienza.
Avrei avuto tante domande da fargli, piccolo codardo d'un imperatore, ma lui sa come sono fatta. Sono ebrea, dopotutto, e gli ebrei non amano convivere con le domande di cui non sopportano le risposte.
Eppure.
Così tanto tempo assieme, così tanta densità, fino a impararsi a memoria, come ha fatto tutta quella presenza a tradursi in assenza?
È stata una farsa, lo so io, la sa Tito.
Mi piace quest’ora del giorno, quando non è né notte, né sera, il mare e il cielo hanno lo stesso colore blu cobalto e tutto è confine. È l’ora della melancolia, il momento perfetto in cui entrare in comunione con ciò che Dio ha creato e insieme il momento in cui ti accorgi che non ci riuscirai mai, in cui ti accorgi che sei troppo umano. Poi arrivano i grilli e i rospi, si odono lontani, dalle paludi, li si sente anche in città perché sono milioni, e annunciano la notte.
Delle volte ho pensieri sciocchi, tipo: una cosa che farei è demolire i soffitti delle mie camere da letto, perché mi sono persa fin troppe lune. Così avrei sempre la notte perfetta, quella che spegne i pensieri e accende le stelle.
Dài, mettiti una veste leggera e lasciamo questa camera. Usciamo, voglio bere del vino col miele sotto le stelle, mentre tu accendi i fuochi sui treppiedi e sistemi gli specchi per la luce.
Questo cielo così basso è simile a quello che copre la Giudea. Ha lo stesso peso, è opprimente, certo, ma è anche limpido e ti fa sentire al sicuro.
Esiste uno sciame di stelle col mio nome: la Chioma di Berenice. È quel gruppo di puntini fiochi e ammassati, vicino al Leone. Sono uno sbaffo, come se qualcuno avesse passato il pollice sul cielo dipinto di fresco, sono una meravigliosa imperfezione.
Hanno una storia, quelle stelle. La regina Berenice fece voto di tagliarsi i capelli se suo marito e fratello Tolomeo fosse tornato vivo dalla guerra. E così fece. Li tagliò, li intrecciò e li depose nel tempio dedicato alla madre. Sparirono dopo pochi giorni ed è stato proprio qua, ad Alessandria, che Conone li ritrovò in cielo, indicandoli alla regina e al faraone. Sono facili da trovare, perché sono come un alone, un'anomalia.
La prima volta che vidi Tito mi trovavo a Cesarea. Eravamo stati convocati, mio fratello Agrippa e io, per essere complici della conquista di Gerusalemme da parte delle legioni romane. A difendere la città erano rimasti solo gli zeloti, che erano più nemici nostri che di Roma, quindi allearci fu una scelta ovvia. Dopo la cena, il generale Tito mi accompagnò a passeggiare lungo le rive del mare. Io avevo quarant'anni e lui ventotto, io avevo avuto già tre mariti e due figli, mentre lui durante la sua vita aveva solo studiato e combattuto e non in quest'ordine. In quel periodo era il tipo d'uomo che diceva frasi come: gli zeloti capiranno presto che la strada che va da Gerusalemme a Cesarea va soprattutto da Cesarea a Gerusalemme. Era un ragazzo che rideva spesso e a voce alta, che a pensarlo adesso mi fa male, perché le ultime volte che ci siamo visti rideva ancora, è vero, ma la risata isterica dell'ineluttabile.
Come ineluttabile fu il nostro amore, che iniziò con una passione senza freni, ma che presto unì alla carne anche lo spirito, alla sensualità le carezze accennate, ai capricci i baci rubati.
Prima di tornare a Roma promise che mi avrebbe sposata. La cosa giusta da fare sarebbe stata rifiutare, subito, senza arrivare all’agonia che ci ha accompagnati negli ultimi anni.
Quando ero piccola, avrò avuto sei anni, mio padre mi portò nella grotta scavata dentro la Pietra della Fondazione. C'è una lieve depressione, al centro, sul pavimento, dove si trova un'altra grotta, nascosta da secoli, che chiamiamo il Pozzo delle Anime. È là che si dice giaccia la pietra su cui Abramo fece sdraiare il figlio Isacco per offrirlo in sacrificio a Dio. Sempre là il mio popolo ha nascosto l'Arca dell'Alleanza e sempre là, in profondità, secondo il Talmud, ancora infuriano le acque del diluvio. Io avrei voluto vederlo, il Pozzo delle Anime, e mi misi a piangere, ma mio padre disse che la sua sacralità, il suo essere il centro esatto del mondo, era tale proprio perché nessuno poteva vederlo. Vederlo lo avrebbe reso reale, lo avrebbe reso materiale. Il nostro sguardo lo avrebbe sporcato. Era giusto invece ammirarlo col cuore. Là sotto, tutto restava irreale, e quindi irraggiungibile e incorruttibile e sacro.
E così penso che sarebbe dovuto essere il nostro amore: sepolto, un luogo immateriale di devozione, il centro esatto del nostro mondo.
Quando Vespasiano mi cacciò da Roma, tre anni fa, il dolore, quello vero, quello reale, mi ha distrutta. La mente galleggiava, cercavo di non pensare, di essere altrove, ma la verità era che l'unica cosa che volessi era non essere. Il dolore per me divenne come il Faro per Alessandria, che lo si vede dappertutto, ingombrante, eterno, e non riesci a evitarlo. L'unico punto della città dove non lo si vede è dentro il Faro stesso. L'unico modo che avevo per evitare il dolore era viverci dentro, abitarlo.
Io sono figlia del mio popolo e come loro ho bisogno di trovare il significato profondo delle cose, il motivo per cui accadono, anche quando sono sofferenza. Ho abitato il dolore con coscienza, non con rassegnazione, per capirlo. Quei due giorni che ho passato aspettando che Tito venisse a parlarmi ero in un certo senso serena. Mentirei se ti dicessi che non ho sofferto per il suo rifiuto, ma ero preparata, ecco, questo sì.
Ma scusami, sto parlando da sola. Dammi un ultimo istante prima di iniziare a dipingere, vedi, sono arrivati anche i gatti e mi è venuta voglia di danzare, di togliermi questi abiti, di vestirmi d'aria di mare e deserto.
Eccomi qua, a cinquant'anni, nuda, con gli occhi al cielo a fissare una costellazione che porta il mio nome. Mi piacerebbe riuscissi a ritrarre questo, questa me dovrebbe conservare Tito. Ho conquistato re, amato decine di uomini, ho fatto mio l'uomo più potente del mondo, il nuovo imperatore di Roma. Eppure, in fin dei conti, non sono mai cresciuta, sono ancora quella bambina che danzava coi gatti per la gioia di un vecchio che mangiava datteri, impaurita e felice.
Stanno arrivando le lacrime, non posso farci nulla e non voglio fare nulla. È questo che devi dipingere, eccolo, il mio ritratto salato.
Different Staff- Admin
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Re: Una costellazione col mio nome
Ciao autor
Il titolo del tuo pezzo ė quello che mi ha attratta inevitabilmente per primo. È il primo racconto che ho letto e mi è piaciuto così tanto che mi sono detta: voglio rileggerlo dopo che ho letto anche gli altri.
