De rerum influentiarum (Demonology Ep.4)
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De rerum influentiarum (Demonology Ep.4)
- Spoiler:
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De rerum influentiarum
(Demonology ep.4)
“Tutto chiaro?”
La adoro quando chiede Tutto chiaro? al termine di uno spiegone.
La adoro e assieme sento l’irrefrenabile bisogno di fare il contrario di quello che ha appena detto.
I preparativi per una storia di Instagram di successo sono roba complessa, non per tutti, ma i TikTok stanno a un livello ancora superiore. Specie quelli di coppia.
Per fare un TikTok servono alcuni elementi imprescindibili: talento, studio accurato del terreno, idea vincente, uno o più personaggi fighi.
Per fighi intendo decenti abbastanza da far salire la bile ai loro coetanei.
Giorgia è figa: lo sa, ci sguazza, ne fa un vanto, talvolta se lo scorda.
A quanto ne so, non è una che sta più di tanto alle prese coi TikTok, ma a volte decide che deve tirarsela anche lì.
E per tirartela su TikTok hai due strade: ostentare opulenza, far vedere l’idillio della tua vita di coppia.
Di TikTok sul sedile della mia Mercedes ne ha già fatti diversi.
“Tutto chiaro?”
Ho una domanda. “Perché davanti allo specchio del bagno?”
“Perché devo vedere cosa riprendo?”
“Ma non è da sfigate farsi le riprese davanti allo specchio del bagno?”
“E dove hai letto questa cosa?”
Non l’ho letta, è una cosa che mi viene dall’anima. Se hai bisogno d’uno specchio per farti una foto o un video vuol dire che non sai usare l’autoscatto o non hai un servo della gleba che ti faccia una foto decente: ergo sei sfigato.
“Niente, lascia stare.”
Giorgia espira, poggia le mani curatissime sul lavandino, mi guarda dal riflesso. “Tutto chiaro quindi?”
Me la scruto per qualche momento, nel top nero e i pantaloni della tuta bianchi, Adidas. “Io conto fino a tre, entro, ti sto dietro, ti lego sto cordino rosso al polso e ti prendo in braccio.”
“E mi porti in camera.”
“Ma tanto il telefono riprende solo qui, chi lo vede dove ti porto?”
“Vabbé, oh, è uguale.”
“Appunto.”
“E allora mi porti dove ti pare, tanto la registrazione finisce da sola.”
“Magnifico.”
Sospira, aggiusta meglio l’Iphone dalla sua posizione tattica sopra al lavandino. “Tanto lo so che dovremo rifarla tipo quindici volte.”
“Ouh, che è sta sfiducia?”
“Perché non ce la farai mai a farmi un nodo al polso al primo tentativo.”
La guardo come si guardano i criminali colti in flagrante, lei ride nel suo modo criminoso.
“Anche fosse, sfido chiunque a farti un nodo al polso con il ciarpame che hai.” Le sollevo il braccio coi sei-sette bracciali e monili che ci tiene agganciati.
Ride di nuovo, poi torna seria e scocciata, sbuffa, reclina il capo nel suo modo rassegnato. “Sono trenta secondi d’impegno, puoi metterceli per favore?”
“Trenta secondi d’impegno per farti fare la figa su Instagram.”
“Su TikTok.”
“Quello che sia.”
“Dai, ma se non ti chiedo mai niente.”
Altro guardare come si guardano i criminali presi la seconda volta sul fatto. Ride ancora.
“Che poi che c’entra il cordino rosso?”
“È una cosa giapponese, unisce due persone che si amano per la vita.”
“E secondo te su TikTok c’è gente che capisce questa cosa.”
“Ovvio.”
“E tutto questo serve a far credere al mondo che io e te staremo insieme per tutta la vita.”
“Eh.”
“Poi magari ci lasciamo domani.”
“Noi NON ci lasciamo domani.”
“Ma che ne sai.”
Sbuffa, reclina di nuovo la testa, “Puoi fare questa cosa per me senza rompere?”
