Lettera al vento
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Lettera al vento
Lettera al vento
Mi parli d’Oriente, vento che non hai riguardi a stampigliare sul viso d’un vecchio tutta la tua fredda saliva.
Ti diverti ancora a raccontarmi storie che non voglio più sentire e perdonami, se non ti caratterizzo agli sguardi attenti dei possibili lettori; in fondo potrei solo darti un nome e una provenienza presunta.
Ti chiamerò Grecale se non ti dispiace e se invece la pensi in modo contrario non me ne fotte una mazza che una.
T’ho conosciuto quando il peso d’un vocabolario di Latino mi faceva piegare la testa in avanti e tu ne approfittavi per tagliarmi la pelle con quelle tue sferzate di parole che lasciavano solchi terribili.
Ma almeno se tu fossi stato tramontana avrei potuto comprenderti, ma venire da Oriente… fa un po’ da immigrato emarginato dal sociale, come me.
E non dirmi che ti piacevano le pizzette unte che compravo al chiosco della stazione, la loro particolare prelibatezza risiedeva proprio nell’unto che ti colava dappertutto.
No, non lo voglio sapere e d’altronde tu non me ne hai mai fatto cenno nelle tue sante parabole quotidiane che mi sciolinavi sul ponte della ferrovia.
Certo te lo sei scelto ben bene un imbecille da torturare, potevi almeno rompere le palle a quelli alti tre metri che guardavano le orecchie dei giganti dall’alto.
E invece te la sei presa col piccoletto di turno, quello che nessuno vede quando cammina in quanto il marciapiede lo sovrasta.
«Ma cosa cazzo sto raccontando?
Il vento del mare era mio amico, perché lo tratto così?
Insieme abbiamo sognato l’Oriente, lo abbiamo scrutato dai dirupi e vissuto nelle onde sulle scogliere e… Forse in quel tempo riuscivo ad amare, a temperare matite d’inchiostro sui lucidi da disegno».
No, non infierire ora, te lo ripeto... sono vecchio, rincoglionito e pure parecchio incazzoso.
Facciamo una cosa, mi faccio un panino allo strutto col salame di Napoli e vengo a sedermi sul cemento di quella diga che ben conosci, forse riusciremo a far pace.
Perdonami se puoi per come ti ho trattato, io non sento e non vedo da chissà quale stagione di primavera.
Abbi cura del tuo sibilo, amico mio e non far caso alle mie parole, sai benissimo che ti ascolto, ti ho sempre ascoltato anche quando te ne stavi rannicchiato nel tuo cantuccio d’Oriente e io sentivo egualmente quel soffio dispettoso sui miei occhi.
T’ho scritto questa mia perché mi manchi, davvero mi manchi amico fraterno, ora che per consigliere mi sono fatto un ventilatore senza poesia e senza anima, certe pale che non ti dico.
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Io sono quell'effimero scorcio d'arancio e di giallo che al tramonto appare per un istante e s'allunga in cielo, prima che la terra volti la faccia e il sole si ritrovi dall'altra parte del mondo.
Io sono sempre dall'altra parte del mondo quando gli altri mi leggono, per questo non esisterà mai un mio scritto.
Flash Gordon- Padawan
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Re: Lettera al vento
Una lettera intrisa di rimpianto e malinconia. Parole al vento, che del vento hanno la consistenza e dei sogni il sapore e solo tu ne conosci il peso.
C'è amarezza in queste parole e rassegnazione, ma anche amore e tenerezza e, in fine, che il vento se le porti.
A rileggerci.
C'è amarezza in queste parole e rassegnazione, ma anche amore e tenerezza e, in fine, che il vento se le porti.
A rileggerci.
Albemasia- Padawan
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Re: Lettera al vento
Bello il tuo compagno di viaggio.
Abbi cura del tuo sibilo pure tu,
amico mio.
Abbi cura del tuo sibilo pure tu,
amico mio.
tommybe- Maestro Jedi
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Re: Lettera al vento
Grazie di cuore per la lettura, spesso alcuni elementi che fanno parte del nostro periodo di vita più spensierato ci rimangono attaccati addosso, il vento del Salento, così impetuoso e bizzoso per esempio da sempre mi segue dentro e mi manca molto... sono nato in un giorno di tempesta e sembro proprio suo figlio...
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Flash Gordon- Padawan
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Re: Lettera al vento
che non voglio più sentire e perdonami,
inciso: e, perdonami,
E non dirmi che ti piacevano le pizzette unte che compravo al chiosco della stazione, la loro particolare prelibatezza risiedeva proprio nell’unto che ti colava dappertutto.
qui per non fare una ripetizione potresti usare un pronome oppure sostituire la parola unto con un altro sostantivo (grasso, olio ecc.)
quelli alti tre metri che guardavano le orecchie dei giganti dall’alto.
Bella!
lo abbiamo scrutato dai dirupi e vissuto nelle onde sulle scogliere e… Forse in quel tempo riuscivo ad amare, a temperare matite d’inchiostro sui lucidi da disegno».
«Ma cosa cazzo sto raccontando?
Il vento del mare era mio amico, perché lo tratto così?
Insieme abbiamo sognato l’Oriente, lo abbiamo scrutato dai dirupi e vissuto nelle onde sulle scogliere e… Forse in quel tempo riuscivo ad amare, a temperare matite d’inchiostro sui lucidi da disegno».