Adesso che ho letto tutti i racconti ti confermo che il tuo è tra quelli che mi ha colpita di più.
Mi piace il soggetto che hai scelto e come lo hai fatto parlare. (Fino a un certo punto)
L’incipit è stupendo.
Per contro, nel narrato ci sono alcuni passaggi che appesantiscono la lettura e che, francamente, rimuoverei senza pensarci su.
Tipo questa frase: “ Ho camminato sulle macerie della storia.“
O anche questo passaggio: “ Io sono figlia del mio popolo e come loro ho bisogno di trovare il significato profondo delle cose, il motivo per cui accadono, anche quando sono sofferenza. Ho abitato il dolore con coscienza, non con rassegnazione, per capirlo”
Per quanto riguarda il genere, ho qualche lievissimo dubbio. Certo, lei parla da sola e riversa sul giovane pittore tutta la propria storia. Come se desiderasse che l’artista dipingesse la sua “anima” piuttosto che il corpo. In buona sostanza è un soliloquio più che un monologo. Ma non ho ancora le idee chiare su questa forma di scrittura, quindi spero di capirne di più leggendo anche i commenti degli altri amici.
Una bella prova.
Il titolo del tuo pezzo ė quello che mi ha attratta inevitabilmente per primo. È il primo racconto che ho letto e mi è piaciuto così tanto che mi sono detta: voglio rileggerlo dopo che ho letto anche gli altri.
Adesso che ho letto tutti i racconti ti confermo che il tuo è tra quelli che mi ha colpita di più.
Mi piace il soggetto che hai scelto e come lo hai fatto parlare. (Fino a un certo punto)
L’incipit è stupendo.
Per contro, nel narrato ci sono alcuni passaggi che appesantiscono la lettura e che, francamente, rimuoverei senza pensarci su.
Tipo questa frase: “ Ho camminato sulle macerie della storia.“
O anche questo passaggio: “ Io sono figlia del mio popolo e come loro ho bisogno di trovare il significato profondo delle cose, il motivo per cui accadono, anche quando sono sofferenza. Ho abitato il dolore con coscienza, non con rassegnazione, per capirlo”
Per quanto riguarda il genere, ho qualche lievissimo dubbio. Certo, lei parla da sola e riversa sul giovane pittore tutta la propria storia. Come se desiderasse che l’artista dipingesse la sua “anima” piuttosto che il corpo. In buona sostanza è un soliloquio più che un monologo. Ma non ho ancora le idee chiare su questa forma di scrittura, quindi spero di capirne di più leggendo anche i commenti degli altri amici.
Una bella prova.
Petunia- Moderatore
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Re: Una costellazione col mio nome
Ho apprezzato tanto alcune immagini molto belle ed evocative:il calore delle pietre del Tempio, l'odore dei datteri, il vino con il miele.
Mi è piaciuto anche il parallelismo tra l'incipit e la chiusura (l'acqua di mare da mischiare ai colori del dipinto/le lacrime salate di Berenice).
Ho apprezzato un po' meno il modo in cui hai gestito la parte del giovane pittore/amante, mi sembra che non sia del tutto ben integrata nel racconto. Forse perché mi viene più naturale immaginare un monologo o un soliloquio rivolti a un oggetto inanimato, o a un animale che non può rispondere. Con una seconda persona presente sulla scena, che in teoria potrebbe rispondere o fare qualcosa, è tutto molto più difficile.
Però trovo che il racconto abbia un buon ritmo e che tu abbia il dono di caratterizzare l'ambientazione e i personaggi con poche immagini vivide ed efficaci.
Mi è piaciuto anche il parallelismo tra l'incipit e la chiusura (l'acqua di mare da mischiare ai colori del dipinto/le lacrime salate di Berenice).
Ho apprezzato un po' meno il modo in cui hai gestito la parte del giovane pittore/amante, mi sembra che non sia del tutto ben integrata nel racconto. Forse perché mi viene più naturale immaginare un monologo o un soliloquio rivolti a un oggetto inanimato, o a un animale che non può rispondere. Con una seconda persona presente sulla scena, che in teoria potrebbe rispondere o fare qualcosa, è tutto molto più difficile.
Però trovo che il racconto abbia un buon ritmo e che tu abbia il dono di caratterizzare l'ambientazione e i personaggi con poche immagini vivide ed efficaci.
SisypheMalheureux- Padawan
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Re: Una costellazione col mio nome
Splendido racconto su Berenice II. E' così che si dovrebbe raccontare la storia. Dalla voce stessa dei personaggi e tu l'hai fatto splendidamente rendendo reale una storia che altrimenti non sarebbe stata altro che una successione di fatti e date. Ci sta pure che lei si faccia rinchiudere a meditare nell'enorme faro del porto di Alessandria. Insomma mia hai interessato parecchio e sono andato a documentarmi sulla tua Berenice per questo ho messo quel II iniziale. Farina di internet. Brava.
Antonio Borghesi- Cavaliere Jedi
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Re: Una costellazione col mio nome
Un racconto notevole.
Ha potenza espressiva da vendere che non si crogiola più di tot in espressioni ricercate né fa abuso della propria chiarezza e poesia.
Mi è piaciuto molto il modo reale, vivo col quale racconti questo personaggio sconosciuto ai più. La faccenda dei gatti, come altri dettagli di colore, sono quel sapore in più che condisce il tutto, che lo rende ancora più buono e intrigante.
Lo stile è quasi impeccabile, tolta qualche espressione forse un pelo troppo elaborata.
Ha un solo difetto, anzi uno e mezzo.
Secondo me è troppo lungo. Per la potenza espressiva che ci hai messo, certe digressioni fatte sviano un po' dall'ipnosi che il testo riesce a generare. Se fosse rimasto concentrato su un unico tema, che fosse l'infanzia, che fosse Tito, sarebbe stato perfetto.
Così rimane notevole, ma con quel senso di confusione che in qualche punto può affiorare.
Il mezzo difetto, invece, riguarda il fatto che la voce narrante si rivolga a una persona presente, il pittore, che in teoria potrebbe interagire, facendo perdere efficacia al monologo.
A parte questo, un racconto notevole.
Ha potenza espressiva da vendere che non si crogiola più di tot in espressioni ricercate né fa abuso della propria chiarezza e poesia.
Mi è piaciuto molto il modo reale, vivo col quale racconti questo personaggio sconosciuto ai più. La faccenda dei gatti, come altri dettagli di colore, sono quel sapore in più che condisce il tutto, che lo rende ancora più buono e intrigante.
Lo stile è quasi impeccabile, tolta qualche espressione forse un pelo troppo elaborata.
Ha un solo difetto, anzi uno e mezzo.
Secondo me è troppo lungo. Per la potenza espressiva che ci hai messo, certe digressioni fatte sviano un po' dall'ipnosi che il testo riesce a generare. Se fosse rimasto concentrato su un unico tema, che fosse l'infanzia, che fosse Tito, sarebbe stato perfetto.
Così rimane notevole, ma con quel senso di confusione che in qualche punto può affiorare.
Il mezzo difetto, invece, riguarda il fatto che la voce narrante si rivolga a una persona presente, il pittore, che in teoria potrebbe interagire, facendo perdere efficacia al monologo.
