Una curiosa scommessa
+22
CharAznable
paluca66
Achillu
M. Mark o'Knee
caipiroska
Molli Redigano
Resdei
Susanna
FedericoChiesa
Danilo Nucci
The Raven
ImaGiraffe
Arunachala
Byron.RN
SuperGric
Mac
gipoviani
tommybe
Petunia
Antonio Borghesi
Fante Scelto
Different Staff
26 partecipanti
Pagina 1 di 2
Pagina 1 di 2 • 1, 2
Una curiosa scommessa
Il viaggio in carrozza da Londra fu piuttosto stancante. Theodor, il nostro cocchiere, aveva spinto i cavalli ad andatura sostenuta e aveva coperto in un tempo invidiabile la distanza da Hanson Court alla banchina del porto. Ci fermammo davanti a una grande nave mercantile ormeggiata al molo: la “Baltic Queen”.
«Le porto la valigia a bordo, signore?»
«No, grazie, faccio da solo. Arrivederci, Theodor.» La carrozza si allontanò.
È sempre disponibile il buon vecchio Theodor. Mio padre, Sebastian, non ritiene che questi veicoli a quattro ruote che fanno impazzire l’America e l’Europa continentale, riusciranno mai a sostituire la rassicurante affidabilità di un tiro di cavalli, ma lui è ormai fuori dal tempo. Così, Theodor può stare tranquillo: non rischia di perdere il posto di lavoro, sostituito da un guidatore di automobili in uniforme.
Mio padre non si è convinto dell’ineluttabilità del progresso nemmeno quando, grazie all’energia elettrica, i nostri telai hanno dimezzato la mano d’opera necessaria, raddoppiando la produzione insieme ai nostri profitti.
Uno dei suoi crucci maggiori è sempre stato quello di non essere mai riuscito a farsi accettare dal Reform Club. Evidentemente le origini modeste avevano costituito un ostacolo all’accoglimento della sua richiesta in un ambiente così esclusivo, ma i recenti successi dell’azienda e le accresciute ricchezze avevano finalmente fatto accogliere, con una generazione di ritardo, la mia richiesta in qualità di socio provvisorio del Club.
«Le porto la valigia a bordo, signore?»
«No, grazie, faccio da solo. Arrivederci, Theodor.» La carrozza si allontanò.
È sempre disponibile il buon vecchio Theodor. Mio padre, Sebastian, non ritiene che questi veicoli a quattro ruote che fanno impazzire l’America e l’Europa continentale, riusciranno mai a sostituire la rassicurante affidabilità di un tiro di cavalli, ma lui è ormai fuori dal tempo. Così, Theodor può stare tranquillo: non rischia di perdere il posto di lavoro, sostituito da un guidatore di automobili in uniforme.
Mio padre non si è convinto dell’ineluttabilità del progresso nemmeno quando, grazie all’energia elettrica, i nostri telai hanno dimezzato la mano d’opera necessaria, raddoppiando la produzione insieme ai nostri profitti.
Uno dei suoi crucci maggiori è sempre stato quello di non essere mai riuscito a farsi accettare dal Reform Club. Evidentemente le origini modeste avevano costituito un ostacolo all’accoglimento della sua richiesta in un ambiente così esclusivo, ma i recenti successi dell’azienda e le accresciute ricchezze avevano finalmente fatto accogliere, con una generazione di ritardo, la mia richiesta in qualità di socio provvisorio del Club.
«Benvenuto, Mr. Hanson – mi aveva detto Sir Harold Hastings, vice-presidente del Club – la sua ammissione come lei sa è del tutto provvisoria. Soltanto fra sei mesi, con la prossima riunione plenaria del Consiglio, sarà presa una decisione definitiva. Utilizzi bene questo periodo, osservando con discrezione e cercando di evitare ogni forma di invadenza.»
Non trovai niente di meglio che annuire, mentre Sir Hastings mi guardava dall’alto in basso, dandomi l’impressione che non aspettasse altro che un passo falso o una parola fuori posto. Poi continuò: «Come lei sa, la discrezione e la riservatezza sono le qualità irrinunciabili del Reform Club di Londra. I soci del Club, me compreso, pagano fior di sterline per la quota annuale e non ammettono trasgressioni alla norma per cui, qualunque cosa accada nel circolo, niente trapeli al di là di queste mura.»
«Capisco benissimo e l’assicuro che è anche mio interesse…» cercai di interloquire, ma Sir Hastings, con voce tonante mi interruppe: «I nostri soci non amano che si parli di loro, delle loro abitudini e neppure, lei mi capisce, dei loro vizi. Ricordiamo ancora con un certo disappunto la pubblicazione, avvenuta una trentina di anni fa, del volume “Il giro del mondo in ottanta giorni” a opera di quel francese, quel certo Jules Verne. Per un lungo periodo si parlò fin troppo del Reform, tirato in ballo arbitrariamente dall’autore, dando al Club una notorietà di cui avremmo fatto volentieri a meno.»
Fu proprio in questa fase di osservazione attenta e di partecipazione discreta che mi trovai coinvolto in una disputa a cui non mi fu possibile, né opportuno, sottrarmi.
La zona ricreativa del Club è costituita da numerosi salotti, ognuno dei quali adibito a una funzione particolare. Alcuni sono riservati al gioco, anche d’azzardo, caratterizzato da puntate molto impegnative che farebbero impallidire il novantanove per cento dei sudditi di Sua Maestà. Altri sono dedicati alla lettura, sia di quotidiani che di preziosi libri in dotazione della libreria del Club. Qui le letture si accompagnano a vivaci discussioni che riguardano una varietà infinita di argomenti: storia, politica, costume, ma anche cronaca quotidiana.
Scelsi casualmente uno dei salotti che si susseguivano numerosi al lato di un lungo corridoio. Lì avvennero il mio battesimo nel Club e l’inizio di questa storia.
Entrai quasi in punta di piedi. La parete di fondo era occupata da una piccola libreria e davanti a questa un tavolo da fumo su cui erano appoggiati i quotidiani più diffusi: il “Times”, il “Daily Telegraph”, il “Morning Post”. Due poltroncine, all'apparenza molto comode, invitavano alla lettura. Il centro era occupato da due tavoli da gioco con quattro sedie ciascuno, momentaneamente vuote. Dalla parte opposta alla libreria un grande camino con un fuoco scoppiettante attorno a cui erano sistemate tre comode poltrone in pelle. Due erano occupate.
«Signori, buonasera. Posso sedere? Mi presento: sono Richard Hanson… ma non vorrei disturbare.»
«Hanson? Della Hanson Weaving? Credo di aver conosciuto suo padre, Sebastian. Varie volte si è servito delle mie navi per trasportare i suoi tessuti. Molto lieto, sono Thomas Attenborough.»
Sapevo bene chi fosse il mio interlocutore: un ricchissimo armatore a capo di una consistente flotta mercantile che raggiunge ogni angolo degli oceani.
«Sono onorato di conoscerla di persona», risposi con il tono più servile che riuscii a esprimere.
«Permetta anche che le presenti il Colonnello William Rutherford che ha partecipato con grandi successi alle campagne coloniali in Asia e in Africa.»
L’uomo che sedeva di fronte a me era in uniforme militare. L’occhio sinistro era coperto da una benda scura, un palese risultato di una ferita di guerra. Sul destro portava un monocolo dietro il quale un occhio ceruleo mi squadrava dall’alto in basso. La mia attenzione fu attratta soprattutto dalla collezione infinita di decorazioni che ornavano il suo petto: nastrini, medaglie e croci al valore militare. Stimai il peso attorno alle due libbre.
«Benvenuto nel Club, giovanotto!» tuonò il Colonnello.
Feci un leggero inchino all’indirizzo del militare prima di sedere sulla poltrona vuota.
Il signor Attenborough, che aveva probabilmente notato il mio interesse per tutte quelle decorazioni, riprese la parola: «È veramente stupefacente il numero di onorificenze del Colonnello Rutherford. Potrei dire che il Colonnello ha più croci sul petto di quelle che si trovano a Kryžių Kalnas.»
Non avevo mai sentito quel nome e il mio sguardo interrogativo non sfuggì all’occhio indagatore del Colonnello.
«Giovanotto, il signor Attenborough si riferisce a una città della Lituania che si chiama Šiauliai nei cui pressi si trova Kryžių Kalnas, una collina che è detta per l’appunto “collina delle croci” in cui sono state piantate decine e decine di croci di vario tipo, foggia e dimensione e che è divenuta per questo un luogo di interesse per i viaggiatori. Mio figlio, in un suo recente viaggio nei paesi baltici, ha visitato il luogo e mi ha riferito che ci sono almeno duecento croci su quella collina. Quindi il paragone con il modesto numero delle mie decorazioni mi pare un po’ esagerato.»
Non mi sfuggì un movimento impercettibile di un sopracciglio di Attenborough. «Mi permetta, Colonnello, il paragone era volutamente scherzoso e paradossale ma, con tutto il rispetto dovuto a suo figlio, a me pare esagerato il numero delle croci che le è stato riferito.»
Il Colonnello si protese in avanti e sgranò l’occhio facendo cadere il monocolo che cominciò a oscillare come un pendolo, appeso a una cordicella fermata a un’asola del bavero della giacca.
Prima che potesse proferire parola il signor Attenborough riprese: «la mia Baltic Queen compie ogni mese il trasferimento da Londra a Klaipeda per scaricare e ricaricare merci. La nave rimane qualche giorno ormeggiata nel porto e, proprio nell’ultimo viaggio, il secondo di bordo, il signor Wilson, mi ha raccontato di aver approfittato della sosta per andare a visitare la collina delle croci di cui aveva sentito parlare. Il signor Wilson è un tipo molto preciso e si prese la briga di contare le croci presenti nel luogo: erano centoventotto!» Le ultime parole furono pronunciate con una certa enfasi.
Mi rendevo conto che l’atmosfera si stava surriscaldando. Il Colonnello aveva assunto un colorito paonazzo e, con la voce rotta per l’irritazione, disse fra i denti, riposizionando il monocolo nella posizione abituale: «Mi meraviglia, signor Attenborough, che lei anteponga la versione di un secondo di bordo – l’espressione del viso mostrò un certo disprezzo – a quella di mio figlio, primo classificato nel suo corso all’Accademia militare di Sandhurst e giovane ufficiale molto promettente.»
