Staffetta 12 - Episodio 2
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Staffetta 12 - Episodio 2
Staffetta 12 - Episodio 1 [CharAznable]
Staffetta 12 - Episodio 2 [Gimbo]
Quando riaprì gli occhi si trovò tutto solo nel piccolo e sudicio spogliatoio. Se ne stava steso sul lettino dei massaggi. La testa gli pulsava e sentiva dolori un po’ ovunque. Ricordava ben poco di quello che era accaduto. Il suo avversario l’aveva messo alle corde. Un colpo ben assestato al volto? Non ricordava. Doveva aver perso conoscenza prima di risvegliarsi su quel lettino. Sentiva dolori lungo tutto il corpo. Chiuse gli occhi per qualche istante e poi li riaprì rimanendo immobile a osservare il debole neon sfarfallante sul soffitto sopra di sé.
Sorrise, certo che era stato davvero ingenuo e folle. Pensare di tornare sul ring a più quarant’anni e giocarsela alla pari con un ragazzo che avrebbe potuto benissimo essere suo figlio. Davvero sciocco.
Respirò profondamente. L’aria nella stanza sapeva di sudore e disinfettante. Quante volte aveva assaporato quell’odore che per lui era profumo di casa. Pensò che era giunta l’ora di dire basta. Di riporre i guantoni in un armadio e incominciare a pensare al futuro. L’idea non gli piaceva. Significava ammettere di essere invecchiato, di non essere più utile a quel mondo che era stato la sua vita.
Decise di mettere da parte quei grigi pensieri e di rivestirsi, tentò di alzarsi dal lettino ma i muscoli non rispondevano ai suoi comandi. Riprovò nuovamente, tentò di girarsi su un fianco. Nulla. Non riusciva a muovere neppure un dito.
Staffetta 12 - Episodio 2 [Gimbo]
Il panico lo colpì come un pugno allo stomaco, più forte di qualsiasi altro incassato sul ring. Cercò di calmarsi, di pensare lucidamente. Forse era solo stanchezza, un effetto temporaneo del colpo ricevuto. “Una commozione cerebrale, al massimo,” si disse, cercando di razionalizzare l’incredibile. Ma il suo corpo rimaneva immobile, come una prigione da cui non riusciva a liberarsi.
Provò a gridare, a chiamare qualcuno, ma anche la voce sembrava averlo abbandonato. Riusciva a emettere solo un soffio flebile, quasi impercettibile. Era solo, intrappolato in un corpo che non rispondeva, mentre nella sua mente un vortice di pensieri si faceva sempre più oscuro.
Il silenzio intorno a lui era irreale. Nessun suono proveniva dall’esterno, nessuna voce familiare, nessun rumore di vita. Solo il ronzio intermittente del neon sopra di lui e l’eco lontano di qualcosa che non riusciva a cogliere del tutto.
Perché nessuno era venuto a cercarlo? Il match era appena finito, gli arbitri, il medico, persino i compagni di squadra avrebbero dovuto essere lì, a controllare le sue condizioni. Eppure niente. Nessuno era venuto. Era come se fosse stato abbandonato in un limbo.
Una fitta di paura lo colse all’improvviso: e se fosse già morto? Se quell’istante in cui il pugno lo aveva colpito fosse stato l’ultimo? Forse non era svenuto sul ring, ma se n’era andato del tutto, e ora era solo un’anima imprigionata in un corpo senza vita. Il pensiero lo terrorizzava, ma sembrava anche l’unica spiegazione possibile.
Provò a rievocare gli ultimi istanti del match: il pugno, il dolore acuto alla testa, poi il vuoto. Forse quello spogliatoio, freddo e vuoto, era la sua ultima tappa, prima di un viaggio più lungo. Ma se fosse stato davvero morto, perché continuava a pensare e a percepire?
Mentre il vortice di pensieri lo soffocava, sentì il cuore battere più forte, quasi come una prova che fosse ancora vivo. Ma quel battito, così rapido, sembrava anche una risposta al terrore crescente dentro di lui. Non poteva muoversi, non poteva parlare e, peggio ancora, non poteva sapere cosa lo aspettava.
Poi sentì il cigolio della porta dello spogliatoio che si apriva. Speranza. Qualcuno era entrato. Forse l’inserviente, un medico, chiunque. Ma i passi che seguirono erano troppo silenziosi, quasi felpati. Nessuno parlava.
Un’ombra apparve ai margini del suo campo visivo, una figura che si avvicinava senza fretta. Sentiva la presenza di qualcuno, ma non riusciva a girarsi per vedere chi fosse. Il cuore prese a martellare nel petto, mentre una fitta di angoscia gli serrava la gola.
La figura si chinò su di lui. Sentì il respiro caldo e la voce che sussurrava, appena un filo d’aria.
«Non dovevi tornare.»
Quelle parole lo colpirono più forte di qualsiasi pugno. Non era la voce di un soccorritore, né di un amico. Era una voce che conosceva, ma che sperava di non sentire mai più. Il sudore gli colava lungo le tempie, mentre i suoi ricordi tornavano a galla, un frammento alla volta.
