La prima volta che intuii qualcosa… avere un’epifania, si dice così, no? Mi successe durante una conversazione con Zutenia, un’ex compagna dell’Accademia delle Cadette.
Mi aveva chiamata con l’iperspaziofono. «Ma esci un po’, non startene sempre lì attaccata alla tua palla rocciosa, mollala ogni tanto.»
Non fu quella frase a svegliarmi, ovvio. Adesso ci arrivo. Le dissi: «Come faccio? Forse da me c’è spazio per la vita, sono piena d’acqua in superficie, ed è tutto un brulicare di composti organici e nutrienti azotati che devono solo organizzarsi per…»
Lei si mise a ridere. «Dai, non fare la solita secchiona! Pensavo di averti insegnato a divertirti, mentre stavamo all’Accademia.»
Eh, già. Bei ricordi. Si usciva spesso insieme, e quante cazzate avevamo combinato! «Cioè, ma era diverso, non sapevo che un giorno sarebbe toccato a me portare la vita nel Sistema Solare. Eravamo solo cadette.»
Cambiò tono, scocciata. «Sì, le riserve.»
All’Accademia dicevo proprio così. Mi ero riappropriata dell’offesa e ne facevo un vanto per noi, piccoli punti luminosi nei cieli delle rispettive sorelle, le predestinate. «Ecco! È capitato. Una riserva su mille ed è successo a me. Lo sapevamo che era una possibilità…»
«Sei stata sfigata, insomma!»
No, non fu quella la frase, però ovvio mi colpì nel nucleo. «Ma uffa! E poi è un onore portare la vita nel proprio sistema, no?»
Borbottò qualcosa e aggiunse: «Cazzate!»
Le volevo bene. Zutenia era solo capitata in una famiglia così, un po’ menefreghista. Tutte le attenzioni rivolte alla predestinata e lei era stata lasciata crescere da sola, selvaggia. Ma era una brava pianeta, anche se aveva delle idee un po’ particolari.
Io ero proprio convinta. «Comunque resto qui, non vorrei perdermi la formazione della prima cellula, e poi adesso sono l’unica rimasta nel sistema e tutte le aspettative sono su di me…»
E fu a quel punto che mi spiazzò. «Ma fregatene delle aspettative! Sono solo desideri che gli altri proiettano su di te. Tu, invece, che cosa vuoi davvero?»
Ecco l’epifania! Avevo passato un miliardo di anni facendo ciò che mi veniva detto: la famiglia, le docenti dell’Accademia, le mie compagne cadette, Zutenia… mi ero sempre accodata per compiacere alle altre. E io? Per un attimo mi sentii svuotata, non sapevo più che dire o pensare.
«Ci sei?» A volte Zutenia aveva un tono strafottente, soprattutto quando sapeva di avermi colpita pesante.
Io quasi balbettai: «Sì. Devo solo meditare un po’, penso che è meglio se ci salutiamo.»
«Ci sei rimasta male? Guarda che puoi dirmi tutto, non farti scrupolo.»
«Lo so. Ci penso e poi ti richiamo.»
Ci salutammo e, davvero, provai a meditare. Trovai un vuoto profondo dentro di me, peggio dello spazio intergalattico, e mi fece paura. Le uniche sensazioni che avevo erano un prurito sotto gli oceani. C’erano grassi e proteine dappertutto, che avevano solo bisogno di un piccolo aiuto per organizzarsi in una cellula viva. Che cosa volevo davvero? Lasciare che tutto quel brulichio rimanesse un brodo per sempre o dare la spintarella mancante?
Centinaia di milioni di anni dopo ci fu la celebrazione per la vita su di me. Anche Zutenia accettò di venire e ne fui molto felice. Anzi, arrivò pure con qualche periodo di anticipo e mi aiutò a intrecciare i filamenti di DNA che avevo usato per confezionare le bomboniere.
