Quarantasette, morto che parla
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Re: Quarantasette, morto che parla
Sì, in verità sono un po' combattuto. Da un lato mi è piaciuta molto l'atmosfera, la caratterizzazione dei personaggi, lo stile... dall'altro non sono convinto del susseguirsi degli eventi, e non parlo del finale. Provo a spiegarmi: il finale serve perché altrimenti non si sarebbe andati a parare da nessuna parte. Sino a quel punto della narrazione infatti non era successo nulla, non si era preparato il lettore al conflitto, non c'era stato un climax, era solo una descrizione di una serata di vigilia. Come avrebbe potuto finire se non con un "coniglio dal cilindro?". E quindi svolta sovrannaturale, morte, espediente che non mi è piaciuto dell'articolo di giornale. Un finale studiato e cercato, si capisce dal proverbio ripetuto due volte che annuncia la morte di Lina, ma comunque funzionale al fatto che per tutto il racconto la narrazione era stata piatta e bisognava risollevarla. Per piatta non intendo noiosa, anzi, il contrario, ma sembrava più una lunga introduzione che altro. Spero di essermi spiegato. Chiudo dicendo che anche a me non piace quando a narrare in prima è qualcuno che poi morirà, ma bisogna tenere conto che la narrazione è al presente e che quando Lina realizza di essere deceduta la narrazione stessa si interrompe, quindi la cosa è coerente. Il problema di questa scelta è che l'ultimo paragrafo, quello che spiega, è per forza di cose un compromesso, un articolo di giornale avulso dal resto del racconto che proprio non mi è piaciuto.
A rileggerci!
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Akimizu- Cavaliere Jedi
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Re: Quarantasette, morto che parla
Ciao Penna. Trovo scollegati i due momenti del racconto. Presi separatamente mi piacciono entrambi, nell'unico corpo "racconto" mi rendono perplesso. Bella la figura di Zio Eraldo, antropologo, e bella l'immagine dei numi famigliari di natura pagana, poi mutuata nella tradizione cristiana. Il nonno Natale mi ha ricordato "900" di Bertolucci, muovendomi a tristezza (che non è negativo ai fini del giudizio personale sul tuo lavoro). Grazie.
digitoergosum- Cavaliere Jedi
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Re: Quarantasette, morto che parla
Caro autore il racconto è scorrevole e si lascia leggere piacevolmente fino alla fine. L'atteggiameto della protagonista ricorda proprio quello degli adolescenti soli in famiglia. Le coincidenze sono forse un po' troppe, ma comunque non stonano. Finale tragico imprevisto che fa della storia un racconto diverso del Natale. Mi permetto di segnalare solo qualche errore. Alla prossima.
alessandro parolini- Viandante
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Re: Quarantasette, morto che parla
Confermo che chiamarsi Lina (Lino nel mio caso) è una tortura cinese. Se poi una è nata a Natale è il massimo delle prelibatezze. Ci hai fatto conoscere un personaggio simpatico, che oltre al bellissimo nome non ama il pesce, la tombola urlata e l'invasione dei parenti. Mi ci sono quasi immedesimato. Il finale tragico arriva inaspettato anche se era già tutto nel titolo. Questo non è comunque un limite del racconto perché credo che nella vita le più grandi tragedie non sono mai precedute da presagi e indizi. L'orrore non è quasi mai annunciato. Bussa alla porta quando meno te lo aspetti.
tontonlino- Younglings
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Re: Quarantasette, morto che parla
Racconto davvero interessante, che passa dalla prima parte tragicomica alla tragedia vera e propria, passando per la malinconica sequenza centrale, che le unisce perfettamente. Finale un po’ telefonato, ma tutto sommato originale. Le frasi in dialetto e qualche reminiscenza domestica aiutano ad entrare nell’ambiente familiare, invero un po’ stretto alla protagonista. Per il modo di pensare e di parlare la protagonista dimostrerebbe qualcosa più dei suoi tredici anni, ma non siamo molto distanti. Scrittura semplice e lineare che perfettamente si adatta al pensiero di un’adolescente, con qualche azzeccata precisazione su cosette da nulla (come l’odio per il capitone e la camicia) che rendono molto bene l’insofferenza a Natale. Nel complesso uno dei racconti che più mi sono piaciuti fino ad ora.
