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Messaggio Da Different Staff Ven Feb 18, 2022 3:49 pm

Le urla provenienti dalla camera di Wendy li aggredirono sulla veranda della vecchia fattoria. I due amici sorseggiavano birra nazionale, cercando di tenere vivi col ricordo i bei tempi andati.
Peter appoggiò la lattina sulle assi malandate del portico e si passò le mani tra i capelli bianchi sempre più radi. Scosse la testa e rimase come incantato a guardare il tramonto incendiare il campo di zafferano che si estendeva davanti ai suoi occhi, una suggestiva nebulosa violacea collassata giù dallo spazio profondo.
«Fa sempre così?» chiese Mike con una smorfia di disagio.
«Sempre. Sono più di tre mesi ormai, mattina, pomeriggio e sera. Oddio, durante la mattinata è un po' più calma, ma dal tramonto sino alle prime luci dell’alba è un delirio senza fine.»
«E i dottori cosa dicono?»
«Hanno detto che c’è poco da fare, si tratta di una malattia degenerativa. In pratica non c’è più con la testa. Sarà sempre peggio.»
Peter socchiuse le palpebre, si alzò a fatica dalla comoda poltrona tappezzata di un vivace verde smeraldo e, strascicando i piedi, raggiunse la moglie. Le grida e le imprecazioni gli attorcigliarono le budella e gli gelarono il sangue nelle vene.
«Cazzo, che male! Le gambe, Pete, mi fanno un male cane, porca puttana!»
Peter si avvicinò a Wendy, abbassò la coperta e iniziò a massaggiarle gli arti con delicatezza.
«Ahi! Piano, vecchio coglione. Fai piano.»
L’uomo guardò l’espressione della moglie, trasfigurata in una maschera allucinata. Tutta colpa dei medicinali che era costretta a prendere per lenire gli acciacchi della vecchiaia, pensò. Gli occhi, che erano sempre stati grandi e profondi, ora sembravano due spilli neri e assenti, occhi d’insetto inglobati in un viso decrepito. Pareva fosse invecchiata in un botto di oltre vent’anni e lo stesso poteva valere anche per lui. Nonostante l’amore che aveva provato e che ancora provava per quella donna, desiderò trovarsi da tutt’altra parte. Distolse lo sguardo per provare ad arginare il senso di smarrimento che sempre lo avvolgeva quando metteva piede in quella stanza. La sua Wendy non aveva mai sopportato la volgarità, non diceva parolacce e disprezzava chi ne faceva un uso indiscriminato, eppure da qualche tempo da quella bocca non facevano che uscire sconcezze di ogni tipo.
«Cristo, che male. Smettila con quei massaggi, sembra che stai a macellare un fottuto maiale. Dammi le pillole per il dolore, svelto!»
Pete prese tre pasticche e le mise in bocca alla moglie che iniziò a sbriciolarle con avidità, poi le porse un bicchiere pieno d’acqua. Wendy bevve tutta l’acqua e si azzittì per qualche istante. Lui si augurò che almeno quella notte potesse procedere tranquilla, che la sua donna potesse riposare senza sentire troppo dolore, ma non ci sperava troppo.
Fece per uscire dalla camera da letto, ma lei riattaccò la cantilena delle ultime settimane.
«Hei, dove cazzo vai? Torna qui, non voglio morire da sola come un lurido cane pulcioso, cazzo.»
«C’è Mike in veranda. Lo vado a salutare.»
«Chi, Mike Hanson? Non lo voglio in casa mia, quel puttaniere. Sbattilo fuori a calci nel culo! Subito!»
Peter riapparve sulla veranda con altre due birre ghiacciate nelle mani. Guardò Mike con l’espressione mortificata. Mike Hanson era il suo migliore amico e abitava a poche miglia dalla sua proprietà. Si conoscevano da una vita ed erano tra i più vecchi agricoltori della Contea di Sonoma, i primi che avevano fiutato l’affare e riconvertito parte dei lori terreni dalla coltivazione della vite a quella dello zafferano.
«Scusala» disse passandogli la lattina.
«Non fa niente, non ti preoccupare.»
Mike aveva perso la moglie da pochi anni e Pete sapeva per certo che l’amico non l’aveva mai tradita: idolatrava quella donna, sicuro come l’esistenza del diavolo. Lui invece qualche scappatella se l’era concessa, specialmente nel passato. Si domandò se Wendy ne fosse a conoscenza. Si sedette sulla poltrona verde smeraldo e tornò a osservare i fiori viola del campo che stavano per essere inghiottiti dal crepuscolo.
«Mancano pochi mesi alla fine del mandato di Biden» disse Peter dopo una bella sorsata, così, per rompere il silenzio che si era creato. «Tu che ne pensi, Mike? Ci sarà un secondo mandato o sarà la volta di un repubblicano?»
«Sai come la penso, rossi o blu sempre nel culo ce lo mettono. Dipendesse da me sceglierei un repubblicano, sono più passionali.»
Peter sputò la birra che stava ingerendo e scoppiò a ridere. L’amico si unì a lui.
«Da quanto hai ripreso a bere?» gli chiese Mike.
Già, da quanto? Semplice, da quando la sua vecchia aveva cominciato a dare di matto. I primi due mesi aveva resistito, ma nell’ultimo aveva cominciato a stordirsi per bene. L’immagine che gli rifletteva lo specchio ogni mattina lo deprimeva, con quelle rughe profonde sulla fronte, le guance, gli angoli della bocca, e un reticolo inestricabile di capillari a deturpargli gli occhi. Ma che poteva farci? Dormiva poco e male e mangiava anche peggio se possibile. L’alcol rappresentava l’unico sollievo da quella situazione del cazzo.
«Da poco, qualche settimana. Forse un mese. Quindici anni da astemio buttati nel cesso, eh?»
Mike non disse nulla e scrollò le spalle.
«Devi credermi, amico, ho provato a resistere» riprese Peter, «ma adesso che Wendy è allettata è un inferno. Da quando non cammina più la devo portare in bagno, anche tre volte per notte e oramai mi avvicino agli ottanta. Gli ho proposto di prendere un’infermiera, ma cosa credi che mi abbia risposto? Col cazzo! Non voglio nessuna stronza infermiera in casa mia, così mi ha risposto. Non ce la faccio più amico. Davvero, non ce la faccio.»
Peter si prese la testa tra le mani e cominciò a fare strani rumori, cercando di trattenere le lacrime. Mike si alzò dalla sedia e si avvicinò per consolarlo, ma appena gli fu vicino Wendy riprese la litania.
«Porca puttana, vecchio stronzo bastardo, vieni dentro. Fanculo, vieni da me.»
I due amici si guardarono negli occhi, entrambi tristi. Mike diede una pacca sulla spalla di Peter, lo salutò e salì sul suo pick-up marrone. Mentre lo guardava allontanarsi, Pete gettò un’occhiata ai campi di zafferano. Per un istante, solo per un momento, gli parve di scorgere un’ombra più scura che si stagliava contro il buio. Strizzò gli occhi, ma non riuscì a scorgerla più: solo nero, tanto nero della stessa tonalità.
«Stupido vecchio» si disse, mentre serrava la porta.