Avevo invitato anche Venere. Mi avevano detto di stare attenta e lasciarla perdere, ma era pur sempre mia sorella. Era lei la predestinata del Sistema Solare, e per me era sempre stata un mito, soprattutto quando ero ancora una palla di magma e mi spiegarono che cosa meravigliosa sarebbe dovuta accadere sulla sua superficie. Poi sì, era andata com’era andata, ma questo non aveva cambiato il mio affetto nei suoi confronti.
Venere arrivò in ritardo ed era evidentemente fatta. Era uno dei motivi per cui mi avevano messa in guardia. Non mi salutò nemmeno. Disse: «Si vede che sei solo una cadetta!»
Sì, mi sentii ferita, ma ero certa che fosse la droga a farla sparlare e indossai la faccia da poker. «Tranquilla, farò del mio meglio per non sfigurare.»
Si mise a ridere. «Non sei neanche capace di far volare delle spore oltre la superficie degli oceani! Figuriamoci se riuscirai a far volare degli esseri viventi.»
Sapevo che alle predestinate insegnavano cose più moderne mentre a noi cadette facevano usare i libri di testo della vecchia generazione, ma la cosa non mi scoraggiava. «Vedrai che, con il tuo aiuto, ci riuscirò.»
Speravo che, facendola interessare alla vita, si dimenticasse della droga, ma purtroppo mi sbagliavo. Continuò a ridermi contro. «Cosa vuoi tu da me? Arrangiati! È stata una scelta tua.»
Sparì nel buffet, ignorata dagli altri membri della famiglia. La mia sorellona! Avrei fatto di tutto per farla guarire dalla sua dipendenza. Ma purtroppo la vita aveva bisogno di me per andare avanti. Non avevo abbastanza energie per entrambe le cose. Mi ripromisi di aiutarla davvero, un giorno, avrei davvero voluto. Lì per lì ancora ci credevo e questo mi aiutò a non cadere nello sconforto. Forse, se fossi riuscita a far volare delle spore sopra gli oceani, l’avrei stupita al punto che magari sarebbe guarita? Mi illudevo che avrebbe potuto funzionare.
Passarono le ere e purtroppo anche Zutenia si allontanò. Io ero concentrata sulla vita, lei aveva pure provato a farmi uscire ogni tanto. «Guarda che le estinzioni di massa accadono lo stesso anche se stai lì a guardare!» Ma per me era troppo importante tenere tutto sotto controllo, insomma ero fatta così. La vita prima di ogni altra cosa! Poi venivo io e, se rimaneva tempo, mi sarei dedicata allo svago. Ma non me ne restava mai, così io e Zutenia ci perdemmo di vista.
Dopo un paio di miliardi di anni dalla mia celebrazione arrivò Spacebook, una novità che rivoluzionò la comunicazione iperspaziale. In pratica, potevo creare una piazza virtuale dove ritrovare le vecchie amicizie e recuperare i contatti senza spostarmi dalla mia palla rocciosa. Inutile dire, la prima che cercai fu Zutenia. La trovai profondamente cambiata dai movimenti tettonici, ma non al punto di renderla irriconoscibile.
Mi approcciai timidamente, e dopo qualche imbarazzo iniziale, soprattutto da parte mia, recuperammo un po’ di confidenza. In seguito strinsi amicizia con quasi tutte le ex compagne di accademia, ma in realtà l’unica con cui avevo qualcosa da dire o condividere – al di fuori di un “Buongiornissimo! Caffè?” – era sempre e solo lei.
Chiesi l’amicizia pure a Venere, anche se ce l’avevo a pochi minuti luce di distanza. Zutenia non ne era entusiasta, anzi mi disse di stare attenta. Che cosa mai sarebbe potuto succedere? pensavo. Così, quando mi arrivò la notifica che la sorellona aveva accettato, la prima cosa che feci per festeggiare fu condividere sulle nostre bacheche un’istantanea dei più grandi animali volanti che avessero mai solcato i miei cieli. Ne ero davvero orgogliosa ed ero sicura che avrebbe apprezzato anche lei.
