Avrei convocato Pruzzo
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Different Tales :: Off Topic :: Archivio :: Different Rooms - Tutti i racconti :: Step 2 - Camera da Letto
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Avrei convocato Pruzzo
Accidenti a me. Accidenti a quella volta che ho accettato questo stramaledetto lavoro.
Eppure, mi era sembrata un’ottima occasione.
Anzi quando avevo visto l’annuncio nella bacheca della scuola mi era sembrato quasi impossibile.
Era tutto perfetto. Un lavoretto facile facile. Due mesi tra le otto di sera e le otto del mattino più qualche pomeriggio extra su richiesta, a casa di un paziente molto tranquillo.
Nell’annuncio si diceva che non serviva avere esperienza. Ottimo per un infermiere appena diplomato come ero io.
Se mi avessero preso sarei andato in spiaggia di giorno, avrei dormito a casa del paziente, e avrei anche guadagnato i soldi per pagarmi le vacanze con Luisa a fine agosto prima di cominciare a lavorare in ospedale.
Avevo chiamato subito. Mi aveva risposto la figlia. Avevamo fissato un appuntamento per il giorno successivo, nel primo pomeriggio, a casa del paziente.
Quando avevo visto l’abitazione non avevo creduto ai miei occhi. Una villa, con un giardino stupendo, a pochi passi dal centro.
Io non la conoscevo proprio questa parte della città. Non avevo idea che potessero esserci delle case così belle.
La targa sul campanello diceva Architetto Tancredi Brizzi della Rocca.
No, commissario, non lo sapevo che era una persona famosa e importante. Ho cominciato a sospettarlo quando la governante mi ha fatto accomodare in soggiorno. Mentre aspettavo ho dato un’occhiata alle pareti.
C’erano foto della stessa persona con una serie di personaggi che dovevano essere famosi. Almeno qualcuno. Sa, commissario, io non sono molto informato, ma sono quasi sicuro che una delle persone fosse quella antipatica della suocera di Lady D. Detto tra noi, commissario, io non capisco perché quella ragazza abbia deciso di sposarsi con quel Carlo. Una volta ne ho parlato anche con Luisa e lei mi ha detto che non capisco nulla, che non capisco le favole, la poesia. Ma quale poesia? Commissario? Quale?
Sì. Mi scusi. Devo smetterla di divagare.
Allora, cosa le stavo dicendo?
Ah, sì. Mentre cercavo di capire chi fossero le altre persone fotografate è arrivata la signora Ginevra, la figlia del paziente. Che bella donna, commissario, bella e affascinante. E molto risoluta. Appena mi ha visto mi ha detto che ero proprio la persona che stava cercando, mi ha assunto, mi ha detto quanto mi avrebbe pagato, tra l’altro molto più di quanto mi aspettassi, e subito dopo se ne è andata dicendo che il suo autista l’aspettava per portarla in Costa Azzurra dove avrebbe passato tutti i mesi estivi e che per qualsiasi problema avrei dovuto parlare con Laura, la signora che era arrivata insieme a lei e che poi ho scoperto essere l’infermiera che si prendeva cura del signor Tancredi durante il giorno.
La signora Laura mi ha mostrato la stanza dove avrei potuto riposare e poi mi ha riassunto brevemente la situazione.
Il signor Tancredi, che dovevo sempre ricordarmi di chiamare signor Architetto, non usciva quasi mai dalla sua camera se non per andare in giardino ad ammirare i fiori di loto che era riuscito con tanta fatica a far crescere nel laghetto che aveva fatto costruire. Fisicamente il signor Architetto stava bene ma il problema era soprattutto nella sua mente che, dopo la morte della moglie avvenuta quasi un anno prima, passava da lunghi periodi di calma e tranquillità durante i quali il signor Architetto dormiva o ascoltava dischi di musica classica a brevi momenti di completa incoerenza durante i quali cominciava a vaneggiare. Fortunatamente per me questi momenti avvenivano sempre e solo di giorno e se ne sarebbe occupata la signora Laura. Durante il mio orario di “lavoro” dovevo, quindi, solo assicurarmi che il signor Architetto prendesse una pastiglia per la pressione dalla scatoletta blu e una per il colesterolo dalla scatoletta rossa. Per il resto il mio compito per quei due mesi era solo quello di non farlo agitare e di assecondarlo nelle sue richieste.
Tutto sin troppo facile, vero signor Commissario?
E, in effetti, durante le prime settimane è stato proprio così. Le giornate passavano tutte uguali. Alla mattina andavo al mare, poi alle venti precise mi presentavo dal signor Architetto che solitamente era in giardino a guardare quegli strani fiori. Lo accompagnavo in casa, ascoltavo con lui qualche disco di musica classica e alle nove il signor Architetto andava a dormire nella sua bella camera, lasciandomi la casa tutta per me.
Signor Commissario a lei posso dirlo. Avrei pagato io per stare dove stavo. Io non ho mai avuto una camera bella come quella che mi avevano assegnato. Non ho mai vissuto in una casa così grande. Non ho mai avuto un giardino. Non ho mai avuto l’aria condizionata. Perciò quando la scorsa settimana la signora Laura mi ha chiesto se avrei potuto coprirla e fare anche il suo turno per un paio di giorni le ho detto di sì.
Perché non avrei dovuto? Il signor Architetto era sempre stato tranquillo e, anzi, stava cominciando a trattarmi come il figlio che non aveva mai avuto chiamandomi Manfredi e dandomi una paghetta extra per le mie spese.
La signora Laura, poi, aveva un motivo più che valido. Il concerto dei Rolling Stones. Quel concerto che io non avevo potuto permettermi. Avevo accettato facendomi promettere che mi avrebbe portato almeno una maglietta o una fascia per i capelli. Sì commissario quella con la lingua. Non crede anche lei che sia bella? Sì, mi scusi. Sto divagando di nuovo.
Una sola cosa non avevo considerato. Solo una.
Paolo Rossi. Accidenti a lui.
Come potevo immaginare che il giorno dopo si sarebbe svegliato? Che avrebbe fatto tre gol? Che avremmo eliminato il Brasile? Al terzo gol ne sono sicuro Paolo Rossi mi ha guardato e, glielo giuro, me lo ha detto. “E tu avresti convocato Pruzzo, prova a dire di no, provaci Andrea!”.
Quando poi Zoff ha parato quel colpo di testa sulla linea ho capito che c’era stata la svolta, che saremmo andati dritti dritti in finale. La finale dei Mondiali di calcio! Si rende conto Commissario? Dopo quasi cinquant’anni? E io potevo essere testimone di quel momento. Vedere la partita insieme agli amici con cui l’avevo vista al bar Centrale. Squadra che vince non si cambia, no?
C’era solo un problema. La finale sarebbe stata alle 20 e nella stessa data del concerto.
Commissario lei non ci crederà ma contro la Polonia ho tifato contro l’Italia.
La semifinale, tra l’altro, non l’ho neppure vista. Quel giorno la signora Ginevra mi ha chiamato a casa per chiedermi se gentilmente potevo andare dal medico del signor Architetto a ritirare alcuni esami molto importanti. Io non ho potuto rifiutare e ho passato tutto il pomeriggio nell’anticamera dal medico insieme a decine di pensionate andando di nascosto in bagno ad ascoltare gli aggiornamenti.
Quella sera stessa ho provato a chiedere a Laura se avrebbe potuto rientrare subito dopo il concerto perché avevo un impegno improrogabile.
Lei ha capito subito quale era l’impegno e mi ha risposto che non avrebbe mai e poi mai rinunciato alla partita. Già le aveva perse tutte e aveva ascoltato solo le ultime di nascosto con una radiolina mentre il signor Architetto era in camera sua.
Sì, perché signor Commissario, in casa Brizzi della Rocca non esiste alcuna televisione. Il signor Architetto non ha mai voluto averla. “È solo uno stupido strumento per asservire il popolo, per non farlo pensare caro Manfredi. Noi siamo superiori a tutto questo, vero?” così mi aveva detto un giorno quando glielo avevo chiesto.
Da quella sera ho cominciato a pensare a una qualsiasi possibile soluzione. Ho chiamato tutte le mie compagne della scuola per infermieri. Nessuna era libera. Nessuna avrebbe rinunciato alla partita.
Ho provato a chiamare Luisa per un consiglio. Era troppo impegnata a cucire la bandiera per riuscire a darmi un’idea sensata.
E allora stamattina quando mi sono svegliato nella mia meravigliosa camera da letto, baciato dai raggi del sole ho pensato a un piano infallibile, a prova di bomba.
Avrei fatto stancare il signor Architetto così tanto che sarebbe crollato, o l’avrei fatto crollare, prima delle venti. Sarei uscito, sarei andato a vedere la partita e sarei tornato dopo poche ore. Il signor Architetto non si sarebbe accorto di nulla.
Solo una cosa non avevo considerato. Una.
L’anniversario. Sì, l’anniversario della morte della signora Virginia Beatrice Della Roggia di Fregrenza compianta compagna di vita del signor Architetto nonché esimia studiosa di egittologia.
Quando sono entrato in soggiorno la governante mi ha avvisato subito che sarebbe stata una giornata difficile.
Non che ce ne fosse stato bisogno. Il signor Architetto era già sveglio e dalla camera si sentivano i suoi pianti e le sue urla di disperazione.
Io non mi sono perso d’animo. Assolutamente no.
Sono di origine friulana come Bearzot. Se credo in una cosa vado fino in fondo. Avevo un piano. Dovevo rispettarlo.
Ma come calmare il signor Architetto? Come stancarlo?
Mentre stavo per andare verso la camera del signor Architetto l’occhio mi è caduto sulla libreria. I raggi del sole puntavano proprio su un volume che non avevo mai notato: “Tito e Alessandria d’Egitto. Prospettive d’indagine alla luce della documentazione papirologica”.
Signor Commissario io un libro del genere non lo userei neppure per tenere fermo un tavolino, anche perché è troppo grosso. Grosso, ma scritto dalla compianta signora Della Roggia di Fregrenza.
E in quel momento mi è venuta un’idea. Ho preso il libro e sono andato dal signor Architetto dicendogli “Signor Architetto, papà, vuoi che leggiamo insieme il libro della mamma? Non sarebbe bello ricordarla così rileggendo le sue nobili parole?”
Il signor architetto mi ha guardato e, grazie al cielo, “Sì, Manfredi” mi ha risposto “ma leggimelo tu per favore, i miei occhi son troppo pieni di lacrime e sale per poter concentrarmi sulle immortali parole della mamma. Preferisco sentirle da te, dalla tua voce così simile alla sua”.
Io, allora ho cominciato a leggere e più leggevo più mi ricredevo.
Quel libro, signor Commissario, non solo sarebbe inutile per sistemare un tavolino ma è anche la cosa più noiosa che abbia mai letto in vita mia.