Quella notte Wendy fece la pazza come non mai. Grida, pianti isterici, discorsi deliranti, bestemmie. Peter dovette alzarsi anche cinque volte per portarla in bagno. Oddio, non che pesasse tantissimo, era sempre stata magra e poi adesso non mangiava quasi niente. Le sue settantasei primavere però iniziavano a farsi sentire, nonostante fosse un robusto contadino dell’alta California. Erano le tre del mattino quando scelse di trasferirsi nella camera degli ospiti. Chiuse la porta, deciso a concedersi qualche ora di sonno. Si addormentò quasi subito. Al risveglio rimase steso sul letto, gli occhi fissi sul soffitto buio, una sensazione di gelo nelle ossa. Aveva fatto un sogno strano. Inquietante. Probabilmente aveva sognato il terremoto, perché aveva il ricordo vivido del letto che si muoveva. Ma non era proprio così, non era stato il letto a muoversi, bensì il materasso. Sì, era così, era stato il materasso a sollevarsi e a fargli fare le montagne russe su e giù per la camera. Rimase steso sul letto ancora qualche minuto, il cuore che gli martellava nel petto, gli occhi pigri che ancora non si erano abituati all'oscurità. Allungò la mano verso l’interruttore della luce in preda a una strana paura. Protese le dita, senza riuscire a trovare il muro. Solo aria. Con l’ansia che aumentava si alzò a sedere e sbatté i denti contro qualcosa di duro. Improvvisamente si sentì prigioniero del vuoto, disorientato, i punti di riferimento della stanza non esistevano più. Si mise in ginocchio, una mano sul materasso e l'altra protesa in avanti, alla ricerca di ostacoli. Avanzò piano, come al rallentatore, col respiro che si faceva sempre più difficoltoso. Pesante. Poi udì un lamento in lontananza. Rimase in attesa, cercando di capire di cosa si trattasse. Gli sembrò di udire la voce di Wendy. Ma certo! Era la sua voce. Avanzò lentamente in direzione del suono, sempre carponi. La porta doveva essere là. Procedette timoroso, col braccio proteso in avanti, sino a quando incontrò una superficie. Tastò con frenesia il pannello in legno, alla disperata ricerca della maniglia. Quando riuscì a trovarla la strinse, così come un naufrago si sarebbe stretto a una boa o al bordo di una zattera e lentamente si tirò su. Spalancò la porta ma nessuna luce filtrò dal corridoio, solo la voce sguaiata di Wendy.
«Devo pisciare, stronzo. Pete, gran figlio di puttana, me la sto facendo addosso!»
Peter tastò nervosamente il muro alla sua destra alla ricerca dell’interruttore e quando il click generò la luce, quello che vide lo sconvolse. Il materasso giaceva fuori dal telaio del letto, in fondo alla
stanza, vicino alla sedia dove aveva appoggiato i vestiti. Si toccò la bocca, pensando alla botta che aveva dato e vide il sangue colorare di rosso i polpastrelli. Con le gambe tremanti raggiunse la camera di Wendy, quasi alla ricerca di un conforto. Lei era lì, seduta sul letto, le gambe gonfie che giocavano col lenzuolo. Un rivolo di bava nera le colava dalla bocca, gli occhi due freddi spilli da ragno.
«Me la sono fatta addosso, sono tutta bagnata. Adesso mi devi cambiare. Puliscimi!» gli disse, ridendo come un’indemoniata.
Peter si appoggiò al muro, poi crollò in ginocchio. La sveglia sul comò segnava le quattro meno un quarto. Non era trascorsa neppure un’ora da quando aveva cercato sollievo nella stanza degli ospiti.

