Nascondino sotto le stelle

Una metafora per descrivere giochi e divertimenti scomparsi.
Il quartiere resta, ma resta colpevole per non essere stato capace di mantenere vive quelle voci, quella gioia.
Applausi.

A una prima lettura mi è sembrato un riferimento alla serie "His Dark Materials" dove, in effetti, dietro una siepe che bordeggiava una strada c'era un portale per mondi misteriosi anche se non sempre molto benevoli.
E' un bel racconto che rimpiange le strade d'estate piene di giochi e di grida.
Un cento nostalgico che usa una piccola favola per colpire duro.

Anche questo un 100 di rimpianto per qualcosa che si è perso. E il gioco, in senso lato, diventa qualcosa di molto prezioso. 

Inutile dirlo, ma i ragazzi di oggi non giocano in cortile, ma online con qualcuno dall'altra parte del mondo, magari. 

Si può ricordare, ma anche rassegnarsi perché quel passato non ritornerà mai.

Grazie

Di questo cento ho apprezzato la metafora. 
Di certo la sera i bambini non giocano per le strade e forse non lo hanno mai fatto. In passato di sera i bambini andavano a letto presto. E qui si parla di bambini, non di ragazzi un po’ più grandicelli che avrei visto più credibile giocassero a pallone. 
Un misto tra il pifferaio magico e Alice. Il mondo che resta non ha più meraviglie, forse nemmeno bambini incantati.

Da amante di Stephen King lo vedo come il perfetto incipit per uno dei suoi romanzi dove dietro alla semplice trama si nasconde sempre un significato molto più profondo. E così è nel tuo 100 dove dopo una prima parte leggera e giocosa (scusa il gioco di parole) si vira su qualcosa di diverso, non necessariamente negativo; il racconto non ci fa sapere se i bambini siano o meno felici nella nuova dimensione anche se resta la sensazione positiva. Dove regna silenzio, tristezza, malinconia è il quartiere senza bambini... Riflettiamo gente!

per quanto bella sia la metafora, la vedo poco adeguata ai bambini.
molto difficilmente, almeno al mio paese, si poteva giocare a nascondino sotto le stelle.
certo, un quartiere senza bambini è spento, morto, su questo non c'è dubbio.
e la città di luce e rumore che li ingoia dice parecchio su cosa c'era e cosa oggi c'è.

Inquietante questo racconto, che parte da un'atmosfera di ricordo e rimpianto per un tempo che non c'è più e scivola in un finale che ricorda la fiaba del Pifferaio Magico. Il quartiere svuotato di bambini paga un prezzo alto per peccati non detti.
Terribile quel "Nessuno fece ritorno".
Terribile e inquietante, appunto.

Quanti di noi non hanno fatto più ritorno da quel luogo?
Non esiste ritorno, non esiste quartiere e... miliardi di volte ho giocato a nascondino nel mio quartiere e... la nostra società forse ha divorato tutti quei bimbi e la metafora del racconto ha valenza per tantissime altre situazioni. Ben pensato e scritto.

Il racconto utilizza un gioco infantile per tessere una storia intrisa di mistero e malinconia. La narrazione evoca un'atmosfera nostalgica, solo per ribaltarla con un elemento fantastico e inquietante. La transizione da una scena quotidiana e rassicurante a un mondo incantato e oscuro si carica di tensione quando i bambini scompaiono senza lasciare traccia. Il contrasto tra la vivacità del gioco e il silenzio che cala sul quartiere privo di bambini aggiunge una profondità emotiva alla storia, trasformando un evento apparentemente magico in qualcosa di sinistro, lasciando riflettere su quanto siano fragili e preziosi i momenti di spensieratezza dell'infanzia.

Un buon lavoro. 
Anche io leggo questo cento come una metafora sul desolato stillicidio del diventar vecchi.
Il mio quartiere d'infanzia, cresciuta la mia generazione, ha vissuto un periodo simile di "svuotamento".

Questo 100 è forse il più "racconto" di tutti. Inizio, sviluppo, fine.
Davvero ben riuscito il percorso.
Alla prima lettura non mi aveva conquistato, perché il finale cupo arrivava tanto in contrasto con la spensieratezza dell'inizio. Poi però l'ho rivalutato, proprio per la sua struttura e sviluppo coerenti, nonché per l'ambiguità tra metafora e vero incipit quasi-horror.

Un buon 100.

Un racconto carino e onesto, con un pizzico di mistero, adatto ai più piccoli. Una buona prova, ma purtroppo non mi ha colpito più di tanto.