«Colonnello, non è mia intenzione mettere in dubbio in alcun modo le doti di suo figlio, ma conosco da anni il signor Wilson e so che se lui dice che le croci sono 128, potranno essere 127 o 129 ma non certo 200. Sarei disposto a scommetterci 500 sterline!»
«Lei mi invita a nozze, signor Attenborough! Troviamo il modo di formalizzare questa scommessa e consideri le sue 500 sterline già nelle mie tasche!»
Non avevo la minima idea di come sarebbe finita questa storia, fino a che l’armatore ebbe la brillante idea: «Fra due giorni la Baltic Queen affronterà di nuovo il viaggio per Klaipeda. Potremmo chiedere al nostro giovane socio signor Hanson di imbarcarsi sulla nave e recarsi sul posto per dirimere definitivamente la questione. Sarà lui, se lo vorrà, l’arbitro imparziale della nostra disputa.»
«Bene! E vincerà la scommessa chi si avvicinerà di più al numero reale», sentenziò il Colonnello.
«Ottima idea, Colonnello! Mi spiace perfino doverle sottrarre 500 sterline!» disse Attenborough con un ghigno sarcastico.
A quel punto dovevo dire la mia. Pensai rapidamente e mi resi conto di essermi, del tutto involontariamente, cacciato in un bel guaio. I due contendenti erano entrambi membri del Consiglio del Club e la mia domanda avrebbe dovuto essere accolta, per statuto, dall’unanimità dei consiglieri. Io avrei fatto il mio dovere di incaricato super partes ma sicuramente il mio responso avrebbe nuociuto a uno dei due contendenti e… chissà come l’avrebbe presa? D’altra parte, sottrarmi a quell’incarico sarebbe stato mal giudicato da parte di entrambi, così… «signori, sono onorato della vostra fiducia e mi impegno a svolgere il compito affidato con correttezza, precisione e imparzialità.»
L’accordo fu suggellato con ottimi sigari indiani e whisky scozzese. Fu stabilito che alla conta avrebbero partecipato un membro dell’equipaggio della Baltic Queen, il nostromo Gregory Bennett, in rappresentanza dell’armatore e l’attendente del Colonnello, il giovane tenente Harrison Mitchell che si sarebbe imbarcato insieme a noi. Le dichiarazioni definitive dei due contendenti erano state: 128 per Attenborough e 200 per Rutherford. Avrebbe vinto la scommessa chi si fosse avvicinato di più al numero reale.
La zona ricreativa del Club è costituita da numerosi salotti, ognuno dei quali adibito a una funzione particolare. Alcuni sono riservati al gioco, anche d’azzardo, caratterizzato da puntate molto impegnative che farebbero impallidire il novantanove per cento dei sudditi di Sua Maestà. Altri sono dedicati alla lettura, sia di quotidiani che di preziosi libri in dotazione della libreria del Club. Qui le letture si accompagnano a vivaci discussioni che riguardano una varietà infinita di argomenti: storia, politica, costume, ma anche cronaca quotidiana.
Scelsi casualmente uno dei salotti che si susseguivano numerosi al lato di un lungo corridoio. Lì avvennero il mio battesimo nel Club e l’inizio di questa storia.
Entrai quasi in punta di piedi. La parete di fondo era occupata da una piccola libreria e davanti a questa un tavolo da fumo su cui erano appoggiati i quotidiani più diffusi: il “Times”, il “Daily Telegraph”, il “Morning Post”. Due poltroncine, all'apparenza molto comode, invitavano alla lettura. Il centro era occupato da due tavoli da gioco con quattro sedie ciascuno, momentaneamente vuote. Dalla parte opposta alla libreria un grande camino con un fuoco scoppiettante attorno a cui erano sistemate tre comode poltrone in pelle. Due erano occupate.
«Signori, buonasera. Posso sedere? Mi presento: sono Richard Hanson… ma non vorrei disturbare.»
«Hanson? Della Hanson Weaving? Credo di aver conosciuto suo padre, Sebastian. Varie volte si è servito delle mie navi per trasportare i suoi tessuti. Molto lieto, sono Thomas Attenborough.»
Sapevo bene chi fosse il mio interlocutore: un ricchissimo armatore a capo di una consistente flotta mercantile che raggiunge ogni angolo degli oceani.
«Sono onorato di conoscerla di persona», risposi con il tono più servile che riuscii a esprimere.
«Permetta anche che le presenti il Colonnello William Rutherford che ha partecipato con grandi successi alle campagne coloniali in Asia e in Africa.»
L’uomo che sedeva di fronte a me era in uniforme militare. L’occhio sinistro era coperto da una benda scura, un palese risultato di una ferita di guerra. Sul destro portava un monocolo dietro il quale un occhio ceruleo mi squadrava dall’alto in basso. La mia attenzione fu attratta soprattutto dalla collezione infinita di decorazioni che ornavano il suo petto: nastrini, medaglie e croci al valore militare. Stimai il peso attorno alle due libbre.
«Benvenuto nel Club, giovanotto!» tuonò il Colonnello.
Feci un leggero inchino all’indirizzo del militare prima di sedere sulla poltrona vuota.
Il signor Attenborough, che aveva probabilmente notato il mio interesse per tutte quelle decorazioni, riprese la parola: «È veramente stupefacente il numero di onorificenze del Colonnello Rutherford. Potrei dire che il Colonnello ha più croci sul petto di quelle che si trovano a Kryžių Kalnas.»
Non avevo mai sentito quel nome e il mio sguardo interrogativo non sfuggì all’occhio indagatore del Colonnello.
«Giovanotto, il signor Attenborough si riferisce a una città della Lituania che si chiama Šiauliai nei cui pressi si trova Kryžių Kalnas, una collina che è detta per l’appunto “collina delle croci” in cui sono state piantate decine e decine di croci di vario tipo, foggia e dimensione e che è divenuta per questo un luogo di interesse per i viaggiatori. Mio figlio, in un suo recente viaggio nei paesi baltici, ha visitato il luogo e mi ha riferito che ci sono almeno duecento croci su quella collina. Quindi il paragone con il modesto numero delle mie decorazioni mi pare un po’ esagerato.»
Non mi sfuggì un movimento impercettibile di un sopracciglio di Attenborough. «Mi permetta, Colonnello, il paragone era volutamente scherzoso e paradossale ma, con tutto il rispetto dovuto a suo figlio, a me pare esagerato il numero delle croci che le è stato riferito.»
Il Colonnello si protese in avanti e sgranò l’occhio facendo cadere il monocolo che cominciò a oscillare come un pendolo, appeso a una cordicella fermata a un’asola del bavero della giacca.
Prima che potesse proferire parola il signor Attenborough riprese: «la mia Baltic Queen compie ogni mese il trasferimento da Londra a Klaipeda per scaricare e ricaricare merci. La nave rimane qualche giorno ormeggiata nel porto e, proprio nell’ultimo viaggio, il secondo di bordo, il signor Wilson, mi ha raccontato di aver approfittato della sosta per andare a visitare la collina delle croci di cui aveva sentito parlare. Il signor Wilson è un tipo molto preciso e si prese la briga di contare le croci presenti nel luogo: erano centoventotto!» Le ultime parole furono pronunciate con una certa enfasi.
Mi rendevo conto che l’atmosfera si stava surriscaldando. Il Colonnello aveva assunto un colorito paonazzo e, con la voce rotta per l’irritazione, disse fra i denti, riposizionando il monocolo nella posizione abituale: «Mi meraviglia, signor Attenborough, che lei anteponga la versione di un secondo di bordo – l’espressione del viso mostrò un certo disprezzo – a quella di mio figlio, primo classificato nel suo corso all’Accademia militare di Sandhurst e giovane ufficiale molto promettente.»
«Colonnello, non è mia intenzione mettere in dubbio in alcun modo le doti di suo figlio, ma conosco da anni il signor Wilson e so che se lui dice che le croci sono 128, potranno essere 127 o 129 ma non certo 200. Sarei disposto a scommetterci 500 sterline!»
«Lei mi invita a nozze, signor Attenborough! Troviamo il modo di formalizzare questa scommessa e consideri le sue 500 sterline già nelle mie tasche!»
Non avevo la minima idea di come sarebbe finita questa storia, fino a che l’armatore ebbe la brillante idea: «Fra due giorni la Baltic Queen affronterà di nuovo il viaggio per Klaipeda. Potremmo chiedere al nostro giovane socio signor Hanson di imbarcarsi sulla nave e recarsi sul posto per dirimere definitivamente la questione. Sarà lui, se lo vorrà, l’arbitro imparziale della nostra disputa.»
«Bene! E vincerà la scommessa chi si avvicinerà di più al numero reale», sentenziò il Colonnello.
«Ottima idea, Colonnello! Mi spiace perfino doverle sottrarre 500 sterline!» disse Attenborough con un ghigno sarcastico.
A quel punto dovevo dire la mia. Pensai rapidamente e mi resi conto di essermi, del tutto involontariamente, cacciato in un bel guaio. I due contendenti erano entrambi membri del Consiglio del Club e la mia domanda avrebbe dovuto essere accolta, per statuto, dall’unanimità dei consiglieri. Io avrei fatto il mio dovere di incaricato super partes ma sicuramente il mio responso avrebbe nuociuto a uno dei due contendenti e… chissà come l’avrebbe presa? D’altra parte, sottrarmi a quell’incarico sarebbe stato mal giudicato da parte di entrambi, così… «signori, sono onorato della vostra fiducia e mi impegno a svolgere il compito affidato con correttezza, precisione e imparzialità.»
L’accordo fu suggellato con ottimi sigari indiani e whisky scozzese. Fu stabilito che alla conta avrebbero partecipato un membro dell’equipaggio della Baltic Queen, il nostromo Gregory Bennett, in rappresentanza dell’armatore e l’attendente del Colonnello, il giovane tenente Harrison Mitchell che si sarebbe imbarcato insieme a noi. Le dichiarazioni definitive dei due contendenti erano state: 128 per Attenborough e 200 per Rutherford. Avrebbe vinto la scommessa chi si fosse avvicinato di più al numero reale.
Due giorni dopo io e gli altri due compagni di viaggio, ci trovavamo a bordo del mercantile che disponeva anche di tre cabine passeggeri oltre a quella riservata al comandante. Il viaggio sarebbe durato circa una dozzina di giorni, considerate le soste intermedie per operazioni di carico e scarico. Il tempo – era già autunno inoltrato – non era dei migliori ma navigando prevalentemente lungo costa ebbi modo di godere di panorami nuovi e affascinanti. Per i momenti di noia mi ero portato da leggere un volume preso in prestito al Club, una raccolta di racconti, di autore anonimo, intitolata “Racconti diversi”.