La mattina e il pomeriggio li passò nei vigneti, raccogliendo l’uva per la vendemmia assieme ai dipendenti o guidando il trattore trai i filari.
Cercò di non pensare a ciò che era accaduto la notte, ma si sentiva ancora scosso. Provò a scaricare la tensione prendendosela con la manovalanza, un eterogeneo mix di stagionali e irregolari messicani.
Dispensò a tutti i suoi epiteti preferiti: stronzo, bastardo, cabron, senza fare favoritismi. Una volta rimasto solo, a fine giornata, raggiunse il campo di zafferano, l’unico angolo della tenuta che sembrava placare il suo spirito. Dalla casa provenivano attutite le urla di Wendy, improperi rivolti a Lisa Sullivan, una volontaria della Chiesa Episcopale della città di Santa Rosa. Peter scosse la testa, domandandosi come facesse quella grassona a sopportare per tutto il tempo gli strepiti della moglie. Mentre percorreva gli stretti sentieri circondati di fiori si bloccò, realizzando all’improvviso che per l’inizio di novembre quel fascinoso oceano viola sarebbe stato prosciugato. Si chinò e prese un fiore tra le mani. Corrugò la fronte: gli stimmi rossi al centro del fiore non erano immobili, ma si contorcevano in modo osceno. Li toccò per saggiarne la consistenza e subito ritrasse le dita per il ribrezzo. Erano viscidi e oleosi. Come vermi, pensò. Gettò un occhio agli altri fiori e vide il campo oscillare, una distesa rossa e nera di lombrichi sguscianti. Un olezzo nauseabondo gli aggredì le narici, un tanfo acido che gli ricordò il fetore di piselli andati a male, come la volta in cui si era rotto il freezer. Spalancò la bocca non riuscendo a contrastare un conato di vomito ed espulse un grumo biancastro. Cercò di riportarsi in posizione eretta, ma la suola degli stivali da lavoro scivolò sopra al tappeto bicolore, organismo unico e senziente formato da miliardi d’invertebrati. Volse lo sguardo al portico, distante poche decine di metri, giusto in tempo per vedere Lisa Sullivan uscire di corsa dalla porta. Strisciò carponi, le mani affondate a raspare nella marea gelatinosa, poi finalmente riuscì a rimettersi in piedi e corse verso la salvezza. Non ebbe neppure il tempo di rifiatare, appena poggiò il piede sul primo gradino della veranda Wendy iniziò a torturarlo con le sue parole senza senso.
«Pete, ho fame! Ho voglia di aglio, cipolla e testa di capra. Al sangue la testa di capra.» Wendy rise, una risata rauca, catarrosa, poi intonò con voce limpida l’inizio di Stand by me.
«Quando viene la notte, e la terra è buia, e l’unica luce che vedremo sarà la luna, no, non avrò paura, non avrò paura, finché tu sarai con me, sarai con me…»
Peter crollò sulle assi della veranda, il respiro corto, il cuore che pompava sangue a un rimo esagerato. Strisciò verso la parete e si mise a sedere. Guardò il campo col viso trasfigurato, ma i vermi non c’erano più, al loro posto la familiare distesa viola. E una donna. Aveva i capelli rossi e ricci, tenuti prigionieri da un’anacronistica fascia da hippie. Portava un lungo cappotto di pelle marrone, col colletto di pelo grigio, troppo pesante per la stagione. Sotto indossava solo un paio di jeans, il busto era completamente scoperto e i grossi seni ballonzolavano grevi a ogni passo. Anche i piedi erano nudi. Salì i due gradini della veranda e si accomodò sopra una vecchia sedia.
«Posso sedermi, Pete?» disse la rossa.
Peter la guardò, ma non disse nulla. Lei sapeva il suo nome ma lui non la conosceva. Il cappotto, quello sì aveva qualcosa di familiare, ma non ricordava perché.
«Bello, eh?» disse lei, aprendo bene il soprabito e tirando fuori dalla tasca interna una sigaretta e un fiammifero.
I seni ora erano bene in mostra, due meloni maturi, l’areola frastagliata e scura, il capezzolo turgido. Peter li osservò, come in estasi.
«Sei il solito ragazzaccio» disse la donna, strizzandosi un capezzolo e facendo colare giù un liquido denso e nero.
Peter cacciò un gemito e la femmina rise. Distolse lo sguardo dai seni e fissò per pochi istanti un paio di occhi neri e profondi, due pozzi oscuri affogati in una colata di ombretto turchese.
«Chi sei?» chiese con un filo di voce.
«Tu sì che mi dai soddisfazione, Pete. Hai poca memoria e questo è un bene. Come dice il detto? Fai del male e scordalo.» La donna rise ancora, poi sfregò il fiammifero sulla balaustra del portico e accese la sigaretta.
«New Orleans, 23 febbraio 1969. Avevi ventidue anni quando strangolasti quella puttana nera dopo essertela scopata. Aveva un cappotto come questo, ricordi?»
Peter sgranò gli occhi, perdendosi nel fumo che la donna stava sputando fuori dalle narici. «È stato tanto tempo fa» disse in un sussurro.
Lei annuì. «Lo so, ma è da lì che è partito tutto, vero?»
L’uomo scosse la testa, come a voler scacciare quel pensiero.
«Voglio dire, ti rendi protagonista di una brutta azione, sì, davvero disdicevole, ma se poi riesci a tacitare i sensi di colpa è come non averla fatta, giusto? E tu sei un maestro nell’annientare i fottuti sensi di colpa, vero Pete?» La rossa tirò una lunga boccata, poi gettò la cicca oltre il portico. Peter iniziò a singhiozzare e lei si avvicinò, mettendogli un braccio attorno alle spalle e accucciandosi accanto a lui. Sentì di nuovo il fetore nauseante di piselli andati a male e si vomitò sui vestiti.
«Come quella volta che hai violentato la moglie del tuo miglior amico, Mike Hanson. L’hai presa con la forza, arrivando a minacciare la vita dei loro figli. Era sveglia la povera Meryl, cazzo se lo era. Sapeva che l’avresti fatto, si è fatta scopare e ha tenuto la bocca chiusa. E quando se n’è andata per sempre tu eri lì, a consolare il povero vedovo cornuto. Fanculo i sensi di colpa. Te l’ho detto, tu mi dai soddisfazione.»
L’uomo incassò la seconda bordata ed esplose in un pianto irrefrenabile, schiacciato dalla potenza della rivelazione a cui era giunto. «Dicono che ogni essere umano veda il diavolo almeno una volta prima di morire» sussurrò quando si riprese. Parlava e sentiva la propria voce distante, troppo lontana. «Sei venuto a prendermi per portarmi all’inferno.»
«Portarti all’inferno?» disse il diavolo, alzandosi in piedi e ridendo rumorosamente. «Ci sei già! Questo è l’inferno. L’inferno è qui sulla terra. L’inferno è ripetizione. Ascolta.»
«Dove sei, brutto cazzo moscio? Voglio le pillole per il dolore e voglio la mia testa di capra.»
Peter girò la testa e vide che Wendy era lì sulla soglia, in piedi, appoggiata al Winchester che adoperava a mo’ di bastone. Nella luce del tramonto sembrava quasi trasparente e una gran bava nera le scendeva dal mento sulla camicia da notte.
«Ti prego, falla smettere. Non ce la faccio più!» implorò Peter fissando il diavolo. I suoi occhi ora non erano più neri, ma gialli, come quelli di un caimano o di una lucertola.
«Non posso. L’inferno è ripetizione, ricordi?»
«Ti scongiuro, falla tacere! Non resisto più.»
«Vuoi farmi credere che un ragazzaccio tosto come te non è in grado di zittire la propria donna? Sai bene cosa devi fare, Pete. Fallo. Ho ancora grandi progetti per te.»
«Chi è quella gran troia, Pete? Prendi il fucile e sparale dritto nelle chiappe!» disse Wendy, porgendogli il Winchester. Sbraitava come un'ossessa, con la bava scura che proseguiva a inzaccherare la parte alta della camicia da notte.
Peter prese l’arma, senza sapere cosa fare, incalzato dalle due voci.
«Dai, bucagli il culo, vecchio coglione.» Wendy.
«Mi fido di te.» Il diavolo.
«Ammazza la bagascia e portami la testa di capra.» Ancora Wendy.
«Fa ciò che bisogna fare.» Il diavolo.
Peter controllò il fucile. Era scarico.
Il diavolo lo guardò e fece l'occhiolino. «È un problema questo?» gli disse, poi si diresse verso il campo di zafferano.
Nel momento in cui lo vide andare via, Peter fu certo che non sarebbe più riuscito a sopportare quella situazione. Prese il fucile per la canna e lo abbatté sulla testa della moglie; l’impatto del calcio sul cranio gli ricordò lo schiocco di un’anguria matura che viene aperta. Continuò a picchiare, con Wendy stesa sulla veranda, morta, la testa fracassata. Sangue, capelli e piccoli frammenti d’osso gli si appiccicarono sul viso, ma lui proseguì, sino a quando il calcio del fucile si spezzò. Esausto ma soddisfatto, sfigurato da un sorriso folle, si voltò a cercare l’approvazione del maligno, ma lui non c’era già più. Al suo posto un campo viola invaso dalle fiamme.
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Messaggio Da Arunachala Sab Feb 19, 2022 6:56 pm

