Dovevo parlarne a Peter, anche lui era stanco di vivere così.
La settimana prima, mio cugino, che vive dall’altra parte del muro, era riuscito a farmi avere una rivista in cui si parlava della manifestazione annuale di mongolfiere che si tiene ad Albuquerque in New Mexico e mi stavo rodendo il cervello a forza di pensare che avrebbe potuto essere un modo efficace per oltrepassare il confine.
- Guarda questa rivista, Peter, potremmo costruire un pallone aerostatico rudimentale. È il mezzo perfetto per oltrepassare il muro senza essere uccisi dalle vedette, evitare il filo spinato e le mine antiuomo. Dobbiamo trovare la forza di andarcene, dobbiamo fare in modo che i nostri figli vivano in una realtà migliore. Parlane a Doris, chiedile se se la sente, io ne parlerò a Petra.
- Gunter, sono convinto che potremmo farcela, ci vorrà un po’ di tempo, dovremmo organizzarci bene, e poi le nostre mogli certamente ci aiuteranno. Il cielo potrebbe essere la strada verso la libertà per le nostre famiglie.
Via cielo avevamo più possibilità di farcela, ma nessuna certezza. Eravamo coscienti che il fallimento avrebbe significato il carcere e la perdita della custodia dei nostri bambini, per non parlare poi del rischio di morire.
Insieme cercammo di progettare la cosa nei minimi dettagli, poi cominciammo a comprare enormi quantità di stoffa che io cucivo di nascosto con la macchina di mia moglie, mentre Peter adattava un bruciatore a propano e costruiva la struttura metallica che doveva contenere noi e le nostre famiglie, in tutto otto persone.
Avevamo calcolato che il pallone avrebbe dovuto avere un volume di circa 1.800 metri cubi, quindi le dimensioni dovevano essere di almeno 15 metri per 20; impiegai due settimane per
assemblare il tutto. Nel frattempo, Peter aveva costruito una cesta metallica in grado di contenerci tutti e aveva realizzato il bruciatore a metano collegando una bombola di gas a un tubo da stufa con delle valvole che permettevano di regolare la fiamma.
Eravamo pronti per il collaudo.
Emozionati, guardavamo in alto: un tratto di cielo per la nostra libertà.
Stendemmo la stoffa e accendemmo il bruciatore, ma il pallone non si gonfiava; era stato tutto inutile: avevamo usato un tessuto troppo poroso che non riusciva a trattenere l’aria calda.
Guardai il cielo con rabbia. Peter, con gli occhi lucidi, non diceva una parola.
Non poteva finire così, poichè non era il cielo che voleva non essere attraversato; c’era stato sicuramente un errore da parte nostra.
Diedi una pacca sulle spalle a Peter e gli dissi:
- Ricominciamo, troveremo un tessuto idoneo!
Dopo qualche giorno, Peter mi si avvicinò, con un sorriso smagliante. Mi disse:
- Ho trovato, spacciamoci per soci di un circolo velico e acquistiamo del taffetà, se va bene per trattenere il vento andrà bene anche per il nostro scopo!
Ricominciammo tutto, e in meno di un mese fummo pronti per il secondo collaudo.
Il pallone si gonfiò ma il gas finì in fretta e la stoffa, afflosciandosi, stava per prendere fuoco.
Spegnemmo in qualche modo le fiamme e ci guardammo sconsolati.
Tornato a casa ne parlai con Petra e ci trovammo d’accordo sul rinunciare al progetto: i nostri figli erano troppo piccoli, non potevamo permettere che accadesse loro qualcosa.
- Non ci riusciremo mai, il nostro sogno è finito!
Inutili furono i tentativi di Peter di convincermi a ritentare: non potevo rischiare la vita dei miei cari, proprio non me la sentivo.
Passò qualche mese quando ricevetti la visita di Peter.
Era agitatissimo.
Mi raccontò che, dopo aver perfezionato il bruciatore, era riuscito ad alzarsi in volo con la sua famiglia ma, dato che la rotta dell’aerostato non era controllabile e dipendeva dalla direzione del vento, erano solo riusciti ad avvicinarsi al muro atterrando in prossimità della zona minata.
Si erano allontanati, ma era solo questione di tempo: la Stasi avrebbe trovato i resti del pallone e avrebbe indagato. Erano in pericolo. Sarebbero risaliti facilmente a loro due.
Lo guardai per un istante, poi dissi:
- Non c’è tempo da perdere, dobbiamo fare in fretta!
Riprendemmo febbrilmente la costruzione di una nuova mongolfiera, che fu ultimata a settembre.
Dovevamo solo aspettare che le previsioni atmosferiche ci dessero un vento propizio.
La notte fra il 15 e il 16 era previsto vento teso da nord: era il momento.
Ci ritrovammo fuori dal villaggio, nella radura da dove avevamo deciso di partire e, ultimati i necessari preparativi, decollammo. Erano le due della notte.
Era necessario salire molto in alto, sia per prendere il vento sia per non essere intercettati dalla Stasi.
Più salivamo, più il freddo si faceva intenso. Il buio e il dondolio della cesta mossa dal vento spaventarono i bambini che, intirizziti, scoppiarono in pianto squarciando il pauroso silenzio che ci avvolgeva.
Passò una interminabile mezz’ora, poi il bruciatore smise di funzionare: forse il gas era finito.
Atterrammo violentemente.
Petra e Doris sanguinavano, ma avevano protetto i bambini con i loro corpi, mentre io avevo un dolore lancinante al braccio destro e non riuscivo a muoverlo.
Peter presentava un grosso taglio sulla fronte.
I bambini impauriti si stringevano alle loro madri.
Eravamo sperduti in un bosco.
Raccomandammo a Petra e Doris di non muoversi da lì, mentre noi ci allontanammo per cercare di capire dove fossimo finiti.
A poche centinaia di metri passava un’autostrada, un’auto della polizia veniva verso la nostra direzione.
Eravamo in apprensione. Poi il sollievo: indossavano una divisa diversa.
Ce l’avevamo fatta, eravamo in Baviera!
Scoppiammo in un pianto a dirotto, mentre i poliziotti ci aiutavano a raggiungere i nostri cari.
Sono qui seduto davanti alla televisione, come sempre guardo i notiziari politici.
Oggi ho un presentimento che qualcosa succederà.
In seguito alle proteste dei cittadini, che in massa si riversano sulle strade, il nuovo governo della DDR ha deciso di concedere il permesso per viaggiare nella Germania dell’Ovest.
Cambio canale freneticamente, mi sintonizzo sul canale ufficiale della DDR.
Trasmettono la conferenza stampa del ministro della propaganda Gunter Schabowski e un giornalista gli sta chiedendo quando entreranno in vigore le nuove “regole di viaggio”.
Le mie pulsazioni aumentano, aspetto per interminabili secondi la risposta:
- L’ordine ha efficacia immediata!
Sono libero da più di dieci anni ma nonostante questo l’emozione mi vince, mentre guardo in TV una moltitudine di persone che, armata di martelli e picconi, si ritrova nei pressi del muro per demolire il simbolo dell’oppressione.