Circa sei mesi dopo…
Finalmente è arrivato il responso del Consiglio: sono socio effettivo del Reform Club! Mio padre sarà orgoglioso di me, tanto più che sono attualmente il socio più giovane. I primi a congratularsi sono stati proprio Mr. Attenborough e il Colonnello Rutherford.
La missione era stata piuttosto complicata. Affrontammo in carrozza il tragitto da Klaipeda a Šiauliai nell’intento di concludere la missione nei tre giorni di sosta della nave in porto.
Pernottammo in città e la mattina dopo, di buon’ora, ci dirigemmo verso la collina delle croci. Un minuscolo sentiero, formatosi dal passaggio continuo di visitatori e pellegrini, divideva approssimativamente in due parti la collina. La vista era suggestiva: croci di foggia e dimensione diversa erano piantate in modo del tutto casuale nel terreno. Decidemmo di iniziare la conta dalla parte sinistra; la mancanza di ordine ci sottoponeva al rischio di saltarne alcune o di contarle doppie, perciò decidemmo di ripetere due volte l’operazione.
Nella prima sezione le croci risultarono 92. Presi nota a matita su un taccuino del risultato.
Arrivati in alto iniziammo a contare la sezione destra della collina per poi scendere di nuovo verso il basso. A colpo d’occhio le croci sembravano meno numerose da quella parte. A metà della discesa ne avevamo già contate 50. Detti un’occhiata veloce alle croci non ancora contate, le contai mentalmente: erano 21. Mi resi conto che il totale faceva 163! Ciò voleva dire che il Colonnello con le sue 200 aveva ecceduto di 37 mentre Mr. Attenborough aveva stimato per difetto di 35 unità. Un vero peccato! Sarebbe bastata una croce in più per un risultato di perfetta parità che mi avrebbe tolto da ogni impiccio e che probabilmente non sarebbe dispiaciuto a nessuno dei due contendenti. Stando così le cose invece la vittoria e le 500 sterline sarebbero andate all’armatore.
Mentre riflettevo su queste curiose circostanze intravidi alla base della collina, sul lato sinistro, un uomo molto vecchio che con passo lento e strascicato portava, stringendola al petto, una croce metallica di modeste dimensioni ma che per lui doveva costituire un fardello assai gravoso. Era un’immagine quasi mistica che mi ricordava la salita al Calvario. Non ne feci parola con i miei due compagni di viaggio e mi misi seduto su un sasso aspettando che essi concludessero la conta e procedessero alla seconda di verifica. Anzi, con qualche chiacchiera in più, cercai di rallentare la loro opera, costringendoli per due volte a ricominciare il loro lavoro.
Un occhio era sempre rivolto all’altra parte della collina. L’uomo, probabilmente esausto, si era fermato alle pendici e con gesti lenti e con fatica aveva piantato la sua croce. Dopo un minuto di raccoglimento e forse di preghiera, aveva ripreso il sentiero da cui era arrivato.
Il secondo controllo aveva confermato il numero delle croci sulla parte destra che avevo subito annotato sul mio taccuino. A quel punto mi alzai in piedi dando uno sguardo panoramico a tutta la collina.
Poi, rivolto a Mitchell e Bennet esclamai: «Perbacco, forse non abbiamo considerato quella piccola croce che si trova là sulla sinistra, un po’ defilata rispetto alle altre!»
I due si guardarono con aria interrogativa, poi guardarono di nuovo la croce. Il tenente fu il primo a parlare: «In effetti… non ricordo di averla messa nel conto…» Aveva compreso al volo l’importanza di quella croce per il suo Colonnello.
Il nostromo si limitò a balbettare: «Veramente… mi sembra impossibile che non sia stata notata da nessuno di noi… penso che sia stata compresa nel conto.»
«Eh no, signori! La cosa è troppo importante. Dobbiamo subito procedere a un riconteggio della zona sinistra!»
Il viaggio di ritorno fu molto più piacevole: mare calmo, ampi sprazzi di sole e buone letture.
Finalmente è arrivato il responso del Consiglio: sono socio effettivo del Reform Club! Mio padre sarà orgoglioso di me, tanto più che sono attualmente il socio più giovane. I primi a congratularsi sono stati proprio Mr. Attenborough e il Colonnello Rutherford.
La missione era stata piuttosto complicata. Affrontammo in carrozza il tragitto da Klaipeda a Šiauliai nell’intento di concludere la missione nei tre giorni di sosta della nave in porto.
Pernottammo in città e la mattina dopo, di buon’ora, ci dirigemmo verso la collina delle croci. Un minuscolo sentiero, formatosi dal passaggio continuo di visitatori e pellegrini, divideva approssimativamente in due parti la collina. La vista era suggestiva: croci di foggia e dimensione diversa erano piantate in modo del tutto casuale nel terreno. Decidemmo di iniziare la conta dalla parte sinistra; la mancanza di ordine ci sottoponeva al rischio di saltarne alcune o di contarle doppie, perciò decidemmo di ripetere due volte l’operazione.
Nella prima sezione le croci risultarono 92. Presi nota a matita su un taccuino del risultato.
Arrivati in alto iniziammo a contare la sezione destra della collina per poi scendere di nuovo verso il basso. A colpo d’occhio le croci sembravano meno numerose da quella parte. A metà della discesa ne avevamo già contate 50. Detti un’occhiata veloce alle croci non ancora contate, le contai mentalmente: erano 21. Mi resi conto che il totale faceva 163! Ciò voleva dire che il Colonnello con le sue 200 aveva ecceduto di 37 mentre Mr. Attenborough aveva stimato per difetto di 35 unità. Un vero peccato! Sarebbe bastata una croce in più per un risultato di perfetta parità che mi avrebbe tolto da ogni impiccio e che probabilmente non sarebbe dispiaciuto a nessuno dei due contendenti. Stando così le cose invece la vittoria e le 500 sterline sarebbero andate all’armatore.
Mentre riflettevo su queste curiose circostanze intravidi alla base della collina, sul lato sinistro, un uomo molto vecchio che con passo lento e strascicato portava, stringendola al petto, una croce metallica di modeste dimensioni ma che per lui doveva costituire un fardello assai gravoso. Era un’immagine quasi mistica che mi ricordava la salita al Calvario. Non ne feci parola con i miei due compagni di viaggio e mi misi seduto su un sasso aspettando che essi concludessero la conta e procedessero alla seconda di verifica. Anzi, con qualche chiacchiera in più, cercai di rallentare la loro opera, costringendoli per due volte a ricominciare il loro lavoro.
Un occhio era sempre rivolto all’altra parte della collina. L’uomo, probabilmente esausto, si era fermato alle pendici e con gesti lenti e con fatica aveva piantato la sua croce. Dopo un minuto di raccoglimento e forse di preghiera, aveva ripreso il sentiero da cui era arrivato.
Il secondo controllo aveva confermato il numero delle croci sulla parte destra che avevo subito annotato sul mio taccuino. A quel punto mi alzai in piedi dando uno sguardo panoramico a tutta la collina.
Poi, rivolto a Mitchell e Bennet esclamai: «Perbacco, forse non abbiamo considerato quella piccola croce che si trova là sulla sinistra, un po’ defilata rispetto alle altre!»
I due si guardarono con aria interrogativa, poi guardarono di nuovo la croce. Il tenente fu il primo a parlare: «In effetti… non ricordo di averla messa nel conto…» Aveva compreso al volo l’importanza di quella croce per il suo Colonnello.
Il nostromo si limitò a balbettare: «Veramente… mi sembra impossibile che non sia stata notata da nessuno di noi… penso che sia stata compresa nel conto.»
«Eh no, signori! La cosa è troppo importante. Dobbiamo subito procedere a un riconteggio della zona sinistra!»
Il viaggio di ritorno fu molto più piacevole: mare calmo, ampi sprazzi di sole e buone letture.
Different Staff- Admin
- Messaggi : 600
Punti : 1737
Infamia o lode : 5
Data di iscrizione : 26.02.21
Re: Una curiosa scommessa
L'idea alla base del racconto mi è piaciuta molto. Una sfida basata sul conteggio delle croci dell'omonima collina: non mi era venuto niente del genere mentre riflettevo, nei giorni scorsi, su cosa eventualmente scrivere con questo paletto di mezzo.
La realizzazione è buona, però soffre un po' la mancanza di azione, non nel senso di risse e sparatorie, ma nel senso che è tutto molto statico, molto cadenzato.
Ci sono descrizioni anche minute di tanti dettagli, aspetti secondari delle scene, cose che allungano un po' la lettura ma senza arricchirla nel modo migliore, almeno per me.
I dialoghi avrebbero potuto rivitalizzare un po' l'atmosfera, però non saprei dirti come renderli meglio: li ho trovati molto british, quindi sì, intonati al contesto, ma anche un po' da copione e quindi poco spontanei.
Forse era meglio un approccio più casual? Non saprei.
Lo stile mi è sembrato in linea col genere, quindi un po' desueto, quasi ottocentesco: non mi fa impazzire ma gli riconosco una certa coerenza col contenuto. Da questo punto di vista, pollice su.
Apprezzabile l'ansietta che sale nel finale, quando ormai uno vuol capire chi dei due vincerà la sfida o come il protagonista metterà tutti d'accordo.
A proposito della sfida, le premesse sulla potenza economica e i vizi da tener segreti dei soci del club mi avevano fatto pensare che la posta in gioco per la scommessa potesse essere qualcosa di folle. Invece 500 sterline fanno liquidare tutto come qualcosa di molto ordinario.
Il lavoro mi è piaciuto, ma è presto per sbilanciarsi.
La realizzazione è buona, però soffre un po' la mancanza di azione, non nel senso di risse e sparatorie, ma nel senso che è tutto molto statico, molto cadenzato.
Ci sono descrizioni anche minute di tanti dettagli, aspetti secondari delle scene, cose che allungano un po' la lettura ma senza arricchirla nel modo migliore, almeno per me.
I dialoghi avrebbero potuto rivitalizzare un po' l'atmosfera, però non saprei dirti come renderli meglio: li ho trovati molto british, quindi sì, intonati al contesto, ma anche un po' da copione e quindi poco spontanei.