Nel giro di alcuni secoli la foto ricevette un sacco di reazioni e commenti. Non me l’aspettavo, doveva essere solo una cosa tra noi due, ma per qualche caso strano aveva attirato l’attenzione. Ovvio che lì per lì ero curiosa e felice di scoprire il motivo.
Ma sarebbe stato meglio se non l’avessi mai pubblicata. C’erano le peggiori prese per il culo. Le amiche di Venere, tutte predestinate, erano venute a commentare i fatti nostri.
“E chi è questa sfigata?”
“Ma guardala, ancora con i pterosauri!”
“Volami negli inghiottitoi, riserva!”
Questo già mi aveva messo il magone. Ma la cosa che mi fece più male fu la reazione di Venere. Invece di difendermi, commentava con risatine ed emoticon divertite. Non potevo crederci, tradita dalla mia amata sorellona, nata dalla stessa polvere planetaria! Spensi Spacebook e piansi tutta la mia disperazione.
“Meriti l’estinzione!”
Più di un commento era su questo tono e continuava a risuonarmi dentro. Ero rimasta sola e non aveva più senso per me mantenere la vita in superficie. Sapevo qual era la chiamata giusta da fare.
«Pronto? Sono Quintilio, servizio Cintura degli Asteroidi. Con chi ho il piacere di parlare?»
«Ciao, sono Terra.»
«Ehi! Ciao, sorella. Come butta?»
«Bene, a parte un gran mal di testa. E tu?»
«Tutto a posto. Ah, posso fare qualcosa per il tuo… “mal di testa”?» Ammiravo Quintilio perché aveva un’incredibile capacità di intuire le cose senza fare troppe domande.
«Penso di sì. Ti ricordi di Theia?»
«Yeah! Certo. Che botta, ragazza. Pensavo che fossi impazzita quando me l’hai chiesto, sono stato lì due millenni a controllare i calcoli per farlo arrivare con l’inclinazione giusta. Hai fatto i fuochi d’artificio, ma il risultato, eh? Che figata di Luna. Sei unica, sorella!» Ecco, forse si lasciava prendere un po’ troppo dall’entusiasmo.
E io non avevo lo stato d’animo per lasciarmi coinvolgere. «Grazie, ma non credo… senti, non è che ne hai un altro?»
«Cosa? Woah, vacci piano. Non sei più una palla di magma, un impatto del genere ti manderebbe in frantumi. E comunque l’asteroide più grosso che ho adesso non è nemmeno un decimo di Theia… Eh, cosa sto dicendo? No, non se ne parla proprio. Ma è così forte il tuo “mal di testa”?»
Più di quanto potesse immaginare. Mi si spezzò la voce. «Eh, direi di sì.»
Cambiò tono e si fece più comprensivo. «Senti, non ne capisco molto della vita, però i pezzi grossi non te li posso proprio mandare, capisci? Ma il fatto è un altro. Sai come funziona, no? Sono le regole assegnate agli asteroidi del nostro Sistema Solare: o si raggruppano o si sgretolano e adesso, dopo quattro miliardi di anni, non ci sono più le mezze misure. Mi sono rimaste solo cose piccole.»
Sospirai. «E allora mandamene due.» Sperando che bastassero.
Sbottò. «Ehi, ragazza! Sei sempre originale. Da dove ti vengono certe idee? È così assurda che… ma, dopo quello che hai combinato con Theia, lo faccio! A scatola chiusa. Dammi tempo che faccio bene i calcoli e t’invio i miei migliori candidati. Ah! Due asteroidi in una botta sola, figata! Ci sentiamo presto. Yeah!»
Lo salutai con un filo di voce. Nel giro di pochi secoli, due nubi nere e grigie avrebbero inquinato l’atmosfera e inacidito gli oceani. Io sarei rimasta ferma a guardare e basta, finché tutta la mia superficie non fosse tornata un brodo di grassi e proteine informi.
