Onorevole Maggiore Qui-x8,
Come da Lei richiesto mi trovo su CC-19 allo scopo di raccogliere il materiale necessario alla redazione del Suo saggio riguardo gli usi e i costumi di queste genti. Le scrivo in merito al recente avvenimento a cui ho avuto la fortuna di partecipare.
Dalle informazioni già in mio possesso, nonché dall’attenta analisi dei dati visivi ed uditivi raccolti durante l’evento, posso affermare con un certo grado di sicurezza che si trattasse di un rituale volto a celebrare la morte di un terrestre di specie umana. Non mi risulta che sia pratica comune effettuare simili riti per animali di altre specie.
Quando dico che ho avuto la fortuna di partecipare a simile accadimento non pecco di falsa modestia, mi trovavo infatti a passeggiare senza meta, quando d’improvviso mi sono imbattuto in una lunga colonna di umani che, procedendo in direzione opposta alla mia, trasportavano un grosso contenitore scuro. Certamente incuriosito da simile adunata, non ho esitato a seguire il flusso della corrente umana e mi sono ritrovato spettatore – probabilmente indesiderato – di ciò che sto per narrarle, ovvero di quello che prende il nome umano di funerale.
Come accennato pocanzi, il raduno di umani portava con sé un contenitore, che per essere precisi misurava 1972ku x 87ku, i quali corrispondono pressappoco alle dimensioni di una nostra comune navicella di salvataggio per bambini. Come appresi una volta giunti nel luogo dove si sarebbe svolta la cerimonia, esso rappresenta il fulcro del funerale, in quanto contenente la salma del defunto. Essa viene posta in modo che possa essere vista da tutti i presenti e l’oratore – ovvero una autorità religiosa, che a giudicare dal vestiario ritengo possa essere del rango di un prete – si tiene in prossimità di essa per l’intera durata del cerimoniale. Infine il contenitore-navicella con tanto di cadavere viene calato in una profonda buca e successivamente sotterrato in corrispondenza di una lastra in pietra incisa, la quale indica il nome dell’individuo e dei numeri dal significato ancora poco chiaro.
Oltre all’oratore e al corpo del morto, partecipano al celebrale una variegata moltitudine di individui, diversi in età e in caratteristiche fenotipiche sebbene, secondo gli scanner fisionomici a mia disposizione, esistano dei tratti comuni tra di loro. Ipotizzo pertanto che possa trattarsi di un rituale riservato a soggetti di uno stesso clan, o famiglia per utilizzare un termine autoctono. Questa mia tesi è stata corroborata dalla diffidenza e a tratti indisposizione manifestata dai presenti nei miei confronti. Ad ogni modo risultavo fortuitamente vestito in modo coerente con la tradizione umana, in quanto indossavo vesti nere alla stregua degli altri partecipanti, per cui – e in questo ci tengo a rassicurare Sua Onorificenza – non ho destato niente più che qualche occhiataccia.
Riguardo alle parole del prete posso raccontarle poco, in quanto il mio traduttore fatica ancora ad elaborare una traduzione quanto più affidabile. Ciò è dovuto in parte al largo utilizzo di termini arcaici e in parte alla natura religiosa del discorso; religione che, come già Le accennavo, conosciamo molto poco data l’apparente infondatezza delle sue teorie e la sua scarsa comprensione da parte degli umani stessi. Ritengo comunque che questo non sia il luogo per addentrarmi sull’argomento.
Il luogo che invece tengo a descriverle è quello in cui mi trovavo al momento della celebrazione per la morte del nostro protagonista. Il funerale viene comunemente svolto in una distesa pianeggiante di erba fresca e ben curata, la quale è costellata da ferme piastre di varie forme e dimensioni. Similmente a quella sopra descritta, ritengo che queste indichino il punto dove sono stati precedentemente sotterrati altri umani. Ne deduco quindi che esse abbiano uno scopo pratico, in quanto sarebbe difficile orientarsi in simile distesa verde senza di esse.
Concludo la mia relazione, prima di porle i miei ossequi, facendole umilmente notare l’ingenuità che pervade questa straordinaria popolazione. Essi celebrano un evento talmente naturale e scontato, in quanto spaventati dall’evento stesso! Celebrano la morte alla stregua del servo che elogia il padrone per timore della sua ira e così facendo alimentano il terrore anziché esorcizzarlo. Il fatto straordinario, però, si osserva se si associano una simile cecità ad un’eccellente conoscenza tecnica e scientifica: pur sapendo in maniera dettagliata cosa succederà a quel corpo dentro al contenitore-navicella essi sono comunque dominati dalla paura. Per quanto mi riguarda, questo è il motivo per cui continuo ad appassionarmi di questo popolo e spero di averle trasmesso anche un po’ di entusiasmo, oltre ad averle fornito informazioni a Lei utili.
Detto ciò Le porgo i miei più sentiti saluti, nella speranza di rivederla presto.
Suo devoto,
Li-x92