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Staffetta 15 - Episodio 4

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1Staffetta 15 - Episodio 4 Empty Staffetta 15 - Episodio 4 Dom Gen 05, 2025 11:46 pm

M. Mark o'Knee

M. Mark o'Knee
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Staffetta 15 - Episodio 1
Gimbo
 
La villa dei Rossetti si ergeva sopra la cittadina come un gigante dormiente, avvolta da rampicanti e leggende. Si diceva che chi vi entrava non ne uscisse mai più lo stesso. Nonostante la tensione che gli stringeva il petto come una morsa, Luca si fece coraggio e varcò la soglia, con la torcia stretta nella mano tremante.
Un vento gelido sibilava tra i muri screpolati, simile a un respiro antico che riecheggiava fra le pareti. Luca si fermò, tirò fuori il cellulare e guardò per l’ennesima volta il messaggio che lo aveva portato lì: “Vieni alla villa sulla collina, subito. C’è qualcosa che devi vedere.”
Un invito sconcertante, soprattutto considerando ciò che era successo un anno prima.
Il ricordo riaffiorò, vivido e crudele come una cicatrice mai guarita.
 
Lui e Marco erano seduti sul molo del lago, le luci della città che danzavano sull’acqua increspata. Era stata una sera tranquilla, almeno in apparenza. Ma Marco sembrava distante, e c’era una strana inquietudine nei suoi occhi, una tensione che non riusciva a nascondere.
«Hai mai sentito parlare della villa dei Rossetti?» gli aveva chiesto Marco, con un tono di voce basso, quasi un sussurro.
Luca aveva riso, pensando che fosse uno dei loro soliti discorsi sui misteri locali. «Sì, certo. È il classico posto da storie di fantasmi. Nessuno sano di mente ci metterebbe piede!» aveva risposto, lanciando un sasso nell’acqua.
Ma Marco non aveva sorriso. Il suo volto si era fatto serio, ombroso. «Ci sono cose che non puoi capire, Luca. Cose che non dovrebbero essere disturbate. Ma… io non ho scelta.»
«Di che diavolo stai parlando?» aveva chiesto Luca, mentre il suo entusiasmo si spegneva.
Marco non aveva risposto. Si era limitato a fissarlo, con uno sguardo che sembrava implorare aiuto e, al tempo stesso, celare un orrore profondo.
Il giorno dopo, Marco era sparito senza lasciare traccia.
Luca aveva passato settimane a cercarlo, interrogando amici, rovistando ogni angolo della città. Ma niente, neanche un indizio. Poi erano iniziati i racconti: qualcuno giurava di aver visto Marco vicino alla villa dei Rossetti prima della scomparsa. Altri parlavano di riti, maledizioni e presenze che infestavano quel luogo. Luca non voleva crederci.
Eppure, quando quel messaggio era arrivato quella notte, il desiderio di scoprire la verità aveva sopraffatto ogni paura.
Soprattutto per la firma: “Marco.”
 
Il buio dentro la villa era denso, quasi tangibile, come un abbraccio maligno che avvolgeva ogni cosa. La luce della torcia illuminava pareti coperte di graffiti e specchi antichi, incrinati e anneriti. Ogni scricchiolio del legno sotto i suoi passi lo faceva sussultare.
«Marco?» chiamò, la voce tremante che si perdeva in un’eco lontana. Solo il vento rispose, sospirando tra le fessure delle finestre.
Un lampo di luce attraversò uno specchio, come se qualcosa si muovesse dietro di lui. Si voltò di scatto, ma trovò solo l’oscurità.
Mentre esplorava, Luca notò strani simboli incisi sul pavimento e sulle pareti: intricati, sinistri. Non erano solo graffiti; sembravano avere un significato antico, forse ritualistico. Le leggende parlavano di riti esoterici praticati nella villa, ma lui non aveva mai dato peso a quelle storie… fino a quel momento.
Raggiunse il salone principale, dominato da un lampadario che pendeva precariamente, i cristalli anneriti come lacrime di vetro. Al centro della stanza, una figura umana giaceva curva su un tavolo di legno massiccio, le mani che tremavano nel tentativo di trattenere qualcosa. A Luca mancò il respiro nel riconoscerlo.
«Marco!» esclamò, correndo verso di lui.
Quando si avvicinò, la figura alzò lentamente lo sguardo. Il cuore di Luca si fermò: gli occhi del suo amico erano vuoti, senza traccia di vita. Le labbra si mossero, ma il suono che ne uscì era un sussurro incomprensibile, come parole spezzate da un’eco lontana.
Un rombo profondo risuonò nella stanza, facendo tremare l’aria. La casa stessa sembrava respirare, le pareti pulsavano come un organismo vivo. Una nebbia nera iniziò a filtrare dalle fessure nel pavimento, avvolgendo le gambe di Marco, che emise un urlo straziante.
«Non dovevi venire…» gemette Marco, il corpo che si contorceva mentre la nebbia lo avvolgeva completamente.
Luca indietreggiò, terrorizzato. Si voltò verso la porta, ma trovò solo un muro solido dove prima c’era un’apertura. La nebbia avanzava, affamata, cercando di afferrarlo con artigli d’ombra.
 