A parte questo, un racconto notevole.
Fante Scelto- Cavaliere Jedi
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Re: Una costellazione col mio nome
Il racconto si dipana con eleganza, con ricchezza di espressioni che rendono bene il fluire dei ricordi, le nostalgie, il dolore e la delusione, la disillusione e il realismo di essere ciò che si è in un’epoca non facile per le donne di rango, spesso potenti ma anche oggetti per il potere degli uomini.
A tratti la dolcezza dell’amore per l’uomo che la rifiuta diventa struggente e ho ammirato come sei riuscita/o a rendere il concetto.
Il monologo è ben strutturato, salvo che verso la fine l’inserimento di una sorta di lezione di storia mi ha spiazzato: avrei voluto che il racconto continuasse con lo stesso stile di prima, ho avuto l’impressione che un’altra persona si fosse intromessa per darmi spiegazioni che a me non servivano in quel momento. Io volevo continuare a leggere “Berenice”, che mi raccontasse lei la sua storia nello stesso modo di prima. Le vicende storiche, per me, erano secondarie rispetto a quello che lei mi voleva trasmettere.
Penso che lo rileggerò togliendo questa parte.
Il pittore c’è, ma non è tanto protagonista quanto strumento utilizzato da Berenice per raccontarsi e per farci immaginare com’era la città.
La città è parte preponderante, così come l’epoca.
Ecco alcune delle frasi che più mi sono piaciute:
- sarà dunque un ritratto salato, come le lacrime che ho versato in questi giorni
- come Icaro, non hai paura di volare, forse giusto un po’ quella di cadere
- come ha fatto tutta quella presenza a tradursi in assenza?
C’è stata però una frase che mi confuso:
e vieni qui ad accarezzare le mie vecchie pietre, non abbiamo fretta,…
Ho pensato: mi sono persa qualcosa, ho frainteso: non era una donna che parlava, ma un tempio…
Ho provato a rileggere con “vieni qui accarezzare con me le vecchie pietre”, poteva essere così?
Magari me lo chiarirai, se vorrai.
sbirciatina mi è sembrato troppo moderno come termine, ci avrei visto ugualmente bene una banale occhiata
A tratti la dolcezza dell’amore per l’uomo che la rifiuta diventa struggente e ho ammirato come sei riuscita/o a rendere il concetto.
Il monologo è ben strutturato, salvo che verso la fine l’inserimento di una sorta di lezione di storia mi ha spiazzato: avrei voluto che il racconto continuasse con lo stesso stile di prima, ho avuto l’impressione che un’altra persona si fosse intromessa per darmi spiegazioni che a me non servivano in quel momento. Io volevo continuare a leggere “Berenice”, che mi raccontasse lei la sua storia nello stesso modo di prima. Le vicende storiche, per me, erano secondarie rispetto a quello che lei mi voleva trasmettere.
Penso che lo rileggerò togliendo questa parte.
Il pittore c’è, ma non è tanto protagonista quanto strumento utilizzato da Berenice per raccontarsi e per farci immaginare com’era la città.
La città è parte preponderante, così come l’epoca.
Ecco alcune delle frasi che più mi sono piaciute:
- sarà dunque un ritratto salato, come le lacrime che ho versato in questi giorni
- come Icaro, non hai paura di volare, forse giusto un po’ quella di cadere
- come ha fatto tutta quella presenza a tradursi in assenza?
C’è stata però una frase che mi confuso:
e vieni qui ad accarezzare le mie vecchie pietre, non abbiamo fretta,…
Ho pensato: mi sono persa qualcosa, ho frainteso: non era una donna che parlava, ma un tempio…
Ho provato a rileggere con “vieni qui accarezzare con me le vecchie pietre”, poteva essere così?
Magari me lo chiarirai, se vorrai.
sbirciatina mi è sembrato troppo moderno come termine, ci avrei visto ugualmente bene una banale occhiata
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"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"
Susanna- Maestro Jedi
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Re: Una costellazione col mio nome
Ciao Aut@. Ho "lavorato" volentieri per avere notizie del personaggio Berenice, che hai rappresentato molto bene, e che non conoscevo. Come mia consuetudine parto col fare le pulci, non molte, al tuo racconto.
* A un certo punto indichi come momento migliore per dipingere "Quello in cui ancora tutto è possibile. Quello in cui ti attraversa (...). Quello in cui sei pittore di tredici anni." Non posso considerarlo propriamente un'errore, nel senso di ripetizione, perché presumo, e ce ne sarebbe il senso, che averlo ribadito tre volte sia voluto. Però suona maluccio.
* Il tuo racconto è una bellissima ricostruzione della tragedia di Jean Racine del 1671. Preciso, i fatti da te raccontati avvengono poco dopo quelli raccontati nella tragedia, ma poi citi i fatti dell'opera di Racine. In questo senso, l'opera rimane parzialmente originale.
* "È l'ora della melancolia, il momento perfetto in cui entrare (...)" Il termine melancolia è arcaico (è una parola che amo, molto più bella di malinconia, ed è per questo che mi ha colpito) ed è così particolare che se è usata con l'accezione moderna non si combina col dialogo moderno che hai usato nel racconto. Se invece è una finezza storica, allora, essendo lei Giudea, difficilmente avrebbe potuto conoscere quella parola che è di origine greca e poi anche latina. Diciamo che l'ha imparata nel frequentare i Romani, ma presumo che il suo dialogo sia in Giudeo.
* Già altri commentatori ti hanno segnalato quello che anche io ho riscontrato prima di leggere quei commenti. A un certo momento cambi stile e ci informi sbrigativamente di cosa accadde non storicamente bensì tratto dalla tragedia di Racine. Il tuo racconto è bello, e proprio per questo se ne sente "forte" il salto.
Piacere di lettura:
* Ho diverse reazioni quando leggo qualcosa di nuovo. Quando mi piace non riesco a fermarmi di leggerlo fino in fondo; altre volte mi collega a libri o film che amo; altre volte ancora mi ritrovo attratto dalla forma elegante e poetica. Se accadono le tre cose assieme l'aut@ ha fatto boom con me. Tu hai fatto boom con me. Mi hai fatto entrare nel libro Vita Brevis di Gaarder, uno dei titoli più belli che abbia letto, una immaginaria lettera scritta dieci anni dopo la separazione da Flora, compagna di Sant'Agostino prima che diventasse Vescovo e da cui aveva avuto un figlio (lettera immaginaria, fatti storici veri). Mi ha deliziato come tu sia riuscita elegantemente e con soluzioni suggestive importanti a pennellare il dolore dignitoso di una regina, quel mix di forza e delicatezza nella "melancolia". E soprattutto non ho potuto respirare fino a quando non ho terminato il racconto. Veramente molto bello. Trovarne di racconti solo bellini qui non è possibile. Brav@.
* A un certo punto indichi come momento migliore per dipingere "Quello in cui ancora tutto è possibile. Quello in cui ti attraversa (...). Quello in cui sei pittore di tredici anni." Non posso considerarlo propriamente un'errore, nel senso di ripetizione, perché presumo, e ce ne sarebbe il senso, che averlo ribadito tre volte sia voluto. Però suona maluccio.
