Credo che tu ti sia appoggiato troppo al mondo del cinema per scrivere questo racconto.
I cambi di scena, le voci fuori campo (come la radio), il susseguirsi dei pezzi della storia con gli stacchi cadenzati, anche se a volte incomprensibili.
Il problema è che nel cinema la tensione viene creata da tanti aspetti: la musica bassa, tesa. Le scene con condizioni di luce particolari.
Il fatto che raramente ci sia il sole.
Tante piccole cose che aiutano a calarsi nell'ambientazione prima che inizi l'orrore vero.
Ecco, qui manca questo.
L'atmosfera.
Il senso d'inquietudine.
Per tutta la prima parte della lettura ero certo che questo fosse un erotico, per dirti. Quando appare lo straniero alla fermata del pullman, hey, ci siamo, ho pensato, adesso Anna ci regalerà uno show memorabile e avrà il suo adorato bambino. Povero Pietro però.
E invece no, poi menzioni l'inquietudine che il tipo trasuda e lì la mia fantasia svanisce e, forse perché di diavoli eleganti e gradevoli alla vista se ne sono visti molti, più o meno intuisco dove stiamo andando a parare.
Ma di nuovo, pur sapendolo, non percepisco paura o tensione.
Queste arrivano solo nelle ultime righe, quando la sibillina frase "se vuoi una roba, prenditela" mi ha suscitato immagini poco edificanti su ventri aperti o inseminazioni forzate. Ti risparmio i dettagli.
Restava da capire come e dove: quando arriva Elisabetta il finale diventa servito.
E' l'unico vero momento in cui, sapendo cosa sta per succedere, il viso un po' si stringe in attesa dell'inevitabile.
Peccato, anche qui mi ritrovo a dire idea ottima, realizzazione così così.
Non so neanche bene cosa non abbia funzionato.
Forse la prima persona: dava uno spettro molto più ampio di sensazioni da esplorare, di follia da sviscerare (no, per carità, questa parola no), invece hai tenuto tutto molto sul soft, sul distaccato.
Forse era meglio una terza persona, sarebbe stata più asettica.
La religiosità di Anna. Intuiamo che creda in Dio, ma la semplicità con cui ne parla quando Lui non ascolta la sua preghiera è disarmante. Non c'è timore, non c'è astio, io ho sentito solo serena rassegnazione. Che non è quel che Anna prova, a cose fatte.
Un credere insomma molto comune.
Poi quando arriva il Leviatano, bam, citazione biblica sulla possessione che non è proprio da tutti. Come sapere cos'è il Leviatano.
Fosse arrivato da me uno con due occhi di colore diverso, presentandosi come il Leviatano, gli avrei detto che non assomiglia per niente a un capodoglio. Tant'è.
Mi è invece piaciuta la scrittura, al netto dei refusi. A parte le battute iniziali, un po' sottotono, man mano che la storia prosegue sembra davvero di sentire Anna che si racconta. Questo è per me il miglior pregio del racconto.
Infine, ti confesserò un segreto.
Anche io
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trovo inquietante il neonato con ghigno folle sull'etichetta della menzionata acqua minerale.