Forse era meglio un approccio più casual? Non saprei.
Lo stile mi è sembrato in linea col genere, quindi un po' desueto, quasi ottocentesco: non mi fa impazzire ma gli riconosco una certa coerenza col contenuto. Da questo punto di vista, pollice su.
Apprezzabile l'ansietta che sale nel finale, quando ormai uno vuol capire chi dei due vincerà la sfida o come il protagonista metterà tutti d'accordo.
A proposito della sfida, le premesse sulla potenza economica e i vizi da tener segreti dei soci del club mi avevano fatto pensare che la posta in gioco per la scommessa potesse essere qualcosa di folle. Invece 500 sterline fanno liquidare tutto come qualcosa di molto ordinario.
Il lavoro mi è piaciuto, ma è presto per sbilanciarsi.
Fante Scelto- Cavaliere Jedi
- Messaggi : 671
Punti : 809
Infamia o lode : 0
Data di iscrizione : 08.01.21
Località : Torino
Re: Una curiosa scommessa
Finalmente un racconto che mi ha interessato dal principio alla fine. Ero curiosissimo di sapere chi dei due altisonanti nomi avrebbe vinto la scommessa molto cospicua per quei tempi di credo fine 800 visto che c'erano ancora le carrozze e che la collina delle croci nasce proprio in quel periodo (Fante Scelto hai toppato!
Oggi sono cattivissimo!) e fino alla fino non credevo andasse come l'avevo pensata. Bravissimo (credo tu sia con la "o") anche per la tua scrittura molto fluida e senza errori (io proprio non ne ho visti) che ti fa mettere perlomeno un piede sul mio podio. Jolly good my old oak (sono rimasto al club)

Antonio Borghesi- Cavaliere Jedi
- Messaggi : 571
Punti : 623
Infamia o lode : 3
Data di iscrizione : 08.01.21
Età : 82
Località : Firenze
Re: Una curiosa scommessa
Questo racconto è la prova assoluta, se mai ce ne fosse bisogno, che DT rooms è una formidabile palestra. La presenza dei paletti, quando non viene vissuta come soffocante imposizione, libera in modo straordinario la fantasia.
Finalmente una storia, una bella storia, allegra in un contest contraddistinto da una tristezza infinita. Chiudo in bellezza i commenti per questa giornata.
Di questo ennesimo bel racconto letto oggi, mi è piaciuto tutto. Trovo adeguata la voce narrante, lo stile utilizzato, la tipologia di scommessa (molto molto British) perfino la scelta dei nomi dei protagonisti.
Il salotto assolve egregiamente la sua funzione di stanza determinante nella storia. Il resto dei paletti è praticamente invisibile tanto calzano a pennello.
Sì, non è forse il massimo dell’originalità. Verne ci ha pensato prima… ma di sicuro è il massimo dell’originalità per questo step. Un racconto che si discosta e si contraddistingue per l’ironia oltre a una ottima scrittura. Buona la tensione narrativa che incuriosisce fino alla fine. Efficace la chiusa.
Un ottimo lavoro e una lettura che mi ha sorpresa e pienamente soddisfatta. Complimenti.
Finalmente una storia, una bella storia, allegra in un contest contraddistinto da una tristezza infinita. Chiudo in bellezza i commenti per questa giornata.
Di questo ennesimo bel racconto letto oggi, mi è piaciuto tutto. Trovo adeguata la voce narrante, lo stile utilizzato, la tipologia di scommessa (molto molto British) perfino la scelta dei nomi dei protagonisti.
Il salotto assolve egregiamente la sua funzione di stanza determinante nella storia. Il resto dei paletti è praticamente invisibile tanto calzano a pennello.
Sì, non è forse il massimo dell’originalità. Verne ci ha pensato prima… ma di sicuro è il massimo dell’originalità per questo step. Un racconto che si discosta e si contraddistingue per l’ironia oltre a una ottima scrittura. Buona la tensione narrativa che incuriosisce fino alla fine. Efficace la chiusa.
Un ottimo lavoro e una lettura che mi ha sorpresa e pienamente soddisfatta. Complimenti.
Petunia- Moderatore
- Messaggi : 1981
Punti : 2170
Infamia o lode : 27
Data di iscrizione : 07.01.21
Età : 59
Località : Prato
Re: Una curiosa scommessa
Onestamente lo stile e l'argomento di questo racconto non ha sollevato il mio entusiasmo. Sembra una di quelle stupide scommesse che si facevano da bambini, quanti sassi ha il fiume, quante automobili passeranno in mezz'ora sulla statale.
Che poi non si vinceva nulla e l'entusiasmo del vincitore arrivava alle stelle.
Mi scuso con l'autore per questa divagazione e confermo che il racconto non ha sbavature, è scritto veramente bene, anche se non suscita il mio entusiasmo. Sicuramente non sfigura nel lotto dei partecipanti.
Che poi non si vinceva nulla e l'entusiasmo del vincitore arrivava alle stelle.
Mi scuso con l'autore per questa divagazione e confermo che il racconto non ha sbavature, è scritto veramente bene, anche se non suscita il mio entusiasmo. Sicuramente non sfigura nel lotto dei partecipanti.
tommybe- Cavaliere Jedi
- Messaggi : 908
Punti : 970
Infamia o lode : 4
Data di iscrizione : 18.11.21
Età : 71
Località : Roma
Re: Una curiosa scommessa
Bello. Un modo piacevole per farsi beffe delle retorica del posto. Le croci diventano parte di un gioco, di una scommessa ludica e fondamentalmente inutile.
Ben scritto. Plaudo a questo racconto nei fatti demitizzante, Bravo/a
Ben scritto. Plaudo a questo racconto nei fatti demitizzante, Bravo/a
Ultima modifica di gipoviani il Ven Lug 15, 2022 8:17 pm - modificato 1 volta.
gipoviani- Padawan
- Messaggi : 239
Punti : 270
Infamia o lode : 3
Data di iscrizione : 01.05.21
Re: Una curiosa scommessa
Un racconto piacevole anche se non molto originale, scritto bene, qualche dialogo forse un po' forzato ma comunque fluido. I paletti sono stati inseriti egregiamente, non ci sono forzature, brav*.
Però non capisco perché un finale così affrettato. Sembra tronco.
Avevi lo spazio per soffermarti un po' di più e farci vedere la soddisfazione dei due anziani personaggi nell'avere entrambi ragione.
Un bel lavoro ma mi manca qualcosa.
A rileggerci
Però non capisco perché un finale così affrettato. Sembra tronco.
Avevi lo spazio per soffermarti un po' di più e farci vedere la soddisfazione dei due anziani personaggi nell'avere entrambi ragione.
Un bel lavoro ma mi manca qualcosa.
A rileggerci
Mac- Padawan
- Messaggi : 369
Punti : 408
Infamia o lode : 1
Data di iscrizione : 09.11.21
Località : Verona
Re: Una curiosa scommessa
Inizio con l’indicare una piccola incongruenza: Sir Hastings ammonisce Mr. Hanson sull’importanza della discrezione nel Club: “Come lei sa, la discrezione e la riservatezza sono le qualità irrinunciabili del Reform Club… niente trapeli al di là di queste mura”. Poi però Hanson spiattella tutto con dovizia di nomi e di dettagli. Come minimo sarà stato radiato, suo malgrado, dal Reform…
A parte ciò, il racconto è piacevole. Il tono e il linguaggio sono proprio quelli di Verne, sembra uno scritto ottocentesco.
Forse ci sono un po’ troppi salti temporali. L’incipit è sulla partenza per la Lituania, poi si torna indietro al primo giorno al Club, poi si ritorna avanti di sei mesi fino all’ammissione e infine si ritorna indietro al conteggio delle croci. Gusto personale, ma avrei tenuto un andamento più lineare, con al massimo uno o due salti.
Il finale è veramente tronco. L’ultima riga di chiusura, quella che dovrebbe lasciare il sapore di tutto il racconto, è buttata lì. Sarebbe stata addirittura meglio eliminarla, se non c’era tempo di trovare qualcosa di più appropriato.
Nel complesso comunque non male.
A parte ciò, il racconto è piacevole. Il tono e il linguaggio sono proprio quelli di Verne, sembra uno scritto ottocentesco.
Forse ci sono un po’ troppi salti temporali. L’incipit è sulla partenza per la Lituania, poi si torna indietro al primo giorno al Club, poi si ritorna avanti di sei mesi fino all’ammissione e infine si ritorna indietro al conteggio delle croci. Gusto personale, ma avrei tenuto un andamento più lineare, con al massimo uno o due salti.
Il finale è veramente tronco. L’ultima riga di chiusura, quella che dovrebbe lasciare il sapore di tutto il racconto, è buttata lì. Sarebbe stata addirittura meglio eliminarla, se non c’era tempo di trovare qualcosa di più appropriato.
Nel complesso comunque non male.
SuperGric- Padawan
- Messaggi : 292
Punti : 321
Infamia o lode : 3
Data di iscrizione : 18.01.21
Età : 51
Località : Milano
Re: Una curiosa scommessa
Un bel racconto che mi sono gustato appieno.
Mi è piaciuto lo stile, il linguaggio, la rigidità dei personaggi secondo l'uso e le consuetudini del tempo.
Bello anche il rimando a Verne e al suo giro del mondo con la scommessa tra l'ufficiale e l'armatore. Sì, non è originale ma secondo me l'hai gestita molto bene.
Quindi a fine lettura mi ritengo più che soddisfatto.
Ora ti dico le due cose che mi hanno convinto un pò meno.
La prima è il sopraggiungere del vecchietto che permette al signor Hanson di accaparrarsi il jackpot. Sì, il suo arrivo è assimilabile a una sorta di deus ex machina a risolvere una situazione un pò intricata e che permette a Hanson di salvare capra e cavoli e ottenere il tanto agognato status di membro effettivo del club.
Secondo, come già ti hanno detto la frase finale così com'è serve a poco.
Concordo con Supergric che sarebbe stato meglio non metterla e chiudere prima.
Un buon racconto che mi ha divertito e intrattenuto piacevolmente.
Mi è piaciuto lo stile, il linguaggio, la rigidità dei personaggi secondo l'uso e le consuetudini del tempo.
Bello anche il rimando a Verne e al suo giro del mondo con la scommessa tra l'ufficiale e l'armatore. Sì, non è originale ma secondo me l'hai gestita molto bene.
Quindi a fine lettura mi ritengo più che soddisfatto.
