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1Non ci sono più le mezze ragioni Empty Non ci sono più le mezze ragioni Mar Ott 08, 2024 6:54 pm

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Il giovanotto cercava impaziente con lo sguardo il cameriere. La ragazza mostrava di leggere la lista delle bevande. Negli altri tavoli qualche professionista, una coppia di anziani, gente qualunque, poco interessante. Io li vedevo da un po’, nel quartiere, e mi chiedevo quando lui si sarebbe deciso di fare qualcosa. Eccoli quindi: giovani, belli, desiderosi di un innamoramento che poteva anche nascere attorno a un aperitivo, perché no? Io fingevo di leggere il Sole, nella tarda mattinata di un giorno qualunque, rinfrescato da una brezza che muoveva l’aria primaverile ma, trovando più divertenti loro, li guardavo di sottecchi e scommettevo, fra me e me, cosa avrebbero ordinato. Immaginavo che lui avrebbe deciso per qualcosa di virile, alcolico, ma data la giovane età più in là di uno Spritz forse non sarebbe andato. Lei doveva rimanere lucida e mantenere il controllo, e forse avrebbe chiesto una spremuta. La ragazza, disturbata dal vento che aumentava d’intensità, cercava di allontanare i capelli dagli occhi con un movimento grazioso.
All’improvviso squillarono i cellulari di quasi tutti, tranne che della coppia anziana; chissà, forse non se l’erano portato, forse non avevano scaricato l’app della Protezione Civile, vai a capire. Prima ancora di leggere il messaggio avevo capito, ché mica squillano assieme i telefoni, con quella lugubre suoneria, appositamente fastidiosa e lancinante, se non c’è un’emergenza meteo.


Vento 35-38 nodi entro la prossima mezz’ora. Pericolo. Cercare immediatamente riparo sicuro.


38 nodi. Burrasca. Gli avventori del bar mostrarono la consueta gamma di comportamenti umani, da algida riflessione sul da farsi a isterico abbandono dei posti, mentre una sirena cittadina urlava il suo mieeee tanto per farci capire che dovevamo darci una mossa. Buttai un’altra occhiata al cellulare che indicava il rifugio più vicino: ottocento metri. Mica pochi, nel tempo che lasciavano queste mostruose ventate, repentine, subitanee, improvvise. Mi misi in cammino scorgendo, con la coda dell’occhio, i due ragazzi che erano impietriti, con i telefonini in mano, guardandosi l’un l’altra, non sapendo che fare. Sveglia, ragazzi! La dichiarazione d’amore eterno può attendere.
Mi incamminai con discreta baldanza, fra gente dallo sguardo sbarrato, passo veloce, bambini trascinati, finzioni di infingarda sicurezza del tipo “Cosa potrà mai capitare, proprio a me?”, anziani rassegnati con andatura incespicante. Io facevo parte della categoria infingarda, passo veloce ma senza ostentare panico, malgrado il vento avesse già iniziato ad aumentare d’intensità.
A duecento metri dal rifugio il telefono squillò nuovamente. Attorno a me decine di persone si cavavano di tasca il cellulare.


Previsione burrasca riclassificata tempesta; possibili venti 45-50 nodi. Pericolo grave. Cercare riparo immediato.


Fantastici questi messaggi! ‘Cercare riparo’, certo, bastava trovarlo. Arrivato al rifugio vidi subito, dalla ressa attorno all’ingresso, che non sarei mai riuscito a entrare. Qualcuno cominciava già a mostrare i muscoli, strattonare, imporsi per arrivare avanti, guadagnare l’ingresso, salvarsi. Fulgidi esemplari di coloro che sarebbero sopravvissuti a tutto e avrebbero formato il nerbo della società futura. Sempreché ne fosse rimasta una qualunque.
Era inutile insistere. Occorreva pensare a un piano B. A cinquanta nodi, sempreché la situazione non peggiorasse, occorreva cercare uno scantinato, o un edificio in pietra, comunque un riparo massiccio che, in città, era piuttosto difficile da trovare. Mica puoi suonare al primo palazzo che vedi e chiedere di entrare. Col cavolo che ti aprono! Pensa - mi dicevo - pensa in fretta.
Mentre la folla si ammassava e pestava davanti al rifugio, certamente ormai sovraffollato, mi accorsi che diversi negozianti di quella piazza stavano calando le saracinesche. Agii d’impulso e mi scaraventai sulla prima alla mia destra, che era ancora a mezza altezza.
Cosa vuole?” Fece impaurito il proprietario.
Tranquillo, cerco solo riparo.”
Se ne vada, se ne vada!” Esclamò quello, prossimo a una crisi isterica.
Piantala, cazzo!” Urlai con la faccia più feroce che ero in grado di produrre. “Finisci di abbassare questa saracinesca di merda, se no fra un attimo qui dentro trovi venti cazzoni meno cordiali di me, forza!”
L’uomo, piccoletto e quasi calvo, due occhiali enormi, abbondanza di sudorazione, si affrettò a completare la chiusura del negozio. Mi guardai attorno. Uno stupido rivenditore di cellulari, abbonamenti a fibre Internet e altre meraviglie.
Lui, scesa la serranda, mi guardò. Io lo guardai. “Beh?” Feci io. “Adesso dove andiamo?” Quello sembrò pensarci un attimo, per decidere se fidarsi di me, ma evidentemente comprese che non aveva molte alternative. “Venga.”
Aprì una porticina dietro il bancone, che dava accesso a un piccolo magazzino. Nel magazzino c’era una botola, che aprì.
Dove porta?”
In cantina. È una cantina. Sarebbe una sorta di secondo magazzino ma io sapevo che sarebbe arrivato questo momento. C’è acqua, un po’ di cibo e quel che serve.”
Hai capito l’ometto? Non gli davi un centesimo bucato, e invece…
Scendemmo, chiudemmo tutto, accendemmo una luce d’emergenza.
Malgrado la distanza, i rumori esterni arrivavano eccome.
Prima una sorta di fischio, che le pareti e la distanza rendevano sordo, ‘opaco’, se posso usare questo termine. Poi un tremito, sempre più forte. Mi immaginavo la scena fuori. Tutti quelli che non erano entrati nel rifugio erano ormai pupazzi sbattuti dal vento impetuoso. A tratti la luce si spense. Il telefonino era ovviamente morto. Tutto tremò per una mezz’ora buona ma l’edificio tenne.
Certo che se crolla,” pensai ad alta voce, “qui facciamo la fine del sorcio.”
Non crolla.”
Dopo una mezz’ora il sibilo diminuì d’intensità e a un certo punto tutto parve tranquillo. Ci guardammo.
Che si fa?”
Tu che dici?”
Apriamo?”
L’ometto salì i pochi scalini e girò cautamente la maniglia. Sollevò poco poco la botola. Una folata di aria gelida penetrò nella cantina.
Sembra tutto finito.”
Dai, usciamo.”
Il negozio non esisteva più. La serranda era una specie di coperchio di tonno aperto malamente e il bancone era rovesciato da una parte. Inutile parlare degli espositori e delle varie mercanzie. Forzammo l’apertura della saracinesca, senza grande sforzo perché era abbondantemente uscita dalle guide. La piazza prospiciente era un ammasso di tavolini, vetri, automobili rovesciate, oggetti e corpi straziati. Avanzammo di qualche metro, mentre si cominciavano a sentire decine di sirene di ambulanze, pompieri e forze dell’ordine. Io lo guardai.
Grazie.”
Sì, va bene.” Replicò l’ometto. Si girò e si occupò di ciò che restava del suo negozio, mettendosi le mani fra i radi capelli.
Era stata brutta. A marzo ce n’era stata un’altra, ma non così forte. Se non mi fossi infilato in quel negozio sarei stato un corpo fra i tanti, sbattuto qua e là, lacerato da una natura che alla fine, e nessuno era stupito, passava il suo portentoso aspirapolvere per dare una bella ripulita al pianeta.
Mentre mi incamminavo verso casa mi accorsi che il telefonino aveva ricominciato a funzionare e chiamai mia madre, che rispose affannata. Si era rifugiata in una camera interna e non c’erano stati danni, salvo qualche vetro rotto. Mia sorella invece non rispose fino a sera. Aveva perso il cellulare ma stava bene, lei abitava lontano, in montagna, ed era stata solo sfiorata dalla burrasca.
Il telefonino squillò ancora, questa volta col suono che significata ‘cessato allarme’, una specie di ua-ua fastidiosissimo.


