ahò

- Hai male al naso?
- Macchè.
Abbandono le domande e mi butto sullo stomaco di Topolo con una scarica di cazzotti.
Mio fratello in disparte cerca di arginare il sangue che gli esce dal naso.
Topolo, il delinquente del quartiere, resta immobile.
La mia reazione buffa alla loro lite li ha resi tutt’e due miei sostenitori.
- Che t’è preso ragazzino?
- Hai picchiato mio fratello.
- Quello è tuo fratello?
- Ho una flebile memoria fotografica, ma mi sembra lui.
- Come parli? Però sei coraggioso.
Mio fratello si avvicina e dice:
- Ahò, andiamo, non è un gioco.

Impressione mia, probabilmente il racconto più triste di quelli proposti.
Azioni infantili che l'autore sembra voler dimenticare invece di ricordarle.

Ogni volta che mi imbatto in un 100 fatto di dialoghi resto ammirato perché io non ne sarei proprio capace. C'è una parola il cui senso mi sfugge ed è "buffa" riferita alla reazione: me la spiegherai a giochi conclusi. Il finale non mi ha entusiasmato, sono sincero.

Resto perplessa di fronte a questo cento. Topolo, immagino sia riferito alla sua cittadina di provenienza. Quindi una scena di bulli di quartiere.
Due fratelli, il maggiore finito in qualche giro losco o banda e il minore che si trova coinvolto in una scena violenta. Reagisce da “bambino” con una scarica di cazzotti che forse farebbero solletico a una mosca e che per qualche motivo sembrano “intenerire” pure il bestione. 
Particolare il tipo di eloquio messo in bocca al ragazzino, un eloquio che pare del tutto fuori contesto. 
Non so…

Ho l'impressione che questo sia un 100 autobiografico.
La scena dovrebbe essere totalmente drammatica per rendere al meglio, però secondo me ci sono due elementi che vanno a smorzare drammaticità e tensione.
Il primo è il nome o soprannome del delinquete: Topolo.
Non so se sia un nome vero, realmente affibbiato a una persona, ma suona un pò buffo, andando appunto a calare il livello dell'intensità emotiva. Forse l'effetto è dovuto anche a un ricordo di un film(forse con Verdone?) dove i due protagonisti innamorati si chiamavano con questo vezzeggiativo, Topolo e Topola.
E poi c'è questa battuta:
Ho una flebile memoria fotografica, ma mi sembra lui
Non so se sia stata messa per alleggerire di proposito la tensione, per esorcizzare l'evento, ma suona stranamente surreale, mi pare stoni un pò.
Mi rimane questo dubbio: l'episodio, e mi ripeto, credo sia reale, l'autore ha voluto addolcire quel ricordo che così dolce non è stato?

Io credo che l'autore non abbia volutamente cambiato nulla di quel ricordo traumatico e infantile

La storia è chiara fin dalla prima lettura, ma una nota stonata, per me, è proprio un delinquente che si fa chiamare "Topolo".
Al di là di questo disegni una scena molto tenera e realistica con il fratellino che difende il fratellone, suscitando il "rispetto" dei due lottatori.
La frase pronunciata dal bambino, invece, mi suona proprio "irreale".
La frase finale sembra voler raccontare della vita vissuta in quartieri dove la violenza è di casa e dove devi farti valere se vuoi sopravvivere: "Non è un gioco", ma la vita normale. Nonostante serva a dare respiro e contesto al racconto, mi sembra quasi sganciata dalla parte precedente.

Prima impressione avuta: è il racconto di un esperienza vissuta. Non è un male, anzi! 
Tutti i nostri racconti in qualche modo vengono dai nostri ricordi ma per diventare racconti devono essere in qualche modo superati. 
Qui si sente più il ricordo e meno il racconto.
O magari non è così e la storia è completamente inventata, eppure questo è quello che mi è arrivato.
Complice il nome "Topolo" o la frase detta dal bambino.

Grazie

 

Anch'io, senza alcuna originalità, ho rilevato che un soprannome da bullo come Topolo smorzi non poco la carica emotiva e stemperi la tensione.
Se poi il fratello minore se ne esce con una frase come quella citata, non so, il dialogo perde di credibilità.
Che poi magari è tutto vero, dal soprannome alla frase detta dal piccolo, il che sarebbe l'ennesima riprova di quanto spesso la realtà superi  la fantasia.

beh, il minore che cerca di proteggere il maggiore è una bella scena, da incorniciare.
però la storia non è molto chiara.
suppongo che il grande sia finito in qualche giro e abbia commesso un'infrazione, pertanto deve essere punito dal capoccia.
la descrizione è buona, si vede la scena, però non mi attrae al cuo interno.