Non che io legga tanto. Oltre ai libri per diventare infermiere leggo solo “Lanciostory”, “Tex”, e la “Gazzetta” rigorosamente al bar.
Però una serie così noiosa di citazioni di riferimenti ad altri libri più un lunghissimo elenco delle opere che presumibilmente erano presenti nella biblioteca di Alessandria non l’avevo mai letta in vita mia.
Aria fritta. Solo aria fritta.
Il signor Architetto, invece, non era dello stesso parere e pendeva dalle mie labbra.
Dopo un paio d’ore, per mia fortuna, è arrivata la governante per rifare la camera.
Ho sperato di poter smettere di leggere e invece il signor Architetto
“Manfredi, andiamo in giardino, così potremo continuare davanti ai fiori di loto che piacevano tanto alla mamma. Anzi porta anche il secondo volume che ho qui dentro il cassetto del comodino. Ti assicuro che è ancora più avvincente.
E così è stato. Siamo andati in giardino, la governante ci ha portato un panino e qualcosa da bere e io ho continuato a leggere.
Alle quindici anche la governata si è congedata dicendo che la cena era pronta in frigo e che, purtroppo, doveva assolutamente assentarsi.
“Povera Aurora, il cane con la febbre proprio oggi” ha detto il signor Architetto “per fortuna tu Manfredi stai sempre bene”.
Sì, la febbre ho pensato io, a vedersi la partita andava, come tutti in Italia, come tutti in Europa, come tutti nel mondo
E io? Io no. Bloccato a leggere un libro sugli egizi. Che poi cosa avranno fatto mai gli egizi? Tirato su due piramidi?
Alle cinque del pomeriggio non ce l’ho più fatta. Dopo aver letto un interessante riassunto della dinastia Flavia e una accurata biografia di Vespasiano, mi son fatto coraggio e
“Signor Architetto deve prendere le medicine” gli ho detto “e che ne dice se torniamo in casa? Adesso non siamo più riparati dall’ombra. Possiamo continuare dentro, magari al fresco dell’aria condizionata della sua camera?”.
Al suo assenso, son riuscito a malapena a trattenere un urlo di gioia.
Non mi restava altro che farlo accomodare a letto, dargli una delle pastiglie nella scatola color pervinca e poi andarmene per quattro-cinque orette.
Sì, perché la signora Laura mi aveva detto che c’era anche questa terza scatola, da usare solo per le emergenze.
E questa era un’emergenza! Non potevo passare la serata a leggere la vita di Tito mentre Paolo Rossi segnava. Perché avrebbe segnato ancora, ne ero sicuro. Alla faccia mia e a quella di Pruzzo.
Allora siamo entrati in casa, il signor Architetto si è accomodato e io sono andato a prendere la pillola.
Dopo pochi minuti, il signor architetto si è addormentato e io mi sono alzato.
Era fatta! Potevo andare al bar. Mi aspettavano tutti, anche Luisa che mi aveva promesso che se avessimo vinto allora avremmo fatto quello che mi stava promettendo da mesi e che…
Sì, scusi, non devo divagare.
Insomma, mi stavo alzando quando il signor Architetto si è svegliato e ha cominciato a dire delle cose senza senso.
Del tipo?
Ad esempio, che era tempo che Francois vedesse il suo progetto.
Io ho provato a capire di che progetto parlasse, ma il signor Architetto ha ricominciato a parlare di egizi e di una piramide in vetro da mettere davanti a un museo. Ma le sembra normale? A me no! Ho cominciato seriamente a preoccuparmi. Il signor Architetto non aveva mai dato segni di squilibrio così forti e in quel momento mi sembrava di ascoltare i racconti di mia zia, di quando si faceva delle peggiori sostanze per accrescere le sue percezioni.
E allora ho capito cosa avevo fatto.
I sonniferi non erano nella scatola pervinca. Erano in quella vinaccia. In quella pervinca c’era qualcosa che non andava assolutamente usato. Così aveva detto la signora Laura. Maledizione a me e alla mia memoria!
E mentre lo capivo e mi chiedevo cosa mai ci potesse essere stato nella scatola pervinca mi son ritrovato così!
Legato al letto.
No, dannazione, non lo so come mai il signor architetto avesse delle manette nel comodino. Forse piaceva alla signora Virginia Beatrice. Cosa vuole che ne sappia io?
Riesce a liberarmi? Quanto dobbiamo aspettare ancora?
In che senso il fabbro arriverà fra qualche ora? Io ho passato tutta la notte così! Mi dia almeno un pappagallo, una bottiglia, qualcosa. Non ce la faccio più.
Va bene. Resisterò. Però non c’è bisogno di trattarmi così.
Cosa vuol dire con cosa è successo poi?
È successo che il signor Architetto si è vestito di tutto punto e con il plastico di una piramide sottobraccio se ne è andato dicendomi “Manfredi non fare i capricci come al solito”. Io son crollato addormentato, quasi avessi preso i sonniferi della scatola.
E poi è arrivato lei, signor agente.
Ora che le è ho detto tutto, mi può dire come sta il signor Architetto?
Ha fatto del male a qualcuno? Si è fatto del male lui?
Avete già avvertito anche sua figlia? Perché lo so che sta solo aspettando un pretesto per rinchiuderlo in una casa di riposo e vendere questa villa. Sì, me lo ha detto la signora Laura.
E io non voglio che questo accada. Non per colpa mia. Per colpa della mia negligenza. Per una pastiglia sbagliata.
Come perché?
Perché in fondo io mi sono affezionato al signor Architetto.
È come il nonno che non ho mai conosciuto.
E non voglio che gli succeda nulla di male.
Sì, lo so che è tardi per capirlo ora.
Ma è veramente così tardi?
Per favore mi dica che è andato tutto bene.
Ma perché sta ridendo?
Cosa c’è di così divertente?
Perché sta aprendo la porta dello studio? Il signor Architetto me l’ha sempre espressamente vietato.
No, non lo faccia!
Ma…
Signor Architetto! Signora governante! Cosa ci fate lì?
E cosa è quella confusione? Cosa sono quelle bottiglie di vino?
E quella? Una televisione?
E perché indossate il tricolore? Perché?
Sì, signor giudice, questo è quello che è accaduto prima di quello che le ha già riferito accuratamente il signor agente, o meglio, mi scusi, il fidanzato della signora governante.
Son futili motivi, lo capisco bene.
Ma quando il signor Architetto mi ha detto “Visto che non vedendo anche tu la partita abbiamo vinto? Dovevamo fare così. Squadra che vince non si cambia. Non potevi vederla con noi, altrimenti non ce l’avremmo mai fatta. E quando mai rivinceremo un mondiale? Sei contento Manfredi?” Allora, signor giudice, non so cosa mi sia successo.
Chiedo ancora scusa a tutti. Posso solo ribadire che sono pentito di quanto ho fatto
Mi rimetto alla sua clemenza signor giudice.
Non mi rovini, la supplico.
Eppure, mi era sembrata un’ottima occasione.
Anzi quando avevo visto l’annuncio nella bacheca della scuola mi era sembrato quasi impossibile.
Era tutto perfetto. Un lavoretto facile facile. Due mesi tra le otto di sera e le otto del mattino più qualche pomeriggio extra su richiesta, a casa di un paziente molto tranquillo.
Nell’annuncio si diceva che non serviva avere esperienza. Ottimo per un infermiere appena diplomato come ero io.
Se mi avessero preso sarei andato in spiaggia di giorno, avrei dormito a casa del paziente, e avrei anche guadagnato i soldi per pagarmi le vacanze con Luisa a fine agosto prima di cominciare a lavorare in ospedale.
Avevo chiamato subito. Mi aveva risposto la figlia. Avevamo fissato un appuntamento per il giorno successivo, nel primo pomeriggio, a casa del paziente.
Quando avevo visto l’abitazione non avevo creduto ai miei occhi. Una villa, con un giardino stupendo, a pochi passi dal centro.
Io non la conoscevo proprio questa parte della città. Non avevo idea che potessero esserci delle case così belle.
La targa sul campanello diceva Architetto Tancredi Brizzi della Rocca.
No, commissario, non lo sapevo che era una persona famosa e importante. Ho cominciato a sospettarlo quando la governante mi ha fatto accomodare in soggiorno. Mentre aspettavo ho dato un’occhiata alle pareti.
C’erano foto della stessa persona con una serie di personaggi che dovevano essere famosi. Almeno qualcuno. Sa, commissario, io non sono molto informato, ma sono quasi sicuro che una delle persone fosse quella antipatica della suocera di Lady D. Detto tra noi, commissario, io non capisco perché quella ragazza abbia deciso di sposarsi con quel Carlo. Una volta ne ho parlato anche con Luisa e lei mi ha detto che non capisco nulla, che non capisco le favole, la poesia. Ma quale poesia? Commissario? Quale?
Sì. Mi scusi. Devo smetterla di divagare.
Allora, cosa le stavo dicendo?
Ah, sì. Mentre cercavo di capire chi fossero le altre persone fotografate è arrivata la signora Ginevra, la figlia del paziente. Che bella donna, commissario, bella e affascinante. E molto risoluta. Appena mi ha visto mi ha detto che ero proprio la persona che stava cercando, mi ha assunto, mi ha detto quanto mi avrebbe pagato, tra l’altro molto più di quanto mi aspettassi, e subito dopo se ne è andata dicendo che il suo autista l’aspettava per portarla in Costa Azzurra dove avrebbe passato tutti i mesi estivi e che per qualsiasi problema avrei dovuto parlare con Laura, la signora che era arrivata insieme a lei e che poi ho scoperto essere l’infermiera che si prendeva cura del signor Tancredi durante il giorno.
La signora Laura mi ha mostrato la stanza dove avrei potuto riposare e poi mi ha riassunto brevemente la situazione.
Il signor Tancredi, che dovevo sempre ricordarmi di chiamare signor Architetto, non usciva quasi mai dalla sua camera se non per andare in giardino ad ammirare i fiori di loto che era riuscito con tanta fatica a far crescere nel laghetto che aveva fatto costruire. Fisicamente il signor Architetto stava bene ma il problema era soprattutto nella sua mente che, dopo la morte della moglie avvenuta quasi un anno prima, passava da lunghi periodi di calma e tranquillità durante i quali il signor Architetto dormiva o ascoltava dischi di musica classica a brevi momenti di completa incoerenza durante i quali cominciava a vaneggiare. Fortunatamente per me questi momenti avvenivano sempre e solo di giorno e se ne sarebbe occupata la signora Laura. Durante il mio orario di “lavoro” dovevo, quindi, solo assicurarmi che il signor Architetto prendesse una pastiglia per la pressione dalla scatoletta blu e una per il colesterolo dalla scatoletta rossa. Per il resto il mio compito per quei due mesi era solo quello di non farlo agitare e di assecondarlo nelle sue richieste.
Tutto sin troppo facile, vero signor Commissario?