Burrasca cessata. Seguono comunicazioni.


All’improvviso arrivavano, all’improvviso sparivano. A volte mezz’ora, a volte mezza giornata, altre volte giorni e giorni. I genovesi stavano ancora cercando di risollevarsi dopo la tempesta di giugno, durata ininterrottamente tre giorni; cose inspiegabili, inspiegate. Tanto, nessuno chiedeva più spiegazioni. Le comunicazioni reggevano finché reggevano, il piano-rifugi era rimasto qual pasticcio che s’era capito subito che sarebbe diventato. Si tirava avanti.
A sera lessi facilmente l’apprensione negli occhi di mia madre. L’appartamento era in un vecchio palazzone seicentesco, con mura larghe così. Ma pensava alla figlia.
Enrico,” mi disse, “come si fa con tua sorella?”
Cioè?”
Come ‘cioè’? È all’ottavo mese, fra un po’ dovrà sgravare, non può stare in cima a quel monte a fare finta di fare la contadina; deve venire in città.”
Mh.”
E bisogna andare a prenderla.”
Già.”
Quindi?”
Mamma, ho capito. Sono trecento chilometri, con gli ultimi sessanta di stradine di montagna; diciamo quattro ore se corro. Al ritorno dovrò andare piano, per lei; diciamo altre cinque come minimo.”
Beh?”
Beh, se arriva una tempesta come oggi, e ci trova in mezzo alla campagna, addio ai tuoi figli e addio futuro nipotino.”
O nipotina.”
Sì, non è questo il punto. È terribilmente rischioso, lo capisci?”
Ma è tua sorella, non ci pensi?”
Ci penso, certo, ma se non andava dietro a quella specie di hippie a vivere in una casa semi diroccata…”
Ma no, l’hanno aggiustata!”
“… adesso lei starebbe ben bene qui, con la famiglia, e portarla all’ospedale sarebbe semplice.”
E quindi?”
Mpf! Telefonale e chiedile quando vuole che vada.”
Fu così.
Tre giorni dopo ero alla guida della mia ibrida con una sacca di pronto intervento in caso di allarme meteo. Una sacca improvvisata, ovvio, con quello che pensavo potesse tornare utile. Capivo benissimo che era più un fatto psicologico, un cercare di sentirsi preparati. Tentai di andare abbastanza sostenuto sulle statali, rallentai sulla provinciale, poi dovetti fatalmente calare il ritmo perché la strada per arrivare da Lisa era poco più di una mulattiera. Comunque lei mi aspettava con la sua borsa, più una seconda con le cose utili per il nascituro. Più un lettino smontabile di seconda mano che le avevano regalato altri vicini hippie e un sacco di altre cazzate che, semplicemente, non entrarono in macchina. Il che voleva dire che non c’entrava neppure quell’insensato di Guido, il suo compagno, che non parve per nulla dispiaciuto di rimanersene da solo in quel ritrovo merdoso.
In macchina tutto andò come prevedibile. Prima parlammo del nascituro e Lisa non si trattenne dall’elencare gli orribili nomi che avevano pensato di imporgli; poi si rammentarono gli amici in città; poi si parlò della salute di mamma.
Poi il telefonino, come si poteva immaginare, squillò.


Vento forte 30 nodi entro la prossima mezz’ora. Pericolo. Previsione data in peggioramento 50% probabilità.


Lisa, danno vento forte.”
Beh, col vento forte si riesce a guidare, no?”
Ma sei pazza? Rischiamo l’incidente, e tu col pancione devi stare attenta. Poi lo danno in peggioramento. Occorre trovare un rifugio.”
E dove andiamo?”
Là,” feci, indicando un casolare sul finire dello sterrato, poco prima di immettersi sulla provinciale.
Arrivai fino al piazzale davanti alla porta. Il vento incominciava ad aumentare. Andai a bussare ma, anche se non rispose nessuno, sentii abbastanza chiaramente dei rumori all’interno.
Signori, aprite per favore, è un’emergenza. Mia sorella è all’ottavo mese… Lisa, fatti vedere. C’è l’allarme meteo e non abbiamo un posto dove ripararci.”
Nessuna risposta, ma questa volta il leggero scalpiccio all’interno fu chiarissimo. Bussai ancora, con più forza.
Mannaggia, vi sento! Aprite, per piacere, non abbiamo cattive intenzioni. Solo per il tempo della bufera.”
Niente. A me venne un nervoso che non si può capire. Il tempo passava, in cielo si andavano accumulando terribili nuvoloni neri sospinti da un vento che aumentava d’intensità minuto dopo minuto; mia sorella aveva gli occhi sbarrati mentre si massaggiava il pancione e quei bastardi, lì dentro, non ci volevano aprire.
Non ci vidi più.
OK, allora non c’è nessuno, è così? Bene, vediamo un po’ cosa posso fare.”
Andai alla macchina e tirai fuori, sotto la montagna di aggeggi e borse, la mia sacca di emergenza. Avevo messo anche un’ascia, e con quella cominciai a dare botte da orbi alla porta di ingresso, con la forza che mi dava la disperazione e la rabbia verso quelli dentro.
Si udì una voce.
Fermati, maledetto! Sono armato.”
Ah sì? Allora sentimi bene: o mi apri e mi fai entrare, o io spacco tutto e tu mi spari. Scegli tu.”
Vattene! Vattene maledetto. Guarda che non scherzo!”
Con un ultimo colpo la porta cedette di schianto e io, sullo slancio, quasi cascai nell’ampio locale dove due vecchi, stretti uno all’altra, mi guardavano spaventati e furiosi al tempo stesso. L’uomo aveva una doppietta e la teneva puntata verso di me.
Io ansimavo. L’uomo taceva. Fece capolino anche Lisa: “non sparate, per pietà! Sono incinta!” E così dicendo entrò mostrando il ventre gonfio.
Che ne so io?” Fece il vecchio. “Può essere una messinscena. Per rapinarci.”
Ma che cazzo dici, vecchio coglione?” Sbottai io. “Per rubarti cosa, quattro galline? Lisa, togliti la gonna, fa’ vedere che la pancia è vera.”
Togliermi la gonna, ma sei matto?”
Cazzo, fallo!”
Lisa la slacciò e abbassò quanto bastava mostrando la verità della gravidanza. Il vecchio guardò Lisa, poi la moglie, poi me.
Mi hai scassato la porta.”
Tu me l’hai fatta scassare, balordo di un vecchio egoista! Adesso sentimi bene. Hanno detto ‘Vento forte’, ma la previsione va peggiorando. Andiamo tutti al piano di sopra e aspettiamo. Se viene qualcosa di brutto la casa reggerà; poi parleremo del danno alla porta, se vuoi, e dopo ce ne andremo e amici come prima. Va bene?”
Il clima, già teso, fu in quel momento interrotto dal telefonino.


Previsione vento forte riclassificata burrasca, vento 35-38 nodi, in aumento. Pericolo. Dirigersi immediatamente in un rifugio o cercare riparo secondo le avvertenze diramare dalla Protezione Civile.