“Con sto cordino io ti ci…”
Agita le spalle in un finto attacco di pianto frustrato che è una delle varie cose che adoro del suo repertorio di smorfie. “Trenta secondi,” pesta sul pavimento con un piede, “Solo trenta secondi d’impegno, cazzoooo.”
Adoro anche le sue finali allungate quando perde la pazienza.
“Okay, va bene.”
“Okay?”
“Okay.”
Espira, si risistema i capelli lunghi e lisci, fa cenno di venirle accanto, mi prende la mano sinistra e il cordino rosso, ci fa un nodo al mio polso con cura maniacale. “L’altro capo,” scandisce occhi negli occhi come fosse la cosa più importante del mondo, “Qua.” Mostra il suo, di polso, con tutta la pletora di bracciali e monili.
“Ho capito, scemina.”
“Bravo. Adesso vai fuori, do il via, conti fino a tre e entri.”
Esco solo dopo una manata energica sulle sue chiappe che, nella tuta bianca, stanno da Dio.
È più forte di me.
È un bisogno irrefrenabile, il mio.
Non posso farci niente.
Generazioni diverse, idee diverse, concetti diversi.
Poi, TikTok è proprio una cagata.
Ma una cagata terribile.
Il cordino dal polso me lo sono slacciato e l’ho teso per bene.
Giorgia dà il via, inizia a muovere i fianchi canticchiando le parole di qualsiasi stupida canzone contemporanea abbia messo in sottofondo, guarda nello specchio contando i secondi.
Nervosa.
Tesa.
Non si è mai fidata al cento per cento di me.
Non in queste cose.
E fa bene.
Benissimo.
Tre secondi vanno via in fretta.
Io entro, posato e tranquillo.
Mi fermo dietro di lei. Guardo nello specchio da sopra quei pochi centimetri che ci passiamo.
Sta fremendo come un animale selvatico.
Le prendo il polso, anzi entrambi i polsi: col cordino rosso glieli allaccio di brutto e col nodo più veloce della Storia.
Giorgia ha gli occhi sgranati e un mezzo sorriso incredulo.
In braccio non la prendo: me la carico su una spalla con una mossa da wrestling.
La sento ridere con voce stridula.
Saluto militare verso l’Iphone.
Addio, io il mio l’ho fatto.
Me la porto via come bottino di guerra.
***
“Allora?”
Fisso il soffitto della camera come se fosse un cielo stellato, Giorgia invece l’Iphone che tiene sollevato davanti al viso. Si perderebbe tutte le stelle del mondo, stesi qui sul letto, se il soffitto fosse la Via Lattea.
Piega le labbra, s’aggiusta, concentrata sullo schermo, “Eh.”
“Eh cosa?”
“Boh, ha fatto un mare di visua e di like.”
“Ma che strano.”
Rimugina qualcosa, la intravvedo sorridere, ritorna seria quando se ne accorge. “La mia idea era migliore.”
“Sì. La cosa giapponese che sapete tu e Toriyama.”
“Chi?”
“Appunto.”
Sbuffa col sorriso che non riesce a trattenere; ci ho messo un po’ a convincerla a non rifare il video e metterlo su così com’è venuto.
“Vedi, Giorgina, alla gente piacciono le cose spontanee, non le baggianate finte e artificiali.”
Scende un silenzio che sa di proposta in arrivo, mentre scorre il dannato TikTok su e giù e riguarda con metodica insistenza il suo video, il nostro video.
“E se diventassi un’influencer?”
“Per diventare un’influencer devi avere minimo qualcosa d’interessante da far vedere agli altri.”
“Vabbé, io sono interessante.”
“Sì ma sai quante ce ne sono come te là fuori?”
“Stronzo.”
“Che poi, interessante è una parola grossa.”
“Stronzo.”
“Non sai neanche ballare.”
“Sì che so ballare.”
“Giorgina, ballare è una cosa, dimenarsi a caso davanti al telefono è un’altra.”
“Infatti non lo faccio.”
“Perché sai che io le ragazzine su TikTok che ballano come cretine per dieci secondi cacati non le posso vedere.”
“Ma infatti io non lo faccio.”
“E meno male.”
“E se diventassimo tutti e due influencer?”