Staffetta 15 - Episodio 2
Albemasia
 
Un punteruolo d’acciaio lo martellava dolorosamente nella testa, al ritmo di una goccia ostinata che tamburellava in un angolo remoto della casa. Fu allora che Luca aprì gli occhi.
Sul pavimento davanti a lui, a pochi centimetri dal suo naso, un insetto ricoperto da una corazza nera e lucida stava esplorando l’aria con le lunghe antenne sottili. All’improvviso la blatta si mosse verso di lui e Luca sentì le sue zampette pizzicargli la pelle della mano. Riemergendo fulmineamente dallo stato di torpore, il ragazzo cacciò un urlo e balzò in piedi col cuore che gli esplodeva nel petto, rimbombandogli nelle orecchie.
Nonostante il brusco risveglio, la nebbia che lo aveva ghermito prima di perdere coscienza faticava a diradarsi nella sua mente.
Barcollando sulle gambe ancora malferme, cominciò a guardarsi intorno, mentre lentamente gli si affacciava alla memoria il ricordo di quanto era successo: il messaggio di Marco che lo invitava a raggiungerlo, il suo stupore nel constatare che l’amico era ancora vivo e la decisione di entrare di notte nella “casa maledetta”.
Della torcia elettrica non c’era traccia, quindi istintivamente la mano gli andò alla tasca posteriore dei jeans in cerca del cellulare, ma non appena l’ebbe tra le mani si accorse che il display era completamente buio. La luce fredda della luna si rifletté sul cristallo, mostrando crepe profonde che si diramavano come una ragnatela da un angolo dello schermo.
«Merda!» esclamò ficcandoselo di nuovo in tasca. Ogni speranza di fare un po’ di luce lì dentro era sfumata.
Al flebile chiarore che filtrava dal legno marcio delle persiane, Luca cominciò ad aggirarsi nella stanza, alla ricerca dell’amico di cui sembrava scomparsa ogni traccia.
Le assi del pavimento scricchiolavano sotto i suoi passi guardinghi e sinistre presenze sembravano svolazzare, invisibili, sopra la sua testa; i vetri di alcune finestre erano rotti e probabilmente col tempo quella vecchia casa disabitata era diventata rifugio per pipistrelli e altri piccoli animali selvatici. L’ambiente ideale per praticare riti esoterici, pensò Luca con un brivido.
La testa gli doleva, come se fosse reduce da una sbornia, e il senso di nausea che si era impadronito del suo stomaco rintuzzò in lui l’idea di essere stato vittima di uno stato allucinatorio, dovuto a qualche sostanza diffusa nell’ambiente.
Sì, ma da chi? E perché?
Più il tempo passava, più la sensazione di essere stato irretito dagli occhi vuoti dell’amico, che sembravano volerlo risucchiare all’interno della sua anima nera, svaniva e le domande che lo avevano assalito sembravano trovare risposte più razionali.
Ormai era quasi certo di essere stato vittima di uno scherzo idiota di qualche sfaccendato del posto che conosceva le dicerie su quella casa e che gli aveva giocato un brutto tiro, divertendosi alle sue spalle. Poi la suggestione che derivava da quel luogo e dal mistero dell’amico scomparso aveva fatto il resto.
«Sì, proprio divertente!» esclamò Luca ad alta voce.
Nell’oscurità si udiva solo l’affanno del suo respiro.
«Vieni fuori se hai il coraggio!» inveì di nuovo nel buio.
Niente.
Luca si trovava ora al centro della stanza, le mani appoggiate al piano del tavolo di legno e ansimava per la stizza.
«Che scherzo cretino… Adesso mi ripaghi il cellulare, stronzo!»
Non ottenendo alcuna risposta, decise di tornarsene a casa: probabilmente chi aveva architettato quella messa in scena, e forse l’aveva pure filmata, ormai se l’era data a gambe e adesso si stava sganasciando dalle risate alle sue spalle.
Non c’era alcun mistero da scoprire lì dentro, pensò, perciò si allontanò dal tavolo, ma quando staccò le mani dal piano di legno consumato sentì che i palmi erano diventati appiccicosi.
«Cosa diavolo…?»
Si portò le mani davanti agli occhi, nel tentativo di scrutarle alla luce fioca della luna, quando un odore inconfondibile lo assalì, invadendogli le narici: quel liquido bruno e viscoso era sangue!
«Non è uno scherzo, Luca».
Una voce spettrale lo sorprese alle spalle e a Luca si mozzò il respiro.
«È tutto vero. Il sangue è vero e io sono vero».
Luca si voltò mentre sentiva che lo stomaco si contraeva, come stretto in una morsa. Davanti a lui, il viso in ombra, c’era una figura che si stava avvicinando. Luca non avrebbe mai riconosciuto in quell’ombra il suo amico Marco, se non fosse stato per la voce, quella sì, inconfondibile.
Marco teneva in mano qualcosa, ma Luca non capiva cosa fosse, finché l’altro non fu abbastanza vicino e allora il chiarore della luna, che faceva capolino dalle imposte rotte, illuminò quello che sembrava un fagotto palpitante, ma che, in un orrore crescente, a Luca si svelò per quello che era: Marco reggeva in mano un cuore che stillava ancora sangue.            
 