E, in effetti, durante le prime settimane è stato proprio così. Le giornate passavano tutte uguali. Alla mattina andavo al mare, poi alle venti precise mi presentavo dal signor Architetto che solitamente era in giardino a guardare quegli strani fiori. Lo accompagnavo in casa, ascoltavo con lui qualche disco di musica classica e alle nove il signor Architetto andava a dormire nella sua bella camera, lasciandomi la casa tutta per me.
Signor Commissario a lei posso dirlo. Avrei pagato io per stare dove stavo. Io non ho mai avuto una camera bella come quella che mi avevano assegnato. Non ho mai vissuto in una casa così grande. Non ho mai avuto un giardino. Non ho mai avuto l’aria condizionata. Perciò quando la scorsa settimana la signora Laura mi ha chiesto se avrei potuto coprirla e fare anche il suo turno per un paio di giorni le ho detto di sì.
Perché non avrei dovuto? Il signor Architetto era sempre stato tranquillo e, anzi, stava cominciando a trattarmi come il figlio che non aveva mai avuto chiamandomi Manfredi e dandomi una paghetta extra per le mie spese.
La signora Laura, poi, aveva un motivo più che valido. Il concerto dei Rolling Stones. Quel concerto che io non avevo potuto permettermi. Avevo accettato facendomi promettere che mi avrebbe portato almeno una maglietta o una fascia per i capelli. Sì commissario quella con la lingua. Non crede anche lei che sia bella? Sì, mi scusi. Sto divagando di nuovo.
Una sola cosa non avevo considerato. Solo una.
Paolo Rossi. Accidenti a lui.
Come potevo immaginare che il giorno dopo si sarebbe svegliato? Che avrebbe fatto tre gol? Che avremmo eliminato il Brasile? Al terzo gol ne sono sicuro Paolo Rossi mi ha guardato e, glielo giuro, me lo ha detto. “E tu avresti convocato Pruzzo, prova a dire di no, provaci Andrea!”.
Quando poi Zoff ha parato quel colpo di testa sulla linea ho capito che c’era stata la svolta, che saremmo andati dritti dritti in finale. La finale dei Mondiali di calcio! Si rende conto Commissario? Dopo quasi cinquant’anni? E io potevo essere testimone di quel momento. Vedere la partita insieme agli amici con cui l’avevo vista al bar Centrale. Squadra che vince non si cambia, no?
C’era solo un problema. La finale sarebbe stata alle 20 e nella stessa data del concerto.
Commissario lei non ci crederà ma contro la Polonia ho tifato contro l’Italia.
La semifinale, tra l’altro, non l’ho neppure vista. Quel giorno la signora Ginevra mi ha chiamato a casa per chiedermi se gentilmente potevo andare dal medico del signor Architetto a ritirare alcuni esami molto importanti. Io non ho potuto rifiutare e ho passato tutto il pomeriggio nell’anticamera dal medico insieme a decine di pensionate andando di nascosto in bagno ad ascoltare gli aggiornamenti.
Quella sera stessa ho provato a chiedere a Laura se avrebbe potuto rientrare subito dopo il concerto perché avevo un impegno improrogabile.
Lei ha capito subito quale era l’impegno e mi ha risposto che non avrebbe mai e poi mai rinunciato alla partita. Già le aveva perse tutte e aveva ascoltato solo le ultime di nascosto con una radiolina mentre il signor Architetto era in camera sua.
Sì, perché signor Commissario, in casa Brizzi della Rocca non esiste alcuna televisione. Il signor Architetto non ha mai voluto averla. “È solo uno stupido strumento per asservire il popolo, per non farlo pensare caro Manfredi. Noi siamo superiori a tutto questo, vero?” così mi aveva detto un giorno quando glielo avevo chiesto.
Da quella sera ho cominciato a pensare a una qualsiasi possibile soluzione. Ho chiamato tutte le mie compagne della scuola per infermieri. Nessuna era libera. Nessuna avrebbe rinunciato alla partita.
Ho provato a chiamare Luisa per un consiglio. Era troppo impegnata a cucire la bandiera per riuscire a darmi un’idea sensata.
E allora stamattina quando mi sono svegliato nella mia meravigliosa camera da letto, baciato dai raggi del sole ho pensato a un piano infallibile, a prova di bomba.
Avrei fatto stancare il signor Architetto così tanto che sarebbe crollato, o l’avrei fatto crollare, prima delle venti. Sarei uscito, sarei andato a vedere la partita e sarei tornato dopo poche ore. Il signor Architetto non si sarebbe accorto di nulla.
Solo una cosa non avevo considerato. Una.
L’anniversario. Sì, l’anniversario della morte della signora Virginia Beatrice Della Roggia di Fregrenza compianta compagna di vita del signor Architetto nonché esimia studiosa di egittologia.
Quando sono entrato in soggiorno la governante mi ha avvisato subito che sarebbe stata una giornata difficile.
Non che ce ne fosse stato bisogno. Il signor Architetto era già sveglio e dalla camera si sentivano i suoi pianti e le sue urla di disperazione.
Io non mi sono perso d’animo. Assolutamente no.
Sono di origine friulana come Bearzot. Se credo in una cosa vado fino in fondo. Avevo un piano. Dovevo rispettarlo.
Ma come calmare il signor Architetto? Come stancarlo?
Mentre stavo per andare verso la camera del signor Architetto l’occhio mi è caduto sulla libreria. I raggi del sole puntavano proprio su un volume che non avevo mai notato: “Tito e Alessandria d’Egitto. Prospettive d’indagine alla luce della documentazione papirologica”.
Signor Commissario io un libro del genere non lo userei neppure per tenere fermo un tavolino, anche perché è troppo grosso. Grosso, ma scritto dalla compianta signora Della Roggia di Fregrenza.
E in quel momento mi è venuta un’idea. Ho preso il libro e sono andato dal signor Architetto dicendogli “Signor Architetto, papà, vuoi che leggiamo insieme il libro della mamma? Non sarebbe bello ricordarla così rileggendo le sue nobili parole?”
Il signor architetto mi ha guardato e, grazie al cielo, “Sì, Manfredi” mi ha risposto “ma leggimelo tu per favore, i miei occhi son troppo pieni di lacrime e sale per poter concentrarmi sulle immortali parole della mamma. Preferisco sentirle da te, dalla tua voce così simile alla sua”.
Io, allora ho cominciato a leggere e più leggevo più mi ricredevo.
Quel libro, signor Commissario, non solo sarebbe inutile per sistemare un tavolino ma è anche la cosa più noiosa che abbia mai letto in vita mia.
Non che io legga tanto. Oltre ai libri per diventare infermiere leggo solo “Lanciostory”, “Tex”, e la “Gazzetta” rigorosamente al bar.
Però una serie così noiosa di citazioni di riferimenti ad altri libri più un lunghissimo elenco delle opere che presumibilmente erano presenti nella biblioteca di Alessandria non l’avevo mai letta in vita mia.
Aria fritta. Solo aria fritta.
Il signor Architetto, invece, non era dello stesso parere e pendeva dalle mie labbra.
Dopo un paio d’ore, per mia fortuna, è arrivata la governante per rifare la camera.
Ho sperato di poter smettere di leggere e invece il signor Architetto
“Manfredi, andiamo in giardino, così potremo continuare davanti ai fiori di loto che piacevano tanto alla mamma. Anzi porta anche il secondo volume che ho qui dentro il cassetto del comodino. Ti assicuro che è ancora più avvincente.
E così è stato. Siamo andati in giardino, la governante ci ha portato un panino e qualcosa da bere e io ho continuato a leggere.
Alle quindici anche la governata si è congedata dicendo che la cena era pronta in frigo e che, purtroppo, doveva assolutamente assentarsi.
“Povera Aurora, il cane con la febbre proprio oggi” ha detto il signor Architetto “per fortuna tu Manfredi stai sempre bene”.
Sì, la febbre ho pensato io, a vedersi la partita andava, come tutti in Italia, come tutti in Europa, come tutti nel mondo
E io? Io no. Bloccato a leggere un libro sugli egizi. Che poi cosa avranno fatto mai gli egizi? Tirato su due piramidi?
Alle cinque del pomeriggio non ce l’ho più fatta. Dopo aver letto un interessante riassunto della dinastia Flavia e una accurata biografia di Vespasiano, mi son fatto coraggio e
“Signor Architetto deve prendere le medicine” gli ho detto “e che ne dice se torniamo in casa? Adesso non siamo più riparati dall’ombra. Possiamo continuare dentro, magari al fresco dell’aria condizionata della sua camera?”.
Al suo assenso, son riuscito a malapena a trattenere un urlo di gioia.
Non mi restava altro che farlo accomodare a letto, dargli una delle pastiglie nella scatola color pervinca e poi andarmene per quattro-cinque orette.
Sì, perché la signora Laura mi aveva detto che c’era anche questa terza scatola, da usare solo per le emergenze.
E questa era un’emergenza! Non potevo passare la serata a leggere la vita di Tito mentre Paolo Rossi segnava. Perché avrebbe segnato ancora, ne ero sicuro. Alla faccia mia e a quella di Pruzzo.
Allora siamo entrati in casa, il signor Architetto si è accomodato e io sono andato a prendere la pillola.
Dopo pochi minuti, il signor architetto si è addormentato e io mi sono alzato.
Era fatta! Potevo andare al bar. Mi aspettavano tutti, anche Luisa che mi aveva promesso che se avessimo vinto allora avremmo fatto quello che mi stava promettendo da mesi e che…
Sì, scusi, non devo divagare.
Insomma, mi stavo alzando quando il signor Architetto si è svegliato e ha cominciato a dire delle cose senza senso.
Del tipo?
Ad esempio, che era tempo che Francois vedesse il suo progetto.
Io ho provato a capire di che progetto parlasse, ma il signor Architetto ha ricominciato a parlare di egizi e di una piramide in vetro da mettere davanti a un museo. Ma le sembra normale? A me no! Ho cominciato seriamente a preoccuparmi. Il signor Architetto non aveva mai dato segni di squilibrio così forti e in quel momento mi sembrava di ascoltare i racconti di mia zia, di quando si faceva delle peggiori sostanze per accrescere le sue percezioni.
E allora ho capito cosa avevo fatto.
I sonniferi non erano nella scatola pervinca. Erano in quella vinaccia. In quella pervinca c’era qualcosa che non andava assolutamente usato. Così aveva detto la signora Laura. Maledizione a me e alla mia memoria!
E mentre lo capivo e mi chiedevo cosa mai ci potesse essere stato nella scatola pervinca mi son ritrovato così!
Legato al letto.
No, dannazione, non lo so come mai il signor architetto avesse delle manette nel comodino. Forse piaceva alla signora Virginia Beatrice. Cosa vuole che ne sappia io?
Riesce a liberarmi? Quanto dobbiamo aspettare ancora?