uhm, sono perplesso.
la prima parte, mi scusi l'aut@, mi è parsa intrisa del tipico bigottismo americano, mentre la seconda si trova agli antipodi.
non capisco se la cosa sia voluta, ed è probabile, o casuale.
nel complesso la storia è buona, una bella lettura, scorrevole e con descrizioni a tratti anche ottime.
ci sono dei refusi, tipo un GLI mentre si parla di lei, e altre piccole sfumature.
però alla fine sono rimasto un poco deluso, mi aspettavo qualcosa di diverso.
certo, quello che mi aspetto io non ha nulla a che vedere con l'idea di chi scrive, quindi va bene anche così.

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Messaggio Da giuseppe.bignozzi Sab Feb 19, 2022 10:29 pm

Tutto si rimescola e continuamente ti spaesa.
Il reale si alterna e si avvoltola nel surreale, il vecchio marito generosamente dedito verso la moglie malata è anche un violentatore omicida, così come la delicatezza di lei è ormai solo disperazione prepotente e volgare.
La cattiva coscienza emerge e domina il protagonista e lo stesso zafferano si fa verminoso.
Il demonio ha le tette grosse e gli occhi da caimano e lo lascerà poi solo nel campo in fiamme.
Questa affannosa indeterminatezza, dove tutto appare tragicamente inutile, mi sembra l’elemento che dà originalità e forza al racconto.
I personaggi sono ben delineati e la scrittura fluisce bene.
Complimenti all’autore.
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Messaggio Da Petunia Dom Feb 20, 2022 4:21 pm

Ciao autor@
In questo step ho letto vari racconti horror mixati con la componente erotica. Questo è un racconto horror bifase, se mi passi il termine, ma puro nel genere. Ottima la scrittura. 
La prima “fase”, quella del marito anziano che accudisce la moglie ammalata, è proprio convincente. Mi è piaciuta moltissimo e l’ho trovata credibile e anche commovente. Poi, il racconto imbocca la strada decisa dell’horror e cambia del tutto le carte in tavola. Il ruolo dell’amico si perde, il ruolo dell’anziano contadino si tinge di nero e ha cancellato d’un colpo l’immagine che mi ero costruita di lui nella parte iniziale (non è un male, beninteso) il diavolo, i fiumi di bava nera, l’omicidio cruento ci stanno ma, a parte il disgusto, non mi hanno procurato quel brivido che attendevo. 
La frase che ti suggerirei di rivedere è questa: sicuro come l’esistenza del diavolo. Lui invece qualche scappatella se l’era concessa, specialmente nel passato. Si domandò se Wendy ne fosse a conoscenza. Si sedette sulla poltrona verde smeraldo e tornò a osservare i fiori viola del campo che stavano per essere inghiottiti dal crepuscolo.
Parli di esistenza del diavolo (anticipi troppo quello che succederà). Non ha senso ripetere il colore della poltrona e neppure quello dei fiori. Alleggerirei la frase.
In ogni caso è un bel racconto che rispetta pienamente i paletti previsti. Complimenti.
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Messaggio Da mirella Lun Feb 21, 2022 4:39 pm

L’incipit delinea una situazione realistica. Due amici anziani discorrono sorseggiando birra: Mike, rimasto vedovo e Peter, che ha ripreso a bere da quando la moglie si è ammalata.
Una scena tranquilla se non fosse per le urla di Wendy, che reclama le cure del marito, costringendo Mike ad andarsene.
Nella prima parte vengono evidenziati gli effetti della malattia degenerativa su Wendy. La donna ha cambiato carattere, mentre prima detestava la volgarità, ora si produce in un eloquio scurrile, assillando il marito con richieste pressanti, mentre Peter sembra un buon uomo.
Paziente, nonostante gli acciacchi dell’età, si sforza di aiutare Wendy in ogni modo. Però non è stato sempre così e ogni tanto lo assillano visioni di ombre scure, che cerca di minimizzare, finché una notte ha un incubo.
La parte horror del racconto coincide con la trasformazione del personaggio di Peter, che avviene in tre tempi e si conclude con un incontro soprannaturale. Sotto le sembianze di donna, il Maligno ricorda a Peter i misfatti compiuti e dimenticati, finché lo spinge a uccidere la moglie in modo efferato.
Mi sembra buona la gestione della trama, la caratterizzazione dei personaggi e il rispetto del genere e delle linee guida. Ho apprezzato la coerenza do stile e l’impegno profuso nella scrittura ampia e distesa che, passo dopo passo e nonostante qualche refuso, supporta il testo in ogni parte. Piaciuto.