Merda. Dai, andiamo di sopra.”
Ma la porta è rotta, e se entrano i ladri?”
Ma sei proprio stupido; secondo te con la burrasca imminente arrivano i ladri?”
Sì, lo so, erano vecchi ed erano spaventati, e quella era casa loro e, specialmente, il fucile l’aveva lui. E quando un’anta della porta d’ingresso, rimasta pericolante dopo i miei colpi, spinta dal vento crollò con un rumore improvviso, il vecchio sobbalzò, il dito sul grilletto gli si contrasse e sparò. Ma per lui, ormai, l’arma era pesante, faticava a tenerla in linea e il colpo non mi prese.
Colpì in pieno Lisa, invece, che stramazzò a terra senza un grido.
Luigi, cos’hai fatto!" Esclamò la vecchia.
Lui era attonito. Guardava la scena quasi senza capire. La moglie si mise a piangere.
Io sentii un’angoscia insopprimibile svuotami il petto. Come se il tempo si fosse fermato, le emozioni evaporate, i pensieri rallentati. Strappai il fucile di mano al vecchio e d’impulso gli sparai in faccia. Poi presi la doppietta per le canne e la calai sulla testa della donna che precipitò tramortita, o morta, francamente non mi importava niente.
Stavo per correre al piano di sopra quando vidi per terra il telefono dell’uomo col quadrante illuminato da un messaggio. Mi chinai, lo raccolsi e lessi:


Papà arriviamo appena possibile, tu non farli entrare.


Merda. I figli. Chi glie lo spiegava, adesso, questo casino? Scusate ragazzi ma c’è stato un malinteso e sono morti tutti? Mi affacciai alla porta: il vento stava diventando molto forte e capii che a breve si sarebbe scatenato il consueto inferno. Chiunque volesse arrivare avrebbe dovuto aspettare la fine del maltempo. Diedi un ultimo sguardo al corpo di Lisa, lei con gli occhi spalancati nello stupore della morte e, poco prima che si scatenasse la furia di Eolo, feci in tempo a salire le scale, barricarmi in camera da letto con i materassi alle finestre e mettermi ad aspettare la fine di quella che, intanto, era stata riclassificata Tempesta violenta.
Durò fino a notte fonda, e una volta constatato che la casa reggeva bene, ho scritto tutto questo resoconto sul mio smartphone per inviarlo a mia madre appena possibile.


Cara mamma, mi dispiace per tutto. Non ho saputo proteggere tua figlia e il nipotino. E temo che non saprò proteggere neppure me. La macchina è stata trascinata dalla furia del vento in un fosso profondo. Impossibile per me tornare a casa. A piedi, forse, potrei provare, ma qualcosa mi dice che i figli dei due vecchi stanno arrivando. Potrò fingere? Mentire? Cercare di difendermi? Che tipi sono? Concilianti, violenti?
Insomma, vedremo come finirà questa storia ma, intanto, volevo che tu sapessi tutto.
Ti abbraccio con amore. Mi dispiace di averti delusa. Spero che ci rivedremo.


-


Caro figlio, dopo una settimana dal tuo messaggio avevo capito, non vedendoti tornare; e il dolore immenso, indescrivibile, di madre si è trasformato in un odio nero come la pece vero i tuoi carnefici. Non è stato difficile individuare il casolare dove ti ho visto lasciato morto in un fosso, divorato dagli animali, neppure la dignità di una sepoltura. Facile, poi, risalire ai figli. Facile anche trovare chi mi aiutasse nel lavoro, ché ormai gente senza scrupoli si trova a passeggio per il corso a ogni ora. Io ho usato la pistola di tuo padre, che dio l’abbia in gloria, e alla fine li abbiamo ammazzati come cani, loro e le loro famiglie. Mentre facevamo quello che dovevamo fare ho vissuto una sorta di epifania, di illuminazione profetica. Ho capito, con inusuale chiarezza, che siamo noi burrasca, siamo noi tempesta e uragano. Questo terribile cambiamento climatico è stato solo l’innesco per rivelare, a noi stessi, chi siamo veramente. Fanculo società, contratto sociale, giustizia, convivenza, cinquemila anni di civilizzazione del cazzo. La primitiva amigdala è sempre rimasta lì, nel nostro cervello, a dettare le sue condizioni: sopravvivere, sopraffare, dominare, vendicare.
Cosa dovrei fare della mia vita, a questo punto? Ecco perché, caro maresciallo, mi troverà a casa ad aspettarla. Mi consegno a lei, che ancora resiste e cerca di mantenere ordine col cucchiaio della legge e del dovere, mentre il mare della distruzione ci va travolgendo. Consideri pure questa una confessione, faccia quello che le pare.
Il telefono squilla. È un nuovo allarme tempesta. Uffa. Mi toccherà aspettarla finché non passerà.

2Non ci sono più le mezze ragioni Empty Re: Non ci sono più le mezze ragioni Mer Ott 09, 2024 12:21 pm

FedericoChiesa

FedericoChiesa
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Dai, questa volta inizio io: dopotutto che fare, con il culo sull'aereo in attesa che mi facciano spegnere il telefonino?
Piaciuto, scritto bene, originale.
Dialoghi sciolti, naturali scorrevoli.
Ovviamente il titolo azzeccato, con il cerchio che si chiude sulle riflessioni dell'animo umano, più distruttivo delle peggiori tempeste.
Il finale alla Tarantino ci sta bene, forse un po' più di sangue ci poteva stare bene.

3Non ci sono più le mezze ragioni Empty Re: Non ci sono più le mezze ragioni Sab Ott 12, 2024 11:10 am

ImaGiraffe

ImaGiraffe
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Titolo pazzesco!
Fino all’arrivo nella casa degli anziani, mi hai completamente catturato. Poi, con l’uccisione così “casuale” di Lisa, la discesa nella follia è stata troppo repentina. Avresti potuto far morire Lisa sulla porta, senza la scena in cui mostra la pancia, e sarebbe stato un ottimo punto di svolta per le cose che succedono dopo. Così com'è, sembra molto forzato. 
Il messaggio che volevi trasmettere è azzeccatissimo e mi è piaciuto molto, ma questo cambio così rapido e la "fretta" nel finale mi hanno disturbato. Forse, se avessi accorciato la parte del negozio, avresti avuto più tempo per descrivere la vendetta portata a termine dalla madre dandogli il giusto valore e la giusta forza. Così risulta solo frettoloso e quindi l'effetto "forzato" si percepisce di più.

4Non ci sono più le mezze ragioni Empty Re: Non ci sono più le mezze ragioni Sab Ott 12, 2024 11:53 am

tommybe

tommybe
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Il migliore racconto che ho letto. Vento e angoscia si sommano alla cattiveria umana.
Immagini nitide e, dispiace dirlo, credibili scritte da un visionario, vista l'abilità nel predire le tempeste in atto in tutto il continente.
Piaciuto parecchio.

5Non ci sono più le mezze ragioni Empty Re: Non ci sono più le mezze ragioni Sab Ott 12, 2024 5:24 pm

Byron.RN

Byron.RN
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Allora, il racconto mi aveva convinto sino alla parte finale in cui entrano in ballo le riflessioni della madre del protagonista.
Trovo ben realizzato il clima d'incertezza creato dai repentini e distruttivi cambiamenti climatici, la diffidenza che serpeggia tra la gente e di cui abbiamo degli assaggi anche oggi. Questo quadro d'insieme che hai creato lo reputo calzante e coerente.
Ciò che trovo stonata è la voce della madre. Non vorrei avere dei pregiudizi, ma quella voce l'ho trovata posticcia e artificiosa in troppe espressioni: odio nero come pece, epifania e illuminazione profetica, fanculo società, contratto sociale, primitiva amigdala, lei che cerca di mantenere ordine col cucchiaio della legge, ecc...
Dico la verità, avrei trovato il tutto eccessivo anche in bocca a un altro personaggio, ma in bocca a una madre che ha perduto praticamente due figli in un colpo solo quella parte mi ha fatto uscire dalla storia. Non so come dire, c'è troppo filosofeggiare e poca spontaneità in quelle righe conclusive.