In che senso il fabbro arriverà fra qualche ora? Io ho passato tutta la notte così! Mi dia almeno un pappagallo, una bottiglia, qualcosa. Non ce la faccio più.
Va bene. Resisterò. Però non c’è bisogno di trattarmi così.
Cosa vuol dire con cosa è successo poi?
È successo che il signor Architetto si è vestito di tutto punto e con il plastico di una piramide sottobraccio se ne è andato dicendomi “Manfredi non fare i capricci come al solito”. Io son crollato addormentato, quasi avessi preso i sonniferi della scatola.
E poi è arrivato lei, signor agente.
Ora che le è ho detto tutto, mi può dire come sta il signor Architetto?
Ha fatto del male a qualcuno? Si è fatto del male lui?
Avete già avvertito anche sua figlia? Perché lo so che sta solo aspettando un pretesto per rinchiuderlo in una casa di riposo e vendere questa villa. Sì, me lo ha detto la signora Laura.
E io non voglio che questo accada. Non per colpa mia. Per colpa della mia negligenza. Per una pastiglia sbagliata.
Come perché?
Perché in fondo io mi sono affezionato al signor Architetto.
È come il nonno che non ho mai conosciuto.
E non voglio che gli succeda nulla di male.
Sì, lo so che è tardi per capirlo ora.
Ma è veramente così tardi?
Per favore mi dica che è andato tutto bene.
Ma perché sta ridendo?
Cosa c’è di così divertente?
Perché sta aprendo la porta dello studio? Il signor Architetto me l’ha sempre espressamente vietato.
No, non lo faccia!
Ma…
Signor Architetto! Signora governante! Cosa ci fate lì?
E cosa è quella confusione? Cosa sono quelle bottiglie di vino?
E quella? Una televisione?
E perché indossate il tricolore? Perché?
Sì, signor giudice, questo è quello che è accaduto prima di quello che le ha già riferito accuratamente il signor agente, o meglio, mi scusi, il fidanzato della signora governante.
Son futili motivi, lo capisco bene.
Ma quando il signor Architetto mi ha detto “Visto che non vedendo anche tu la partita abbiamo vinto? Dovevamo fare così. Squadra che vince non si cambia. Non potevi vederla con noi, altrimenti non ce l’avremmo mai fatta. E quando mai rivinceremo un mondiale? Sei contento Manfredi?” Allora, signor giudice, non so cosa mi sia successo.
Chiedo ancora scusa a tutti. Posso solo ribadire che sono pentito di quanto ho fatto
Mi rimetto alla sua clemenza signor giudice.
Non mi rovini, la supplico.
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Re: Avrei convocato Pruzzo
Ciao anonim@. Ho scelto di leggere il tuo racconto per primo perché era l'ultimo pubblicato. Cominciando a leggerlo mi è nata una critica:"Ok, è umoristico, ma per me umoristico è altro. È Bergonzoni, è surrealismo, è un gioco di doppi sensi. Ma.sono andato avanti e ho cominciato a sorridere, e poi a ridere. E allora mi sono chiesto cosa volesse dire "umoristico" e mi sono risposto che il tuo lo era pienamente. Sui paletti transigo. Non li ritengo pienamente soddisfatti ma sono curioso di leggere ulteriori commenti. A rileggerti, bravo!
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Re: Avrei convocato Pruzzo
Cara Autrice, caro Autore (anche se in questo caso azzarderei autore)
ho trovato il tuo un bel racconto con un umorismo fine e una scrittura fluida come piacciono tanto a me.
La stesura della vicenda cresce lentamente verso il climax finale, che forse arriva un po' troppo improvviso lasciando al lettore qualche dubbio e più di una domanda.
Trovo molto appropriati i riferimenti temporali (il concerto, la convocazione di Pruzzo).
Andrebbe forse sviluppato meglio il finale, ma lo trovo comunque un lavoro ben fatto, piacevolissimo da leggere.
Complimenti.
Grazie
ho trovato il tuo un bel racconto con un umorismo fine e una scrittura fluida come piacciono tanto a me.
La stesura della vicenda cresce lentamente verso il climax finale, che forse arriva un po' troppo improvviso lasciando al lettore qualche dubbio e più di una domanda.
Trovo molto appropriati i riferimenti temporali (il concerto, la convocazione di Pruzzo).
Andrebbe forse sviluppato meglio il finale, ma lo trovo comunque un lavoro ben fatto, piacevolissimo da leggere.
Complimenti.
Grazie
Ultima modifica di CharAznable il Ven Apr 09, 2021 10:08 am - modificato 1 volta.
CharAznable- Maestro Jedi
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Re: Avrei convocato Pruzzo
Ciao Autor,
hai dato vita a un monologo umoristico abbastanza vivace e scritto con una buona forma.
Ti dirò che questo racconto mi sta facendo scervellare per capire se sia opera di un uomo o di una donna. Il protagonista, il titolo, i riferimenti alle letture di Andrea mi farebbero pensare a un uomo, però c'è quel riferimento a Lady D e soprattutto il modo in cui è scritto che istintivamente mi fa dire che dietro ci sia una mano femminile. Comunque, come detto, per la forma ci siamo, lo stile è leggero e simpatico, però mi manca il divertimento vero, un umorismo più calcato ed evidente che non vuol dire battute volgari o grossolane, ma qualcosa di più sostanzioso ed esilarante.
Secondo me potevi insistere più col finale, giocartelo meglio, sfruttare quel colpo di scena con qualcosa di veramente comico e divertente, insistendo maggiormente sulle scaramanzie e le nevrosi del popolo italiano in fatto di pallone Così l'hai un pò sprecato, concedendogli solo un minimo spazio per la tua chiusa. Comunque un lavoro positivo a cui manca un pò di sprint.
hai dato vita a un monologo umoristico abbastanza vivace e scritto con una buona forma.
Ti dirò che questo racconto mi sta facendo scervellare per capire se sia opera di un uomo o di una donna. Il protagonista, il titolo, i riferimenti alle letture di Andrea mi farebbero pensare a un uomo, però c'è quel riferimento a Lady D e soprattutto il modo in cui è scritto che istintivamente mi fa dire che dietro ci sia una mano femminile. Comunque, come detto, per la forma ci siamo, lo stile è leggero e simpatico, però mi manca il divertimento vero, un umorismo più calcato ed evidente che non vuol dire battute volgari o grossolane, ma qualcosa di più sostanzioso ed esilarante.
Secondo me potevi insistere più col finale, giocartelo meglio, sfruttare quel colpo di scena con qualcosa di veramente comico e divertente, insistendo maggiormente sulle scaramanzie e le nevrosi del popolo italiano in fatto di pallone Così l'hai un pò sprecato, concedendogli solo un minimo spazio per la tua chiusa. Comunque un lavoro positivo a cui manca un pò di sprint.
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Re: Avrei convocato Pruzzo
Simpatico ma incongruente nel finale. Non lo scrivi ma lo fai capire che ha ammazzato l'architetto (spoiler ma se no non concludo) perchè non gli ha fatto vedere la partita. Come avrebbe fatto se è ancora ammanettato al letto? Ok L'ha ucciso e si è ammanettato ma prima dici che è stato ammanettato dall'architetto e dovrebbe essere così se no non possono andare a vedere la partita in TV. Ok. Il racconto mi è piaciuto abbastanza a non credo sia da podio. Sorry.
Antonio Borghesi- Cavaliere Jedi
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Re: Avrei convocato Pruzzo
Una scrittura molto fresca e brillante. Hai scelto una fusione fra i generi proposti, facendone un monologo umoristico che si legge piacevolmente. Per quanto riguarda gli altri vincoli, c’è la camera da letto, c’è l’infermiere e anche il giardino, anche se quest’ultimo assume un ruolo un po’ marginale.
Alla prima lettura ho fatto un po’ di confusione fra i vari interlocutori muti: commissario, agente, giudice. Dovrò rileggere meglio in seconda battuta.
Un piccolo refuso: “Alle quindici anche la governata…” governante.
Avrei evitato di inserire il libro della compianta signora Della Roggia, che dà l’impressione di un espediente per citare Alessandria d’Egitto che non era indispensabile, visto che avevi già citato più ampiamente il giardino.
Un’altra piccola nota stonata mi è parsa il ripetersi eccessivo del “signor Architetto”
Alla prima lettura ho fatto un po’ di confusione fra i vari interlocutori muti: commissario, agente, giudice. Dovrò rileggere meglio in seconda battuta.
Un piccolo refuso: “Alle quindici anche la governata…” governante.
Avrei evitato di inserire il libro della compianta signora Della Roggia, che dà l’impressione di un espediente per citare Alessandria d’Egitto che non era indispensabile, visto che avevi già citato più ampiamente il giardino.
Un’altra piccola nota stonata mi è parsa il ripetersi eccessivo del “signor Architetto”
Danilo Nucci- Cavaliere Jedi
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Re: Avrei convocato Pruzzo
Cominciamo con i paletti: bene il monologo, hai aggiunto un pizzico di umorismo che non guasta; il personaggio è senza dubbio un infermiere e la camera da letto è centrale; resta un po' secondario il giardino ma far stare tutti i paletti dentro a un racconto in questo step era davvero impresa non semplice.
Il racconto è simpatico ma non mi ha coinvolto in maniera eccessiva ad essere sincero.
Il finale, poi, confonde il lettore, perché il Commissario diventa agente? E come ha fatto Andrea ad uccidere l'Architetto con l'agente presente? Penso che il finale potesse essere giocato meglio.
Dal punto di vista della fluidità, il racconto scorre e si legge con semplicità anche se in mezzo si ingarbuglia un po', laddove parli del libro della compianta moglie (a mio parere non era necessario introdurre anche Alessandria d'Egitto che, tra l'altro, come gli admin mi insegnano non sarebbe valsa come paletto non svolgendosi l'azione in essa).
C'è una frase, ad esempio, in cui la punteggiatura salta complicando la lettura:
Il racconto è simpatico ma non mi ha coinvolto in maniera eccessiva ad essere sincero.
Il finale, poi, confonde il lettore, perché il Commissario diventa agente? E come ha fatto Andrea ad uccidere l'Architetto con l'agente presente? Penso che il finale potesse essere giocato meglio.
Dal punto di vista della fluidità, il racconto scorre e si legge con semplicità anche se in mezzo si ingarbuglia un po', laddove parli del libro della compianta moglie (a mio parere non era necessario introdurre anche Alessandria d'Egitto che, tra l'altro, come gli admin mi insegnano non sarebbe valsa come paletto non svolgendosi l'azione in essa).
C'è una frase, ad esempio, in cui la punteggiatura salta complicando la lettura:
Infine il titolo: un po' avulso dal racconto ma molto molto simpatico ed originale.Però una serie così noiosa di citazioni di riferimenti ad altri libri più un lunghissimo elenco delle opere che presumibilmente erano presenti nella biblioteca di Alessandria non l’avevo mai letta in vita mia.
