Be', Fausto, abbiamo già parlato abbondantemente, ma capisco la necessità di esternare le proprie considerazioni anche in pubblico, quindi non mi sottraggo e ti ripropongo le medesime considerazioni.
A cominciare dal dialetto, visto che la prima versione di questa racconto è stata ritenuta non ammissibile non per i paletti ma perché era impossibile da leggere, credo primo caso nella storia di DT e anche di Sps. Oltretutto, come sai, Pier è di Enna: non dovrebbe risultare incomprensibile il dialetto trapanese. Il problema è che tante volte si fa confusione proprio ontologica tra dialetto e parlata locale. Per intenderci, il romano è un dialetto; la parlata romanesca, no!!!
Per tua stessa ammissione dici di aver scritto in trapanese. Il dialetto, per citare un noto filologo, è "una lingua che non ce l'ha fatta". Ha una grammatica, tanto per cominciare. Poi, come ti dicevo, ci sta che il tuo protagonista usi la parlata locale, dato che tutto il tuo "dialetto" di questo racconto è all'interno dei discorsi diretti; infatti è una scelta tua, ma per forza di cose deve essere tradotto dal parlato allo scritto, con tutti i problemi che ne seguono. Purtroppo, la parlata trapanese non gode di dignità letteraria, e di conseguenza il discorso si potrebbe allungare (non a caso ci sono corsi su corsi all'università). Diciamo che il tuo scrupolo dovrebbe essere quello di arricchire la lettura di chi magari quel dialetto non lo conosce, e se invece la lettura si inceppa qualcosa non ha funzionato.
Poi difendere le proprie scelte artistiche anche contro il gradimento del pubblico è quello che dovrebbe fare sempre un artista, e Battiato ce lo ha insegnato molto bene: penso a lui, visto che ieri era il suo compleanno e visto che ha lasciato tante opere in dialetto siciliano.
Venendo alle altre questioni, ci sono due cose sulle quali voglio risponderti. La prima è terribile, te lo dico senza girarci intorno: non volevi comunicarmi niente? Cosa significa, di grazia, "era solo un racconto horror"? Credo che questa tua frase sia quanto di più lontano possa anche solo concepire la mente di un artista. Quando creiamo qualsiasi cosa, non è mai "solo" per; se gli artisti smettono di comunicare, è inutile proprio il lavoro artistico, qualunque esso sia. E così si finisce per svilire l'arte, e si rientra nell'industria culturale tanto "cara" a Claudio Lolli. No, Fausto, sono sicuro che ti è uscita male questa frase, anche perché il tuo è un racconto di denuncia sociale fortissimo che muove dalla tradizione popolare e, come ti ho detto fin da subito, merita una rielaborazione perché potrebbe risultare uno dei pezzi meglio riusciti dell'intero contest (e i voti che hai ricevuto lo dimostrano).
L'altra cosa è il corsivo. Senza motivo, sì, perché il corsivo interviene in casi determinati, e ti basta compiere una ricerca in rete per capire quali sono questi casi. Un intero prologo in corsivo, in narrativa, semplicemente non ha ragione di esistere.
Sulla questione della mafia e della Marrabecca non posso aggiungere niente, perché altrimenti vuol dire che ho letto un racconto completamente diverso
Spero, con questo commento, di non essermi sottratto al dialogo e di aver chiarito le nostre rispettive posizioni. In tutti i casi, ci tengo a chiudere invitandoti a non abbandonare questo racconto, perché è una vera forza. E sai bene che se pensassi il contrario lo direi senza nascondermi, come faccio sempre del resto (alle volte risultando anche un po' antipatico, ne sono consapevole).
Un abbraccio. Leggerò i commenti degli altri amici, se vorranno passare
