Sidereus
Seguendo sideree luminosità
fui nel buio del tutto.
Un plico di scritti attendeva da tempo immemore...
Cercato da molti
mai nessuno seppe del suo essere,
seppur stolte figure,
nei cenni obliate,
trovarono luci negli specchi inesistenti.
“Guarda il riflesso
nel verso nascosto
tutto par vero
e nulla vedrai
perché smeraldi non son
gli occhi tuoi.
Volta pure il senso
rivoltalo ancora
e ancora volgilo.
Sempre vuota apparirà la cornice
che il cuor a te nulla dice.
Segui il bianco
e raggiungerai sabbie remote
ma non saranno mari
e nemmeno prati
e nel rigo non muore il tramonto
se dea non svela”
Pegaso alato amava percorrere ghiacciai di fuoco
e sabbie d’acqua
nelle notti d’Orione
le dimensioni s’aprivano nell’infinitesimale assoluto.
Ogni regola non era scritta
e le nebule varcavano anime e ragioni.
Non v’era passo e non v’era ceppo
ali o catene.
Luce e buio cosmico
silenzio e silenzi
costruivano il grande carro della sapienza.
Il nord indicava sidus polaris senza indicare
e ciò che altri pensavano d’aver compreso
era polvere nella polvere universale
incoscienza nella coscienza degli elementi.
E Pegaso alato amava percorrere ghiacciai di fuoco
quando il tempo delle adunanze evocava i regni di cristallo
e i re dei mille inganni.
Scioglie il fiocco eburnea pelle
di giallo vestita
d’ambra scura rivestita
nel suo altalenare di segni
s’imbeve ancora d’inchiostro
nel segreto che non sa
nella passata realtà.
Se d’angora e porpora
furono i versi dei poeti,
di sangue grondante
s’irrigò ella per ricordare
d’esser stata viva
un tempo nel tempo
quando le vite erano nel tempo,
quando anche i violini della notte
avevano gocce con cui suonare
senza che alcuna pioggia irrigasse
l’anima.
Senza che le statue di marmo
dovessero morire per comprendere le proprie striature,
nel grigio e nel nero
s’intinsero le memorie e danze di parole
amarono nelle notti stellate
nelle sere dei venti
nelle pianure che la tristezza percorrere
quando la luce dell’anima si spegne.
“Sì, fui siderale dentro
e inesistente allo sguardo,
come uno specchio che non riflette
infinite volte provai a voltarmi
lasciando che l’apparenza
morisse come nelle braccia d’un irriverente marzo
s’acquieta il gelo delle nevi.
Ora di me scendono rivoli di gocce
e son ghiacciai sciolti
che nella pace del fiume
anelano alle foci della conoscenza
dove ogni acqua
comprende d’esser mare”