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Re: Avrei convocato Pruzzo
INTERVENTO DI MODERAZIONECharAznable ha scritto:Cara Autrice, caro Autore (anche se in questo caso azzarderei autore)
un bel racconto con un umorismo fine e una scrittura fluida come piacciono tanto a me. Forse il finale arriva un po' improvviso lasciando qualche dubbio e più di una domanda, ma lo trovo un lavoro ben fatto, piacevolissimo da leggere.
Complimenti.
Grazie
Caro CharAznable, il tuo commento non è conforme a quanto previsto dalle linee guida. Ti rimando qui ([Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link]) per conformarti e, quindi, integrare o modificare il tuo commento. In caso ciò non succedesse, il commento così com’è non verrà valutato idoneo per accedere all’area di votazione.
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Re: Avrei convocato Pruzzo
L'ho riletto tre volte prima di commentare, non avevo capito molto la prima volta. Ho sperato che i commenti mi aiutassero, non ho capito molto la seconda volta anzi qualche commento ha aumentato la mia confusione. Allora ho provato a rileggerlo senza cercare di capire, affidandomi al ritmo della storia e ai suoni delle parole. La scrittura scorre ma sembra non sapere verso quale mare andare a sfociare così mi sono impantanato in divagazioni come sabbie mobili e mi sono sentito in sintonia con i punti interrogativi. Perché? Non ho trovato risposta. Peccato rimarrò con tutti i miei dubbi.
Re: Avrei convocato Pruzzo
Riletto. Un racconto umoristico tinto di giallo?
Il racconto si legge agevolmente, il protagonista narra le sue vicissitudini che a tratti sono paradossali e creano coincidenze che strappano un sorriso.
Il racconto fila liscio fino a un certo punto , che sarebbe quando l'infermiere da la pillola al signor architetto , da allora in poi tutto si svolge in maniera convulsa.
L'ha ucciso, ma gli dispiace?
L'architetto lo lega al letto?
giudice, commissario e agente sembrano sovrapporsi a volte.
La corte ti usa clemenza perchè in realtà hai stoffa e fantasia.
A rileggerti.
Il racconto si legge agevolmente, il protagonista narra le sue vicissitudini che a tratti sono paradossali e creano coincidenze che strappano un sorriso.
Il racconto fila liscio fino a un certo punto , che sarebbe quando l'infermiere da la pillola al signor architetto , da allora in poi tutto si svolge in maniera convulsa.
L'ha ucciso, ma gli dispiace?
L'architetto lo lega al letto?
giudice, commissario e agente sembrano sovrapporsi a volte.
La corte ti usa clemenza perchè in realtà hai stoffa e fantasia.
A rileggerti.
Ultima modifica di gemma vitali il Sab Apr 10, 2021 10:13 am - modificato 1 volta.
gemma vitali- Padawan
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Re: Avrei convocato Pruzzo
Un monologo interrogatorio, originale. Il problema è che non lo espliciti da subito, ti rivolgi al commissario dopo tre paragrafi, secondo me avresti potuto dirlo subito, mettere tutte le carte sul tavolo, anticipare anche, magari non tutto certo, il finale, perché è vero ciò che scrivono negli altri commenti: c'è molta confusione nel parapiglia conclusivo. Non è chiaro nemmeno il motivo dell'interrogatorio (omicidio?), perché non lo dici chiaramente, il lettore lo intuisce, certo, ma c'è sempre quell'alone di indeterminatezza che in un racconto del genere proprio non ci sta. Sui paletti, be', ci sono tutti, sicuramente anno, infermiere e camera da letto, il giardino invece c'è solo perché deve esserci, ci si attarda ad ammirare i fiori di loto, non ha un ruolo preciso, ma io mi ritengo comunque soddisfatto, visto che ci sono di striscio anche Alessandria, il 79d.c. e l'architetto (disegnatore).
Ottima la proprietà di linguaggio, un po' meno i meccanismi comici, si sorride, sì, ma il finale caciarone testimonia che non è il tuo pane e l'hai buttata sullo stile "Bagaglino", non si capisce bene nemmeno la sequenza degli eventi. Il racconto è comunque molto vivace, ben scritto, i personaggi non sono certo tridimensionali, ma per il genere scelto sono perfetti, sia i vivi che i morti (la moglie dell'architetto è parte integrante del meccanismo comico).
Peccato quindi la confusione sul finale, perché il racconto ha potenziale da vendere.
Ottima la proprietà di linguaggio, un po' meno i meccanismi comici, si sorride, sì, ma il finale caciarone testimonia che non è il tuo pane e l'hai buttata sullo stile "Bagaglino", non si capisce bene nemmeno la sequenza degli eventi. Il racconto è comunque molto vivace, ben scritto, i personaggi non sono certo tridimensionali, ma per il genere scelto sono perfetti, sia i vivi che i morti (la moglie dell'architetto è parte integrante del meccanismo comico).
Peccato quindi la confusione sul finale, perché il racconto ha potenziale da vendere.
Akimizu- Cavaliere Jedi
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Re: Avrei convocato Pruzzo
Ma poveraccio, gli vanno tutte storte: la finale, nessuna televisione, l’anniversario!
Mi hai fatto davvero divertire, autore, e questo ti fa acquistare punti nella mia classifica.
Il tuo monologo è brioso, divertente, ben condotto (qualche problema sul finale) e complessivamente ben scritto.
Mancano diverse virgole. In particolare, la mancanza si sente in questa frase, “Però una serie così noiosa di citazioni di riferimenti ad altri libri più un lunghissimo elenco delle opere che presumibilmente erano presenti nella biblioteca di Alessandria non l’avevo mai letta in vita mia.”, che acquista il suo senso solo con le virgole al posto giusto.
“Governata” ho il sospetto che non sia un errore di battitura, ma un uso linguistico locale.
“le è ho”: le ho
Non mi è chiaro questo passaggio:
“La finale dei Mondiali di calcio! Si rende conto Commissario? Dopo quasi cinquant’anni? E io potevo essere testimone di quel momento. Vedere la partita insieme agli amici con cui l’avevo vista al bar Centrale.”
Da come è scritta la frase, sembra che lui abbia visto con gli amici la finale di cinquant’anni prima, cosa che chiaramente non è avvenuta, dato che è un infermiere appena diplomato.
Forse allora ti riferisci a Italia Brasile, di cui parli poche righe sopra, ma scritto così, secondo me non è chiaro.
Necessario ai fini narrativi ma secondo me un po’ implausibile, il fatto che l’Architetto sia riuscito ad ammanettare il ragazzo.
La parte finale mi sembra abbia bisogno di qualche ritocco, per acquistare in coerenza e chiarezza.
La confusione si crea dal momento in cui il ragazzo, ammanettato, parla con quello che crede essere un agente, che però solo alla fine viene chiamato “agente”, fino a quel momento era stato chiamato “commissario”. Quel “commissario” aveva creato nella mente di me lettrice l’immagine di un commissariato, un luogo ufficiale dove il ragazzo viene interrogato per i dieci minuti necessari alla lettura del suo racconto.
Viene anche da chiedersi come il ragazzo abbia potuto scambiare l’uomo per un agente, senza chiedergli subito di essere liberato. Perché non c’è stato un passaggio narrativo in cui gli siano state tolte le manette: noi ce lo immaginiamo ancora ammanettato al letto, mentre invece posso supporre che a questo punto non lo sia più, dato che poi riesce ad uccidere l’architetto.
Immagino che il fidanzato della governante sia stato mandato proprio a liberarlo.
Non è chiarissimo anche il punto della pastiglia sbagliata: era veramente sbagliata? Tutto era stato premeditato, dato che c’erano delle manette pronte nel comodino? Certo, tutto nasce comunque dalla lucida follia dell’architetto, che crede veramente che il ragazzo sia Manfredi.
Certo, questi sono passaggi da sistemare, ma comunque la lettura di questo racconto mi è piaciuta molto. Mi sono fatta prendere dal brio della narrazione e dall’ironia.
Mi hai fatto davvero divertire, autore, e questo ti fa acquistare punti nella mia classifica.
Il tuo monologo è brioso, divertente, ben condotto (qualche problema sul finale) e complessivamente ben scritto.
Mancano diverse virgole. In particolare, la mancanza si sente in questa frase, “Però una serie così noiosa di citazioni di riferimenti ad altri libri più un lunghissimo elenco delle opere che presumibilmente erano presenti nella biblioteca di Alessandria non l’avevo mai letta in vita mia.”, che acquista il suo senso solo con le virgole al posto giusto.
“Governata” ho il sospetto che non sia un errore di battitura, ma un uso linguistico locale.
“le è ho”: le ho
Non mi è chiaro questo passaggio:
“La finale dei Mondiali di calcio! Si rende conto Commissario? Dopo quasi cinquant’anni? E io potevo essere testimone di quel momento. Vedere la partita insieme agli amici con cui l’avevo vista al bar Centrale.”
Da come è scritta la frase, sembra che lui abbia visto con gli amici la finale di cinquant’anni prima, cosa che chiaramente non è avvenuta, dato che è un infermiere appena diplomato.
Forse allora ti riferisci a Italia Brasile, di cui parli poche righe sopra, ma scritto così, secondo me non è chiaro.
Necessario ai fini narrativi ma secondo me un po’ implausibile, il fatto che l’Architetto sia riuscito ad ammanettare il ragazzo.
La parte finale mi sembra abbia bisogno di qualche ritocco, per acquistare in coerenza e chiarezza.
La confusione si crea dal momento in cui il ragazzo, ammanettato, parla con quello che crede essere un agente, che però solo alla fine viene chiamato “agente”, fino a quel momento era stato chiamato “commissario”. Quel “commissario” aveva creato nella mente di me lettrice l’immagine di un commissariato, un luogo ufficiale dove il ragazzo viene interrogato per i dieci minuti necessari alla lettura del suo racconto.
Viene anche da chiedersi come il ragazzo abbia potuto scambiare l’uomo per un agente, senza chiedergli subito di essere liberato. Perché non c’è stato un passaggio narrativo in cui gli siano state tolte le manette: noi ce lo immaginiamo ancora ammanettato al letto, mentre invece posso supporre che a questo punto non lo sia più, dato che poi riesce ad uccidere l’architetto.
Immagino che il fidanzato della governante sia stato mandato proprio a liberarlo.
Non è chiarissimo anche il punto della pastiglia sbagliata: era veramente sbagliata? Tutto era stato premeditato, dato che c’erano delle manette pronte nel comodino? Certo, tutto nasce comunque dalla lucida follia dell’architetto, che crede veramente che il ragazzo sia Manfredi.
Certo, questi sono passaggi da sistemare, ma comunque la lettura di questo racconto mi è piaciuta molto. Mi sono fatta prendere dal brio della narrazione e dall’ironia.