Staffetta 15 - Episodio 3
Susanna
 
Luca non riusciva a distogliere lo sguardo da tutto quell’orrore e fu quasi con sollievo che si accorse che tutto attorno a lui stava diventano nero: l’odore nauseabondo sparì, il cuore sparì, la voce di Marco sparì…
 
Quando riprese conoscenza non aveva il coraggio di aprire gli occhi: c’era un piacevole tepore attorno a lui, un odore strano ma non sgradevole e, da sotto le palpebre, filtrava una luce chiara. Sentiva delle voci, quasi dei sussurri e qualcuno stava armeggiando sul suo braccio. Istintivamente cercò di alzarsi per sfuggire a quel tocco: delicatamente ma con fermezza qualcuno lo fece sdraiare:
«Stia fermo, Luca, si calmi. È in ospedale.»
«In ospedale? E Marco, dov’è Marco? Come sono arrivato qui?» Aveva mille domande, ma parlare gli costava un’enorme fatica, aveva le labbra screpolate, la gola che gli faceva male e la sensazione di essere su una giostra che vorticava furiosamente. Sentiva strane bruciature un po’ dappertutto.
Passarono diversi giorni in cui un sonno che non dava ristoro si alternava a momenti di stato quasi catatonico: attorno a lui percepiva la presenza di medici e dei genitori, altre voci che insistevano a fargli domande, strane domande cui non riusciva a dare un senso.
Poi, per quello che Luca percepì come un miracolo, una mattina si svegliò riposato, riuscì a mettersi seduto e capì che la sensazione di bruciature erano graffi, profondi che un infermiere gentile venne a controllare.
Finalmente i suoi genitori gli spiegarono qualcosa.
«Ti hanno trovato sulla strada che porta alla villa dei Rossetti. Farneticavi, eri pieno di graffi come ti fossi rotolato tra i rovi ed eri così spaventato che per metterti sull’ambulanza ci sono volute tre persone. Riesci a ricordare qualcosa? Perché eri da quelle parti?»
«Marco, dov’è Marco? Mi aveva dato lui appuntamento in quella casa…ma è morto. L’ho visto.»
«Marco morto? Ma è stato Marco a trovarti, lui e un altro ragazzo, anche lui si chiama Luca. E ci ha raccontato che sei stato tu a dargli appuntamento là.»
«Io? Ma se erano settimane che cercavo, che cercavamo di metterci in contatto con lui, e il telefono era spento fin dal giorno in cui è scomparso! Non capisco!»
«Signori, per oggi basta, Luca deve riposare e ha bisogno di tempo e di tranquillità per cominciare a ricordare.»
Non si erano accorti che fosse entrato un medico, ma c’era sempre un po’ di via vai per il corridoio. Quando rimasero soli, il medico si sedette accanto al letto, con l’aria preoccupata:
«Luca, abbiamo fatto molta fatica a farti riprendere e dovresti dirci che cosa hai preso, perché non riusciamo a saltarci fuori e le strane allucinazioni che hai avuto in questi giorni sono durate troppo a lungo.»
«Sostanze? Ma scherziamo? Sono svenuto quando mi hanno fatto il vaccino per il Covid e rischio di strozzarmi con una pastiglietta… No, non ho preso niente. Senta, ora le racconto cosa mi è successo, magari c’era qualcosa nell’aria di quella stanza che ho respirato.»
«Sei entrato nella villa? Ma la polizia ha controllato e ha trovato tutto sprangato, il cancello chiuso con un lucchetto così arrugginito che era impossibile fosse stato aperto. Senti, per adesso prova a non pensarci, lo so che è molto difficile, ma provaci. Se vuoi qualcosa per dormire, fammi sapere. Torno più tardi.»
Luca provò a rilassarsi: era al sicuro ma ugualmente aveva la sensazione che da quell’incubo, perché solo di incubo poteva trattarsi, non ne sarebbe uscito senza la testimonianza di Marco.
Marco, già Marco. Dov’era finito? Non si era fatto vedere, neanche un saluto eppure era stato lui a trovarlo.
Se era stato lui a organizzare il tutto gli conveniva presentarsi e spiegare: certo ormai di amicizia non se ne sarebbe parlato più, ma avesse almeno il coraggio di prendersi le sue responsabilità. Adesso tutti avrebbero pensato a Luca come un disadattato, uno che si faceva di chissà che cosa…
«Brutti momenti, vero? Vatti a fidare degli amici.»
Luca non si era accorto che fosse entrato qualcuno, non aveva sentito la porta aprirsi eppure sulla seggiola sistemata in un angolo adesso c’era una donna, una bella donna, vestita elegantemente.
«E lei chi è?»
«Oh, non ha importanza, non adesso. Ora ti devi riprendere, rimetterti in forze e poi ne parleremo. E non pensare più a Marco: non si è dimostrato un grande amico. Pur di pagare un debito, ti ha sacrificato, si è preso gioco di te e non ha neanche il coraggio di spiegare.»
«Allora nella villa è davvero successo qualcosa, ma cosa e perché io? Non siamo mai stati tanto amici, ripensandoci.»
«Sì, nella villa sei entrato, ma non posso dirti come in realtà. Però adesso mi devi dire dove avete messo, o dove Marco ha messo i documenti che ha trafugato a suo padre. I miei documenti.»
«Non ho visto nessun documento… c’era del sangue per terra e Marco teneva in mano quello che sembrava un cuore, un cuore vero.»
Ecco, l’aveva detto.
«Un cuore? Beh, penso che tu abbia davvero bisogno di riposare.» La donna uscì dalla stanza e Luca pensò di averla sognata. La porta non si era aperta.
 