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Messaggio Da FedericoChiesa Lun Feb 21, 2022 5:31 pm

Racconto bifronte.
All’inizio vedi il marito premuroso costretto a prendersi cura di una moglie che la malattia ha colpito nel fisico ma, come ahimè spesso succede, soprattutto nella testa.
Ti immedesimi con lui, per esperienza diretta o per vicinanza ad amici che si sono trovati in situazioni simili (certo non così marcate). Poi tutto vira, all’improvviso, nell’horror, inaspettato dando verve al racconto.
Dialoghi ben strutturati, personaggi ben delineati.
Piccola nota tecnica: metterei qualche “a capo” in più, per non trovarsi di fronte a un muro di parole.
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Messaggio Da Antonio Borghesi Lun Feb 21, 2022 7:21 pm

Un horror dal principio alla fine anche se proprio all'inizio tendi a smorzarlo coi due amici che bevono birra in veranda. Poi ti lascia andare e trasformi tutto in horror: il campo di zafferano, la moglie malata e perfino lui col diavolo che gli ricorda le sue nefandezze. Anche il diavolo diventa horror con quelle mammelle dalle quali sgorga quella bava nera che permea la tua storia. Scritto con molta chiarezza e senza errori compromettenti. Un refuso già segnalatoti quel "gli". Io ti metto in cinquina. Dove ancora non so ma su uno dei gradini di sicuro.
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Messaggio Da paluca66 Lun Feb 21, 2022 9:31 pm

Il racconto è tecnicamente perfetto, scritto bene, in maniera scorrevole e senza refusi.
L'horror c'è tutto e questo alla fine per me è l'unico limite, non amando il genere.
Infatti non riesco a sentirmi coinvolto dal racconto, ad appassionarmi a quello che leggo.
però sarei ingiusto e, al limite, anche scorretto, se giudicassi in base al gusto personale, in quanto l'horror è uno dei due generi sorteggiati e non avrebbe senso bocciare tutti i racconti di questo tipo.
In conclusione i miei complimenti perché hai scritto un racconto davvero ottimo, ben congegnato e organizzato.
Bene anche i paletti anche se non ho capito una cosa: quando dici che hanno convertito una parte della tenuta in coltivazione di zafferano perché avevano fiutato l'affare... di quale affare stanno parlando?
Ottimo il riferimento a Biden per agganciare temporalmente il racconto al paletto.

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Messaggio Da ImaGiraffe Mer Feb 23, 2022 10:43 am

Un racconto montagne russe a volte si va su ma molto spesso si va giù e poi si fa il giro, alla fine della corsa ti senti frastornato.
Ho riscontrato la struttura classica dei racconti dell'orrore, una prima parte quasi normale poi arrivano i primi segni di qualcosa che non va fino ad arrivare alla parte finale in cui tutto precipita verso la follia. 
Questa struttura è ottima e l'hai seguita bene però alla fine ho avuto come l'impressione che tutto fosse troppo diluito. 
Un racconto del genere mi avrebbe colpito di più se fosse stato più scarno, con frasi brevi e scene fulminee. 
Quello che purtroppo non ho gradito è l'utilizzo della veranda, non mi sembra funzionale al racconto, tutto quello che succede lì potrebbe succedere in qualsiasi altro posto. Invece la scena nel campo di zafferano (la mia preferita) è quella di certo che colpisce maggiormente per quello che evoca. Ho pensato che se le avessi invertite avresti dato più risalto alla veranda. 
In ogni caso tra i racconti horror letti fino a questo punto è quello meglio riuscito, soprattutto perché tutti i dettagli inquietanti che hai inserito sono interessanti e creano tensione.
Io comunque me la sono data una spiegazione, secondo me lui è già all'inferno anche se il diavolo dice di no. Altrimenti non spiegherei le fiamme finali.
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Messaggio Da Arianna 2016 Gio Feb 24, 2022 11:07 pm

Questo è uno di quei racconti che mi dispiace non riuscire ad apprezzare fino in fondo. Come se mancasse qualcosa che mi faccia scattare l’effetto “presa”, anche se non so dire cosa.
La scrittura è di buona qualità, pur con qualche errore e refuso e qualche scelta lessicale che non mi piace (ad esempio, definire quello che ha Wendy “acciacchi della vecchiaia” mi sembra riduttivo).
Il ritmo lento e malinconico è adatto a quella che, nella prima parte, sembra la materia del racconto, quasi una narrazione un po’ alla Kent Haruf. Poi però la materia cambia e da qui forse nasce il senso di incompiuto: lo stile “raccontato” non rende bene quello che dovrebbe essere l’orrore.
La parte iniziale mi ha ricordato molto una vicenda simile nel film “Il miglio verde”, a cui però poi tu dai una direzione tua e diversa.
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Messaggio Da Mac Ven Feb 25, 2022 11:22 am

La prima parte mi piace molto, una bella scrittura (un paio di scelte linguistiche che disturbano un po' "massaggiare gli arti" arti in questo contesto risulta freddo).
Mi piace molto come hai gestito i dialoghi, sono scorrevoli e molto realistici, anche le imprecazioni della moglie rendono moltissimo.
Come anche altri ho apprezzato meno la parte "Horror", il linguaggio rimane lo stesso e risulta estraneo alla vicenda che racconti. Credo sia dovuto alla difficoltà di entrare con la testa nell'horror stesso.
Lo metto in standby, voglio rileggerlo.
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Messaggio Da M. Mark o'Knee Ven Feb 25, 2022 3:59 pm

Scrittura di buon livello e dialoghi molto ben gestiti, soprattutto nelle battute dell'anziana Wendy, dove il turpiloquio è dosato con mano felice. Non da meno il crescendo dalla normalità all'orrore che spesso la normalità stessa nasconde. Ma ci sono dei particolari che creano delle aspettative - e, si sa, il diavolo si cela nei particolari -, e poi tali aspettative vengono completamente deluse. In primo luogo, la situazione descritta, con la donna preda di una malattia senile che riporta immancabilmente a certi momenti de Il miglio verde di King, salvo poi scoprire che si va a parare da tutt'altra parte. E i nomi dei personaggi, che sembrano presi pari pari dal romanzo di James Barrie: Peter (Pan), Wendy, Mike; anche in questo caso il lettore tende a immaginare qualcosa che poi con la storia non c'entra niente. Niente eterni bambini, niente magia ecc. Occasioni mancate. Oppure scelte non proprio felici da parte dell'autore. Altra scelta poco felice, a mio modo di vedere, è la personificazione del demonio, che ricorda un po' le diavolesse sexy di certi fumetti anni 80. Poteva benissimo prendere le sembianze della "puttana nera" anziché indossarne solo il cappotto; oppure della moglie di Mike, che, per paura, "si è fatta scopare e ha tenuto la bocca chiusa". Apparizioni forse più efficaci per far riaffiorare i sensi di colpa di Peter. Un demonio che sembra anche tirarsi la zappa sui piedi, dato che in pratica proprio lui suggerisce a Peter come fare a uscire dal proprio inferno: uccidere Wendy è mettere fine alla propria pena, facendo venir meno il ciclo, "la ripetizione", che sta alla base del suo inferno sulla terra.
A proposito di ripetizioni, eviterei "Come dice il detto", a favore di "come dice il proverbio" (per esempio).
Un'ultima annotazione sui paletti: tutti più o meno centrati, a parte il timing, tirato molto per i capelli con un breve accenno (fra l'altro fuori contesto) al mandato presidenziale di Biden.
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Messaggio Da tommybe Ven Feb 25, 2022 7:26 pm