* Il tuo racconto è una bellissima ricostruzione della tragedia di Jean Racine del 1671. Preciso, i fatti da te raccontati avvengono poco dopo quelli raccontati nella tragedia, ma poi citi i fatti dell'opera di Racine. In questo senso, l'opera rimane parzialmente originale.
* "È l'ora della melancolia, il momento perfetto in cui entrare (...)" Il termine melancolia è arcaico (è una parola che amo, molto più bella di malinconia, ed è per questo che mi ha colpito) ed è così particolare che se è usata con l'accezione moderna non si combina col dialogo moderno che hai usato nel racconto. Se invece è una finezza storica, allora, essendo lei Giudea, difficilmente avrebbe potuto conoscere quella parola che è di origine greca e poi anche latina. Diciamo che l'ha imparata nel frequentare i Romani, ma presumo che il suo dialogo sia in Giudeo.
* Già altri commentatori ti hanno segnalato quello che anche io ho riscontrato prima di leggere quei commenti. A un certo momento cambi stile e ci informi sbrigativamente di cosa accadde non storicamente bensì tratto dalla tragedia di Racine. Il tuo racconto è bello, e proprio per questo se ne sente "forte" il salto.
Piacere di lettura:
* Ho diverse reazioni quando leggo qualcosa di nuovo. Quando mi piace non riesco a fermarmi di leggerlo fino in fondo; altre volte mi collega a libri o film che amo; altre volte ancora mi ritrovo attratto dalla forma elegante e poetica. Se accadono le tre cose assieme l'aut@ ha fatto boom con me. Tu hai fatto boom con me. Mi hai fatto entrare nel libro Vita Brevis di Gaarder, uno dei titoli più belli che abbia letto, una immaginaria lettera scritta dieci anni dopo la separazione da Flora, compagna di Sant'Agostino prima che diventasse Vescovo e da cui aveva avuto un figlio (lettera immaginaria, fatti storici veri). Mi ha deliziato come tu sia riuscita elegantemente e con soluzioni suggestive importanti a pennellare il dolore dignitoso di una regina, quel mix di forza e delicatezza nella "melancolia". E soprattutto non ho potuto respirare fino a quando non ho terminato il racconto. Veramente molto bello. Trovarne di racconti solo bellini qui non è possibile. Brav@.
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Re: Una costellazione col mio nome
Bella e intensa questa Berenice!
Mi piace quello che racconta, molto efficaci le atmosfere che l'autore riesce a costruire, suggestivi i ricordi (soprattutto quelli dell'infanzia) e ben descritte le pene d'amore (che per una donna del suo rango erano un miscuglio di obblighi e libere scelte).
Forse ho percepito come un filino forzate le varie divagazioni sui temi storici, che forse potevano essere tralasciati a favore di una introspezione più mirata, magari incanalando i ricordi in un'unica direzione.
Il pittore era necessario per rientrare nelle specifiche del concorso, ma potevi descriverlo come muto e così ti toglievi dal rimanere in bilico tra un monologo e un racconto in prima persona: tra l'altro lei si rivolge spesso a lui anche se non mi disturba il fatto che non risponda: probabilmente era considerato come un oggetto e la sua opinione non era davvero richiesta.
L'immagine delle lacrime come acqua di mare salata che incornicia il racconto l'ho trovata davvero interessante.
In realtà sono molte le parti interessanti del testo, come la volontà di arricchirlo con tanti e diversi particolari: molto bene davvero!
Mi piace quello che racconta, molto efficaci le atmosfere che l'autore riesce a costruire, suggestivi i ricordi (soprattutto quelli dell'infanzia) e ben descritte le pene d'amore (che per una donna del suo rango erano un miscuglio di obblighi e libere scelte).
Forse ho percepito come un filino forzate le varie divagazioni sui temi storici, che forse potevano essere tralasciati a favore di una introspezione più mirata, magari incanalando i ricordi in un'unica direzione.
Il pittore era necessario per rientrare nelle specifiche del concorso, ma potevi descriverlo come muto e così ti toglievi dal rimanere in bilico tra un monologo e un racconto in prima persona: tra l'altro lei si rivolge spesso a lui anche se non mi disturba il fatto che non risponda: probabilmente era considerato come un oggetto e la sua opinione non era davvero richiesta.
L'immagine delle lacrime come acqua di mare salata che incornicia il racconto l'ho trovata davvero interessante.
In realtà sono molte le parti interessanti del testo, come la volontà di arricchirlo con tanti e diversi particolari: molto bene davvero!
caipiroska- Cavaliere Jedi
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Re: Una costellazione col mio nome
Un monologo coinvolgente .
Sul mito prevale l’umanità della donna ferita nei suoi sentimenti. Bellissimo, profondo. Stile affascinante, che conquista.
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mirella- Padawan
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Re: Una costellazione col mio nome
Ciao Aut*
hai scritto un monologo di grande impatto per me.
Quando all'inizio dici
"Vieni sul letto con me e sdraiati, lascia stare un attimo il fuoco, sembri più un cuoco che un pittore."
Fortunatamente alla fine ti riprendi e subito mi viene voglia di ballare con Berenice, i gatti e anche con il pittore.
il titolo è veramente superbo.
I paletti ci sono tutti, forse il giardino l'ho un pochino perso ma non importa.
Una Buona prova.
hai scritto un monologo di grande impatto per me.
Quando all'inizio dici
"Vieni sul letto con me e sdraiati, lascia stare un attimo il fuoco, sembri più un cuoco che un pittore."
io mi sono sentito coinvolto come se ti stessi rivolgendo a me. La cosa mi ha avvicinato e Berenice mi ha conquistato. il tuo personaggio prende forma, si rivela, incanta e poi ti lascia andare.
Purtroppo però dopo un pochino ho sentito la pressione. All'improvviso eccoci di fronte ad una pagina di storia e il testo perde il suo fascino. Fortunatamente alla fine ti riprendi e subito mi viene voglia di ballare con Berenice, i gatti e anche con il pittore.
il titolo è veramente superbo.
I paletti ci sono tutti, forse il giardino l'ho un pochino perso ma non importa.
Una Buona prova.
ImaGiraffe- Cavaliere Jedi
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Re: Una costellazione col mio nome
Un personaggio straordinario che sembra San,are anche con le parole. Un monologo denso di sensazioni fatte di amore, appartenenza a un popolo. Lei che ha una costellazione col sul nome è una stella che brilla e neanche le lacrime riescono a offuscare, perché è ricca del sul incanto di eterna bambina. Bellissimo racconto.
gemma vitali- Padawan
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Re: Una costellazione col mio nome
Tutte le donne della famiglia degli Erodiadi erano bellissime. E Berenice più di tutte.
Berenice aggiunse al suo aspetto raffinatezza e cultura e un fascino particolare che fece innamorare di se prima Vespasiano e poi suo figlio Tito, molto più giovane di lei.
Queste informazioni le ho cercate, non mi sono mai informato tanto come in questo step.
Berenice addolorata per la distanza aspetta il suo ritratto. Tra lei e il pittore c'è un legame spirituale splendido, ma lei spera di potersi ricongiungere all'uomo che ama, Tito.