Staffetta 15 – Episodio 4
M. Mark o’Knee
 
Alcune delle parole pronunciate dalla sconosciuta che (forse) era venuta a trovarlo continuavano a risuonargli in testa. L’affermazione “sì, nella villa sei entrato” e l’accenno a dei fantomatici “miei documenti” che lui e Marco avrebbero dovuto consegnarle si sovrapponevano alle immagini e sensazioni da film horror che (di nuovo forse) aveva visto e provato in quel luogo maledetto.
Se aveva ragione e davvero era entrato, allora non era stato tutto un incubo e Marco lo aveva veramente convocato con un messaggio. Purtroppo, il suo cellulare si era rotto (o almeno lui lo pensava) e comunque nessuno, né i soccorritori né gli agenti, lo aveva rinvenuto nel luogo del ritrovamento. E poi, cosa potevano essere i documenti che pretendeva? Troppe domande, troppi misteri che si accavallavano senza trovare una risposta.
I giorni passavano, scanditi dalla tranquilla routine di medici, infermieri e genitori che si alternavano nella sua stanzetta. Grazie alle cure e al riposo, Luca stava molto meglio e sperava in una pronta dimissione. Ma se il fisico si era ripreso, non si poteva dire altrettanto della sua mente: sogni terribili ancora popolavano certe notti, nelle quali si destava di colpo sudato e con il cuore in tumulto come avesse corso dieci maratone. E né Marco né la misteriosa signora, gli unici che forse avrebbero potuto diradare qualche ombra, si erano più fatti vivi.
Fu proprio l’ultimo giorno che Marco si presentò alla porta.
«Ciao Luca. Giù mi hanno detto che oggi pomeriggio sarai dimesso. Mi fa davvero piacere.»
«Marco! Finalmente!»
Il tono e lo sguardo di Luca non erano certo dei più accoglienti.
«Sì, sì, lo so. Sono imperdonabile. Avrei dovuto dirti di più, spiegarti… Ma, credimi, nei giorni scorsi non ne ho avuto il tempo né l’opportunità. E quando ti ho trovato, là sulla strada, non eri certo in grado di ascoltarmi. Per questo sono qui, adesso.»
Passati il moto di rabbia e la sorpresa, Luca iniziò a concentrarsi sul ragazzo, che era andato a sedersi sulla sedia ai piedi del letto. Aveva l’aspetto stanco, emaciato e sembrava indossare abiti di un paio di taglie più grandi. Il volto era pallido e il biancore appariva ancora più accentuato dalle lenti scure che gli nascondevano gli occhi. A intervalli di pochi secondi, quasi fosse una specie di tic, incassava il collo nelle spalle e si voltava di scatto. Se in quel momento fosse entrato il medico, probabilmente lo avrebbe fatto ricoverare all’istante.
«Allora? Vuoi dirmi qualcosa?» lo incalzò Luca.