Trovo poco credibile che un ottantenne riesca nel compito di accudire la sua donna, a meno che non sia un fenomeno. Il racconto mi ha conquistato, e questa è l'unica nota stonata che ho trovato.
Vorrei avere la bravura e l'osservazione acuta del commentatore che mi ha preceduto.
Ma credo che l'autore si accontenterà della mia stima e del fatto che forse riuscirò a infilarlo nella mia cinquina. 
Un bell'abbraccio.
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Messaggio Da Susanna Sab Feb 26, 2022 5:31 pm

Titolo: Buono, un po’ inquietante
Paletti: la veranda c’è, tipica presenza delle case americane; il contadino e il tempo anche, affidato a qualche dettaglio indovinato;
Sul contadino avrei qualche appunto: è anziano, sicuramente il lavoro deve aver pesato parecchio negli anni, però ancora dirige con molta energia la sua azienda (e non è poco), e riesce anche ad accudire la moglie malata. Chi ha vissuto o vive la fatica di accudire una persona anziana avviluppata in una di quelle paurose malattie degenerative penso possa mettere in dubbio l’insieme. Ci sono casi in cui, con tutta la buona volontà di non affidare ad altri la persona amata, anziani si sono presi a cura a vicenda, ma la situazione pare un attimo forzata. Le persone malate, al di là dei cambiamenti caratteriali stravolgenti, spesso diventano inaspettatamente forti e molto aggressive.
Il genere horror è ben tracciato, con un pizzico di erotismo.
La storia: un bravo marito anziano che accudisce la compagna di una vita, con determinazione e coraggio. Un buon amico gli è accanto, un supporto importante, che accoglie tante confidenze. Le fatiche, le ansie paiono prendere possesso della mente di Peter, con incubi e con il terrore che anche la sua mente stia cominciando a perdersi: piante di zafferano che imputridiscono e prendono vita come vermi. Il passato ritorna, arriva la parte nera della sua vita: un diavolo che non gli darà scampo, illudendolo che forse con un’ultima crudele azione possa trovare la pace.
La scrittura – Ci sono blocchi di testo che andrebbero rallentati con degli a capo. Personalmente temo sempre che mi sfugga qualcosa. Suddividendo queste parti, tutte ovviamente necessarie per come hai impostato il testo, daresti un attimo di tregua al lettore, che deve assimilare tanto dalla trama.
I dialoghi mi sono piaciuti: mi presenti un Peter che vorrei consolare; poi un diavolo che pur nella funzione di diavolo, assume ad un certo punto quella che si può definire un po’ di sana giustizia divina: caro Peter, allungarla sì ma scamparla no. Che sia divina o demoniaca, la giustizia è arrivata.
È quindi un buon racconto, da sistemare un po’ rielaborando i blocchi di testo, per facilitarne la lettura, e provando a lavorare su un lessico a volte non in sintonia col resto. Come genere horror mi è piaciuto. Non mi ha lasciato sensazioni forti, ma mi ha tenuto fino alla fine, da buono e onesto horror breve.
 
Le mie note
qualche refuso e in alcuni punti un lessico che stona un po’ rispetto allo stile del racconto.
Cercò di riportarsi in posizione eretta/cercò di alzarsi più semplice e immediato -
Cercò di riportarsi in posizione eretta, ma la suola degli stivali da lavoro scivolò sopra al tappeto bicolore, organismo unico e senziente formato da miliardi d’invertebrati /Cercò di alzarsi, ma neanche gli stivali da lavoro, con la suola spessa, gli impedirono di scivolare su quel tappeto vivo,  colorato e disgustosamente viscido

______________________________________________________
"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"
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Messaggio Da caipiroska Dom Feb 27, 2022 4:56 pm

Ciao Autore,
ho trovato molto interessante e ben gestita questa storia. Spiazzare il lettore non è mai una cosa facile da realizzare, ma qui ci sei riuscito bene. Il diavolo che arriva dal campo di zafferano marcio, nelle sembianze di una donna seminuda, è un'immagine inquietante e molto azzeccata che riesce a creare un'atmosfera carica di tensione e aspettative.
Il consiglio che ti lascio è quello di rivedere alcune frasi, soprattutto nella parte iniziale che appesantiscono la storia e che rimandano a un modo di scrivere sbrigativo, carico di clichè.
Queste sono alcune delle frasi che riformulerei in maniera più originale:
 li aggredirono sulla veranda 
collassata giù dallo spazio profondo.

il senso di smarrimento che sempre lo avvolgeva quando metteva piede in quella stanza



In alcuni passaggi ho notato un largo uso di "che".
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Messaggio Da Byron.RN Dom Feb 27, 2022 9:38 pm

Di questa storia mi è piaciuta la costruzione, l'equilibrio. Il tutto parte in modo lento, in modo normale direi, per poi ravvivarsi nel corso della narrazione. 
Devo dire che a me non piace molto l'utilizzo eccessivo del turpiloquio, in questo caso però lo trovo funzionale all'impronta che l'autore/autrice ha voluto dare al racconto. La normalità di cui parlavo all'inizio viene in un certo senso destabilizzata dal linguaggio della moglie, come a voler insinuare qualcosa di particolare e di malsano che si muove sotto traccia.
L'immagine più visiva del racconto è quella del campo di zafferano che prende vita, trasformandosi in un verminaio, da cui poi appare il diavolo. La scelta di dargli sembianze femminili è strana, nei film e nei racconti solitamente appare nella classica forma maschile, vestito elegantemente oppure in modo raffazzonato. La sua immagine non è orrida, quasi non provoca repulsione se non per l'odore, ma quel suo modo di essere amichevole, quasi complice, è disturbante. E poi c'è anche quella frase sibillina, sull'inferno presente in terra, un inferno fatto di ripetizione che non è proprio rassicurante.
Forse mancano immagini eclatanti, più forti e raccapriccianti, anche se ho trovato che il racconto sia permeato da un'atmosfera malsana.
Nel complesso lo reputo un buon lavoro.
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Messaggio Da Nellone Mar Mar 01, 2022 8:49 am

Racconto che si prende i suoi tempi, molto tranquillo all’inizio, con due amici in veranda a bere una birra, e una parte finale molto ritmata, orrifica al punto giusto. Davvero ottima la scrittura, con descrizioni vivide che non scadono mai nel banale, un lessico adeguato a frasi incisive quando serve; peccato solo che il turpiloquio dei dialoghi talvolta si trasferisca anche alla narrazione, una contaminazione francamente un po’ ardita. I paletti sono tutti rispettati e centrali nella narrazione, senza forzature: l’idea è di un racconto forgiato appositamente per l’occasione, non un “riciclaggio” di qualcosa già esistente. La trama è forse un po’ scontata, rispetta i canoni dell’horror senza osare troppo, ma nel complesso è uno dei racconti che fino ad ora ho apprezzato di più.