Il vecchio Vespasiano l'aveva fatta allontanare da Roma proprio per colpa di quella relazione sofferta.
Il monologo di Berenice è struggente, racconta, parla di Tito, del giovane Tito, in modo schietto e personale.
Tito era stato costretto a mettere i suoi sentimenti in secondo piano per la ragion di Stato.
Ma amava ancora Berenice.
Complimenti all'autore del racconto per aver svelato questa bella storia.
Berenice aggiunse al suo aspetto raffinatezza e cultura e un fascino particolare che fece innamorare di se prima Vespasiano e poi suo figlio Tito, molto più giovane di lei.
Queste informazioni le ho cercate, non mi sono mai informato tanto come in questo step.
Berenice addolorata per la distanza aspetta il suo ritratto. Tra lei e il pittore c'è un legame spirituale splendido, ma lei spera di potersi ricongiungere all'uomo che ama, Tito.
Il vecchio Vespasiano l'aveva fatta allontanare da Roma proprio per colpa di quella relazione sofferta.
Il monologo di Berenice è struggente, racconta, parla di Tito, del giovane Tito, in modo schietto e personale.
Tito era stato costretto a mettere i suoi sentimenti in secondo piano per la ragion di Stato.
Ma amava ancora Berenice.
Complimenti all'autore del racconto per aver svelato questa bella storia.
Ospite- Ospite
Re: Una costellazione col mio nome
Questo è un altro racconto che mi ha preso e costretto ad arrivare in fondo senza tirare il fiato. Un bambina che sa ancora danzare con i gatti e lasciare che le lacrime arricchiscano i suoi colori, splendido.
Concordo con commenti precedenti: l'inserimento di troppi riferimenti storici un po' attenua il fascino di questo mostrarsi senza veli, ma solo un poco. Leggo, sempre dai commenti, che Berenice era una donna bellissima, dal tuo testo emerge tutta la bellezza della sua anima, del suo sentire.
"L'unico modo che avevo per evitare il dolore era viverci dentro, abitarlo." Una frase bellissima, non vera, fortunatamente: nessuno può evitare il dolore, abitarci dentro permette di non venirne schiacciati, di farne risorsa di crescita. Ma detto come lo dici è sicuramente più intenso! Complimenti
Concordo con commenti precedenti: l'inserimento di troppi riferimenti storici un po' attenua il fascino di questo mostrarsi senza veli, ma solo un poco. Leggo, sempre dai commenti, che Berenice era una donna bellissima, dal tuo testo emerge tutta la bellezza della sua anima, del suo sentire.
"L'unico modo che avevo per evitare il dolore era viverci dentro, abitarlo." Una frase bellissima, non vera, fortunatamente: nessuno può evitare il dolore, abitarci dentro permette di non venirne schiacciati, di farne risorsa di crescita. Ma detto come lo dici è sicuramente più intenso! Complimenti
Re: Una costellazione col mio nome
Questo è un racconto perfetto nella sua costruzione. Questa è la premessa.
Anzi, non del tutto: magari eviterei la virgola prima del "né"; ma solo questo.
Io, però, non sono riuscito a emozionarmi. E ti spiego perché, ed è una cosa talmente soggettiva che sentirai forse anche l'istinto di mandarmi a...
C'è un altro monologo in questo step che si rivolge a qualcuno: ma è una persona morta.
Ci sono monologhi che sono veri e propri flussi di coscienza.
Qui mi è sembrato che tu parlassi con qualcuno. Era proprio un discorso diretto a qualcuno, e non di certo a me lettore; mi è sembrato di essere finito in mezzo a un dialogo di cui non sapremo mai l'altra faccia della medaglia.
Ci sono diverse frasi che spezzano quel famoso "patto con il lettore" che mi interrompono la lettura, e quello che mi rimane alla fine è un racconto ben scritto, con molte immagini stupende (a cominciare dal titolo, sì), ottimamente confezionato per il concorso in questione (bravissimo!), ma che non è riuscito a provocare in me emozioni tali da farmelo amare.
Mi dispiace... Credo sia difficilissimo riuscirci con un monologo, e forse anche l'ambientazione spazio-temporale ha la sua responsabilità.
Spero di essermi fatto capire.
Magari, a fine concorso, se non mi hai mandato al diavolo nel frattempo, ti spiego anche dove e perché...
Anzi, non del tutto: magari eviterei la virgola prima del "né"; ma solo questo.
Io, però, non sono riuscito a emozionarmi. E ti spiego perché, ed è una cosa talmente soggettiva che sentirai forse anche l'istinto di mandarmi a...
C'è un altro monologo in questo step che si rivolge a qualcuno: ma è una persona morta.
Ci sono monologhi che sono veri e propri flussi di coscienza.
Qui mi è sembrato che tu parlassi con qualcuno. Era proprio un discorso diretto a qualcuno, e non di certo a me lettore; mi è sembrato di essere finito in mezzo a un dialogo di cui non sapremo mai l'altra faccia della medaglia.
Ci sono diverse frasi che spezzano quel famoso "patto con il lettore" che mi interrompono la lettura, e quello che mi rimane alla fine è un racconto ben scritto, con molte immagini stupende (a cominciare dal titolo, sì), ottimamente confezionato per il concorso in questione (bravissimo!), ma che non è riuscito a provocare in me emozioni tali da farmelo amare.
Mi dispiace... Credo sia difficilissimo riuscirci con un monologo, e forse anche l'ambientazione spazio-temporale ha la sua responsabilità.
Spero di essermi fatto capire.
Magari, a fine concorso, se non mi hai mandato al diavolo nel frattempo, ti spiego anche dove e perché...
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Un giorno tornerò, e avrò le idee più chiare.
vivonic- Admin
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Re: Una costellazione col mio nome
Torno su questo racconto dopo aver letto gli altri commenti. Non concordo con chi ritiene che la presenza del disegnatore infici la tecnica del monologo.
Vero è che Berenice si rivolge al pittore venuto da Fayynum , ma in una lingua che quello non può comprendere, come lei non comprende lui.
- “Mi piace quando parli quel tuo dialetto dalle vocali rotonde e le frasi veloci, che sembrano un’unica parola lunghissima…. Non voglio capirti, voglio solo immaginarlo. Voglio riempirmi di parole senza senso…”
- Infatti a un certo punto : “Ma scusami, sto parlando da sola…” Quindi i pensieri si alternano a parole, come capita a chi parla da solo e se qui c’è qualcuno che ascolta è uno che non capisce e da cui non ci si aspetta una risposta.
- D’altra parte il narrato si distende in un procedere analogico, tipico del monologo, per cui un odore rimanda a un ricordo, una sensazione a un fatto e così via. Il tempo del racconto non è cronologico, i pensieri si mescolano senza un prima e un poi, dall’ieri all’oggi.
Per queste ragioni, ritengo che il genere sia stato rispettato, come le altre prescrizioni dello step. I riferimenti storici sono funzionali al racconto, se non ci fossero non si capirebbe che si parla di Berenice e il tono non mi sembra didascalico.
Ma c’è molto di più.