6Non ci sono più le mezze ragioni Empty Re: Non ci sono più le mezze ragioni Mar Ott 15, 2024 12:34 pm

Fante Scelto

Fante Scelto
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

A me del racconto è piaciuta soprattutto l'idea. Certo, non è originale in sé, abbiamo visto e letto già un po' di tutto tra tempeste solari, uragani, neve, terremoti ecc. ma in questo caso è tutto reso con una certa scioltezza che rende la lettura affabile e scorrevole.
Mi convince meno la plausibilità del tutto. 
Il piano-rifugi mi lascia immaginare che le raffiche di vento siano ormai un problema cronico, che c'è da tempo, ma la violenza delle manifestazioni cui assistiamo nel racconto è tale che difficilmente una società può continuare a esistere e funzionare come la scena iniziale dell'aperitivo suggerisce, o i negozi in attività, o altre parvenze di "normalità" che nella storia affiorano tra le righe.
Allo stesso modo, una tempesta capace di scardinare la grata di un negozio e far crollare certi palazzi, difficilmente potrà essere arginata con dei materassi alle finestre, come nella scena finale. O da una porta che può essere abbattuta a colpi d'ascia.
La presenza di una porta sfondata, oltretutto, con un vento del genere trasformerebbe l'interno della casa in un vortice di risucchio, o qualcosa del genere. Difficile pensare che i corpi delle tre vittime rimangano lì o che, comunque, ne resti abbastanza da far capire ai figli la dinamica dell'omicidio (e darne la colpa al protagonista).

Insomma, tanti aspetti che possono sembrare secondari, ma che in un racconto di questo genere sono in realtà importanti per tenere alta la credibilità della storia.

Bene qui l'introduzione, anche se minimale, della madre nella prima parte del racconto, così da farla subentrare a decesso del narratore avvenuto.

La scrittura è valida e buona, ma non mi convince l'uso di parecchi termini desueti ("infingardo" lo leggevo sul Topolino degli anni '90!). Che ci stanno anche, caratterizzano in modo un po' strano il personaggio ma mi lasciano egualmente perplesso. Sensazione che aumenta esponenzialmente nel paragrafo finale con voce della madre, che ha un parlato molto asettico.

In definitiva, bella l'idea meno la realizzazione, almeno dal punto di vista della credibilità della storia che per me è sempre un parametro importante.

7Non ci sono più le mezze ragioni Empty Re: Non ci sono più le mezze ragioni Mar Ott 15, 2024 2:21 pm

M. Mark o'Knee

M. Mark o'Knee
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Dopo l'incontro con lo stile King/Bukowski, ecco qui un tentato mix di Bukowski e Tarantino: periodi brevi, ritmo sincopato e scene sanguinolente, fra Post office e Pulp fiction. Comunque penso che nemmeno il vecchio Charles avrebbe messo in bocca a una madre l'espressione "sgravare" al posto di "partorire", specialmente se rivolto alla propria figlia.
Anche se la scrittura è buona e il racconto si legge piuttosto bene, non mancano le incongruenze.
Per esempio, la frase "Mica puoi suonare al primo palazzo che vedi e chiedere di entrare. Col cavolo che ti aprono!" dovrebbe essere tolta, dato che è proprio ciò che capita a lui arrivando al casolare degli anziani.
Dovrebbe essere snellita anche tutta la scena del negozio, che mi sembra serva solo a sottrarre spazio ad altre situazioni più meritevoli di attenzione e approfondimento: come per esempio la parte della vendetta della madre, sbrigata un po' frettolosamente.
Sempre a proposito della madre, sarebbe da rivedere la frase "individuare il casolare dove ti ho visto lasciato morto in un fosso". Così com'è risulta un po' confusa (dov'è che lo ha visto, nel casolare o in un fosso?); forse basterebbe inserire un "vicino a" per chiarire il tutto ("individuare il casolare vicino a dove ti ho visto lasciato morto in un fosso").
Ancora nel finale, tutto il pezzo che va da "Mentre facevamo quello che dovevamo fare" fino a "sopravvivere, sopraffare, dominare, vendicare" appare artificioso e pieno di termini che suonano stonati in questo contesto (a partire da "una sorta di epifania, di illuminazione profetica"); è la confessione di una madre che ha appena perso due figli e si è macchiata di orribili delitti, non la sparata filosofeggiante del so-tutto-io di turno in prima serata TV.
Un lavoro che potrebbe essere degno di nota per l'idea, ma non per come è stata concretizzata.
M.


______________________________________________________
"E perché è più utile scrivere di ciò che vuoi conoscere meglio, invece di ciò che credi di conoscere già." - Matteo Bussola

8Non ci sono più le mezze ragioni Empty Re: Non ci sono più le mezze ragioni Mer Ott 16, 2024 1:04 am

caipiroska

caipiroska
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Un racconto distopico dove l'umanità si trova costretta ad affrontare una terribile minaccia naturale. Trovo che l'idea sulla quale si basa il racconto sia interessante e aperta a molteplici possibilità, ma credo che la resa finale del testo non renda sufficiente giustizia all'intuizione dell'autore.
Questa sensazione probabilmente deriva dal fatto che, a mio avviso, la narrazione non è adeguatamente bilanciata: la tragedia imminente che porta morte e distruzione, sembra sfiorare appena la vita del protagonista che osserva gli altri con uno strano e ironico distacco, senza mai essere davvero colpito e destabilizzato dagli eventi climatici estremi che vive.
I vari personaggi secondari che entrano in scena (i ragazzi al bar, il venditore di cellulari) sono molto ingessati nei loro ruoli e non lasciano trapelare lo smarrimento e la paura che dovrebbero vivere in questa tragica situazione.
Da qui la sensazione di sbilanciamento: si descrivono le situazioni (forse è troppo lunga la scena all'interno del negozio) e si trascura un po' il decadimento della mente umana verso la pazzia, vero cardine sul quale doveva ruotare il testo per giustificare meglio la follia della scena degli omicidi.
Mi spiego meglio: la morte di Lisa e dei due anziani, con il successivo assassinio di Enrico e con la fredda vendetta della madre, si discostano molto dalla scena iniziale dei due timidi innamorati o del negoziante riluttante: situazioni quest'ultime quasi normali in balia di un mondo che invece sta uscendo dai binari della normalità.
Credo che sarebbe stato interessante soffermarsi di più sulla generale discesa verso la follia nella fetta di umanità tirata in ballo nel racconto.
Cito come esempio il film La notte del giudizio dove normalità e follia sono mescolate insieme in maniera convincente.
L'intervento della madre potrebbe apparire freddo e distaccato, ma inserito in un contesto di deriva della moralità potrebbe essere legittimo e accettato: ecco, di questo testo robusto e intenso mi è mancato questo passaggio che giustificherebbe tutti i comportamenti dei personaggi, ovvero la follia e la conseguente distorsione della realtà.
Ecco, a mio parere un po' di psicologia deviata avrebbe arricchito e completato il testo in modo più efficace. 
Come suggerisce anche  @FedericoChiesa in un testo del genere ci avrei visto bene un bel po' di sangue e, perchè no, anche qualche scena vicina allo splatter.

Glielo si scrive tutto attaccato.

9Non ci sono più le mezze ragioni Empty Re: Non ci sono più le mezze ragioni Mer Ott 16, 2024 8:17 am

AurelianoLaLeggera

AurelianoLaLeggera
Younglings
Younglings

A me il racconto stava piacendo molto, fino al punto in cui dice:

"Durò fino a notte fonda, e una volta constatato che la casa reggeva bene, ho scritto tutto questo resoconto sul mio smartphone per inviarlo a mia madre appena possibile."

In questa frase ci sono diverse cose che non tornano. 
La prima cosa che ho pensato: questo sarebbe un messaggio su un telefono? Ammesso che lo sia, in una situazione del genere, perché dovrebbe scrivere alla madre della scena del negozio, o raccontare quelle cose sulla sorella che la madre ovviamente già sa. 
Anche il tempo usato: "Durò fino a notte fonda", scrivi, come se stessi raccontando eventi accaduti nel passato e non una cosa appena accaduta. 
Insomma è un peccato perché, almeno per me, qui è crollata la credibilità e si sono viste tutte le altre "magagne" che già gli altri hanno evidenziato.

Però ti faccio i complimenti per la scrittura, bella scorrevole, con buoni dialoghi.
Grandi potenzialità, buona l'idea, non la resa.