Ora ti dico le due cose che mi hanno convinto un pò meno.
La prima è il sopraggiungere del vecchietto che permette al signor Hanson di accaparrarsi il jackpot. Sì, il suo arrivo è assimilabile a una sorta di deus ex machina a risolvere una situazione un pò intricata e che permette a Hanson di salvare capra e cavoli e ottenere il tanto agognato status di membro effettivo del club.
Secondo, come già ti hanno detto la frase finale così com'è serve a poco.
Concordo con Supergric che sarebbe stato meglio non metterla e chiudere prima.
Un buon racconto che mi ha divertito e intrattenuto piacevolmente.
Byron.RN- Cavaliere Jedi
- Messaggi : 817
Punti : 885
Infamia o lode : 3
Data di iscrizione : 07.01.21
Età : 49
Località : Rimini
Re: Una curiosa scommessa
se devo essere sincero mi permetto di dire che non mi ha entusiasmato granché, questo racconto.
è impostato e scritto molto bene, si lascia leggere senza intoppi e contiene tutto ciò che era richiesto.
quello che mi lascia perplesso è il succo della storia, e qui probabilmente sono io che mi aspetto sempre qualcosa di particolare e spesso non riesco a godermi racconti leggeri e semplici, come questo pare essere.
non mi pare ci siano refusi nello scritto.
concordo con chi ha fatto notare che il finale risulta tronco, forse qualche riga in più sarebbe servita.
l'ho letto comunque con piacere.
è impostato e scritto molto bene, si lascia leggere senza intoppi e contiene tutto ciò che era richiesto.
quello che mi lascia perplesso è il succo della storia, e qui probabilmente sono io che mi aspetto sempre qualcosa di particolare e spesso non riesco a godermi racconti leggeri e semplici, come questo pare essere.
non mi pare ci siano refusi nello scritto.
concordo con chi ha fatto notare che il finale risulta tronco, forse qualche riga in più sarebbe servita.
l'ho letto comunque con piacere.
______________________________________________________
L'unico modo per non rimpiangere il passato e non pensare al futuro è vivere il presente


Non si può toccare l'alba se non si sono percorsi i sentieri della notte.
Kahlil Gibran
Kahlil Gibran
Arunachala- Admin
- Messaggi : 1140
Punti : 1351
Infamia o lode : 13
Data di iscrizione : 20.10.20
Età : 66
Località : Lago di Garda
Re: Una curiosa scommessa
Bello! leggero senza prendersi troppo sul serio e molto originale.
Lo stile di scrittura è molto ricercato, forse troppo. Ci sono descrizioni che appesantiscono la narrazione. Nella prima parte non succede poi molto ma lo stile che hai utilizzato è così azzeccato che sembra di leggere un racconto scritto alla fine dell'800 quindi complimenti.
Se fosse stato più asciutto magari sarebbe stato più moderno ma è un dettaglio di poco conto.
Uno dei pochi racconti i cui i paletti sono diventati una possibilità e non un'ostacolo.
Ancora complimenti.
Lo stile di scrittura è molto ricercato, forse troppo. Ci sono descrizioni che appesantiscono la narrazione. Nella prima parte non succede poi molto ma lo stile che hai utilizzato è così azzeccato che sembra di leggere un racconto scritto alla fine dell'800 quindi complimenti.
Se fosse stato più asciutto magari sarebbe stato più moderno ma è un dettaglio di poco conto.
Uno dei pochi racconti i cui i paletti sono diventati una possibilità e non un'ostacolo.
Ancora complimenti.
ImaGiraffe- Cavaliere Jedi
- Messaggi : 693
Punti : 753
Infamia o lode : 2
Data di iscrizione : 04.02.21
Età : 36
A vivonic garba questo messaggio
Re: Una curiosa scommessa
Per me, appassionato di storia, la prima parte di questo racconto è davvero succulenta.
Hai calato i tuoi personaggi perfettamente nell’epoca vittoriana; hai contestualizzato cronologicamente in modo perfetto la vicenda (inserendo la colonizzazione asiatica, Verne, i quotidiani).
Lo stile della narrazione è decisamente in linea con l’epoca nella quale si svolgono i fatti e questo è un altro pregio.
Interessante anche l’idea di partenza del racconto, interessante il suo svolgimento. L’ho letto con vivo interesse fino alla fine. Ecco, alla fine ho avuto un attimo di disappunto: il finale è repentino, secco, quasi affrettato. Non so se per mancanza di tempo, di spazio o se nella tua mente era concepito proprio così, ma il finale è letteralmente mozzato, solo abbozzato.
Ho trovato qualche imprecisione nell’uso della punteggiatura. In questo passaggio “Mio padre, Sebastian, non ritiene che questi veicoli a quattro ruote che fanno impazzire l’America e l’Europa continentale, riusciranno mai a sostituire…” o metti una virgola dopo la parola ruote o la togli dopo continentale. Altrimenti hai diviso soggetto e predicato.
Ho apprezzato molto il tuo racconto.
Hai calato i tuoi personaggi perfettamente nell’epoca vittoriana; hai contestualizzato cronologicamente in modo perfetto la vicenda (inserendo la colonizzazione asiatica, Verne, i quotidiani).
Lo stile della narrazione è decisamente in linea con l’epoca nella quale si svolgono i fatti e questo è un altro pregio.
Interessante anche l’idea di partenza del racconto, interessante il suo svolgimento. L’ho letto con vivo interesse fino alla fine. Ecco, alla fine ho avuto un attimo di disappunto: il finale è repentino, secco, quasi affrettato. Non so se per mancanza di tempo, di spazio o se nella tua mente era concepito proprio così, ma il finale è letteralmente mozzato, solo abbozzato.
Ho trovato qualche imprecisione nell’uso della punteggiatura. In questo passaggio “Mio padre, Sebastian, non ritiene che questi veicoli a quattro ruote che fanno impazzire l’America e l’Europa continentale, riusciranno mai a sostituire…” o metti una virgola dopo la parola ruote o la togli dopo continentale. Altrimenti hai diviso soggetto e predicato.
Ho apprezzato molto il tuo racconto.
______________________________________________________
IN GRAN SILENZIO OGNI PARTIGIANO GUARDAVA QUEL BASTONE SU IN COLLINA.
REACH OUT AND TOUCH FAITH! Sembrano di sognante demoni gli occhi, e i rai
del lume ognor disegnano l’ombra sul pavimento,
né l’alma da quell’ombra lunga sul pavimento
sarà libera mai!
Quel vizio che ti ucciderà
non sarà fumare o bere,
ma è qualcosa che ti porti dentro,
cioè vivere.
The Raven- Admin
- Messaggi : 718
Punti : 858
Infamia o lode : 15
Data di iscrizione : 18.10.20
Età : 35
Località : Cesena
A vivonic garba questo messaggio
Re: Una curiosa scommessa
Una storia “Old England” in cui si percepisce lo sforzo dell’aut* di ricercare una descrizione di ambienti, situazioni e lessico molto datati sull’epoca che presumibilmente è il primo novecento.
Gli elementi della prova sembrano inseriti con una certa coerenza (collina delle croci, arbitro). Il salotto è presente nella prima parte del racconto, pur non assumendo un ruolo centrale nel racconto, ma solo un luogo in cui si gettano le premesse della vicenda.
In effetti la stanza di questa prova, il salotto, mi è sembrata l’elemento più sotto tono nei vari racconti letti fino a ora, salvo rare eccezioni.
Concordo sulla chiusura un po’ brusca del brano.
Gli elementi della prova sembrano inseriti con una certa coerenza (collina delle croci, arbitro). Il salotto è presente nella prima parte del racconto, pur non assumendo un ruolo centrale nel racconto, ma solo un luogo in cui si gettano le premesse della vicenda.
In effetti la stanza di questa prova, il salotto, mi è sembrata l’elemento più sotto tono nei vari racconti letti fino a ora, salvo rare eccezioni.
Concordo sulla chiusura un po’ brusca del brano.
Danilo Nucci- Cavaliere Jedi
- Messaggi : 736
Punti : 769
Infamia o lode : 1
Data di iscrizione : 07.01.21
Età : 74
Località : Barberino di Mugello (FI)
Re: Una curiosa scommessa
Un racconto piacevole, ben scritto, troncato troppo bruscamente.
I dialoghi mi sono piaciuti, ben inquadrati nel contesto e nell’epoca. Si avverte quel leggero tono di humour britannico che calza a pennello.
L’avrei solo alleggerito in qualche descrizione e avrei arrotondato il finale. Sicuramente, per ora, da cinquina… e non me ne mancano molti.
Qualche personale appunto. “Mio padre, Sebastian, non ritiene che questi veicoli a quattro ruote…”: questi quali? Il “il novantanove per cento” lo eliminerei. “Stimai il peso attorno alle due libbre.” lo eliminerei.
I dialoghi mi sono piaciuti, ben inquadrati nel contesto e nell’epoca. Si avverte quel leggero tono di humour britannico che calza a pennello.
L’avrei solo alleggerito in qualche descrizione e avrei arrotondato il finale. Sicuramente, per ora, da cinquina… e non me ne mancano molti.
Qualche personale appunto. “Mio padre, Sebastian, non ritiene che questi veicoli a quattro ruote…”: questi quali? Il “il novantanove per cento” lo eliminerei. “Stimai il peso attorno alle due libbre.” lo eliminerei.
FedericoChiesa- Padawan
- Messaggi : 466
Punti : 523
Infamia o lode : 3
Data di iscrizione : 24.04.21
Età : 56
Località : Milano
Re: Una curiosa scommessa
Un titolo tutto sommato accattivante anche se anticipa l’elemento di base della trama.
Il racconto è scritto bene, senza sbavature di rilievo, con uno stile che ricorda romanzi dell’800 – ad es. quelli di Verne che avevo divorato da ragazzina, proprio per le ambientazioni - con paletti attorno ai quali la trama è stata ben impostata, con personaggi adeguati. Sono presenti dettagli per inquadrare il periodo storico (avvento dell’automobile e utilizzo dell’energia elettrica nelle fabbriche) così come sono ben descritti i luoghi in cui si svolge l’evento.
Però proprio i troppi dettagli in alcuni punti rendono faticosa la lettura, non sono utili all’economia del racconto, in quanto il lettore li può comunque immaginare. Mi permetto di segnalarli dopo: con la seconda lettura li ho tolti e il ritmo era più scorrevole. Un paio di altri (ad es. quanto riguarda l’automobile) andrebbero alleggeriti.