Una delle maggiori differenze fra l'infanzia dei boomer e quella delle generazioni successive, riguarda proprio l'utilizzo della strada come campo giochi. 
Chi gioca più in strada? 
Immagino sia questo il fulcro del tuo 100 (altrimenti qualcosa mi è sfuggito).
Ti devo dire tuttavia che ci sei riuscita/o solo in parte. 
Forse oltre la siepe c'è l'apparente mondo magico di internet e dei social che ha irretito i bambini?
In soldoni il tuo 100 non mi ha emozionato più di tanto.

Ho dovuto pensarci un po' per afferrare la metafora, che comunque non mi entusiasma.
E' molto triste e non  ne condivido il significato. 
Ogni generazione rimpiange i bei tempi andati, ma quello che rimpiangiamo davvero, in realtà, è la nostra giovinezza.

La scrittura è comunque buona e l'idea è resa bene.

Grazie

Non sono stato conquistato da questo racconto; forse non ne ho colto la metafora.
I bambini vanno in un posto di luci: sembra attraente ma forse non lo è?
Rimane il quartiere senza più risate, ma non ci sono neanche i bambini.
Sicuramente lasci addosso al lettore una sensazione di malinconia.

Mi ricorda il paese dei balocchi di Collodiana memoria.
Banale, senza infamia ne lode.

In mini che dice fiaba, una fiaba che però non ha un lieto fine né una morale. Di certo non adatta a una lettura ai bambini, con quel finale così secco e senza la speranza che accada qualcosa di magico che rimetta a posto le cose.
L’ho riletto in giorni diversi e adesso ci vedo quasi una metafora di quella che è la nostra vita, il nostro quotidiano, che fagocita tanti momenti che non torneranno più.
I giochi dei bimbi, che riempiono le strade, la loro curiosità che non contempla il pericolo: noi da bambini; l’entrare a volte precocemente nel mondo dei grandi, dove le luci delle novità finiscono nell’ombra dei rimpianti e delle disillusioni… e le strade diventano silenziose.I bimbi crescono e devono affrontare la vita.
Vabbè, io cerco sempre qualcosa tra le righe, magari era solo una semplice fiaba. Scusa Penna, quindi.

Questo mini è senz'altro suggestivo e descrive molto bene un'immagine precisa: nei commenti precedenti leggo che in molti danno una personale interpretazione alla scena descritta, ma io non riesco a evadere dalla circonferenza del testo e mi ritrovo legata alle parole che ho letto. Ma il testo ha un problema, a mio avviso: manca un perchè che giustifichi ciò che accade.
Ogni sera i bambini fanno quel gioco: dal testo non arriva nessun conflitto, nessuna situazione di disagio, anzi, ci sono risate e percepisco una situazione di serenità.
Ma una sera Luca scopre il varco, i bambini lo attraversano attirati dalle luci e non tornano più. Fine della storia.
Volendo si può trovare una morale al testo e una sorta di messaggio: in realtà il testo stesso non promuove questo ma rimane immobile e ingessato nelle sue stesse parole. Questa staticità non mi permette di andare oltre il testo scritto perchè l'autore non mi suggerisce nessuna strada da percorrere.
Dopo Ogni sera e Da allora non serve la virgola.

Ciao, Penna.

Le mie prime uscite dopo cena da ragazzino le ho fatte proprio per giocare a nascondino, per cui hai colpito (anche se per caso) una mia corda segreta. Era più sotto i lampioni che sotto le stelle, ma eravamo ragazzini per l'appunto! Abbastanza grandi per uscire dopo cena ma ancora piccoli per credere nella magia.
Mi trovo davanti a un pifferaio di Hamlin, ma senza pifferaio e questa è la cosa più inquietante che ho trovato nel tuo 100. A differenza della realtà, il quartiere è rimasto senza bambini non per la denatalità ma per questo evento sovrannaturale.

Grazie e alla prossima.

A me è piaciuto il contrasto tra l'innocenza, l'atmosfera rassicurante della quasi totalità del testo e il finale inquietante che non ammette repliche e non lascia speranze.
È una metafora, ma il racconto può essere letto anche con declinazioni horror o dark fantasy.
Non è un racconto banale, è un racconto suggestivo e c'è una svolta inaspettata.
Per fortuna non l'ho scritto io(anche se mi sarebbe piaciuto farlo) perché qualche commento mi avrebbe fatto rimanere male.
Provo a metterti nella mia classifica.

Una favola amara (come spesso sono le favole) carica di nostalgia e tristezza. Complimenti per aver creato così tanto in sole cento parole. Davvero non facile. Ottimo lavoro.