C’è uno stile che conquista per le immagini rievocate attraverso sensazioni, che arrivano al lettore, come il calore delle pietre del tempio appena distrutto o le code ritte dei gatti che solleticano le gambe della bambina mentre danza per la gioia del maturo sposo voyeur impotente e tante altre.
C’è una scrittura che parla di cose antiche: mito, storia, cultura con un linguaggio sorprendentemente moderno e soprattutto c’è l’introspezione che mette in primo piano l’umanità della donna. Una figura di grande fascino che emerge da un passato antichissimo, ancora in grado di parlare al cuore, nella quale ogni donna trova qualcosa in cui identificarsi.
Per me è un racconto bellissimo, senza se e senza ma. Chi mi conosce sa quanto poco usi quest’aggettivo nei commenti.
Vero è che Berenice si rivolge al pittore venuto da Fayynum , ma in una lingua che quello non può comprendere, come lei non comprende lui.
- “Mi piace quando parli quel tuo dialetto dalle vocali rotonde e le frasi veloci, che sembrano un’unica parola lunghissima…. Non voglio capirti, voglio solo immaginarlo. Voglio riempirmi di parole senza senso…”
- Infatti a un certo punto : “Ma scusami, sto parlando da sola…” Quindi i pensieri si alternano a parole, come capita a chi parla da solo e se qui c’è qualcuno che ascolta è uno che non capisce e da cui non ci si aspetta una risposta.
- D’altra parte il narrato si distende in un procedere analogico, tipico del monologo, per cui un odore rimanda a un ricordo, una sensazione a un fatto e così via. Il tempo del racconto non è cronologico, i pensieri si mescolano senza un prima e un poi, dall’ieri all’oggi.
Per queste ragioni, ritengo che il genere sia stato rispettato, come le altre prescrizioni dello step. I riferimenti storici sono funzionali al racconto, se non ci fossero non si capirebbe che si parla di Berenice e il tono non mi sembra didascalico.
Ma c’è molto di più.
C’è uno stile che conquista per le immagini rievocate attraverso sensazioni, che arrivano al lettore, come il calore delle pietre del tempio appena distrutto o le code ritte dei gatti che solleticano le gambe della bambina mentre danza per la gioia del maturo sposo voyeur impotente e tante altre.
C’è una scrittura che parla di cose antiche: mito, storia, cultura con un linguaggio sorprendentemente moderno e soprattutto c’è l’introspezione che mette in primo piano l’umanità della donna. Una figura di grande fascino che emerge da un passato antichissimo, ancora in grado di parlare al cuore, nella quale ogni donna trova qualcosa in cui identificarsi.
Per me è un racconto bellissimo, senza se e senza ma. Chi mi conosce sa quanto poco usi quest’aggettivo nei commenti.
mirella- Padawan
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Re: Una costellazione col mio nome
Cara Autrice, caro Autore,
ho dovuto rileggere due volte il tuo monologo. Durante la prima lettura mi sono reso conto che mi perdevo, che la lettura aveva bisogno di concentrazione. Così mi sono ritagliato l'atmosfera giusta e le tue parole mi hanno protato in quel palazzo di Alessandria, e ho visto Berenice, ho sentito il calore del fuoco e il pittore sudato. Ed è stato molto bello. Una lettura non semplice ma che comunica molte sensazioni. Però forse... Forse ci sono troppe informazioni. Berenice riflette, ricorda, e aggiunge molte informazioni che a volte rischiano di rallentare e rendere ostica la lettura e portare fuori dalla magia della narrazione.
Ottimo lavoro.
Complimenti
Grazie
ho dovuto rileggere due volte il tuo monologo. Durante la prima lettura mi sono reso conto che mi perdevo, che la lettura aveva bisogno di concentrazione. Così mi sono ritagliato l'atmosfera giusta e le tue parole mi hanno protato in quel palazzo di Alessandria, e ho visto Berenice, ho sentito il calore del fuoco e il pittore sudato. Ed è stato molto bello. Una lettura non semplice ma che comunica molte sensazioni. Però forse... Forse ci sono troppe informazioni. Berenice riflette, ricorda, e aggiunge molte informazioni che a volte rischiano di rallentare e rendere ostica la lettura e portare fuori dalla magia della narrazione.
Ottimo lavoro.
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CharAznable- Maestro Jedi
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Re: Una costellazione col mio nome
Il commento di Vivonic mi è servito per comprendere la mia posizione non su questo racconto, ma sul genere "monologo" di questo step.
Quando Vivonic dice "non sono riuscito a emozionarmi", mi si è palesata improvvisa la verità.
Tutti i pensieri che si dilatano nel tempo e nello spazio credo mi facciano inconsciamente pensare a una scrittura più cerebrale piuttosto che emozionale. Troppe cose pensate, troppo spazio, troppi pensieri e non è un caso se finora l'unico monologo che mi ha colpito è stato quello più breve, che concentra come una furia pochi pensieri in uno spazio ristretto, proprio per far deflagrare nel lettore quell'emozione che sulla lunga distanza si può affievolire sino quasi a scomparire.
Detto questo però devo ammettere che in questo componimento ho trovato anche passaggi davvero belli. Questo mi ha colpito particolarmente e mi è rimasto impresso:
Mi piace quest’ora del giorno, quando non è né notte, né sera, il mare e il cielo hanno lo stesso colore blu cobalto e tutto è confine. È l’ora della melancolia, il momento perfetto in cui entrare in comunione con ciò che Dio ha creato e insieme il momento in cui ti accorgi che non ci riuscirai mai, in cui ti accorgi che sei troppo umano. Poi arrivano i grilli e i rospi, si odono lontani, dalle paludi, li si sente anche in città perché sono milioni, e annunciano la notte.
Quando Vivonic dice "non sono riuscito a emozionarmi", mi si è palesata improvvisa la verità.
Tutti i pensieri che si dilatano nel tempo e nello spazio credo mi facciano inconsciamente pensare a una scrittura più cerebrale piuttosto che emozionale. Troppe cose pensate, troppo spazio, troppi pensieri e non è un caso se finora l'unico monologo che mi ha colpito è stato quello più breve, che concentra come una furia pochi pensieri in uno spazio ristretto, proprio per far deflagrare nel lettore quell'emozione che sulla lunga distanza si può affievolire sino quasi a scomparire.
Detto questo però devo ammettere che in questo componimento ho trovato anche passaggi davvero belli. Questo mi ha colpito particolarmente e mi è rimasto impresso:
Mi piace quest’ora del giorno, quando non è né notte, né sera, il mare e il cielo hanno lo stesso colore blu cobalto e tutto è confine. È l’ora della melancolia, il momento perfetto in cui entrare in comunione con ciò che Dio ha creato e insieme il momento in cui ti accorgi che non ci riuscirai mai, in cui ti accorgi che sei troppo umano. Poi arrivano i grilli e i rospi, si odono lontani, dalle paludi, li si sente anche in città perché sono milioni, e annunciano la notte.
E oltre a questo anche altri bei passaggi e belle descrizioni.
Quindi per ricapitolare la tua scrittura è bella e convincente, ma il genere riesce a catturare solo la mia parte razionale e non quella emotiva.