Mi è mancata un po’ di vivacità nei dialoghi, che rendessero frizzantina l’atmosfera, facendola sfociare nella scommessa.
Il genere: non saprei quale genere associare al racconto. Potrebbe quasi essere uno stralcio della biografia o del diario dell’io narrante, che se considera complicata questa “missione” doveva avere una vita davvero noiosa, perché di avventuroso non c’è proprio nulla: atmosfera tranquilla, quasi sonnolenta nel Club, una scommessa dalla posta non pazzesca, che nasce per un motivo davvero futile, viaggio comodo senza scossoni, nessun intoppo durante la conta delle croci. Una gitarella che sicuramente di adrenalinico non ha nulla, né per il protagonista né per il lettore: se proprio vogliamo metterci un attimo di suspence… la processione di “contatori” che contano e ricontano (perdendo il conto!), ma è un momento sepolto da un finale frettoloso.
Il paragrafo “sei mesi dopo” lo avrei spostato alla fine, in quanto interrompe troppo bruscamente il narrato della spedizione, mentre l’ultima frase proprio non l’avrei messa: conferma peraltro una storia molto statica.
Comunque una storia che nasce da uno spunto originale, ma che emozioni non me ne ha regalate. Una scrittura ben impostata, questo sì.
Ecco le mie note, ovviamente personali.
caratterizzato da puntate molto impegnative che farebbero impallidire il novantanove per cento dei sudditi di Sua Maestà. - dettaglio inutile: il gioco d’azzardo è sempre azzardo.
della libreria - meglio biblioteca, rende più visivamente un ambiente, libreria è più mobile
Qui le letture si accompagnano a vivaci - di solito gli ambienti riservati alla lettura sono silenziosi
un palese risultato di una ferita di guerra - essendo militare, è praticamente certo, senza necessità di precisarlo
Stimai il peso attorno alle due libbre. Battuta “quasi umoristica” ma non serve.
… monocolo che cominciò a oscillare come un pendolo ecc. …, Anche questo mi pare una descrizion inutile: cosa accade ad un monocolo rilasciato lo si può immaginare, è un oggetto conosciuto.
Il racconto è scritto bene, senza sbavature di rilievo, con uno stile che ricorda romanzi dell’800 – ad es. quelli di Verne che avevo divorato da ragazzina, proprio per le ambientazioni - con paletti attorno ai quali la trama è stata ben impostata, con personaggi adeguati. Sono presenti dettagli per inquadrare il periodo storico (avvento dell’automobile e utilizzo dell’energia elettrica nelle fabbriche) così come sono ben descritti i luoghi in cui si svolge l’evento.
Però proprio i troppi dettagli in alcuni punti rendono faticosa la lettura, non sono utili all’economia del racconto, in quanto il lettore li può comunque immaginare. Mi permetto di segnalarli dopo: con la seconda lettura li ho tolti e il ritmo era più scorrevole. Un paio di altri (ad es. quanto riguarda l’automobile) andrebbero alleggeriti.
Mi è mancata un po’ di vivacità nei dialoghi, che rendessero frizzantina l’atmosfera, facendola sfociare nella scommessa.
Il genere: non saprei quale genere associare al racconto. Potrebbe quasi essere uno stralcio della biografia o del diario dell’io narrante, che se considera complicata questa “missione” doveva avere una vita davvero noiosa, perché di avventuroso non c’è proprio nulla: atmosfera tranquilla, quasi sonnolenta nel Club, una scommessa dalla posta non pazzesca, che nasce per un motivo davvero futile, viaggio comodo senza scossoni, nessun intoppo durante la conta delle croci. Una gitarella che sicuramente di adrenalinico non ha nulla, né per il protagonista né per il lettore: se proprio vogliamo metterci un attimo di suspence… la processione di “contatori” che contano e ricontano (perdendo il conto!), ma è un momento sepolto da un finale frettoloso.
Il paragrafo “sei mesi dopo” lo avrei spostato alla fine, in quanto interrompe troppo bruscamente il narrato della spedizione, mentre l’ultima frase proprio non l’avrei messa: conferma peraltro una storia molto statica.
Comunque una storia che nasce da uno spunto originale, ma che emozioni non me ne ha regalate. Una scrittura ben impostata, questo sì.
Ecco le mie note, ovviamente personali.
caratterizzato da puntate molto impegnative che farebbero impallidire il novantanove per cento dei sudditi di Sua Maestà. - dettaglio inutile: il gioco d’azzardo è sempre azzardo.
della libreria - meglio biblioteca, rende più visivamente un ambiente, libreria è più mobile
Qui le letture si accompagnano a vivaci - di solito gli ambienti riservati alla lettura sono silenziosi
un palese risultato di una ferita di guerra - essendo militare, è praticamente certo, senza necessità di precisarlo
Stimai il peso attorno alle due libbre. Battuta “quasi umoristica” ma non serve.
… monocolo che cominciò a oscillare come un pendolo ecc. …, Anche questo mi pare una descrizion inutile: cosa accade ad un monocolo rilasciato lo si può immaginare, è un oggetto conosciuto.
______________________________________________________
"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"
Susanna- Maestro Jedi
- Messaggi : 1962
Punti : 2141
Infamia o lode : 14
Data di iscrizione : 03.02.21
Età : 66
Località : Rumo (TN)
Re: Una curiosa scommessa
Il pregio maggiore di questo racconto è l’ambientazione.
Hai creato un atmosfera palpabile, reale, come i personaggi. La scrittura si segue bene, liscia ed essenziale.
Il mio problema è la trama.
La storia non mi ha entusiasmato, una strana scommessa, ma la trovo inutile.
O almeno finalizzata al solo scopo ludico, mentre una croce, almeno per chi la depone, ha tutt’altro significato.
…un uomo molto vecchio che con passo lento e strascicato portava, stringendola al petto, una croce metallica di modeste dimensioni ma che per lui doveva costituire un fardello assai gravoso.
Non volermene, alla fine è solo la mia interpretazione.
La conclusione mi è sembrata onesta e non affrettata, alla fine rimette a posto le cose:
Il viaggio di ritorno fu molto più piacevole: mare calmo, ampi sprazzi di sole e buone letture.
Hai creato un atmosfera palpabile, reale, come i personaggi. La scrittura si segue bene, liscia ed essenziale.
Il mio problema è la trama.
La storia non mi ha entusiasmato, una strana scommessa, ma la trovo inutile.
O almeno finalizzata al solo scopo ludico, mentre una croce, almeno per chi la depone, ha tutt’altro significato.
…un uomo molto vecchio che con passo lento e strascicato portava, stringendola al petto, una croce metallica di modeste dimensioni ma che per lui doveva costituire un fardello assai gravoso.
Non volermene, alla fine è solo la mia interpretazione.
La conclusione mi è sembrata onesta e non affrettata, alla fine rimette a posto le cose:
Il viaggio di ritorno fu molto più piacevole: mare calmo, ampi sprazzi di sole e buone letture.
Resdei- Cavaliere Jedi
- Messaggi : 823
Punti : 875
Infamia o lode : 1
Data di iscrizione : 07.01.21
Età : 60
Località : Roma
Re: Una curiosa scommessa
Il racconto è scritto bene e si legge con facilità.
Quanto alla trama, ho preferito la prima parte alla seconda. L'Autore è stato molto bravo a creare l'ambiente del Reform Club, sia negli ambienti che nei personaggi. Tutto trasuda d'aristocrazia e puzza di puzza sotto il naso (sui può dire?). Il pesce fuor d'acqua è proprio il povero Hanson, consapevole di essere "provvisorio" e che si sente tale ancora di più al cospetto dell'armatore e del colonnello.
Poi il racconto fa giocoforza rotta verso la Lituania, mentre il povero Hanson viene investito dalla carrozza di arbitro che deve vigilare su di una scommessa che sa più d'orgoglio poiché il denaro non ha valore tra i contendenti. Però a quanto pare questo ruolo vale ad Hanson l'ammissione al Club. Suo padre sarà orgoglioso di lui.
Cosa si potrebbe migliorare? Nulla, forse mantenere, ovvero lo stesso brio narrativo che si è un po' affievolito, a mio parere, fuori dai salotti del Reform Club.
Resta un lavoro degno di nota. Grazie.
Quanto alla trama, ho preferito la prima parte alla seconda. L'Autore è stato molto bravo a creare l'ambiente del Reform Club, sia negli ambienti che nei personaggi. Tutto trasuda d'aristocrazia e puzza di puzza sotto il naso (sui può dire?). Il pesce fuor d'acqua è proprio il povero Hanson, consapevole di essere "provvisorio" e che si sente tale ancora di più al cospetto dell'armatore e del colonnello.
Poi il racconto fa giocoforza rotta verso la Lituania, mentre il povero Hanson viene investito dalla carrozza di arbitro che deve vigilare su di una scommessa che sa più d'orgoglio poiché il denaro non ha valore tra i contendenti. Però a quanto pare questo ruolo vale ad Hanson l'ammissione al Club. Suo padre sarà orgoglioso di lui.
Cosa si potrebbe migliorare? Nulla, forse mantenere, ovvero lo stesso brio narrativo che si è un po' affievolito, a mio parere, fuori dai salotti del Reform Club.
Resta un lavoro degno di nota. Grazie.
______________________________________________________
"Già credo che in qualunque punto dell'universo ci si stabilisca si finisce coll'inquinarsi. Bisogna moversi. La vita ha dei veleni, ma anche degli altri veleni che servono di contravveleni. Solo correndo si può sottrarsi ai primi e giovarsi degli altri."
Italo Svevo - La coscienza di Zeno
Dui di'd vin a dan di causs aij medich.
Molli Redigano- Cavaliere Jedi
- Messaggi : 883
Punti : 960
Infamia o lode : 2
Data di iscrizione : 07.01.21
Età : 43
Località : Torino
Re: Una curiosa scommessa
Proprio bello questo racconto! Complimenti!
Ho apprezzato molto il contesto storico e come hai inserito i paletti.
L'unica cosa che mi ha poco convinta è l'intreccio. Per farmi capire: sei riuscito a caratterizzare benissimo i personaggi, i due contendenti spiccano per la loro supponenza, i toni boriosi e il menefreghismo verso i sentimenti altrui e il significato di quelle croci che diventano solo una scommessa. Inoltre hanno il tipico disprezzo di chi ha soldi verso i nuovi arricchiti: puzzano di ricchi, insomma.