Il cielo stellato sul soffitto diventa una pioggia di meteore infuocate. Alcune hanno la faccia di Fedez e quell’altra.
“Per diventare influencer dovremmo minimo avere qualcosa d’interessante da mostrare.”
“Ma noi siamo interessanti.”
“Sai quanta gente ha un Mercedes bianco, neanche top-class, e una casetta in Liguria?”
“Ma che c’entra quello: io dico noi siamo interessanti.”
“Perché?”
“Perché mica tutte hanno un ragazzo molto più grande.”
“E questa cosa sarebbe interessante?”
“Certo. Guarda che mi invidiano, eh.”
Silenzio.
C’è una spruzzata d’aurora boreale, adesso, sulle mie retine.
“E cosa facciamo vedere al mondo?”
“Ma non lo so, la nostra vita, il modo in cui stiamo insieme. Per esempio: una cosa che ti piace fare con me?”
Sorrido come sorridono i coccodrilli a merenda.
Giorgia sbuffa sorridendo, si ravvia i capelli sparsi, “Una cosa sentimentale, dico.”
Ci penso.
Mai stato un grande fornitore d’idee.
“Vieni qui,” le faccio posare il telefono, la guido a mettersi cavalcioni sul mio petto. Il suo top nero e il modo in cui sorride, sornione, il modo in cui mi guarda, attenta come una gatta, sono benzina per incendi.
Ravvia di nuovo i capelli, la panoplia dei suoi bracciali freme e tintinna come un sonaglio.
Le abbasso con cura i calzini dai talloni, la massaggio in circolo.
“Sarebbe questo?”
Ci guardiamo come gatta e coccodrillo, entrambi con un mezzo sorriso affilato.
“A me piace farlo, hai i talloni di velluto.”
Sbuffa, alza gli occhi, “Ma secondo te io posso fare un video su questo?”
“È una cosa sentimentale.”
“Non è una cosa sentimentale.”
“Ha parlato l’esperta.”
“Questa è una cosa sentimentale.” Si china solenne finché i suoi capelli castani non mi spiovono sulla faccia. Deposita un bacio sulle mie labbra, poi un altro.
Non c’è più un soffitto stellato da guardare, solo il suo bel viso ovale e la cascata della chioma. Gli occhi scuri e vividi.
La collanina col suo nome in corsivo mi oscilla davanti al volto.
“E tu vuoi fare un video su questo?”
Sorride, socchiude le palpebre, mi bacia di nuovo. “No, vabbé.”
“Non saremo mai degli influencer.”
“Chissenefrega.”
La bacio ancora e sa vagamente di ciliegia. Sarà il rossetto rosa.
Insegue un qualche pensiero mesto mentre mi s’abbandona sul petto, sognante: non voglio disilluderla su quanto facile sia perdersi per la strada, specie per quelli come noi.
Anche se siamo influencer immaginari.
Giorgia sa poco o niente del mondo degli adulti e non ha avuto basi solide dalle quali partire.
Non ha avuto punti di riferimento, o li ha persi troppo in fretta.
Un’incombenza che è finita sulle mie spalle, ma non ne sento il peso. Non l’ho mai sentito.
In compenso, ha dei talloni di velluto.
***
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Re: De rerum influentiarum (Demonology Ep.4)
Ciao Fante. Scritto in modo ineccepibile. Un film!
La storia fa pensare, c’è una decadenza che pervade il testo così reale, così possibile. Se è questo il senso che volevi trasmettere, ci sei riuscito alla grande.
La storia fa pensare, c’è una decadenza che pervade il testo così reale, così possibile. Se è questo il senso che volevi trasmettere, ci sei riuscito alla grande.
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Re: De rerum influentiarum (Demonology Ep.4)
Ah, dimenticavo. Il titolo in latino . Quello non mi piace !
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Re: De rerum influentiarum (Demonology Ep.4)
Petunia ha scritto:Ah, dimenticavo. Il titolo in latino . Quello non mi piace !
In effetti non piaceva neanche a me, ma dato che mi appoggio alla demonologia mi sembrava calzante.
Grazie!
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