Byron.RN- Maestro Jedi
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Re: Una costellazione col mio nome
Non si può non leggere con piacere un brano scritto così bene, sia per l’uso raffinato della parola, sia per la forma impeccabile. Siamo qui però per esprimere pareri, all’interno di una prova e qualcosa si deve pur dire. Elenco sinteticamente, scusandomi se ripeto cose forse già dette, ma non ho letto ancora i precedenti commenti:
Si tratta di un monologo particolare che inizia e finisce con un interlocutore silente, cosa che toglie un po’ l’effetto-monologo.
Nella parte prima del finale prevale l’aspetto narrativo-autobiografico, come necessità di spiegare, fin troppo, l’antefatto.
C’è un’impressione generale di mettere troppa carne al fuoco inserendo una serie di nozioni sul periodo, estremamente interessanti, ma che appesantiscono la lettura.
Il passaggio sul pozzo delle anime e sull’arca dell’alleanza mi ha fatto pensare immediatamente al primo Indiana Jones, tanto per dire del mio livello culturale.
“E così penso che sarebbe dovuto essere il nostro amore”. Avrei messi un “avrebbe”
Bellissima la frase: “Voglio riempirmi di parole senza senso, perché quelle che capisco mi hanno fatto troppo male.”
I vincoli della prova: camera da letto e Alessandria d’Egitto, accessori poco funzionali alla storia.
Si tratta di un monologo particolare che inizia e finisce con un interlocutore silente, cosa che toglie un po’ l’effetto-monologo.
Nella parte prima del finale prevale l’aspetto narrativo-autobiografico, come necessità di spiegare, fin troppo, l’antefatto.
C’è un’impressione generale di mettere troppa carne al fuoco inserendo una serie di nozioni sul periodo, estremamente interessanti, ma che appesantiscono la lettura.
Il passaggio sul pozzo delle anime e sull’arca dell’alleanza mi ha fatto pensare immediatamente al primo Indiana Jones, tanto per dire del mio livello culturale.
“E così penso che sarebbe dovuto essere il nostro amore”. Avrei messi un “avrebbe”
Bellissima la frase: “Voglio riempirmi di parole senza senso, perché quelle che capisco mi hanno fatto troppo male.”
I vincoli della prova: camera da letto e Alessandria d’Egitto, accessori poco funzionali alla storia.
Danilo Nucci- Cavaliere Jedi
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Re: Una costellazione col mio nome
Buongiorno! Non ho letto il vostro regolamento (mi sa che dovrò farlo) ma ho letto questo racconto. Ma quanto è bello! Come vorrei essere capace di scrivere così! Questo racconto mi fa venire voglia di provarci. C'è una poesia e una umanità che vanno a toccare corde molto profonde. E, non so se è il termine giusto, c'è un "pensiero" filosofico "privato" che appartiene sia al personaggio che a chi ha scritto questo racconto. Ci sono frasi "ricche" e "felici" da un punto di vista letterario. E che bel titolo! Ho letto questo racconto per primo proprio perché il titolo mi ha colpito. Complimenti!
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Re: Una costellazione col mio nome
Molto bello questo monologo/soliloquio. Forse ci sono troppe informazioni storiche che appesantiscono e allungano inutilmente il racconto rendendolo di più difficile lettura.
I paletti sono ben rispettati anche se non sempre risultano funzionali al racconto. In ogni caso la tua bravura è indiscutibile. Ottima anche la scelta del titolo. Complimenti!
I paletti sono ben rispettati anche se non sempre risultano funzionali al racconto. In ogni caso la tua bravura è indiscutibile. Ottima anche la scelta del titolo. Complimenti!
Yoghi69- Viandante
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Re: Una costellazione col mio nome
Sono molto combattuta, il racconto mi ha coinvolto, è molto ben condotto, il registro narrativo è perfetto e i vari stati d'animo di Berenice scivolano verso il lettore in maniera fluida.
Ma qualcosa non mi torna.
Il rivolgersi al pittore mi infastidisce e non poco. Ho capito che l'interlocutore di Berenice deve parlare un'altra lingua e ok, ma anche fosse muto non sarei soddisfatta lo stesso.
Berenice avrebbe potuto rivolgersi al quadro invece che al pittore, lo avrei trovato più coerente con il monologo. Anche i rimandi ai fatti storici intiepidiscono l'atmosfera, e fanno perdere empatia con il personaggio di Berenice.
Poi ci sono immagini bellissime e frasi incisive e poetiche, il racconto è scritto benissimo e questo è innegabile, è un testo emozionante e coinvolgente ma penso che la narrazione sia stata penalizzata dai paletti che dovevi obbligatoriamente rispettare.
I paletti ti hanno ispirato questa storia ma hanno anche creato degli ostacoli per narrarla come volevi.
Anche se, potenzialmente, il tuo pezzo potrebbe diventare un monologo puro senza troppe difficoltà.
A rileggerti
Ele
Ma qualcosa non mi torna.
Il rivolgersi al pittore mi infastidisce e non poco. Ho capito che l'interlocutore di Berenice deve parlare un'altra lingua e ok, ma anche fosse muto non sarei soddisfatta lo stesso.
Berenice avrebbe potuto rivolgersi al quadro invece che al pittore, lo avrei trovato più coerente con il monologo. Anche i rimandi ai fatti storici intiepidiscono l'atmosfera, e fanno perdere empatia con il personaggio di Berenice.
Poi ci sono immagini bellissime e frasi incisive e poetiche, il racconto è scritto benissimo e questo è innegabile, è un testo emozionante e coinvolgente ma penso che la narrazione sia stata penalizzata dai paletti che dovevi obbligatoriamente rispettare.
I paletti ti hanno ispirato questa storia ma hanno anche creato degli ostacoli per narrarla come volevi.
Anche se, potenzialmente, il tuo pezzo potrebbe diventare un monologo puro senza troppe difficoltà.
A rileggerti
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Hellionor- Admin
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Re: Una costellazione col mio nome
Avendo commentato i racconti in ordine alfabetico, il tuo è l'ultimo della serie.
Essendo l'ultimo, di monologhi ne ho letti tanti e come sempre mi trovo combattuto in quanto mi manca qualcosa affinché possa trovare ben centrato il genere: il continuo rivolgersi all'altro personaggio del racconto a mio parere inficia un po' il tutto (anche se probabilmente si è reso necessario per rispettare il paletto del disegnatore) così come l'eccessiva narrazione di fatti storici.
In merito a quest'ultima osservazione ho notato spesso lo sforzo di inserire tanti riferimenti storici per permettere di capire esattamente dove e quando si svolge l'azione ma io trovo che in un racconto non sia sempre necessario "dire" tutto, si può anche lasciare un po' di liberta alla fantasia del lettore.
Dopo questo lungo preambolo che può apparire negativo, passo ai complimenti perché questo è uno dei più bei racconti dello step, scritto veramente bene, quasi che a scrivere fosse proprio quel disegnatore con le sue abili pennellate.
Tante sono le frasi che mi hanno colpito che non sto a riportarle altrimenti questo commento non finisce più, lasciami concludere affermando che anche il titolo è uno dei più belli, se non il più bello in assoluto, di questo step.