Dall'altra parte il giovane Hanson riesce a farsi accattare al Club: è ambizioso e vuol fare strada.
Leggendo il racconto l'immagine dei protagonisti è questa e quando è stata proposta la sfida mi sono detta " Che situazione! Fossi in lui farei tornare la conta in parità!"
Nel racconto accade poi questo, ma il fatto viene affidato alla casualità, anzi il vecchio che porta la croce sottolinea quanto i personaggi siano lontani dallo spirito della collina.
Credo che se Hanson avesse fatto delle azioni rocambolesche e avventate per fare in modo che la conta finisse in parità, tutto il testo ne avrebbe giovato (l'arbitro che bara a proprio favore sarebbe stato il top!), perchè il racconto perde mordente verso la fine, chiudendosi senza un vero e proprio guizzo.
Invece il sorriso di Hanson rivolto ai due mentre brindano per la sua ammissione al Club, rendendolo un arrivista ipocrita come gli altri due agli occhi del lettore, avrebbe infuocato il testo.
E forse avresti inserito non dico proprio una morale, ma un buon sapore di soddisfazione a fine lettura, così invece l'effetto è troncato: non si percepisce tutta l'importanza di questo viaggio, di questa scommessa e di questo finale.
Al lettore piace quando i "cattivi" vengono beffati, ma adora essere "ingannato" a sua volta.
Ho apprezzato molto il contesto storico e come hai inserito i paletti.
L'unica cosa che mi ha poco convinta è l'intreccio. Per farmi capire: sei riuscito a caratterizzare benissimo i personaggi, i due contendenti spiccano per la loro supponenza, i toni boriosi e il menefreghismo verso i sentimenti altrui e il significato di quelle croci che diventano solo una scommessa. Inoltre hanno il tipico disprezzo di chi ha soldi verso i nuovi arricchiti: puzzano di ricchi, insomma.
Dall'altra parte il giovane Hanson riesce a farsi accattare al Club: è ambizioso e vuol fare strada.
Leggendo il racconto l'immagine dei protagonisti è questa e quando è stata proposta la sfida mi sono detta " Che situazione! Fossi in lui farei tornare la conta in parità!"
Nel racconto accade poi questo, ma il fatto viene affidato alla casualità, anzi il vecchio che porta la croce sottolinea quanto i personaggi siano lontani dallo spirito della collina.
Credo che se Hanson avesse fatto delle azioni rocambolesche e avventate per fare in modo che la conta finisse in parità, tutto il testo ne avrebbe giovato (l'arbitro che bara a proprio favore sarebbe stato il top!), perchè il racconto perde mordente verso la fine, chiudendosi senza un vero e proprio guizzo.
Invece il sorriso di Hanson rivolto ai due mentre brindano per la sua ammissione al Club, rendendolo un arrivista ipocrita come gli altri due agli occhi del lettore, avrebbe infuocato il testo.
E forse avresti inserito non dico proprio una morale, ma un buon sapore di soddisfazione a fine lettura, così invece l'effetto è troncato: non si percepisce tutta l'importanza di questo viaggio, di questa scommessa e di questo finale.
Al lettore piace quando i "cattivi" vengono beffati, ma adora essere "ingannato" a sua volta.
caipiroska- Cavaliere Jedi
- Messaggi : 726
Punti : 769
Infamia o lode : 7
Data di iscrizione : 07.01.21
A Fante Scelto garba questo messaggio
Re: Una curiosa scommessa
Un racconto a due facce.
Una veramente ottima per le descrizioni ambientali e dei personaggi, con una scrittura appropriata al momento storico (direi primi del Novecento) e capace di calare il lettore dentro l'epoca, il Club e la sua atmosfera tipicamente british.
L'altra faccia invece, quella che attiene alla trama e allo svolgimento dell'azione, è piuttosto piatta, senza slanci e senza un minimo ostacolo sulla via della scommessa. Senza un qualcosa che porti una ventata di avventura a scompigliare almeno un po' la noia del viaggio prima (carino l'inserimento dei Racconti diversi) e del conteggio poi. È solo il caso, nei panni del vecchietto con la croce, a dare una mano a Hanson per impattare il risultato e far sì che tutti vivano felici e contenti.
Se la visione dell'uomo, curvo sotto il peso della croce (e del dolore o penitenza che fosse), avesse almeno provocato una presa di coscienza del giovane sulla futilità dell'intera missione, allora, forse, il testo avrebbe trovato il guizzo che manca...
Anche il finale, con il suo atterraggio brusco sull'ultima frase, rispecchia la dicotomia: "Il viaggio di ritorno fu molto più piacevole: mare calmo, ampi sprazzi di sole e buone letture". Già il "molto più piacevole" rispetto all'andata (dove in pratica non succede niente) fa sbadigliare. E la frase stessa, che sembra buttata là senza una ragione precisa se non far finire il racconto, tronca la narrazione lasciando il lettore con l'acquolina in bocca ma senza poter gustare il piatto.
Forse sarebbe stato meglio non metterla affatto e far finire la storia là dove era cominciata: nel salotto del Club a festeggiare l'esito della scommessa e la tanto sospirata ammissione di Hanson nel novero dei soci.
Nel complesso, una lettura piacevole ma niente di più.
M.
Una veramente ottima per le descrizioni ambientali e dei personaggi, con una scrittura appropriata al momento storico (direi primi del Novecento) e capace di calare il lettore dentro l'epoca, il Club e la sua atmosfera tipicamente british.
L'altra faccia invece, quella che attiene alla trama e allo svolgimento dell'azione, è piuttosto piatta, senza slanci e senza un minimo ostacolo sulla via della scommessa. Senza un qualcosa che porti una ventata di avventura a scompigliare almeno un po' la noia del viaggio prima (carino l'inserimento dei Racconti diversi) e del conteggio poi. È solo il caso, nei panni del vecchietto con la croce, a dare una mano a Hanson per impattare il risultato e far sì che tutti vivano felici e contenti.
Se la visione dell'uomo, curvo sotto il peso della croce (e del dolore o penitenza che fosse), avesse almeno provocato una presa di coscienza del giovane sulla futilità dell'intera missione, allora, forse, il testo avrebbe trovato il guizzo che manca...
Anche il finale, con il suo atterraggio brusco sull'ultima frase, rispecchia la dicotomia: "Il viaggio di ritorno fu molto più piacevole: mare calmo, ampi sprazzi di sole e buone letture". Già il "molto più piacevole" rispetto all'andata (dove in pratica non succede niente) fa sbadigliare. E la frase stessa, che sembra buttata là senza una ragione precisa se non far finire il racconto, tronca la narrazione lasciando il lettore con l'acquolina in bocca ma senza poter gustare il piatto.
Forse sarebbe stato meglio non metterla affatto e far finire la storia là dove era cominciata: nel salotto del Club a festeggiare l'esito della scommessa e la tanto sospirata ammissione di Hanson nel novero dei soci.
Nel complesso, una lettura piacevole ma niente di più.
M.
M. Mark o'Knee- Cavaliere Jedi
- Messaggi : 508
Punti : 582
Infamia o lode : 0
Data di iscrizione : 27.01.22
Età : 67
Località : Prato
Re: Una curiosa scommessa
Ciao Aut-
Il racconto è un po' da asciugare, soprattutto nella prima parte dove abbondano gli "spiegoni", mi riferisco in particolare alla frase con cui Sir Hastings accoglie Mr Hanson, ma anche la descrizione del corridoio e dei salotti è forse eccessiva.
Il finale mi sembra buttato lì, voglio pensare che il motivo sia dovuto alla mancanza di tempo per l'approssimarsi della scadenza. E penso che 164 avresti anche potuto scriverlo in modo esplicito. Hanson andrebbe descritto in un episodio particolare, mentre si gode la sua "vittoria".
Dal punto di vista lessicale, occhio ai tempi: si parte al passato remoto, poi gira al presente e poi di nuovo passato remoto.
La trama è molto semplice ma secondo me ben gestita. Da matematico ho fatto subito i conti e immaginavo che il totale sarebbe stato esattamente nel mezzo. L'idea dell'anziano che porta l'ultima croce è telefonata. Una nota più frizzante sarebbe stata se Hanson ne avesse sradicata una per ottenere il totale necessario. Però la descrizione dell'anziano e del suo calvario mi è piaciuta. Hai rischiato ad ambientare il racconto in un periodo in cui le croci c'erano già ma forse non erano così famose, e il rischio secondo me è giustificato e ben indirizzato. Forse gli inglesi dell'epoca avrebbero scritto Kryžių Kalnas in modo diverso. I paletti mi sembra che ci sono.
Grazie e alla prossima.
Il racconto è un po' da asciugare, soprattutto nella prima parte dove abbondano gli "spiegoni", mi riferisco in particolare alla frase con cui Sir Hastings accoglie Mr Hanson, ma anche la descrizione del corridoio e dei salotti è forse eccessiva.
Il finale mi sembra buttato lì, voglio pensare che il motivo sia dovuto alla mancanza di tempo per l'approssimarsi della scadenza. E penso che 164 avresti anche potuto scriverlo in modo esplicito. Hanson andrebbe descritto in un episodio particolare, mentre si gode la sua "vittoria".
Dal punto di vista lessicale, occhio ai tempi: si parte al passato remoto, poi gira al presente e poi di nuovo passato remoto.
La trama è molto semplice ma secondo me ben gestita. Da matematico ho fatto subito i conti e immaginavo che il totale sarebbe stato esattamente nel mezzo. L'idea dell'anziano che porta l'ultima croce è telefonata. Una nota più frizzante sarebbe stata se Hanson ne avesse sradicata una per ottenere il totale necessario. Però la descrizione dell'anziano e del suo calvario mi è piaciuta. Hai rischiato ad ambientare il racconto in un periodo in cui le croci c'erano già ma forse non erano così famose, e il rischio secondo me è giustificato e ben indirizzato. Forse gli inglesi dell'epoca avrebbero scritto Kryžių Kalnas in modo diverso. I paletti mi sembra che ci sono.
Grazie e alla prossima.
______________________________________________________

Re: Una curiosa scommessa
Errori/refusi: al netto di qualche imprecisione a livello di punteggiatura, peraltro non significativa, il racconto è scritto molto bene in maniera anche elegante e ricercata.