Arianna 2016- Maestro Jedi
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Re: Avrei convocato Pruzzo
Ciao Autor
Comincio dalla fine. Mi è piciuto proprio tanto questa tua interpretazione originale del contest.
Hai fuso i generi monologo e umoristico e inserito tutti i paletti. Infermiere, disegnatore, camera, giardino, estate 1982, e pure un tocco di Alessandria. En plein. Solo per questo meriti una corona.
Certo non tutto è perfetto. Anche io, come gli altri amici prima di me, sono entrata in confusione per via di quelle manette.
Qui c’ė un doppio gioco. L’infermiere che tenta di turlupinare l’architetto, ma, in realtà è a sua volta vittima di un piano orchestrato dall’architetto e dalla governante ma sotto la regia della figlia. Questo ha provocato una reazione omicida. Ok.
Secondo me il punto che genera confusione è questo:
E mentre lo capivo e mi chiedevo cosa mai ci potesse essere stato nella scatola pervinca mi son ritrovato così!
Legato al letto.
No, dannazione, non lo so come mai il signor architetto avesse delle manette nel comodino. Forse piaceva alla signora Virginia Beatrice. Cosa vuole che ne sappia io?
Riesce a liberarmi? Quanto dobbiamo aspettare ancora?
Comincio dalla fine. Mi è piciuto proprio tanto questa tua interpretazione originale del contest.
Hai fuso i generi monologo e umoristico e inserito tutti i paletti. Infermiere, disegnatore, camera, giardino, estate 1982, e pure un tocco di Alessandria. En plein. Solo per questo meriti una corona.
Certo non tutto è perfetto. Anche io, come gli altri amici prima di me, sono entrata in confusione per via di quelle manette.
Qui c’ė un doppio gioco. L’infermiere che tenta di turlupinare l’architetto, ma, in realtà è a sua volta vittima di un piano orchestrato dall’architetto e dalla governante ma sotto la regia della figlia. Questo ha provocato una reazione omicida. Ok.
Secondo me il punto che genera confusione è questo:
E mentre lo capivo e mi chiedevo cosa mai ci potesse essere stato nella scatola pervinca mi son ritrovato così!
Legato al letto.
No, dannazione, non lo so come mai il signor architetto avesse delle manette nel comodino. Forse piaceva alla signora Virginia Beatrice. Cosa vuole che ne sappia io?
Riesce a liberarmi? Quanto dobbiamo aspettare ancora?
L’interrogatorio avviene dunque in camera. E “Manfredi” appare ancora ammanettato al letto.
Ma... no. Non ė così perché alla fine ci fai capire che tutto questo avviene in tribunale (signor giudice). Dunque non è un interrogatorio, ma una deposizione.
Il fidanzato della governante/infermiera di giorno) ha deposto prima di lui ed è parte del piano. Il ragazzo è stato incastrato.
Il deus ex machina deve essere la figlia dell’architetto che ha assunto il “pollo” giusto contando sulla sua reazione omicida. Anche la pillola pervinca fa parte del piano perverso messo a punto per incastrare lo sprovveduto infermiere tifoso.
Ci spiegherai.
Comunque ottima prova! Complimenti.
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Re: Avrei convocato Pruzzo
Anche in questo racconto il monologo vero e proprio si mescola ad un racconto in prima persona, con spiegazioni troppo lunghe per essere un monologo vero e proprio: assomiglia più a un diario, ma poi arrivano il silenziosissimo commissario/agente e giudice e anche il diario lo chiudo.
Di eventuale umorismo non ne ho trovato traccia, anzi se opportunamente modificato, potrebbe anche diventare un noir, enfatizzando sulle aspettative negate al protagonista, il cui astio cresce ogni qualvolta qualcosa va storto.
Camera e giardino ci sono, evento 1982 sicuramente, è un perno del racconto.
L’infermiere c’è ma mi sono chiesta in che mondo abbia scelto di farlo vivere l’autor*: anche se non conosce tutta la città, è credibile che non sapesse dell’esistenza di case lussuose? E che non sapesse il nome della regina Elisabetta? Insomma. E che accettasse di occuparsi del paziente al posto di Laura – signor Architetto ripetuto troppo spesso – perché era l’occasione di godere anche di giorno del lusso e confortevolezza della casa? Insoddisfazione per la differenza sociale?
Se era monologo il genere scelto, sfoltendo e sintetizzando la parte in cui viene organizzata la giornata fatidica, sarebbe stato più fluido il ritmo, si poteva creare tensione per il lettore non fornendo troppe spiegazioni prima, invece ci si perde in quelle descrizioni sulle letture.
E il finale non è poi chiarissimo: li ha uccisi? Li ha solo aggrediti, furente per via della partita non vista, per essere tacciato di essere un menagramo? E poi su che basi menagramo non lo si capisce.
Il racconto non è scritto male, si legge bene pur con le pesantezze evidenziate, ma non lascia dietro di sé occasioni per riflettere: penso che rivedendolo alla luce delle annotazioni che altri commentatori fanno, ne verrebbe fuori un qualcosa di un po' diverso ma più godibile.
Quella sera stessa ho provato a chiedere a Laura se avrebbe potuto rientrare subito dopo il concerto perché avevo un impegno improrogabile. Questo avrebbe potuto mi ha fatto inciampare. Leggo meglio con un “se mai avesse potuto rientrare” o “se potesse rientrare”.
Come già indicato ci sono altre incongruenza, piccoli difetti che a volte sfuggono quando rileggiamo le nostre cose.
Di eventuale umorismo non ne ho trovato traccia, anzi se opportunamente modificato, potrebbe anche diventare un noir, enfatizzando sulle aspettative negate al protagonista, il cui astio cresce ogni qualvolta qualcosa va storto.
Camera e giardino ci sono, evento 1982 sicuramente, è un perno del racconto.
L’infermiere c’è ma mi sono chiesta in che mondo abbia scelto di farlo vivere l’autor*: anche se non conosce tutta la città, è credibile che non sapesse dell’esistenza di case lussuose? E che non sapesse il nome della regina Elisabetta? Insomma. E che accettasse di occuparsi del paziente al posto di Laura – signor Architetto ripetuto troppo spesso – perché era l’occasione di godere anche di giorno del lusso e confortevolezza della casa? Insoddisfazione per la differenza sociale?
Se era monologo il genere scelto, sfoltendo e sintetizzando la parte in cui viene organizzata la giornata fatidica, sarebbe stato più fluido il ritmo, si poteva creare tensione per il lettore non fornendo troppe spiegazioni prima, invece ci si perde in quelle descrizioni sulle letture.
E il finale non è poi chiarissimo: li ha uccisi? Li ha solo aggrediti, furente per via della partita non vista, per essere tacciato di essere un menagramo? E poi su che basi menagramo non lo si capisce.
Il racconto non è scritto male, si legge bene pur con le pesantezze evidenziate, ma non lascia dietro di sé occasioni per riflettere: penso che rivedendolo alla luce delle annotazioni che altri commentatori fanno, ne verrebbe fuori un qualcosa di un po' diverso ma più godibile.
Quella sera stessa ho provato a chiedere a Laura se avrebbe potuto rientrare subito dopo il concerto perché avevo un impegno improrogabile. Questo avrebbe potuto mi ha fatto inciampare. Leggo meglio con un “se mai avesse potuto rientrare” o “se potesse rientrare”.
Come già indicato ci sono altre incongruenza, piccoli difetti che a volte sfuggono quando rileggiamo le nostre cose.
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"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"
Susanna- Maestro Jedi
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Re: Avrei convocato Pruzzo
Digressioni talora inutili ingarbugliano la scrittura, che si segue finché il protagonista si rivolge a un fantomatico commissario. Poi l’interlocutore diventa un agente e quindi un giudice.
Qui comincia la confusione, che raggiunge l’apice con la faccenda delle manette e con quel che segue. Trovo paradossale il racconto e fatico ad arrivare alla fine. Soddisfatte le richieste dello step, alcune forzatamente.
Qui comincia la confusione, che raggiunge l’apice con la faccenda delle manette e con quel che segue. Trovo paradossale il racconto e fatico ad arrivare alla fine. Soddisfatte le richieste dello step, alcune forzatamente.
mirella- Padawan
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Re: Avrei convocato Pruzzo
Un giallo più che un racconto umoristico, ma hai messo tutto l'impegno possibile nello scriverlo, si sente.
Lettura lunga e faticosa, farcita di spiegazioni, che però non annoia affatto.
Figura simpatica e accattivante quella dell'assistente infermiere alle prime armi.
Il finale è poco esplosivo, peccato avevi tanto tritolo a disposizione.
Forse eri solo stanco, autore. Sei andato a braccio, per te l'importante era finire.
In un commissariato, in una camera da letto, o addirittura in un giardino.
Lo dico perché per tenere fede a tutti i paletti hai sparpagliato la storia.
E il tuo talento.
Buona prova, comunque.
Lettura lunga e faticosa, farcita di spiegazioni, che però non annoia affatto.
Figura simpatica e accattivante quella dell'assistente infermiere alle prime armi.
Il finale è poco esplosivo, peccato avevi tanto tritolo a disposizione.
Forse eri solo stanco, autore. Sei andato a braccio, per te l'importante era finire.
In un commissariato, in una camera da letto, o addirittura in un giardino.
Lo dico perché per tenere fede a tutti i paletti hai sparpagliato la storia.
E il tuo talento.
Buona prova, comunque.
Ospite- Ospite
Re: Avrei convocato Pruzzo
Il racconto si legge con piacere. Un non esilarante ma divertente monologo umoristico. Se l'aut ha voluto tentare una commistione dei generi proposti dal contest, per me ci è riuscit*.
Il resto dei paletti è rispettato, c'è l'infermiere e anche il disegnatore; c'è la camera da letto, anzi due, se consideriamo anche quella di Manfredi. Abbiamo il giardino e anche Alessandria d'Egitto, grazie alla professione della defunta moglie dell'architetto.
Vorrei fare un appunto sul protagonista del monologo. Hai creato bene il personaggio, credo sia credibile in funzione alla storia che racconta. Però, per essere un infermiere, giovane, mi è sembrato un po' ingenuo, o meglio, passami il termine, "ignorante". Come se fosse una caricatura, che hai utilizzato per calcare la parte "umoristica" del tuo testo.
Non mi dilungo oltremodo sulla confusione nel finale, aspetto che purtroppo ha neutralizzato quanto di buono c'è stato prima. Io lettore ci sono rimasto male.
Se posso aggiungere un suggerimento tecnico ulteriore, riguardante l'uso della punteggiatura, in questo periodo che è lunghissimo:
"Fisicamente il signor Architetto stava bene ma il problema era soprattutto nella sua mente che, dopo la morte della moglie avvenuta quasi un anno prima, passava da lunghi periodi di calma e tranquillità durante i quali il signor Architetto dormiva o ascoltava dischi di musica classica a brevi momenti di completa incoerenza durante i quali cominciava a vaneggiare."