Non andrei a capo dopo “raccontando?” Perché interrompe la lettura di un pensiero che prosegue. Inoltre, trattandosi di un pensiero, potresti scriverlo in corsivo.
dopo i tre puntini di sospensione puoi continuare con la minuscola in quanto è lo stesso pensiero che prosegue (pensiero molto poetico!)
Ecco il graffio ironico che chiude questo “mono-dialogo” in puro stile Gravili.
@Flash Gordon da questo breve testo mi arrivano tante sensazioni… tra tutti gli elementi, il vento ha qualcosa di potente, sembra davvero che possa trasportare i nostri pensieri. A volte con un turbine che ce li riporta indietro più freschi e chiari, altre volte ci strapazza, in altri momenti ci accarezza gentile. Mi è piaciuto leggerti (e farti le pulci… )
inciso: e, perdonami,
E non dirmi che ti piacevano le pizzette unte che compravo al chiosco della stazione, la loro particolare prelibatezza risiedeva proprio nell’unto che ti colava dappertutto.
qui per non fare una ripetizione potresti usare un pronome oppure sostituire la parola unto con un altro sostantivo (grasso, olio ecc.)
quelli alti tre metri che guardavano le orecchie dei giganti dall’alto.
Bella!
lo abbiamo scrutato dai dirupi e vissuto nelle onde sulle scogliere e… Forse in quel tempo riuscivo ad amare, a temperare matite d’inchiostro sui lucidi da disegno».
«Ma cosa cazzo sto raccontando?
Il vento del mare era mio amico, perché lo tratto così?
Insieme abbiamo sognato l’Oriente, lo abbiamo scrutato dai dirupi e vissuto nelle onde sulle scogliere e… Forse in quel tempo riuscivo ad amare, a temperare matite d’inchiostro sui lucidi da disegno».
Non andrei a capo dopo “raccontando?” Perché interrompe la lettura di un pensiero che prosegue. Inoltre, trattandosi di un pensiero, potresti scriverlo in corsivo.
dopo i tre puntini di sospensione puoi continuare con la minuscola in quanto è lo stesso pensiero che prosegue (pensiero molto poetico!)
Ecco il graffio ironico che chiude questo “mono-dialogo” in puro stile Gravili.
@Flash Gordon da questo breve testo mi arrivano tante sensazioni… tra tutti gli elementi, il vento ha qualcosa di potente, sembra davvero che possa trasportare i nostri pensieri. A volte con un turbine che ce li riporta indietro più freschi e chiari, altre volte ci strapazza, in altri momenti ci accarezza gentile. Mi è piaciuto leggerti (e farti le pulci… )
Petunia- Moderatore
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Data di iscrizione : 07.01.21
Età : 60
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Re: Lettera al vento
Grazie Pet per tutto e per le segnalazioni che terrò ben a mente.
A proposito di unto, mi sono lasciato prendere dal termine veneto "panino onto" che è alquanto famoso e tutti lo nominano!
Io devo evitarlo per i colesteropodogliceridiurici in abbundanzia giacenti in circolazione nel mio sangue.
Quando andavo allo scientifico mi fermavo in due luoghi: chiosco stazione e piccola bettola di alimentari al porto.
Prendevo un panino col salame e lo avvolgevano in una carta lucida marrone che dopo dieci secondi diventava tipo nero petrolio per il trasudare del grasso.
Erano veramente terribili e facevano schifo a vedersi, costavano mille lire e... Non ho mai mangiato più roba così buona.
Stessa cosa per le pizzette al pomodoro che colavano olio da tutte le parti.
Ora se becco un panino con la soppressa o una bella schiacciata quando sono a Firenze di fianco a me vedo comparire l'effige del mio cardiologo che è il sosia di Ligabue e, nello sconcerto, lotto tremendamente per cacciarlo... Certe notti tra porchetta e zanzare il colesterolo mi dà del tu...
A proposito di unto, mi sono lasciato prendere dal termine veneto "panino onto" che è alquanto famoso e tutti lo nominano!
Io devo evitarlo per i colesteropodogliceridiurici in abbundanzia giacenti in circolazione nel mio sangue.
Quando andavo allo scientifico mi fermavo in due luoghi: chiosco stazione e piccola bettola di alimentari al porto.
Prendevo un panino col salame e lo avvolgevano in una carta lucida marrone che dopo dieci secondi diventava tipo nero petrolio per il trasudare del grasso.
Erano veramente terribili e facevano schifo a vedersi, costavano mille lire e... Non ho mai mangiato più roba così buona.
Stessa cosa per le pizzette al pomodoro che colavano olio da tutte le parti.
Ora se becco un panino con la soppressa o una bella schiacciata quando sono a Firenze di fianco a me vedo comparire l'effige del mio cardiologo che è il sosia di Ligabue e, nello sconcerto, lotto tremendamente per cacciarlo... Certe notti tra porchetta e zanzare il colesterolo mi dà del tu...
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Io sono quell'effimero scorcio d'arancio e di giallo che al tramonto appare per un istante e s'allunga in cielo, prima che la terra volti la faccia e il sole si ritrovi dall'altra parte del mondo.
Io sono sempre dall'altra parte del mondo quando gli altri mi leggono, per questo non esisterà mai un mio scritto.
Flash Gordon- Padawan
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