Paletti
La stanza: il salotto è uno dei più caratteristici di tutto lo step
Personaggio: bellissimo l'utilizzo che hai fatto della figura dell'arbitro, praticamente senza nominare mai la parola (ho controllato, una volta sola)
Luogo: la collina delle croci oggetto della scommessa, centrale al massimo possibile.
Forse il racconto in cui i paletti sono meglio utilizzati e amalgamati con una naturalezza sorprendente: complimenti vivissimi.
Perché sì: per l'eleganza della scrittura, per la trama e per come hai saputo inserire perfettamente i paletti, ma, soprattutto, per la splendida finezza utilizzata nel citare "Il giro del mondo in 80 giorni" criticato da uno di protagonisti, romanzo di Verne che narra della scommessa che il protagonista Phileas Fogg fa di circumnavigare l'intero globo in 80 giorni per vincere 20.000 sterline; e che cosa è il tuo racconto se non un richiamo diretto a quella storia?
perché no: perché tutto quanto scritto nel "perché sì" meritava di essere gestito molto meglio; mi spiego: a una prima parte ricca e dettagliata in preparazione al nocciolo del racconto, fa seguito una seconda parte che si ammoscia improvvisamente lasciandomi chiaramente la sensazione che il tempo fosse scaduto (anche a livello di caratteri la sensazione è che ne avessi ancora a disposizione parecchi!) e tu abbia dovuto abbozzare.
Peccato perché non ho dubbi sul fatto che altrimenti saresti stato in lizza per il mio primo posto assoluto.
Paletti
La stanza: il salotto è uno dei più caratteristici di tutto lo step
Personaggio: bellissimo l'utilizzo che hai fatto della figura dell'arbitro, praticamente senza nominare mai la parola (ho controllato, una volta sola)
Luogo: la collina delle croci oggetto della scommessa, centrale al massimo possibile.
Forse il racconto in cui i paletti sono meglio utilizzati e amalgamati con una naturalezza sorprendente: complimenti vivissimi.
Perché sì: per l'eleganza della scrittura, per la trama e per come hai saputo inserire perfettamente i paletti, ma, soprattutto, per la splendida finezza utilizzata nel citare "Il giro del mondo in 80 giorni" criticato da uno di protagonisti, romanzo di Verne che narra della scommessa che il protagonista Phileas Fogg fa di circumnavigare l'intero globo in 80 giorni per vincere 20.000 sterline; e che cosa è il tuo racconto se non un richiamo diretto a quella storia?
perché no: perché tutto quanto scritto nel "perché sì" meritava di essere gestito molto meglio; mi spiego: a una prima parte ricca e dettagliata in preparazione al nocciolo del racconto, fa seguito una seconda parte che si ammoscia improvvisamente lasciandomi chiaramente la sensazione che il tempo fosse scaduto (anche a livello di caratteri la sensazione è che ne avessi ancora a disposizione parecchi!) e tu abbia dovuto abbozzare.
Peccato perché non ho dubbi sul fatto che altrimenti saresti stato in lizza per il mio primo posto assoluto.
______________________________________________________

paluca66- Maestro Jedi
- Messaggi : 1108
Punti : 1166
Infamia o lode : 1
Data di iscrizione : 07.01.21
Età : 57
Località : Milano
Re: Una curiosa scommessa
Racconto molto british, da leggere sorseggiano una tazza di tè <8magari freddo viste le temperature del periodo). Misurato, elegante, con scrittura e dialoghi molto consoni all'epoca in cui si svolge la narrazione. Ecco, forse pun po' troppo narrato, ma funziona bene così e quindi perchè no?
Un lettura piacevole che scorre interessata in attesa che venga svelato il vincitore, anche se si conclude nell'unico modo utile al protagonista. Paletti ben inseriti.
Un buon lavoro
Complimenti
Grazie.
Un lettura piacevole che scorre interessata in attesa che venga svelato il vincitore, anche se si conclude nell'unico modo utile al protagonista. Paletti ben inseriti.
Un buon lavoro
Complimenti
Grazie.
______________________________________________________
I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto. Gli altri fanno volume.
CharAznable- Cavaliere Jedi
- Messaggi : 873
Punti : 982
Infamia o lode : 13
Data di iscrizione : 22.02.21
Età : 48
Località : Magenta
Re: Una curiosa scommessa
Ciao Penna. Come è stato detto a me nel settimo step, mi sembra sia stata Caipiroska, a volte certe "combinazioni" arrivano predestinate. Proprio ieri sera ragionavo si un altro contest letterario dove viene chiesto di creare una storia utilizzando un personaggio della letteratura classica ma di "dislocato" dal suo ruolo. Ad esempio, un Nero Wolfe che invece che l'investigatore fa il netturbino o l'insegnante. Dopo tanti anni nei cui non pensavo a Verne, ho immaginato un ruolo possibile a Phileas Fogg. E stamattina leggo il tuo, e ovviamente mi predispongo alla miglior lettura. E, ti dirò, il tuo lavoro mi ha proprio soddisfatto per genere, stile e idea portante. È scritto bene, con una punteggiatura unpoco creativa, e se proprio voglio trovarci una pecca è per una scommessa che forse poteva essere un poco più importante. Un altro racconto dell'ottavo step che va a affollare il giudizio per una classifica finale. Grazie Penna.
digitoergosum- Cavaliere Jedi
- Messaggi : 750
Punti : 843
Infamia o lode : 6
Data di iscrizione : 04.03.21
Età : 60
Località : Idro (BS)
Re: Una curiosa scommessa
L'idea non è affatto male. Molto arguta, specie nella sua risoluzione. Non è del tutto chiaro l'anno in cui è ambientato il racconto, ma direi inizio 900, visto che parli di circa 30 anni dopo la pubblicazione de "Il giro del mondo in 80 giorni" (1872). Mi chiedo se in effetti la collina delle croci fosse già conosciuta fuori dalla Lituania a quell'epoca o se sia diventata meta di pellegrinaggio dall'estero soltanto più avanti. Questo metterebbe un po' in crisi il racconto alla base, ma non è quello il suo problema.
Mi sembra che a penalizzarlo un po' sia il montaggio, la sequenza delle parti di cui è composta la storia. Inizi con la partenza al porto, soffermandoti su dettagli che non portano nulla all'economia del racconto fatta eccezione per l'accenno alla figura paterna. Da lì passi alla scena con Hastings, dove in effetti il racconto inizia, e poi a quella con i due contendenti. Questa è la sezione più pulita e facile da seguire. Poi un salto di sei mesi avanti e la scena della conta raccontata al passato (ma inizi al presente). Insomma secondo me al racconto avrebbe giovato una narrazione più lineare, tagliando la figura del cocchiere e facendo emergere i tentativi del padre di entrare nel club durante il colloquio con Hastings o con i due contendenti.
Al di là di questo montaggio confuso il racconto resta una piacevole lettura.
Il salotto è in realtà una serie di salotti d'epoca, un'immagine chiara che riporta subito la mente del lettore vari libri e film. Direi che è efficace e per quelli che sono i racconti che ho letto fino a ora sicuramente è un salotto originale.
Il resto dei paletti sono ben piantati e funzionali. Specie l'arbitro. Resta solo il dubbio espresso a inizio commento su quanto la collina delle croci potesse essere conosciuta nell'Inghilterra dei primi del 900.
Nel complesso un buon lavoro. Migliorabile, ma con degli ottimi spunti.
Mi sembra che a penalizzarlo un po' sia il montaggio, la sequenza delle parti di cui è composta la storia. Inizi con la partenza al porto, soffermandoti su dettagli che non portano nulla all'economia del racconto fatta eccezione per l'accenno alla figura paterna. Da lì passi alla scena con Hastings, dove in effetti il racconto inizia, e poi a quella con i due contendenti. Questa è la sezione più pulita e facile da seguire. Poi un salto di sei mesi avanti e la scena della conta raccontata al passato (ma inizi al presente). Insomma secondo me al racconto avrebbe giovato una narrazione più lineare, tagliando la figura del cocchiere e facendo emergere i tentativi del padre di entrare nel club durante il colloquio con Hastings o con i due contendenti.
Al di là di questo montaggio confuso il racconto resta una piacevole lettura.
Il salotto è in realtà una serie di salotti d'epoca, un'immagine chiara che riporta subito la mente del lettore vari libri e film. Direi che è efficace e per quelli che sono i racconti che ho letto fino a ora sicuramente è un salotto originale.
Il resto dei paletti sono ben piantati e funzionali. Specie l'arbitro. Resta solo il dubbio espresso a inizio commento su quanto la collina delle croci potesse essere conosciuta nell'Inghilterra dei primi del 900.
Nel complesso un buon lavoro. Migliorabile, ma con degli ottimi spunti.
______________________________________________________

Asbottino- Padawan
- Messaggi : 495
Punti : 529
Infamia o lode : 0
Data di iscrizione : 07.01.21
Età : 48
Località : Torino
Re: Una curiosa scommessa
Racconto ben calato nella sua ambientazione, con uno stile coerente e una bella idea che ti ha fatto partorire una storia davvero frizzantina e ben gestita, brav.
Le descrizioni e i dialoghi rendono bene le atmosfere inglesi, e questo è un gran pregio. Hai saputo adottare un registro narrativo brioso e scorrevole che coinvolge anche i dialoghi.
Il finale è l'unica piccola pecca, l'ho trovato un po' frettoloso, e rileggendo nuovamente il tuo pezzo confermo che abbassa un po' il livello del racconto.
Resta un lavoro pregevole, brav.
Ele
Le descrizioni e i dialoghi rendono bene le atmosfere inglesi, e questo è un gran pregio. Hai saputo adottare un registro narrativo brioso e scorrevole che coinvolge anche i dialoghi.
Il finale è l'unica piccola pecca, l'ho trovato un po' frettoloso, e rileggendo nuovamente il tuo pezzo confermo che abbassa un po' il livello del racconto.
Resta un lavoro pregevole, brav.
Ele
Hellionor- Admin
- Messaggi : 662
Punti : 707
Infamia o lode : 9
Data di iscrizione : 17.10.20
Età : 43
Località : torino
Pagina 1 di 2 • 1, 2
Pagina 1 di 2
Permessi in questa sezione del forum:
Puoi rispondere agli argomenti in questo forum.
» Elisir
» Basta settimana enigmistica
» Non così vecchia
» L'INCANTATRICE
» Greta
» Il nastro blu
» LUCA
» Cuspide