Provò a gridare, a chiamare qualcuno, ma anche la voce sembrava averlo abbandonato. Riusciva a emettere solo un soffio flebile, quasi impercettibile. Era solo, intrappolato in un corpo che non rispondeva, mentre nella sua mente un vortice di pensieri si faceva sempre più oscuro.
Il silenzio intorno a lui era irreale. Nessun suono proveniva dall’esterno, nessuna voce familiare, nessun rumore di vita. Solo il ronzio intermittente del neon sopra di lui e l’eco lontano di qualcosa che non riusciva a cogliere del tutto.
Perché nessuno era venuto a cercarlo? Il match era appena finito, gli arbitri, il medico, persino i compagni di squadra avrebbero dovuto essere lì, a controllare le sue condizioni. Eppure niente. Nessuno era venuto. Era come se fosse stato abbandonato in un limbo.
Una fitta di paura lo colse all’improvviso: e se fosse già morto? Se quell’istante in cui il pugno lo aveva colpito fosse stato l’ultimo? Forse non era svenuto sul ring, ma se n’era andato del tutto, e ora era solo un’anima imprigionata in un corpo senza vita. Il pensiero lo terrorizzava, ma sembrava anche l’unica spiegazione possibile.
Provò a rievocare gli ultimi istanti del match: il pugno, il dolore acuto alla testa, poi il vuoto. Forse quello spogliatoio, freddo e vuoto, era la sua ultima tappa, prima di un viaggio più lungo. Ma se fosse stato davvero morto, perché continuava a pensare e a percepire?
Mentre il vortice di pensieri lo soffocava, sentì il cuore battere più forte, quasi come una prova che fosse ancora vivo. Ma quel battito, così rapido, sembrava anche una risposta al terrore crescente dentro di lui. Non poteva muoversi, non poteva parlare e, peggio ancora, non poteva sapere cosa lo aspettava.
Poi sentì il cigolio della porta dello spogliatoio che si apriva. Speranza. Qualcuno era entrato. Forse l’inserviente, un medico, chiunque. Ma i passi che seguirono erano troppo silenziosi, quasi felpati. Nessuno parlava.
Un’ombra apparve ai margini del suo campo visivo, una figura che si avvicinava senza fretta. Sentiva la presenza di qualcuno, ma non riusciva a girarsi per vedere chi fosse. Il cuore prese a martellare nel petto, mentre una fitta di angoscia gli serrava la gola.
La figura si chinò su di lui. Sentì il respiro caldo e la voce che sussurrava, appena un filo d’aria.
«Non dovevi tornare.»
Quelle parole lo colpirono più forte di qualsiasi pugno. Non era la voce di un soccorritore, né di un amico. Era una voce che conosceva, ma che sperava di non sentire mai più. Il sudore gli colava lungo le tempie, mentre i suoi ricordi tornavano a galla, un frammento alla volta.
Gimbo- Padawan
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Re: Staffetta 12 - Episodio 2
Bello.
Mi piace come hai sviluppato quello che all'inizio poteva sembrare l'addio alla boxe da parte di un "veterano" in un episodio che prelude a un imminente flashback su un passato misterioso.
Sei stato bravo a rendere l'atmosfera claustrofobica della mente dell'uomo imprigionato nel suo stesso corpo in un brano breve, che si legge tutto d'un fiato.
Mi piace come hai sviluppato quello che all'inizio poteva sembrare l'addio alla boxe da parte di un "veterano" in un episodio che prelude a un imminente flashback su un passato misterioso.
Sei stato bravo a rendere l'atmosfera claustrofobica della mente dell'uomo imprigionato nel suo stesso corpo in un brano breve, che si legge tutto d'un fiato.
Albemasia- Padawan
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Re: Staffetta 12 - Episodio 2
Ciao, Gimbo.
Ecco, mi ero chiesto anch'io come mai il narratore fosse rimasto solo. L'episodio non risponde alla domanda ma mi sembra che si prospetti un thriller. In più hai costruito un background credibile al personaggio con un finale che sembra preannunciare qualcosa... che prenderà in mano il prossimo staffettista.
Grazie.
Ecco, mi ero chiesto anch'io come mai il narratore fosse rimasto solo. L'episodio non risponde alla domanda ma mi sembra che si prospetti un thriller. In più hai costruito un background credibile al personaggio con un finale che sembra preannunciare qualcosa... che prenderà in mano il prossimo staffettista.
Grazie.
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Re: Staffetta 12 - Episodio 2
Chissà quale esperienza si nasconde o si mette in bella mostra in questi momenti così drammatici, con una tensione che proprio si sente. Durante la lettura arrivano tante idee, ma poi ognuna va cassata, perchè c'è altro che si presenta e allora tutto va riragionato.
Un po' come nei romanzi di Jo Nesbo: pensi di aver capito ma ci sono ancora 200 pagine che ti aspettano....
Un po' come nei romanzi di Jo Nesbo: pensi di aver capito ma ci sono ancora 200 pagine che ti aspettano....
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"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"
Susanna- Maestro Jedi
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