Benedetti contest! Tanto utili ma così infidi.

Grazie

10Non ci sono più le mezze ragioni Empty Re: Non ci sono più le mezze ragioni Gio Ott 17, 2024 1:57 pm

Giammy

Giammy
Padawan
Padawan

Cosa dire di questo racconto? Che è svoltato in una direzione inaspettata, per poi riuscire a sorprendere nuovamente con la confessione della madre.
Caro autore, sei creativo e per certi aspetti distruttivo, per rimanere in tema con la burrasca e con l’epilogo della storia.
Con un testo così lungo non è facile mantenere il ritmo e l’attenzione e tu ci sei riuscito.
Però, i personaggi restano sullo sfondo e soprattutto il protagonista è distaccato in ogni azione, almeno questa è la mia impressione. Anche quando muore la sorella, oltre alla reazione istintiva di vendicarsi, prosegue nei ragionamenti come se non fosse davanti a lui, morta. Questo per me è un aspetto importante, aspetto che io stesso spesso ho ignorato nei miei racconti, tutto preso dalla narrazione.
In conclusione, il racconto è interessante ma non mi ha convinto del tutto.

11Non ci sono più le mezze ragioni Empty Re: Non ci sono più le mezze ragioni Ven Ott 18, 2024 11:28 pm

Susanna

Susanna
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Il titolo è proprio emblematico. È sempre più “normale” che nessuna delle parti in conflitto rinunci a qualcosa per raggiungere un punto di equilibrio, che si allontani dal punto di non ritorno per tutti.
Figuriamoci in un momento in cui la quotidianità viene scossa da eventi straordinari, previsti, annunciati e inattesi al contempo, quando le persone, per la propria sopravvivenza, diventano egoiste all’ennesima potenza, la ragione pare non avere più una sua collocazione né ragion d’essere, sopraffatta dalla brutalità dettata dall’istinto appunto di sopravvivenza.
Un racconto che mette ansia, nella parte iniziale: una giornata tutto sommato “normale”, sia pure col pericolo sempre in agguato di queste tempeste di vento, che evolve in momenti di sempre maggior tensione: la ricerca di un rifugio, il rifiuto di un aiuto, un aiuto preteso, il viaggio che da momento di speranza si trasforma in tragedia. Una tragedia per cui si cercano le attenuanti, il modo di giustificare le morti. La parte raccontata dalla madre può, ad una prima lettura, essere disturbante, quasi una rottura con l’immagine di una madre che deve vivere il dolore in modo “buonista”: lacrime, struggimento, disperazione. Qui invece è stato tutto stravolto, entra in scena prepotentemente il desiderio di vendetta, quel desiderio che a parole viene tenuto a bada ma che in certe situazioni si affaccia nei pensieri di chi vive determinate situazioni. E se capita nella realtà, di non resistere alla tentazione di pensare alla vendetta (e magari non solo a pensarci…) in un racconto freni tirati non ce ne sono.
A parte un paio di refusi (ho segnato questo il piano-rifugi era rimasto qual pasticcio), la scrittura è buona, il ritmo tiene bene fino al finale, la ripetizione dei messaggi della protezione civile scandiscono l’escalation della vicenda. Unica nota l’ultima frase l’avrei staccata con uno spazio, perché io l’ho intesa pensata dal maresciallo.


______________________________________________________
"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"

12Non ci sono più le mezze ragioni Empty Re: Non ci sono più le mezze ragioni Sab Ott 19, 2024 6:45 pm

paluca66

paluca66
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Un racconto interessante che si svolge bene per tutta la durata della prima parte fino a quando la madre chiede al protagonista di recarsi a recuperare la sorella, poi si fa via via più confuso e sempre meno credibile finendo con perdere mordente nonostante quel finale violento e sorprendente.
Tra i racconti letti questo, purtroppo, è uno di quelli che meno mi convince in relazione alla parte della madre sopravvissuta che scrive al figlio (anche lei su un telefonino?) intendendo lasciare un messaggio al maresciallo che la troverà ad aspettarlo (suppongo viva).
E anche il fatto che tutto il racconto del protagonista sia solo un lungo messaggio lasciato sul telefonino per la madre finisce per apparirmi eccessivo.
La scrittura rapida, nervosa, è adatta al tipo di racconto scelto che si legge rapidamente e con semplicità.
Peraltro segnalo alcuni punti che non mi hanno convinto:
quando lui si sarebbe deciso di fare qualcosa
preferisco "a"
Io fingevo di leggere il Sole, nella tarda mattinata di un giorno qualunque, rinfrescato da una brezza che muoveva l’aria primaverile ma, trovando più divertenti loro, li guardavo di sottecchi e scommettevo, fra me e me, cosa avrebbero ordinato.
Frase un po' troppo lunga, l'avrei spezzata.
il piano-rifugi era rimasto qual pasticcio che s’era capito subito che sarebbe diventato
quel
cercare riparo secondo le avvertenze diramare dalla Protezione Civile
diramate
Io sentii un’angoscia insopprimibile svuotami il petto
svuotarmi
in un odio nero come la pece vero i tuoi carnefici.
verso


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Non ci sono più le mezze ragioni Badge-3

13Non ci sono più le mezze ragioni Empty Re: Non ci sono più le mezze ragioni Dom Ott 20, 2024 10:07 am

Gimbo

Gimbo
Padawan
Padawan

Il racconto offre uno scenario che unisce elementi di tensione con la complessità dei rapporti umani, il tutto in un contesto di sopravvivenza durante eventi climatici estremi. Gestita bene l'atmosfera apocalittica, resa viva da dettagli realistici e situazioni caotiche, alternando riflessioni interiori e azioni concitate.
Il contrasto iniziale tra la quotidianità e la tragedia imminente è ben orchestrato. Tuttavia, il passaggio a situazioni di violenza più estrema, come lo scontro nel casolare, segna una svolta decisamente più cruda e violenta, che risulta un po' eccessiva in relazione al tono precedente.
Il protagonista è interessante nella sua ambiguità morale. È un uomo pratico, ma la sua trasformazione nel finale, spinta dalla disperazione, lascia spazio a riflessioni più cupe sulla natura umana di fronte al pericolo estremo. Tuttavia, alcuni passaggi, come la reazione spropositata del vecchio con la doppietta e la conseguente escalation di violenza, risultano eccessivamente affrettati, quasi forzati per alimentare la tensione.
Il finale è toccante ma sembra affrettare troppo il climax narrativo, lasciando con molte domande senza una conclusione pienamente soddisfacente. Nel complesso il racconto presenta un buon equilibrio tra realismo e tensione fino alla parte centrale, ma tende a sbilanciarsi nel finale, pur mantenendo una struttura avvincente e ben scritta.

14Non ci sono più le mezze ragioni Empty Re: Non ci sono più le mezze ragioni Mar Ott 22, 2024 12:36 am

Albemasia

Albemasia
Padawan
Padawan

Un racconto distopico dove l'ansia ben si percepisce fin dall'inizio, grazie allo scandire dei messaggi diramati sui telefonini, presagi di sventura. 
In un'atmosfera da "sopravvissuti", quali sono sia i personaggi che animano la storia, sia le comparse sullo sfondo, desta un certo stupore il fatto che tutti questi conducano una vita pseudo-normale, pur nella consapevolezza che la vita di ognuno è appesa a un filo che potrebbe spezzarsi al primo alito di vento, appunto. Questa apparente contraddizione mi ha ricordato una frase che sentii pronunciare una volta da mia nonna, quando le chiesi come potessero riuscire a vivere la quotidianità in tempo di guerra, nonostante l'angoscia costante dei bombardamenti e delle rappresaglie. Lei mi rispose che alla fine ci si abitua a tutto, perfino alla morte.
Ecco che forse anche questi personaggi vivono il pericolo imminente come una fatalità inevitabile e quindi da accettare.
Il racconto mi è piaciuto incondizionatamente fino al momento in cui la coppia di fratelli arriva al casolare e cerca di entrare, poi a quel punto la situazione precipita e mi sembra che gli eventi si accavallino senza alcun freno.
Anche il discorso finale della madre mi sembra completamente disallineato con il dialogo che avviene tra il figlio e la madre, quando questa lo esorta a recuperare la sorella per portarla in città. Come se questa madre, dopo la morte del figlio, si fosse trasformata in un vendicatore-filosofo: poco credibile.
Comunque nel complesso è un racconto che ho apprezzato anche per la scrittura, nonostante alcuni refusi, che ti sono già stati segnalati.