«Be’, non è per niente facile. Non so neppure da dove cominciare.»
«Dal tuo messaggio, per esempio? Perché, all’improvviso, dopo mesi, spunti fuori con la richiesta di vedermi alla villa?»
«Ecco! È proprio quello il punto. Io non ti ho mandato nessun messaggio!»
«Ma… Il numero…» Marco lo interruppe subito.
«No, Luca. Aspetta. Quel numero non ce l’ho più da tanto. E poi, figurati se avrei voluto coinvolgerti in questa grana colossale.»
«Quale grana? Ti riferisci ai documenti di tuo padre?»
Marco lo fissò da dietro le lenti con la bocca spalancata e, quasi si fosse di colpo aggravato il suo tic, cominciò a guardarsi intorno con movimenti a scatti della testa.
«Cosa ne sai tu dei documenti?»
«Niente! Non ne so assolutamente niente. Me ne ha parlato una tizia che è passata di qua durante il mio ricovero. Per la verità, non ero neppure sicuro di averla vista davvero. Ma, dalla tua reazione, capisco che quei documenti esistono eccome! Ti vuoi decidere a parlare?»
Luca aveva pronunciato le ultime parole quasi gridando, ma ora avrebbe voluto mordersi la lingua: l’amico aveva tuffato il viso fra le mani, facendo volar via gli occhiali, e un tremito convulso aveva cominciato a scuotergli il corpo. Quando rialzò la testa, iridi enormi e pupille ridotte a spillo spiccavano nel bianco slavato degli occhi.
«Ma che cavolo…»
«Belli, vero? Un piccolo effetto collaterale.»
«Effetto collaterale? Di cosa? Che stai combinando, Marco?»
«Vuoi saperlo? Allora ascoltami bene e non interrompermi, perché non so quanto potrò restare ancora.
«Sai che papà è un chimico farmaceutico, no? Ebbene, trafficando con gli oppiacei ha fatto una scoperta: ha realizzato una sostanza che permette di annullare quasi completamente vari tipi di fobie, ossessioni, dipendenze patologiche…»
«Ma è una scoperta…»
«Sensazionale? Non proprio. Perché ha constatato che la sostanza ha un sacco di effetti indesiderati. E soprattutto che, come quasi tutti gli oppiacei, dà dipendenza: ti libera da un’ossessione per regalartene un’altra magari anche peggiore. L’hai sperimentata tu stesso: suggestiva, l’esperienza nella villa, no?
«Quindi, ha deciso di distruggere tutto e ripartire da capo usando una diversa base. Purtroppo, la sua socia non era d’accordo. La cosa profumava troppo di soldi. E da lì è cominciato tutto.»
«E non finirà, finché non vi deciderete a darmi ciò che mi spetta!»
La voce, proveniente dal fondo della stanza, li gelò. Entrambi già la conoscevano.
Il primo a riprendersi fu Marco.
«Luca, ti presento Irma, l’ex socia di mio padre.»