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Messaggio Da Danilo Nucci Mer Mar 02, 2022 11:12 pm

Ho trovato questo racconto, fra i vari letti fino a questo momento, quello che più di ogni altro ha posto in posizione centrale e determinante il campo di zafferano. Per Peter rappresenta un po’ il fondo della propria coscienza. Se guarda da lontano quel bellissimo campo colorato, ne ottiene calma e senso di benessere, ma se si avvicina e tocca con mano lo trova pieno di vermi ripugnanti.  Proprio come il profondo della propria coscienza dove le atrocità commesse nella vita e nascoste a lungo fino a essere dimenticate, riemergono improvvisamente come il demonio dal campo di zafferano.
L’horror emerge nella parte finale ma non pervade uniformemente tutto il racconto che all’inizio da più l’impressione di una descrizione di una malattia mentale.
“L’inferno è ripetizione” è una bella frase che fa riflettere e fa tornare alla mente l’inferno dantesco e le pene eterne e ripetitive delle anime dei dannati.
“L’alcol rappresentava l’unico sollievo da quella situazione del cazzo.”
Il turpiloquio (per modo di dire) ci sta nei dialoghi; un po’ meno nelle descrizioni in terza persona.
Ben delineato il personaggio Peter. Qualche descrizione un po’ troppo cercata e non funzionale alla storia, come “dalla comoda poltrona tappezzata di un vivace verde smeraldo”, ma nel complesso un’ottima scrittura.

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Messaggio Da Marcog Gio Mar 03, 2022 5:56 pm

Racconto ben scritto e scorrevole, ti segnalo solo un piccolo refuso: "il cuore che pompava sangue a un ri(t)mo esagerato". Molto toccante la prima parte con un uomo anziano alle prese con i gravi problemi di decadenza della moglie. Poi cambia tutto e l'uomo è preso dai rimorsi che lo portano a uno stato tra la follia e la paranoia. I personaggi principali sono ben delineati. Tra i paletti spicca il campo di zafferano che da pacifico sfondo ad un tramonto, si trasforma, prima in un maleodorante lombricaio (bella scena) e poi prende fuoco. Originale il diavolo donna, nel caso di Peter è stata la donna in effetti la sua perdizione. Bel lavoro, grazie!
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Messaggio Da Asbottino Lun Mar 07, 2022 9:59 pm

Allora, inizio a farti i complimenti per l'ambientazione californiana. Con me sfondi una porta aperta. Dalle parti di Santa Rosa ci sono stato e il nord della California è assolutamente adatto alla coltivazione dello zafferano, avendo un clima mediterraneo. Sonoma, Napa Valley, vigneti. Tutto esatto e molto curato.
Ho trovato la storia convincente, un bel crescendo. Parte piano con quel dialogo sulla veranda, ma poi sprofonda in un abisso di follia che culmina con l'omicidio della moglie. Tutte le visioni sono efficaci, viscerali, afferrano lo stomaco. Io la vena di erotismo non l'ho notata. Se c'è, credo sia involontaria. Certi dettagli ci stanno e ci sarebbe stati anche se l'altro genere a disposizione non fosse stato l'erotico.
il racconto è molto diretto, senza peli sulla lingua. il linguaggio è molto semplice, terreno, ruspante. Non ricorre a giri di parole o a immagini evocative. Dice le cose come stanno.
Non vedo l'uccisione della moglie come un modo per uscire da un inferno ripetitivo, ma è un altro crimine, violenza che si somma ad altra violenza. Non se ne esce affatto.
L'idea di un inferno ripetitivo era già presente ne L'inferno inizia dal giardino di Jonathan Lethem, grandissimo racconto, ed è straordinariamente efficace.
Paletti ok. Il porch, la veranda, è forse più tipica delle case americane che di qualunque altro posto, del west in particolare. L'accenno al mandato di Biden per la collocazione temporale forse è un po' forzata, ma non credo si potesse fare di meglio e ai fini del racconto, all'economia della trama, non ha poi così tanta importanza.
Horror centratissimo. Probabilmente un lettore di King.
A me è piaciuto.

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Messaggio Da SuperGric Sab Mar 12, 2022 5:43 pm

Racconto strano. La scrittura è buona e la storia c’è. Forse è il personaggio di Peter a lasciarmi perplesso. All’inizio è descritto tutto amorevole e devoto alla sua Wendy, poi nel procedere del racconto si trasforma in un assassino, sfruttatore e stupratore. L’idea di mostrare il lato oscuro del personaggio e della campagna americana è interessante, ma secondo me qui è un po’ forzata.
Mi permetto alcuni consigli:
Espressioni tipo: gli attorcigliarono le budella, gli gelarono il sangue nelle vene le eviterei forse un po’ abusate.
La birra nazionale mi ha fatto subito Peroni. Non avrei indicato nazionale.
Mike e Peter sono vecchi amici e vivono anche poco distante l’uno dall’altro: possibile che Mike debba spiegargli che Wendy fa sempre così da tre mesi, che è una malattia degenerativa, ecc. Che amici sono se Peter in tre mesi già non gliene aveva parlato?
Il racconto migliora nella seconda parte con le immagini inquietanti (ridurrei forse la sequenza del terrore notturno) e l’arrivo della maligna. Mi ha fatto sorridere il fetore di piselli andati a male come esempio di massima puzza, a me non sarebbe mai venuto in mente.
Il finale bello horror mi è piaciuto.
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Messaggio Da Resdei Ven Mar 18, 2022 10:46 pm

ciao autor@
allora! racconto splendidamente orrendo! 
nasce in sordina e piano piano trascini il lettore in un crescendo sorprendente. 
la scrittura è ottima, riesci a creare una tensione continua e le descrizioni horror sono veramente schifose (quello dovevano essere!) probabilmente sei un appassionato del genere.
a differenza di altri non riesco a vedere il lato erotico, ma un genere era più che sufficiente.
purtroppo niente da segnalarti: il racconto mi ha pienamente convinta!
piaciuto!
complimenti
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Messaggio Da SisypheMalheureux Dom Mar 20, 2022 1:52 pm