15Non ci sono più le mezze ragioni Empty Re: Non ci sono più le mezze ragioni Mar Ott 22, 2024 11:59 am

Menico

Menico
Padawan
Padawan

Racconto ben scritto, avvincente, con un ritmo che non ti lascia fiato.
I personaggi sono ben caratterizzati anche se marginali alla storia.
L'unica cosa che mi lascia perplesso è il cambiamento della madre che da amorevole e apprensiva per i figli diventa addirittura feroce nella sua vendetta, ma forse è quello che l'autore vuole descrivere.
Ottimo lavoro.


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Come l'acqua che scorre, sono un viandante in cerca del mare. Z. M.

16Non ci sono più le mezze ragioni Empty Re: Non ci sono più le mezze ragioni Mar Ott 22, 2024 12:02 pm

Menico

Menico
Padawan
Padawan

A proposito dei personaggi intendevo  dire che sono ben delineati anche quelli secondari.


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Come l'acqua che scorre, sono un viandante in cerca del mare. Z. M.

17Non ci sono più le mezze ragioni Empty Re: Non ci sono più le mezze ragioni Mer Ott 23, 2024 9:33 am

Claudio Bezzi

Claudio Bezzi
Padawan
Padawan

Scrittura (sotto il profilo formale: correttezza ortografica e sintattica, punteggiatura sintatticamente corretta…): Alcuni refusi segnalati già da altri commentatori.
Trama (originalità, ritmo, logica degli eventi, spessore personaggi, plausibilità narrativa, finale…): il pretesto della furia del vento come metafora della cattiveria umana; c’è un incipit che spiega il contesto, l’episodio drammatico e un finale inatteso con una madre che sfida i cliché per operare la sua vendetta; il racconto riesce a evitare la didascalicità delle spiegazioni e si pone provocatoriamente in antagonismo con diversi luoghi comuni
Qualità narrativa (scelte lessicali, punteggiatura funzionale, prosodia, poeticità, dialoghi, “morale”…):  C’è una scelta stilistica precisa nel rendere sostanzialmente anaffettivo il protagonista, per renderlo credibile in un contesto che - come bene descritto sin dal titolo - è diventato crudele e disumano.


______________________________________________________
L'uomo fa il male come l'ape il miele (William Golding).
https://alamagoozlum.blog

18Non ci sono più le mezze ragioni Empty Re: Non ci sono più le mezze ragioni Mer Ott 23, 2024 10:24 am

vivonic

vivonic
Admin
Admin

Questo racconto è una bomba, degno del miglior King, per quanto mi riguarda.
Mi hai tenuto incollato allo schermo, ma non solo la prima volta che l'ho letto: anche stavolta, nonostante me lo ricordassi perfettamente.
Al netto di qualche refuso, la scrittura è ottima e corretta. Nessun consiglio da parte mia: soltanto tanti complimenti!


______________________________________________________
Un giorno tornerò, e avrò le idee più chiare.

19Non ci sono più le mezze ragioni Empty Re: Non ci sono più le mezze ragioni Gio Ott 24, 2024 10:13 am

Molli Redigano

Molli Redigano
Maestro Jedi
Maestro Jedi

La scrittura mi è piaciuta: molto diretta e senza fronzoli che avrebbero appesantito la narrazione. Una scrittura che definirei d'azione, intesa sia come movimento fisico che virtuale, inteso come descrizione di emozioni, sentimenti, stati d'animo.

Vero, ora il racconto è distopico, ma in un futuro non troppo lontano potrebbe essere realtà. Soprattutto per quanto concerne il degrado generale della società. Ha ragione la madre del protagonista nella sua confessione finale: il vero cancro è l'umanità, non certo i cambiamenti climatici.

Non mi aspettavo un fanale così tragico, lo ammetto, tuttavia questa scelta ha dato una vera scossa al racconto descrivendo bene una versione del "destino" alla quale (probabilmente) andremo incontro.

Arvedse!

20Non ci sono più le mezze ragioni Empty Re: Non ci sono più le mezze ragioni Gio Ott 24, 2024 11:18 am

CharAznable

CharAznable
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Raramente trovo dei racconti che mi piacciono in toto. E, fortunatamente, questo è uno di quei rari casi. La trama è ben strutturata. Il contesto è credibile e ben costruito. Belli i dialoghi. Non saprei davvero cosa aggiungere.
Ottimo lavoro.
Complimenti.


______________________________________________________

I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto. Gli altri fanno volume.

21Non ci sono più le mezze ragioni Empty Re: Non ci sono più le mezze ragioni Gio Ott 24, 2024 1:02 pm

Petunia

Petunia
Moderatore
Moderatore

Il primo racconto che ho letto e pure l’ultimo che commento. Mi pare un lavoro davvero ben riuscito. Il testo è ricco di sfumature (e di vento) dall’incipit alla conclusione che, nonostante avesse un sapore tragico già previsto, riesce a sorprendere. Anche il lessico è ricco e appropriato.
A questo punto è una questione di gusto di lettura perché sono davvero molti i racconti ben riusciti!

22Non ci sono più le mezze ragioni Empty Re: Non ci sono più le mezze ragioni Lun Ott 28, 2024 8:53 am

Hellionor

Hellionor
Admin
Admin

Anche per me questa è stata la prima lettura, e nei giorni mi è rimasta impressa specialmente la prima parte.
Un racconto che scorre bene, con una voce narrante incisiva e coerente.
Poi come capita nei film horror si susseguono una serie di eventi e di scelte conseguenti che non mi convincono totalmente.
Andare a prendere la sorella in culonia, per esempio.
Sono sempre scelte che mi lasciano perplessa, per quanto siano funzionali al resto della storia.
In ogni caso è un racconto ben condotto e ben costruito, una lettura scorrevole che mi ha convinta quasi completamente.
Ele

23Non ci sono più le mezze ragioni Empty Re: Non ci sono più le mezze ragioni Lun Ott 28, 2024 10:32 am

Akimizu

Akimizu
Cavaliere Jedi
Cavaliere Jedi

Caro figlio o caro maresciallo? A chi si sta rivolgendo la madre nel suo soliloquio finale? Boh. Ecco, boh è stato il mio commento a parecchi passaggi di questo racconto, che tra l'altro ti hanno già segnalato, caro autore. Ora, naturalmente non pretendo certo che tutto sia coerente, so sospendere abbastanza bene l'incredulità, ma in un racconto che vuole comunque non discordarsi troppo dalla realtà (soprattutto per la "morale" finale lo dico, che sembra lanciare quasi un anatema universale) più si è credibili e meglio è. Inoltre ho trovato decisamente arido il racconto, poco emozionale. Hanno appena ucciso la sorella col nipote in grembo e lui che fa? Uccide tutti, sale al piano di sopra e mette un materasso nella finestra. Non porta con sé il cadavere della sorella per preservarlo, non lo piange. Boh, appunto. La scrittura invece è decisamente convincente, scorrevole, corretta, centrata. A rileggerci!

24Non ci sono più le mezze ragioni Empty Re: Non ci sono più le mezze ragioni Gio Ott 31, 2024 8:53 pm

Petunia

Petunia
Moderatore
Moderatore

Non ci sono più le mezze ragioni Empty Re: Pachamama! Quarto Step - Vincitori e Classifica

Non ci sono più le mezze ragioni Empty Da Claudio Bezzi Oggi alle 4:38 pm


Il mio terzo tempo 

Con petizione finale



Prima di tutto i ringraziamenti: a chi permette a DT di esistere, di curare il concorso e le altre iniziative e così via. So per esperienza che ci vuole una pazienza e una determinazione particolare (io non ce la farei) e quindi grazie di cuore. Poi grazie a chi mi ha letto e apprezzato e a chi mi aiuta con commenti costruttivi e utili per migliorare la mia scrittura.