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"E perché è più utile scrivere di ciò che vuoi conoscere meglio, invece di ciò che credi di conoscere già." - Matteo Bussola

2Staffetta 15 - Episodio 4 Empty Re: Staffetta 15 - Episodio 4 Dom Gen 19, 2025 10:39 pm

Susanna

Susanna
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Avevo scritto un bel commento e puff, dai l'invio e sparisce. Spero di ricordarmi tutto.
Il tutto è un po' una perplessità, anche se mi piace come sta proseguendo il racconto. Un padre, che oltretutto sta sperimentando un prodotto molto pericoloso, lo avrebbe testato sul figlio e su un amico del figlio? Ovviamente se operasse in un laboratorio "ufficiale" seguirebbe dei protocolli, ma qui pare che "traffichi" con gli oppiacei, quasi un bricoleur. E lascierebbe in giro i risultati delle sue sperimentazioni, col rischio che il figlio o altre persone le usino? Questo lo vedo un po' zoppicante, al prossimo staffettista l'arduo lavoro di risolvere l'arcano


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"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"

3Staffetta 15 - Episodio 4 Empty Re: Staffetta 15 - Episodio 4 Ieri alle 11:34 am

M. Mark o'Knee

M. Mark o'Knee
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Grazie per il commento e le perplessità sollevate @Susanna. Si vede che non sono riuscito a spiegarmi bene. In effetti, non mi sembra di aver scritto che il padre di Marco operi al di fuori di un laboratorio (potrebbe lavorare nel proprio, gestito con la socia Irma), né che ha fatto esperimenti col figlio. La mia idea era che Marco fosse stato "drogato" da Irma per farsi dare i documenti.
Ma non aggiungo altro. Non voglio condizionare chi dovrà scrivere il prossimo episodio.
M.


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4Staffetta 15 - Episodio 4 Empty Re: Staffetta 15 - Episodio 4 Ieri alle 9:30 pm

Susanna

Susanna
Maestro Jedi
Maestro Jedi

M. Mark o'Knee ha scritto:Grazie per il commento e le perplessità sollevate @Susanna. Si vede che non sono riuscito a spiegarmi bene. In effetti, non mi sembra di aver scritto che il padre di Marco operi al di fuori di un laboratorio (potrebbe lavorare nel proprio, gestito con la socia Irma), né che ha fatto esperimenti col figlio. La mia idea era che Marco fosse stato "drogato" da Irma per farsi dare i documenti.
Ma non aggiungo altro. Non voglio condizionare chi dovrà scrivere il prossimo episodio.
M.
Scusa @M. Mark o'Knee se ho travisato, è che se mi immedesimo in un racconto... ci entro appieno, e mi capita di immaginare - ma è anche compito di noi lettori - qualcosa che non viene ancora esplicitato o che io immagino sia accaduto in un certo modo.
Mi sono cosparsa il capo di cenere, anche se non ho un camino lol!


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5Staffetta 15 - Episodio 4 Empty Re: Staffetta 15 - Episodio 4 Ieri alle 11:59 pm

M. Mark o'Knee

M. Mark o'Knee
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Perché la cenere, @Susanna? Fa bene ai capelli? Non è che poi qualcuno la scambia per forfora?
Scherzi a parte, non c'è niente di cui scusarsi. È importante confrontarsi ed è importante fare il massimo per farsi capire.
Vediamo se a @Achillu può andare bene proseguire così o se ritiene sia meglio che cambi qualcosa, seguendo le tue indicazioni.
M.


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