Un mondo che non ho vissuto e che guardo da lontano ma che vive prepotentemente da sempre e ovunque.
Il finale forse è un cenno di ragione che in questi tempi non vediamo più.
Il fermati che non è un gioco da ragazzi è andato a farsi benedire... anzi daje... famoselo a caricio questo qui... e il cento ha detto tutto... io ho detto tutto. Complimenti autore.

Scena un po' stravagante ma non così irrealistica. Interessante l'idea che la reazione del ragazzino venga in qualche modo apprezzata sia dal fratello maggiore che dal delinquente.

Ho trovato poco verosimile e fuori contesto questa frase "ho una flebile memoria fotografica, ma mi sembra lui."

Il racconto dipinge una scena di quartiere vivida e dinamica, mescolando umorismo, tensione e un senso di lealtà fraterna. Il protagonista, con la sua reazione inaspettata e ironica, riesce a ribaltare una situazione di conflitto. Il dialogo diretto e colloquiale contribuisce a creare un'atmosfera autentica e immediata, rendendo i personaggi credibili e interessanti. La battuta finale del fratello riporta la storia a una dimensione più reale, riconoscendo il rischio della situazione. La narrazione, con il suo tono leggero ma incisivo, lascia intravedere il potere della spontaneità e dell'audacia, anche in contesti difficili.

Ciao, Penna.

Di certo un ragazzino che parla di "flebile memoria fotografica" sembra un corpo estraneo in un contesto di bulli o delinquenti di quartiere. Probabilmente è più la scarica di cazzotti che l'espressione a scatenare la stima di Topolo. Una scena quasi inverosimile che però riacquista il peso della realtà con il finale.

Grazie e alla prossima.

Un 100 che non mi ha convinto.
Il nome, il dialogo, sono aspetti che me lo rendono poco credibile.
La scena ci sta, un fratello che difende l'altro, ma non mi basta.

Un racconto che riporta a tempi passati, dove ci stava che un piccoletto volesse difendere il “fratellone”: forse era stato difeso a sua volta, forse c’era sottostante un’idea di famiglia che si traduceva anche in questi gesti alla fine quasi coraggiosi nei confronti del bullo del momento.
Oggi… leggiamo le cronache e le cose vanno diversamente, molto diversamente.

Un racconto semplice, forse autobiografico o esperienza di amici. L’unica cosa che stona è la frase della memoria fotografica, che forse vorrebbe essere ancora una sfida al bullo (rozzo e ignorante) ma che quasi prelude a un proseguo più pericoloso per i due fratelli.

La cosa che mi lascia più confuso è la frase 'ho una flebile memoria fotografica, ma mi sembra lui'. Non ne capisco il senso. In un racconto ogni parola dovrebbe essere calibrata, e sono certo che anche in questo caso quella frase abbia un significato. 
Il ragazzino è autistico o ha qualche disabilità? 
Fatto sta che il racconto rimane un po' statico, nonostante l'azione descritta; non mi è parso particolarmente dinamico.

Non so. Mi piace l'ambientazione. Anch'io avrei fatto a botte per mio fratello (e qualche volta è capitato).
A parte i dialoghi un po' scontati un po' fuori luogo, il 100 non riesce a riprodurre degnamente quel confine leggero fra dramma e farsa che vorrebbe trasmettere. 
Insomma, non del tutto riuscito

Quando leggo un cento fatto in buona parte, ma non completamente, di dialogo, mi chiedo: perchè non osare? Perchè inserire quelle piccole descrizioni? Non so, trovo che perda un po' di mordente. Ovviamente è soggettivo.

Non me ne voglia l'Autore ma di questo 100 ho capito poco. Un'istantanea di una zuffa tra giovani che però mi lascia perplesso poiché non vedo il significato, o la morale, per cui ne è valsa la pena raccontarla. Sicuramente un problema mio, ma proverò a ritornarci tra un po', magari un'ulteriore lettura gioverà.

Grazie

A me questo 100 ha fatto sorridere, perché sembra del tutto avulso dalla realtà. E non è un male, semplicemente non ha pathos drammatico, o meglio, lo nasconde sotto una glassa di humour sottile, bianco, zuccherino.
Negli altri commenti leggo con grande frequenza che fa pensare a una storia vera, di vita vissuta, e forse l'unico indizio che potrebbe dar loro ragione è "Topolo".
Io non avrei mai pensato a una storia vera, ma se lo fosse, tanto di cappello. 

Al 100 manca un guizzo, e quel guizzo poteva essere una battuta finale d'effetto: su un mini-racconto fatto solo di dialoghi, sarebbe stata la ciliegina candita sulla sommità.

Storia plausibile, chi non reagirebbe vedendo il proprio fratellino picchiato da un bullo.
Poco plausibile la risposta a Topolo " Ho un flebile memoria fotografica..."
Strano il finale dato che è chiaro che fare a botte non è un gioco.