Poi i complimenti a chi a vinto, chi ha quasi vinto, a chi scala la classifica, a chi non la scala ma continua a scrivere; il punto non è affatto che l’importante è partecipare; l’importante è avere una spina che infastidisce, un prurito che non si riesce a grattare, il bisogno di un confronto che ci tiene incollati alla tastiera per ritrovarci poi qui. Evviva a tutti.


E ora, come sempre, il mio terzo tempo che sarà luuungo e prolisso, perché mi interessano gli argomenti e i pensieri, assai più dei ‘mi piace’ o ‘non mi piace’. E come sempre mi trovo abbastanza d’accordo con alcune osservazioni e in disaccordo con altre; spiegare il perché delle une e delle altre è un modo per aiutarci a ragionare e a scrivere meglio (io, voi, la nostra comunità).


Scrittura
1. Gli errori
Arrivato a un certo punto pensavo di essere riuscito a scrivere, finalmente, un pezzo con zero errori. Mica vero: @Susanna ha scoperto ‘qual’ invece di ‘quel’ e lì per lì mi sono detto “va be’, dai, questa volta un solo errore”; poi si è aggiunto anche @paluca66 che si è scatenato e ne ha trovati, oltre al precedente, ben altri TRE. Ma porca miseria! (I miei sinceri complimenti a Paluca: anche in altri racconti sei un correttore di bozze fantastico).
Invece il ‘glie lo’ segnalato da @caipiroska non è un errore; si può scrivere ‘glielo’ o ‘glie lo’.


2. I puntini di sospensione
Avevo promesso di starci attento e… (ops!) miracolo! Ne ho usati pochissimi e i puntinofobi fra voi non hanno avuto nulla da ridire.


3. Il linguaggio
@Fante Scelto critica ‘infingardo’; era auto-ironico da parte del protagonista.
@M. Mark o'Knee critica ‘sgravare’ e non capisco perché; è un termine corretto anche se non comune (vedi la Crusca: https://accademiadellacrusca.it/it/consulenza/in-sala-parto-si-può-sgravare/13105#).


La narrazione
4. Il sangue!
@FedericoChiesa sostiene che nel finale ci voleva più sangue, à la Tarantino (anche @caipiroska ). Non credo; o sei Tarantino e scrivi un capolavoro dichiaratamente sopra le righe e autoironico, oppure è meglio lasciare stare. Questo è un racconto drammatico, non splatter.


5. Che madre pessima!
@Byron.RN non trova adeguata la parte della madre (anche @M. Mark o'Knee e un pochino @Albemasia ); a parte quello che lui definisce “filosofeggiare”, ritiene che una madre che anziché piangere i figli morti dice e fa quello che avete letto, non sia spontanea e credibile. Come hanno notato altri lettori è esattamente questa la parte fondamentale del racconto; se la parte della madre fosse stata illustrata da un generico piagnisteo avrei ricevuto, forse, meno critiche, ma il consenso dovuto a un brodino di dado. 
In ogni caso mi permettete di segnalare un possibile errore interpretativo: la parte della madre è semplicemente la sua confessione al maresciallo; non sappiamo nulla sulla sua disperazione, se è stata in depressione per settimane sbattendo la testa sul muro e cose di questo genere; semplicemente, dopo un lasso di tempo dagli eventi narrati dal protagonista principale, la madre scrive al maresciallo. 
Ciò detto, vorrei comunque parlare della credibilità di questa madre vendicativa; cari Byron, Mark e Albe, queste madri esistono eccome. Mai sentito di madri infanticide (cronaca di queste settimane), istigatrici alla prostituzione delle figlie, abusatrici? O, forse più pertinente, di donne a capo di famiglie mafiose, certo molto amorevoli coi propri figli ma spietate con tutti i nemici (così rispondo anche a @Menico , che comunque non esprimeva una critica ma una constatazione)? Nel mio racconto, ovviamente, c’è una grande differenza: questa madre non è deprivata, multiproblematica o mafiosa (per lo meno: non abbiamo alcuna informazione in merito) ed è proprio questo che rende (vorrebbe rendere) terribile e drammatico il finale: la madre parla freddamente e lucidamente della vendetta (mi rivolgo anche a @Fante Scelto che ha criticato questo elemento), e ammazza degli estranei “come cani”. C’è tutto il senso del mio racconto, e il lettore era stato preparato a questo clima disumano da tutte le parti precedenti del testo, dal contesto, dal comportamento degli altri personaggi non protagonisti (vedi il paragrafo 7 più avanti per una breve riflessione sui tempi narrativi, che hanno una certa cadenza per preparare questo finale).


6. Della plausibilità
@Fante Scelto , a parte altre questioni, critica una generale implausibilità del racconto. Lo fa a due livelli: c’è - a suo avviso - un’implausibilità generale, di cornice, e poi delle implausibilità specifiche in certe scene. Considerando che cerco di essere attentissimo alla plausibilità altrui (nelle mie critiche c’è quasi sempre un riferimento a questa) la critica merita una riflessione attenta. Penso che Fante abbia in piccola parte ragione (più che altro come segnalazione di una tensione narrativa che deve sempre essere controllata da chi scrive) e in parte meno: la scena finale (quella coi materassi alle finestre) capisco che si presti a ipotesi di implausibilità (solo ipotesi: immagino una vecchia casa di campagna con gli scuri pesanti esterni e le grate di ferro, quindi i materassi solo come ulteriore protezione da possibili schegge di vetro); comunque ok, diciamo che può apparire poco sensato (che è cosa diversa dall’implausibilità). Diversamente per l’ingresso coi cadaveri (vedere la critica di Fante per capire di cosa parlo) che sarebbero stati risucchiati dalla tempesta impedendo ai figli di capire la situazione e incolparne il protagonista; non sono d’accordo: noi non sappiamo cosa avrebbero visto i figli, cosa avrebbe realmente lasciato la tempesta, ma abbiamo TRE precise indicazioni: 1) disastro nella casa con porta sfondata a colpi d’ascia; 2) genitori morti (o loro corpi scomparsi se trascinati dalla furia del vento, cosa che non possiamo sapere); 3) il protagonista ancora lì, o nei paraggi, perché non aveva più l’automobile. Credo che avrebbe dovuto dare molte spiegazioni e, in ogni caso, dal punto di vista soggettivo suo, il senso di colpa, il dramma complessivo, la paura etc. gli fanno pensare - non credo a torto - di essere in pericolo. La contraddizione a mio avviso non c’è o, quanto meno, non nella maniera marcata che si vuole rilevare. Sulla plausibilità generale bisogna parlarne, perché delle due l’una: o scriviamo un racconto verista oppure si mette in atto, come lettori, quella sospensione di credibilità che consente di accettare un determinato contesto, all’interno del quale deve esserci coerenza e credibilità. Faccio solo un piccolo esempio: generalmente sospendiamo la nostra credibilità nei film di fantascienza spaziale in cui sono infrante molte leggi note della fisica; ma poi fischiamo agli sceneggiatori cani se, in una battaglia spaziale nel vuoto cosmico, si sentono i Boom e i Bang!
@M. Mark o'Knee reputa incongruente la frase "Mica puoi suonare al primo palazzo che vedi e chiedere di entrare. Col cavolo che ti aprono!”, con la scena finale al casolare. Boh? O io non ho capito Mark oppure lui mi deve spiegare meglio: al casolare degli anziani, appunto, non gli aprono, e lui deve sfondare la porta con un’ascia. Mi pare coerente.
@Akimizu , pur senza parlare esplicitamente di plausibilità, segnala quelle che per lui sono comunque cadute di credibilità senza specificarle, salvo questa: il protagonista non porta il cadavere della sorella al piano di sopra per “preservarlo” dalla tormenta; ecco, caro Aki, questo sì che sarebbe stato straordinario. Mentre la spiegazione sotto il profilo emotivo  la trovi al paragrafo 8, più avanti, la possibilità materiale di prendere il corpo della sorella (diciamo 65-70 kg) e trascinarlo su per le scale per “preservarlo” mi pare un’idea davvero bizzarra, anche alla luce del fatto che - come scrivo - “poco prima che si scatenasse la furia di Eolo, feci in tempo a salire le scale”. Insomma, scusami, sai bene che ognuno vede cose diverse, ma non riesco proprio a capire cosa tu abbia visto
Infilo qui anche @Hellionor che non parla esplicitamente di implausibilità ma quasi, con riferimento (mi pare che lei ne parli solo come esempio) al fatto che il protagonista “deve andare a prendere la sorella in culonia”; mi ha molto divertito. Cosa vuoi che ti dica? Vivo in un contesto (Centro Italia) che è stato pieno di hippie (italiani e moltissimi stranieri) che hanno preso case abbandonate in varie culonie, picchi montani difficilmente accessibili e così via. Ho tuttora un amica, sopravvissuta agli innamoramenti agresti degli anni ’70-’80, che ancora, ormai vecchietta, alleva non so che non so dove. Ho solo riprodotto questo tipo di personaggio.