Essendo l'ultimo, di monologhi ne ho letti tanti e come sempre mi trovo combattuto in quanto mi manca qualcosa affinché possa trovare ben centrato il genere: il continuo rivolgersi all'altro personaggio del racconto a mio parere inficia un po' il tutto (anche se probabilmente si è reso necessario per rispettare il paletto del disegnatore) così come l'eccessiva narrazione di fatti storici.
In merito a quest'ultima osservazione ho notato spesso lo sforzo di inserire tanti riferimenti storici per permettere di capire esattamente dove e quando si svolge l'azione ma io trovo che in un racconto non sia sempre necessario "dire" tutto, si può anche lasciare un po' di liberta alla fantasia del lettore.
Dopo questo lungo preambolo che può apparire negativo, passo ai complimenti perché questo è uno dei più bei racconti dello step, scritto veramente bene, quasi che a scrivere fosse proprio quel disegnatore con le sue abili pennellate.
Tante sono le frasi che mi hanno colpito che non sto a riportarle altrimenti questo commento non finisce più, lasciami concludere affermando che anche il titolo è uno dei più belli, se non il più bello in assoluto, di questo step.
paluca66- Maestro Jedi
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Re: Una costellazione col mio nome
Porca miseria, che bello!
Affascinante. Mi inchino e mi tolgo il cappello davanti a tanta maestria.
Vorrei fermarmi qui, perché altro non ci sarebbe da dire, ma i doveri del concorso richiedono altre parole.
Paletti rispettati, forma perfetta. Anche questo non è sempre un vero e proprio monologo, si alternano parti che sono solo narrazione in prima persona, ma in questo step il genere monologo ha messo tutti in questa difficoltà e ti dirò che, in questo caso, sinceramente non mi importa proprio per niente.
Mi hai preso, conquistato, trascinato, stregato. Hai creato un’atmosfera unica.
E per citare Paluca, che dà un voto anche al titolo, bellissimo titolo.
Arianna 2016- Maestro Jedi
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Re: Una costellazione col mio nome
Ciao autor*
Una bella storia, ben scritta e di piacevole scorrevolezza. È un monologo (ovvietà) molto diverso dagli altri, qui pare di essere spettatori silenziosi del discorso di qualcuno a qualcun altro, senza sapere chi sia.
I paletti li hai rispettati e li ritrovo nel testo, anche se forse in alcune parti ti hanno un po' bloccato in ciò che volevi portarci a leggere.
Anche qui, come in altri, ritornano sfumature storiche da me adorate, che per quanto mi riguarda danno al monologo qualcosa in più.
Hai trattato bene i personaggi storici, senza strafare.
Di refusi non ne ho trovato, la tecnica di scrittura è esaltante.
Mi accodo a chi ti ha detto del titolo, molto accattivante e ovviamente centrato. Anche su questo, ho trovato almeno un'altro monologo che porta riferimenti a una successiva costellazione con il nome di uno dei personaggi narrati.
Complimenti e a rileggerti.
Una bella storia, ben scritta e di piacevole scorrevolezza. È un monologo (ovvietà) molto diverso dagli altri, qui pare di essere spettatori silenziosi del discorso di qualcuno a qualcun altro, senza sapere chi sia.
I paletti li hai rispettati e li ritrovo nel testo, anche se forse in alcune parti ti hanno un po' bloccato in ciò che volevi portarci a leggere.
Anche qui, come in altri, ritornano sfumature storiche da me adorate, che per quanto mi riguarda danno al monologo qualcosa in più.
Hai trattato bene i personaggi storici, senza strafare.
Di refusi non ne ho trovato, la tecnica di scrittura è esaltante.
Mi accodo a chi ti ha detto del titolo, molto accattivante e ovviamente centrato. Anche su questo, ho trovato almeno un'altro monologo che porta riferimenti a una successiva costellazione con il nome di uno dei personaggi narrati.
Complimenti e a rileggerti.
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Re: Una costellazione col mio nome
Una possibile collocazione temporale per i racconti, è noto, era il 79 d.c. Quando un aut decide di addentrarsi così profondamente nella Storia, credo senta la necessità di dover concedere qualche informazione in più al lettore. Succede in altri racconti, succede qui. Se mi dovessi soffermare sulla scorrevolezza del testo, è vero, le informazioni storiche la rallentano. Per contro, da lettore interessato di Storia in generale, trovo che dette informazioni siano quasi necessarie, non tanto perché ho imparato qualcosa di nuovo (e scusate se è poco), ma perché consentono al lettore d'inquadrare meglio, più limpidamente se si può dire, l'ambientazione di riferimento.
Mi è capitato molto spesso in questo step, di avvalermi della "farina di internet" per dirla alla Tony-the-sub (pardon [Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link]) come ingrediente teso a completare le mie lacune. L'ho fatto volentieri, anche per questo racconto.
La scrittura è ottima, non c'è un periodo che mi ha colpito in particolare, ma dalle parole si riescono a vedere immagini, grazie alle descrizioni; percepire sentimenti, attraverso l'ottima caratterizzazione di Berenice. Come ho già detto, in questo racconto, c'è anche tanta Storia e personalmente lo considero un plus.
Circa il genere, propenderei per un monologo ibrido, nel senso che ogni tanto ho avuto l'impressione di trovarmi di fronte a un racconto in prima persona. Sono sicuro che a bocce ferme partirà una grande discussione circa la definizione del monologo, per cui non aggiungo altro.
Solo i paletti mi lasciano qualche dubbio. La camera da letto doveva essere il luogo "principale" del racconto e non mi sembra che lo sia, così come il giardino. Il pittore, che ti ha dato qualche grattacapo per il genere poiché si potrebbe a tratti pensare che Berenice si rivolga a lui, c'è, ma è in ombra a mio parere. In ombra rispetto al ritratto che dovrebbe dipingere.
In ogni caso, non posso negare di aver letto un bel racconto.
Mi è capitato molto spesso in questo step, di avvalermi della "farina di internet" per dirla alla Tony-the-sub (pardon [Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link]) come ingrediente teso a completare le mie lacune. L'ho fatto volentieri, anche per questo racconto.
La scrittura è ottima, non c'è un periodo che mi ha colpito in particolare, ma dalle parole si riescono a vedere immagini, grazie alle descrizioni; percepire sentimenti, attraverso l'ottima caratterizzazione di Berenice. Come ho già detto, in questo racconto, c'è anche tanta Storia e personalmente lo considero un plus.
Circa il genere, propenderei per un monologo ibrido, nel senso che ogni tanto ho avuto l'impressione di trovarmi di fronte a un racconto in prima persona. Sono sicuro che a bocce ferme partirà una grande discussione circa la definizione del monologo, per cui non aggiungo altro.
Solo i paletti mi lasciano qualche dubbio. La camera da letto doveva essere il luogo "principale" del racconto e non mi sembra che lo sia, così come il giardino. Il pittore, che ti ha dato qualche grattacapo per il genere poiché si potrebbe a tratti pensare che Berenice si rivolga a lui, c'è, ma è in ombra a mio parere. In ombra rispetto al ritratto che dovrebbe dipingere.
In ogni caso, non posso negare di aver letto un bel racconto.
Molli Redigano- Maestro Jedi
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