«Terra. Ehi, Terra! Sveglia.» Era Zutenia, ed era lì con me.
Risposi con la voce impastata. «Lasciami riposare in pace.»
«No, non ti lascio. Le foreste stanno morendo, il plancton… è un disastro. Gli ittiosauri sono tutti spariti.»
Mi alzai un attimo. «Gli pterosauri?»
Sospirò. «Estinti anche quelli.»
Tornai a distendermi. «Bene, così finalmente non vola più nessuno.»
Cercò di scuotermi. «Ti prego, non fare così. I volariani! Ti ricordi? Mi facevi una testa tanta con i volariani.»
«Ormai sono andati, i volariani sono discendenti degli pterosauri.»
«E me lo dici così? Non t’importa niente?»
Mi alzai di nuovo. «Come te lo devo dire? È la verità. E comunque i volariani sono roba vecchia. Tutta la vita su di me è roba vecchia! Non c’è una classe vivente che non sia già esistita da qualche parte nell’Universo. È il destino di noi riserve, prenderci la merda dalle vecchie generazioni e sperare che nascano delle novità profumate. Ma non è così che funziona. E allora, che vada tutto a ramengo. Mi hanno riempita di merda? Sarò il monumento alla merda.»
«Non la pensavi così, una volta.»
«Cosa vuoi che ti dica? Ci credevo. Speravo di essere l’eccezione. Ce l’ho messa tutta, ma l’evoluzione si è ripetuta identica, come da manuale. Avevi ragione tu: la mia esistenza si è appoggiata sulle aspettative degli altri, ma io non ho mai saputo che cosa volessi davvero.»
Restammo in silenzio per qualche decennio. Poi Zutenia esclamò. «Secondo me ti sbagli!»
«Cosa?»
«L’hai appena detto: speravi di essere l’eccezione.»
Alzai lo sguardo oltre l’eclittica. «Tutte speriamo di essere l’eccezione!»
Parlò a raffica. «Sicura? A me, come a tante altre cadette, non è mai fregato niente della vita. Betel, del corso prima del nostro, ha sempre detto che amava i cefalopodi e non si è discostata di una virgola dai libri di testo. Nivea, ti ricordi? Ha riempito la sua superficie di marsupiali, tutto molto lineare. Nessuna di noi ha mai desiderato essere l’eccezione. Tu invece hai sempre fatto cose fuori dal comune, a partire da quella cosa pazzesca di Theia.»
Mi sentivo travolta. «Cioè, volevo un satellite, e poi ero solo una giovane palla di magma un po’ incosciente. Adesso non farei mai una cosa simile.»
«Ah no? E come mai ti sei fatta colpire da ben due asteroidi per causare un’estinzione di massa? Non ti sembra eccezionale?»
«Ecco, io…»
Sorrise. «A proposito: carino il nuovo cratere in centro America, lo trovo molto affascinante.»
«Dai, scema!»
«Insomma: se vuoi essere te stessa devi continuare a pensare fuori dagli schemi.»
«Ma è impossibile. La vita ha delle regole ben precise e non posso…»
Mi interruppe con tono strafottente. «Ah, non puoi? Interessante.»
Mi stesi di nuovo. «E comunque stavolta non farò nulla, lascerò che tutto si estingua e così sarò libera di uscire con te ogni volta che vorremo, senza impicci. Ho deciso così, e pazienza per le aspettative della famiglia.»
Restammo in silenzio ancora per altri decenni.
Poi all’improvviso Zutenia tirò fuori una voce da palla di magma. «Che simpatici quei rettili pennuti.»
Ero perplessa, cercai di focalizzare la cosa, poi capii. «Non sono rettili, sono dinosauri terrestri. Ma sono ancora vivi?»
«Sembra proprio di sì. Come mai ti stupisce?»