Il mio suggerimento:
"Fisicamente il signor Architetto stava bene: il problema era soprattutto nella sua mente. Dopo la morte della moglie avvenuta quasi un anno prima, passava da lunghi periodi di calma e tranquillità durante i quali dormiva o ascoltava dischi di musica classica, a brevi momenti di completa incoerenza in cui vaneggiava."
Il resto dei paletti è rispettato, c'è l'infermiere e anche il disegnatore; c'è la camera da letto, anzi due, se consideriamo anche quella di Manfredi. Abbiamo il giardino e anche Alessandria d'Egitto, grazie alla professione della defunta moglie dell'architetto.
Vorrei fare un appunto sul protagonista del monologo. Hai creato bene il personaggio, credo sia credibile in funzione alla storia che racconta. Però, per essere un infermiere, giovane, mi è sembrato un po' ingenuo, o meglio, passami il termine, "ignorante". Come se fosse una caricatura, che hai utilizzato per calcare la parte "umoristica" del tuo testo.
Non mi dilungo oltremodo sulla confusione nel finale, aspetto che purtroppo ha neutralizzato quanto di buono c'è stato prima. Io lettore ci sono rimasto male.
Se posso aggiungere un suggerimento tecnico ulteriore, riguardante l'uso della punteggiatura, in questo periodo che è lunghissimo:
"Fisicamente il signor Architetto stava bene ma il problema era soprattutto nella sua mente che, dopo la morte della moglie avvenuta quasi un anno prima, passava da lunghi periodi di calma e tranquillità durante i quali il signor Architetto dormiva o ascoltava dischi di musica classica a brevi momenti di completa incoerenza durante i quali cominciava a vaneggiare."
Il mio suggerimento:
"Fisicamente il signor Architetto stava bene: il problema era soprattutto nella sua mente. Dopo la morte della moglie avvenuta quasi un anno prima, passava da lunghi periodi di calma e tranquillità durante i quali dormiva o ascoltava dischi di musica classica, a brevi momenti di completa incoerenza in cui vaneggiava."
Telegramma su titolo, secondo me: ti introduce al genere umoristico. Centrato.
Buon lavoro, peccato per il finale.
Molli Redigano- Maestro Jedi
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Re: Avrei convocato Pruzzo
Devo essere sincera: il tuo infermiere ingenuo e un pò furbacchione a me è piaciuto.
Tra l'altro non mi sembra che alla fine sia compiuto "un insano gesto": magari si è vendicato in qualche modo, ma non ci vedo l'omicidio. Poi magari mi sbaglio...
Ecco, a questo punto però sottolineo la gestione poco curata della struttura del testo: se il monologo iniziale, con questo riferimento a un commissario, mi aveva incuriosita, nella chiusa finale non ho trovato le risposte alle domande che mi sono sorte durante la lettura: il cerchio non si chiude, insomma... Rimango un pò con la sensazione di una grossa burla nei confronti dello sprovveduto infermiere. O qualcosa del genere.
Tutto è giocato su un dico e non dico che è rimasto troppo in bilico sulla deduzione del lettore e, se di questo si tratta, alla fine non c'è stata la sensazione di soddisfazione generale che di solito si ha quando si viene a capo di un mistero.
Lo stile è molto coinvolgente e scorrevole e grazie alle trovate simpatiche e brillanti, ho letto con piacere questo racconto, anche se delle vere e proprie risate non me le ha fatte fare.
Ma è difficile che rida leggendo qualcosa: per me il genere umoristico è difficilissimo da scrivere!
Il testo ha comunque degli spunti molto felici e trovo ben caratterizzato il personaggio.
Tra l'altro non mi sembra che alla fine sia compiuto "un insano gesto": magari si è vendicato in qualche modo, ma non ci vedo l'omicidio. Poi magari mi sbaglio...
Ecco, a questo punto però sottolineo la gestione poco curata della struttura del testo: se il monologo iniziale, con questo riferimento a un commissario, mi aveva incuriosita, nella chiusa finale non ho trovato le risposte alle domande che mi sono sorte durante la lettura: il cerchio non si chiude, insomma... Rimango un pò con la sensazione di una grossa burla nei confronti dello sprovveduto infermiere. O qualcosa del genere.
Tutto è giocato su un dico e non dico che è rimasto troppo in bilico sulla deduzione del lettore e, se di questo si tratta, alla fine non c'è stata la sensazione di soddisfazione generale che di solito si ha quando si viene a capo di un mistero.
Lo stile è molto coinvolgente e scorrevole e grazie alle trovate simpatiche e brillanti, ho letto con piacere questo racconto, anche se delle vere e proprie risate non me le ha fatte fare.
Ma è difficile che rida leggendo qualcosa: per me il genere umoristico è difficilissimo da scrivere!
Il testo ha comunque degli spunti molto felici e trovo ben caratterizzato il personaggio.
caipiroska- Cavaliere Jedi
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Re: Avrei convocato Pruzzo
Ciao aut*
Un monologo teatrale ben riuscito dal ritmo piacevole. Il protagonista sembra proprio una di quelle persone ironiche e simpatiche per natura, l'ho percepito. Peccato che poi il testo non sia così ironico. forse perché è sotto interrogatorio? va beh! poco male.
Mi devi spiegare il riferimento a Lady D perché inserirla se non è essenziale alla trama?
Un altra cosa che mi ha fatto storcere il naso è quel "non devo divagare" già la seconda volta sembra artefatto.
Ma arriviamo al vero punto debole del testo. il finale. quella confusione il lettore non se la merita. Io quando ho letto la prima volta non ho pensato minimamente ad un omicidio ma poi leggendo i commenti sono andato in confusione.
Quindi... omicidio si o omicidio no?
In conclusione una buona prova e devo dire che qualche sorriso me l'hai strappato.
Un monologo teatrale ben riuscito dal ritmo piacevole. Il protagonista sembra proprio una di quelle persone ironiche e simpatiche per natura, l'ho percepito. Peccato che poi il testo non sia così ironico. forse perché è sotto interrogatorio? va beh! poco male.
Mi devi spiegare il riferimento a Lady D perché inserirla se non è essenziale alla trama?
Un altra cosa che mi ha fatto storcere il naso è quel "non devo divagare" già la seconda volta sembra artefatto.
Ma arriviamo al vero punto debole del testo. il finale. quella confusione il lettore non se la merita. Io quando ho letto la prima volta non ho pensato minimamente ad un omicidio ma poi leggendo i commenti sono andato in confusione.
Quindi... omicidio si o omicidio no?
In conclusione una buona prova e devo dire che qualche sorriso me l'hai strappato.
ImaGiraffe- Cavaliere Jedi
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Re: Avrei convocato Pruzzo
Beh, che il finale sia un giallo a sé dal resto del racconto penso siano tutti d'accordo.
Forse pochi invece hanno notato lo spazio che separa le ultime 10 righe dal resto del monologo, uno spazio che indica una cesura temporale: l'infermiere ha compiuto il misfatto e ora si trova davanti a un giudice, avviando un mini-monologo finale per chiudere il cerchio.
A proposito di monologo: c'è anche un altro racconto nel quale questo si rivolge direttamente a un altro personaggio presente. Lì ho scritto che faceva perdere di senso al monologo stesso, ma in realtà ci ho ripensato, perché potrebbe esser visto come un monologo mentale, dunque indipendente dalla presenza di un altro "attore" in scena.
Qui l'artificio è più difficile, poiché davvero il personaggio si sta rivolgendo al commissario e poi al giudice (è una confessione!).
Insomma questo paletto scricchiola molto, per me, al di là che abbia passato il vaglio della commissione.
Per il resto, l'ho trovato un racconto simpatico, che mi ha fatto sorridere più volte durante la lettura, specie quando ho capito che stavamo andando a parare sull'umorismo (tutta la prima parte non ha particolari spunti divertenti).
Epperò questo finale ingarbugliato penalizza il tutto, lo lascia sospeso e non lo fa godere appieno.
Non si capisce come l'Architetto riesca a sopraffare l'infermiere e ammanettarlo al letto.
Il tutto si basa sul fatto che il protagonista abbia sbagliato pillola da dare al vecchio, ma è un po' debole come espediente se il tutto fosse stato premeditato: avrebbe avuto più senso se Laura avesse mentito all'infermiere facendogli dare una pillola che lui credeva sonnifero e invece era, che ne so, un rinvigorente pazzesco (che allora spiegherebbe la capacità dell'Architetto di ammanettare il ragazzo).
E poi il discorso sul fatto che Manfredi "porta sfiga" alle partite e quindi non doveva assistere.
Non ha senso, o comunque manca al lettore un'informazione basilare.
Ho persino pensato che Manfredi fosse esistito, in realtà, e che portasse sfiga alle partite, ma l'Architetto all'inizio definisce il protagonista come il figlio che non ha mai avuto.
Insomma, per me buio totale.
Peccato perché il racconto è scritto bene, è fluido, ha qualche guizzo umoristico e in generale è stato una lettura gradevole.
Forse pochi invece hanno notato lo spazio che separa le ultime 10 righe dal resto del monologo, uno spazio che indica una cesura temporale: l'infermiere ha compiuto il misfatto e ora si trova davanti a un giudice, avviando un mini-monologo finale per chiudere il cerchio.
A proposito di monologo: c'è anche un altro racconto nel quale questo si rivolge direttamente a un altro personaggio presente. Lì ho scritto che faceva perdere di senso al monologo stesso, ma in realtà ci ho ripensato, perché potrebbe esser visto come un monologo mentale, dunque indipendente dalla presenza di un altro "attore" in scena.
Qui l'artificio è più difficile, poiché davvero il personaggio si sta rivolgendo al commissario e poi al giudice (è una confessione!).
Insomma questo paletto scricchiola molto, per me, al di là che abbia passato il vaglio della commissione.
Per il resto, l'ho trovato un racconto simpatico, che mi ha fatto sorridere più volte durante la lettura, specie quando ho capito che stavamo andando a parare sull'umorismo (tutta la prima parte non ha particolari spunti divertenti).
Epperò questo finale ingarbugliato penalizza il tutto, lo lascia sospeso e non lo fa godere appieno.
Non si capisce come l'Architetto riesca a sopraffare l'infermiere e ammanettarlo al letto.
Il tutto si basa sul fatto che il protagonista abbia sbagliato pillola da dare al vecchio, ma è un po' debole come espediente se il tutto fosse stato premeditato: avrebbe avuto più senso se Laura avesse mentito all'infermiere facendogli dare una pillola che lui credeva sonnifero e invece era, che ne so, un rinvigorente pazzesco (che allora spiegherebbe la capacità dell'Architetto di ammanettare il ragazzo).
E poi il discorso sul fatto che Manfredi "porta sfiga" alle partite e quindi non doveva assistere.
Non ha senso, o comunque manca al lettore un'informazione basilare.