Qualità narrativa
7. I tempi narrativi
@ImaGiraffe dice che ho sprecato tempo in parti iniziali del racconto a scapito del finale che poteva essere meglio e più sviluppato; analogamente @M. Mark o'Knee . Onestamente non sono d’accordo o, quanto meno, è esattamente così che volevo scandire i tempi della narrazione: un’introduzione che consente al lettore di comprendere il contesto, spesso trascurato dalla fretta di raccontare i fatti principali della storia; poi il cuore del racconto, e infine la madre, volutamente breve e scarna, perché quella brevità - IMHO - aumenta la drammaticità che voglio far trasparire.
@AurelianoLaLeggera , sempre su questo punto, coglie invece un elemento che sì, probabilmente poteva essere acconciato meglio; se il protagonista, barricato nel casolare, scrive alla madre sul telefonino, perché partire dalla rava e dalla fava con la prima scena del bar? Bravo Aureliano, mi hai scoperto! Mi sono posto il problema e poi ho deciso di lasciare così per necessità narrativa entro i 18.000 caratteri; è una forzatura, lo so, ma non mi è parsa così grave. BTW: lancio ufficialmente una petizione ai Grandi Artefici E Responsabili Di DT per AUMENTARE il limite massimo di caratteri dagli attuali 18.000 ad almeno 24.000 (meglio 30.-). Correte a firmare, servono 500.000 firme ma possiamo farcela! (Trovate la petizione in fondo a questa nota).


8. Troppo distacco
@caipiroska e @Giammy lamentano un eccessivo distacco emotivo del protagonista e degli altri personaggi (anche @Akimizu , in modo differente). Te pensa che mi sono sforzato di renderlo così, quindi si vede che ci sono riuscito bene! Bisogna calarsi nel contesto. Un contesto drammatico e paradossale, con gente rassegnata e disperata oltre la soglia cui pensiamo per persone “normali” durante un singolo episodio catastrofico. Volevo trasmettere anaffettività, cinismo, una sottile perdita di umanità, e di indizi ne ho seminati diversi, nelle diverse parti del racconto, proprio per far entrare il lettore in quel clima che è in grado di giustificare, poi, l’epilogo della madre. Tu lamenti, Caipiroska, la mancata descrizione della discesa dell’umanità nella follia; hai ragione, ma non era il tema della gara e non avevo 80.000 battute a disposizione; quindi ho costruito (bene? male?) un contesto che mette il lettore davanti al fatto compiuto. Mi pare che @Albemasia abbia centrato il punto ricordando l’esperienza della nonna.


Avanzi
No @Susanna : l’ultima riga non riferisce il pensiero del maresciallo ma è la conclusione della madre.
Mi spiace @paluca66 che ti sia sembrato tutto così confuso; e no, il finale non è come hai capito tu: la madre scrive solo al maresciallo, anche se nel suo testo c’è un incipit rivolto al figlio (voleva essere un’espressione di affetto in sua memoria). Per il resto vedi quanto ho già scritto sopra nella seconda metà del paragrafo 7, rispondendo ad Aureliano.
Anche @Akimizu dichiara disorientamento leggendo il mio racconto. Oh, gente! Cosa volete che vi dica? Per esempio “Caro figlio o caro maresciallo?”; hai lo stesso problema di Paluca, ma onestamente a me non pareva affatto così confuso. Se lo è, chiedo venia; sono confortato dal fatto che nella miriade di critiche che ho ricevute, questa del non capire le cose che ho scritto sono davvero una esigua minoranza.


E ora…



Grande Petizione Popolare Per Aumentare Il Numero Massimo Di Battute Disponibili Ad Almeno 24.000

Eccellentissimo Gran Mogol,
Distintissimi Creatori, Curatori, Smazzatori di DT,
Miei cari (se posso cambiare registro) @Arunachala , @The Raven , @vivonic e gli altre e le altre che forse non ho ancora capito chi sono ma ho capito che siete parte della categoria “Boss” e infine (ma non certo minori),
Amati ed Irresponsabili confratelli autori e consorelle autrici, che ogni due mesi cadete in depressione per i paletti che ci vengono imposti,


UDITE!


Chiedo formalmente che il numero massimo di battute disponibili sia aumentato dalle attuali 18.000 ad almeno 24.000 (30.000 sarebbe perfetto).


MOTIVAZIONI:

  1. Siamo un gruppo creativo, artistico, nello specifico letterario; giusto? Già questo mi pare conciliare con una certa maggiore libertà espressiva; fra noi autori, con tutta evidenza, c’è chi predilige il racconto breve: 6-8.000 battute (2-3 pagine), ma c’è qualcuno (come il sottoscritto) che decisamente stenta a rimanere nelle 18.000 perché preferisce una narrazione più distesa, con un prologo, la descrizione di un contesto e così via; perché non lasciare che tutti trovino agevole disponibilità per scrivere secondo il proprio gusto e ispirazione?
  2. Noi siamo solo dilettanti, per carità, non dobbiamo prenderci troppo sul serio con confronti improbabili ma, per dire: la letteratura breve del Novecento non è fatta, se non sporadicamente, da racconti brevissimi, ma il contrario. Ci sarà una ragione.
  3. Comunque immagino che una delle ragioni dei 18.000 sia evitare un eccesso di lavoro di lettura da parte del CdL e degli altri partecipanti; mi verrebbe da dire che se si leggono cose buone questa non è una fatica ma un piacere e che comunque, ne sono abbastanza sicuro, solo una piccola minoranza di testi eccederebbe i 18.000, e solo a volte. Non si potrebbe fare un esperimento per una volta, due volte? Vediamo come va poi prendete una decisione.





Confidando che le Eccellenze Vostre degnino di considerazione questa modesta proposta, allego qui di seguito le 500.000 firme necessarie per considerare valida la presente petizione.


Con ossequio
il vostro sempre devotissimo Claudio Bezzi, scribacchino.

A AurelianoLaLeggera garba questo messaggio

25Non ci sono più le mezze ragioni Empty Re: Non ci sono più le mezze ragioni Gio Ott 31, 2024 11:04 pm

Susanna

Susanna
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Anch'io sottoscrivo la proposta di @Claudio Bezzi , perchè è più o meno dai 24000 caratteri che parto per arrivare ai 18000. Allo stesso tempo penso che poi sarebbe più "gravoso" per tutti avere racconti molto lunghi da trattare. Penso soprattutto alle Penne che lavorano e che devono incastrare DT tra mille altri impegni, e ciò potrebbe anche andare a discapito della "qualità" della lettura, che ho sempre trovato molto attenta e mai frettolosa, stando ai commenti.
Magari si può trovare una via di mezzo............................................................... (ho esaurito la quota puntini).


______________________________________________________
"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"

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