«In teoria dovevano estinguersi insieme agli altri.» E lì sfoderai una delle mie lodi in Evoluzione. «Però le penne permettono una migliore regolazione della temperatura corporea, e forse sono diventate un vantaggio in una situazione di inverno perenne.»
«Ma guardali. Che carini!»
«Ehi, non ti affezionare.»
«Insomma, sei proprio decisa a farla finita?»
«Sì!»
Provai a pensare ai fatti miei. Una volta completata l’estinzione, avrei avuto bisogno di una bella pulizia superficiale. Niente asteroidi! Ci voleva qualcosa tipo uragani, ma senza fulmini. Difficile. Anche una bella colata di lava, perché no? Anzi, di sicuro il metodo migliore per sterilizzare tutto. Bisognava solo…
«Secondo me possono sopravvivere.» Zutenia mi fece perdere il filo.
Sbuffai. «Non ci provare. Ho detto che basta!»
Insistette. «Dopo di loro che cosa c’è?»
«Oh, ma studiavi all’Accademia? E poi, perché ti interessa?»
«Boh… mi sembra che si siano adattati bene al nuovo clima, mi chiedevo dove portasse il loro filo evolutivo.»
«Da nessuna parte! Non c’è una pianeta in tutto l’Universo in cui i dinosauri pennuti siano vissuti per più di un’era, perché…» Pagina 156 del libro di testo: “Nel passaggio a volariani, gli pterosauri occupano tutte le nicchie e hanno un vantaggio competitivo.”
Ma su di me gli pterosauri erano già estinti!
Mi alzai di scatto. «Ferma tutto!»
Zutenia sorrise. «E chi si muove?»
«No, dico: ferma l’estinzione!»
Si guardò intorno. «Cosa dovrei fare? Sei tu che hai in mano gli strumenti.»
Ovvio che aveva ragione. Diedi la spinta necessaria per bloccare la fine.
Ero esausta. «Mi sa che adesso non ci potremo vedere per qualche decina di milioni di anni.»
Tirò fuori la sua voce strafottente. «Cosa vuoi che sia? Ne ho aspettati miliardi…»
«Scusami! Spero di non aver fatto una cazzata.»
«Una in più…»
«Certo che sei stronza forte! Guarda che ci metto due secoli a far sparire i tuoi animaletti simpatici, eh?»
Tornò a fare la palla di magma. «Che carini, con tutte quelle pennette colorate! Belli, loro.»
Sospirai. «Ok, te li tratto bene. Però se mi fai arrabbiare li evolvo in esseri mostruosi!»
Si limitò a dire: «No-o-o-o-o!»
La fortuna volle che ci ritrovammo molto prima di quanto avessi previsto. Per la prima volta dopo miliardi di anni mi avevano convinta a uscire, per un evento inimmaginabile. E io mi trovavo lì al centro dell’emiciclo, emozionata, in presenza delle rettrici di tutte le Accademie. Tra il pubblico riconobbi Quintilio, poi c’erano Sole, i miei fratelli gassosi e, ovviamente, Zutenia. L’avevo detto anche Venere, ma non era venuta. Tirai un sospiro di sollievo, anche se triste.
La magnifica Darniel, dell’Accademia delle Cadette, era radiosa. Prima di leggere il papiro mi fece diversi cenni d’intesa che mi agitarono ancora di più.
Ma anche lei aveva la voce tremante mentre leggeva l’introduzione, con la data universale e i nomi del collegio deliberante. Mi rimbombava tutto in testa e mi sembrava di non capire più nulla, finché non arrivò al punto principale, che ascoltai orgogliosa, parola dopo parola.
«E all’unanimità decretiamo di conferire alla pianeta Terra, del Sistema Solare nella Galassia Lattea, il massimo riconoscimento con la seguente motivazione: per aver evoluto sulla propria superficie una nuova classe di animali, alla quale viene dato il nome di “Uccelli”.»