Ciao autore (o autrice)... uno dei pochi racconti senza commistione di genere, però riesci comunque a farci riflettere. Ho apprezzato il fatto che il tuo racconto cominci con lo stereotipo della famiglia americana da telefilm, per poi calare gradualmente il lettore nel dramma quotidiano della malattia e dell'accudimento di un familiare affetto da demenza senile. Sì, perché il tuo sarà anche un horror ma resta sempre in bilico tra il soprannaturale e il realistico. Wendy è "posseduta", preda di un'entità demoniaca come cerchi di farci credere nel finale, oppure i suoi comportamenti sono solo dettati dal progressivo e inesorabile decadimento cognitivo? E Peter ha davvero visto il diavolo e ammazzato la moglie per difendersi, o piuttosto il suo omicidio è stato dettato da un raptus di follia, esaurito da una situazione che portrerebbe chiunque allo stremo delle forze? Rimaniamo con il dubbio ma poco importa. Certo che di casi di anziani che arrivano a togliere la vita ai propri cari affetti da malattie incurabili perché non ce la fanno più ad occuparsi di loro, purtroppo sono piene le cronache. E ti ringrazio di aver portato un tema così importante con il tuo bel racconto. Complimenti!

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Messaggio Da Fante Scelto Dom Mar 20, 2022 2:16 pm

Ormai è un po' un incipit ricorrente per me in questo step, ma anche qui non sono pienamente convinto di quanto ho letto.

Sei sicuramente riuscito più di altri a creare una storia horror con i giusti crismi, ma sempre e comunque con alcune problematiche strutturali di fondo.
Parto dal principio.
Li ho letti per puro caso uno dopo l'altro e questo non giova, ma rivedo lo stesso schema visto in Jezibaba: il protagonista parte come personaggio positivo e si scopre poi un pessimo essere umano, cosicché l'orrore cui va incontro sia in qualche modo giustificato.
Non so se siano scelte precise oppure un, non so, timore di sporcarsi le mani colpendo gli innocenti.
Il diavolo è il diavolo. Punire i colpevoli può anche essere figo, ma distruggere gli innocenti lo è ancora di più.
E' questa la vera malvagità.

Tolto questo aspetto puramente personale, la componente horror è dominante (non c'è davvero filone erotico qui dentro) e lo fa con una dose di disgusto buona (ma si poteva fare di più) e una di tensione invece piuttosto blanda: non sono riuscito a farmi inquietare dalla situazione, solo schifare da certe scene.
Il turpiloquio serrato di Wendy, abbinato al fatto che lei non avesse mai detto parolacce in vita sua, fa già pensare alla possessione demoniaca.
Poi non si tratta strettamente di questo, ma il filone diabolico si rivela il medesimo.
Quindi bene ma non benissimo.


Ci sono alcuni errori logici. Uno, evidente, è quello già evidenziato da un altro commentatore: l'inferno sarebbe ripetizione allo spasmo di qualcosa di sofferto, di brutto, di sgradevole, e poi il diavolo stesso suggerisce a Pete il modo di spezzare la ripetitività del suo personale inferno?
A meno che il diavolo non avesse mentito e quello non fosse l'inferno, ma allora diventa tutto più cervellotico e mi perdo.
Allo stesso modo il timing della storia sembra artefatto: il diavolo si palesa, ma a che scopo? Pete è stanco della sua situazione, ma non è ancora arrivato al limite, al parossismo, al punto di rottura: il diavolo sembra forzargli la mano in questo senso, e di nuovo, non sembra esserci una logica portante.

Stilisticamente il racconto va bene, si legge volentieri, è scorrevole.
I dialoghi invece non mi hanno entusiasmato, sono poco spontanei e molto indirizzati. Un esempio su tutti: il commento sul mandato di Biden che mette l'unico paletto temporale dell'intero racconto.
Non è sbagliato, ma si sente che è finto, non so come dire.
Si salva il dialogo finale col diavolo, che in qualche modo ha il suo perché.
Il turpiloquio di Wendy è un ni. Non è venuto malissimo, ma di nuovo si sente che è un po' artefatto, non so come definirlo diversamente.
Linguisticamente, alcune scelte non mi garbano. Tendi, ma tanti horror di questo step hanno fatto lo stesso, a enfatizzare certe situazioni con un uso di aggettivi scontati per imprimere senso di disgusto o di tensione, ma l'effetto che si ottiene è il contrario, cioé saltano all'occhio e fanno inceppare la lettura.
Ti segnalo poi un paio di sinonimi che hai usato per indicare la donna-diavolo: l'hai chiamata prima "la rossa" e poi "la femmina".
Non è che siano sbagliati, ma suonano malissimo. Usare il colore dei capelli come sinonimo di un personaggio ha poco senso in quel contesto. Chiamarla "femmina" è invece proprio illogico. Non perché sia offensivo della donna, eh, beninteso: ma perché non ha senso che il narratore (esterno e imparziale) usi questa parola quasi dispregiativa.
Non so se ho reso l'idea.
Come sinonimi per non ripetere "donna" andava benissimo "lei." Lei è short, comodo e si presta a (moderate) ripetizioni.

In conclusione, il lavoro è buono, positivo, ma non mi ha convinto del tutto.
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Messaggio Da The fallen Dom Mar 20, 2022 3:48 pm

Erotico sicuramente non è  lol!
Horror per plebiscito, schietto e deciso nelle descrizioni che regalano immagini forti, pennellate bene.
Dialoghi curati abbastanza bene, vermi nelle piante di zafferano e il diavolo che arriva a fare il suo lavoro per poi andarsene senza nemmeno salutare.
Piaciuto, la mano che scrive è generosa e per questo colpiscono quei pochi errori che non ti aspetteresti e che ti hanno fatto più volte notare, in primis l'orribile 'sicuro come l'esistenza di Belzebù'.
Buona prova.
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