Ho persino pensato che Manfredi fosse esistito, in realtà, e che portasse sfiga alle partite, ma l'Architetto all'inizio definisce il protagonista come il figlio che non ha mai avuto.
Insomma, per me buio totale.
Peccato perché il racconto è scritto bene, è fluido, ha qualche guizzo umoristico e in generale è stato una lettura gradevole.
Fante Scelto- Cavaliere Jedi
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Re: Avrei convocato Pruzzo
Inizio col farti i complimenti, è una storia piacevole, divertente, ma soprattutto che non fa stancare, però mi sono persa un po' nel finale, in realtà ancora non l'ho capito...
Ho notato degli errori di punteggiatura sparsi un po' per tutto il racconto: esempio, "Eppure, mi era sembrata un’ottima occasione." credo che lì non ci stia la virgola.
Il titolo non mi fa impazzire sinceramente, ma sono gusti personali, il disegnatore "architetto" è inserito perfettamente, così come l'infermiere; mi piace come hai utilizzato l'oggetto, cioè la finale, trasformandolo nelle linee generali come il soggetto principale del tuo racconto!
Quindi secondo me hai fatto uno splendido lavoro, complimenti!
Ho notato degli errori di punteggiatura sparsi un po' per tutto il racconto: esempio, "Eppure, mi era sembrata un’ottima occasione." credo che lì non ci stia la virgola.
Il titolo non mi fa impazzire sinceramente, ma sono gusti personali, il disegnatore "architetto" è inserito perfettamente, così come l'infermiere; mi piace come hai utilizzato l'oggetto, cioè la finale, trasformandolo nelle linee generali come il soggetto principale del tuo racconto!
Quindi secondo me hai fatto uno splendido lavoro, complimenti!
miichiiiiiiiiiii- Younglings
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Re: Avrei convocato Pruzzo
Credo che il problema essenziale di questo racconto te lo abbia ottimamente segnalato [Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link]: quella è esattamente la frase che manda in confusione e alla quale non c'è poi rimedio nemmeno con tutta la buona volontà da parte del lettore perché, infatti, gli interrogativi restano troppi e rimane l'idea di non averci capito niente.
C'è qualche piccolo problema con la punteggiatura, ma niente che inceppi la lettura.
Personalmente, ero già pronto a dichiarare questo racconto non ammissibile per via del genere quando mi sono accorto che l'intento non era di creare un monologo ma un umoristico; quindi, assolutamente ammissibile, non certo come monologo ma come umoristico ha il suo perché. Che, e torniamo ai problemi, raramente si sposa con una strage, soprattutto se l'assassino è ammanettato a un letto e alla presenza di un commissario o agente di polizia.
Probabilmente c'è qualcosa che ti ha bloccato nella narrazione e impedisce a questo racconto di brillare come potrebbe; secondo me, a fine step, sarebbe bello se tu provassi a farne una stesura diversa, anche in base ai consigli che hai ricevuto che ritieni utili; secondo me, uscirebbe una vera perla.
Per adesso, complimenti solo in parte...
C'è qualche piccolo problema con la punteggiatura, ma niente che inceppi la lettura.
Personalmente, ero già pronto a dichiarare questo racconto non ammissibile per via del genere quando mi sono accorto che l'intento non era di creare un monologo ma un umoristico; quindi, assolutamente ammissibile, non certo come monologo ma come umoristico ha il suo perché. Che, e torniamo ai problemi, raramente si sposa con una strage, soprattutto se l'assassino è ammanettato a un letto e alla presenza di un commissario o agente di polizia.
Probabilmente c'è qualcosa che ti ha bloccato nella narrazione e impedisce a questo racconto di brillare come potrebbe; secondo me, a fine step, sarebbe bello se tu provassi a farne una stesura diversa, anche in base ai consigli che hai ricevuto che ritieni utili; secondo me, uscirebbe una vera perla.
Per adesso, complimenti solo in parte...
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Un giorno tornerò, e avrò le idee più chiare.
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Re: Avrei convocato Pruzzo
Questo racconto ha molto potenziale ma è come se fosse un racconto non finito, da revisionare e da sistemare.
L'incipit mi fa già comprendere che il racconto avrà delle inceppature.
Avrei trovato davvero molto più scorrevole "Accidenti a me, accidenti a quando ho accettato questo stramaledetto lavoro".
Quindi il primo suggerimento che vorrei darti è: sfoltisci il testo. Parole inutili, di troppo, che non sono funzionali? Togliere, togliere togliere.
Il protagonista regge bene, con la testa un po' nel suo mondo, a me è parso come l'ingenuo di turno credulone ma di buon cuore che si ritrova in mezzo a un sacco di casini.
L'intento umoristico è palese, magari non gestito benissimo in tutti i passaggi, ma percepito sempre.
Sicuramente la narrazione in prima persona ti ha permesso di dare un bel ritmo e una bella personalizzazione del tuo protagonista, di contro ha reso confusionari i passaggi temporali lasciandomi molto perplessa sul finale.
Non penso che sia finito tutto in tragedia, penso piuttosto a una sfuriata da parte del nostro ingenuo infermiere che ha portato a un aggressione o qualche altro reato minore. Ma davvero non ho idea di come la storia vada a finire, e questo è davvero molto destabilizzante e fastidioso, come lettrice. Nel patto con il lettore le informazioni devono essere chiare e devono arrivare bene. Soprattutto in una storia apparentemente semplice, un salto temporale prima delle dieci righe finali che non spiegano una beneamata su quanto successo mi lascia con l'amaro in bocca.
Quindi ribadisco il mio concetto iniziale: un racconto con molto potenziale ma che ritengo non completo, da riprendere per lavorare su: tempi narrativi, spazi dati ai vari momenti narrativi e finale.
A rileggerti.
Ele
L'incipit mi fa già comprendere che il racconto avrà delle inceppature.
Accidenti a me. Accidenti a quella volta che ho accettato questo stramaledetto lavoro.
Avrei trovato davvero molto più scorrevole "Accidenti a me, accidenti a quando ho accettato questo stramaledetto lavoro".
Quindi il primo suggerimento che vorrei darti è: sfoltisci il testo. Parole inutili, di troppo, che non sono funzionali? Togliere, togliere togliere.
Il protagonista regge bene, con la testa un po' nel suo mondo, a me è parso come l'ingenuo di turno credulone ma di buon cuore che si ritrova in mezzo a un sacco di casini.
L'intento umoristico è palese, magari non gestito benissimo in tutti i passaggi, ma percepito sempre.
Sicuramente la narrazione in prima persona ti ha permesso di dare un bel ritmo e una bella personalizzazione del tuo protagonista, di contro ha reso confusionari i passaggi temporali lasciandomi molto perplessa sul finale.
Non penso che sia finito tutto in tragedia, penso piuttosto a una sfuriata da parte del nostro ingenuo infermiere che ha portato a un aggressione o qualche altro reato minore. Ma davvero non ho idea di come la storia vada a finire, e questo è davvero molto destabilizzante e fastidioso, come lettrice. Nel patto con il lettore le informazioni devono essere chiare e devono arrivare bene. Soprattutto in una storia apparentemente semplice, un salto temporale prima delle dieci righe finali che non spiegano una beneamata su quanto successo mi lascia con l'amaro in bocca.
Quindi ribadisco il mio concetto iniziale: un racconto con molto potenziale ma che ritengo non completo, da riprendere per lavorare su: tempi narrativi, spazi dati ai vari momenti narrativi e finale.
A rileggerti.
Ele
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Re: Avrei convocato Pruzzo
Ciao autor*
Una buona prova, anche se qualcosa non mi torna in fase umoristica. Troppo poca e solo nel finale, ed è un peccato perché di materiale ce n'è parecchio.
Si capisce cosa volevi fare, forse ti è mancata un po' la tecnica in sé.
Un mio amico mi ha detto che se un racconto umoristico non fa ridere chi lo scrive, difficilmente fa ridere il lettore.
Pare tu abbia creato qualcosa di "anticomico", genere che sta uscendo ultimamente e che non mi dispiace.
In ogni caso, non ho trovato refusi da segnalarti oltre quelli che già ti hanno detto i colleghi prima di me.
I paletti imposti, a mio avviso, sono centrati anche se alcuni solo sfiorato, cosa che però non mi ha disturbato.
Tirando le somme, una buona prova che poteva ancora essere meglio. L'umorismo è un'arte e tu, autor*, hai appena iniziato.
A rileggerci.
Una buona prova, anche se qualcosa non mi torna in fase umoristica. Troppo poca e solo nel finale, ed è un peccato perché di materiale ce n'è parecchio.
Si capisce cosa volevi fare, forse ti è mancata un po' la tecnica in sé.
Un mio amico mi ha detto che se un racconto umoristico non fa ridere chi lo scrive, difficilmente fa ridere il lettore.
Pare tu abbia creato qualcosa di "anticomico", genere che sta uscendo ultimamente e che non mi dispiace.
In ogni caso, non ho trovato refusi da segnalarti oltre quelli che già ti hanno detto i colleghi prima di me.
I paletti imposti, a mio avviso, sono centrati anche se alcuni solo sfiorato, cosa che però non mi ha disturbato.
Tirando le somme, una buona prova che poteva ancora essere meglio. L'umorismo è un'arte e tu, autor*, hai appena iniziato.
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Re: Avrei convocato Pruzzo
Caro autore (o cara autrice), hai saputo incuriosirmi e portarmi fino alla fine del tuo racconto con la voglia di scoprire che cosa fosse veramente successo, perché il protagonista avesse a che fare con un commissario di polizia... e purtroppo il finale mi ha deluso. è piuttosto confusionario, come già ti hanno detto, oltretutto nei testi di questo genere (sembra proprio un giallo, anche se immagino che tu volessi scrivere un monologo) detesto i finali "aperti", poco chiari e che si prestano a varie interpretazioni. Questo purtroppo è un mio limite, non posso farci nulla. peccato davvero per il finale e per il genere, secondo me non perfettamente centrato, perché i paletti ci sono tutti, il testo acchiappa, non lascia mai calare troppo l'attenzione del lettore e la suspence... avrebbe avuto tutte le carte in regola per essere un'ottima prova.
Leggo nei commenti che alcuni hanno pensato tu volessi scrivere un racconto umoristico. Ma personalmente non credo, anche perché l'unica parte che mi ha fatto un po' sorridere è stata la lettura dei due pallosissimi tomi scritti dalla compianta defunta. No, io resto dell'idea che volesse essere un monologo, purtroppo non completamente riuscito.
Leggo nei commenti che alcuni hanno pensato tu volessi scrivere un racconto umoristico. Ma personalmente non credo, anche perché l'unica parte che mi ha fatto un po' sorridere è stata la lettura dei due pallosissimi tomi scritti dalla compianta defunta. No, io resto dell'idea che volesse essere un monologo, purtroppo non completamente riuscito.
SisypheMalheureux- Padawan
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