Nellone- Younglings
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Re: Quarantasette, morto che parla
Arrivare dopo Asbo è difficile, quando dice esattamente quello che vuoi dire tu
Ciao Autore, veniamo a noi. Inutile parlare della tua ambientazione spazio-temporale, perché è evidente anche che il nome Eraldo non lo hai scelto a caso. Forse è tutto un po' omaggiante, chissà.
Certi dubbi che sono emersi non li capisco: la tua protagonista lo dice espressamente che il babbo aveva spento il fuoco, quindi perché si parla di incongruenza? Le sedie sono tre per la sacra famiglia: perché ci si chiede come faceva a sapere zio Eraldo di metterne tre?
Veniamo al clou: indubbiamente quel trafiletto di giornale alla fine va contro tutto la narrazione, e anch'io lo toglierei. Chiudendo lì, il tuo racconto sarebbe stato perfetto, a mio avviso.
I personaggi sono il tuo forte, infatti massimo dei voti e non sto neanche ad allungare il commento parlandone.
L'ambientazione natalizia è triste, malinconica e, soprattutto, fondamentale al racconto, poiché senza di essa il tuo racconto non funziona.
L'unica scena che proprio non riesco a visualizzare è lo zio che prende la nipote e la butta in un fosso come un animale per farla riprendere dai fumi e dalle ustioni. Ecco perché, senza il trafiletto finale, la mia mente avrebbe potuto spaziare libera di assegnare al tuo racconto un finale congruente con il proverbio e, allo stesso tempo, con questo gesto dello zio. Un esempio fra i tanti possibili: un incesto con tentato occultamento successivo.
Insomma, fino al terzo asterisco ero impazzito per il tuo racconto. Ma questa scena, così, proprio mi rimane inspiegabile... Soprattutto perché sembra esser stato tratto tutto il racconto da una storia vera, e chissà se è così (ce lo dirai?)...
Sulla scrittura occhio a qualche refuso e a due virgole tra soggetto e predicato. Sono terribili, scappano soprattutto in fase di revisione, quando si opera talvolta con tagli vari...
In forma di augurio, "buonanotte" è preferibile come grafia al "buona notte" che hai usato (ma probabilmente lo sai già e preferisci la seconda forma).
In conclusione, un racconto che ho letto più che piacevolmente, visti anche i tanti riferimenti a me cari e vicini. Un ottimo testo che non può non trovare posto nella classifica finale.
Complimenti!
Ciao Autore, veniamo a noi. Inutile parlare della tua ambientazione spazio-temporale, perché è evidente anche che il nome Eraldo non lo hai scelto a caso. Forse è tutto un po' omaggiante, chissà.
Certi dubbi che sono emersi non li capisco: la tua protagonista lo dice espressamente che il babbo aveva spento il fuoco, quindi perché si parla di incongruenza? Le sedie sono tre per la sacra famiglia: perché ci si chiede come faceva a sapere zio Eraldo di metterne tre?
Veniamo al clou: indubbiamente quel trafiletto di giornale alla fine va contro tutto la narrazione, e anch'io lo toglierei. Chiudendo lì, il tuo racconto sarebbe stato perfetto, a mio avviso.
I personaggi sono il tuo forte, infatti massimo dei voti e non sto neanche ad allungare il commento parlandone.
L'ambientazione natalizia è triste, malinconica e, soprattutto, fondamentale al racconto, poiché senza di essa il tuo racconto non funziona.
L'unica scena che proprio non riesco a visualizzare è lo zio che prende la nipote e la butta in un fosso come un animale per farla riprendere dai fumi e dalle ustioni. Ecco perché, senza il trafiletto finale, la mia mente avrebbe potuto spaziare libera di assegnare al tuo racconto un finale congruente con il proverbio e, allo stesso tempo, con questo gesto dello zio. Un esempio fra i tanti possibili: un incesto con tentato occultamento successivo.
Insomma, fino al terzo asterisco ero impazzito per il tuo racconto. Ma questa scena, così, proprio mi rimane inspiegabile... Soprattutto perché sembra esser stato tratto tutto il racconto da una storia vera, e chissà se è così (ce lo dirai?)...
Sulla scrittura occhio a qualche refuso e a due virgole tra soggetto e predicato. Sono terribili, scappano soprattutto in fase di revisione, quando si opera talvolta con tagli vari...
In forma di augurio, "buonanotte" è preferibile come grafia al "buona notte" che hai usato (ma probabilmente lo sai già e preferisci la seconda forma).
In conclusione, un racconto che ho letto più che piacevolmente, visti anche i tanti riferimenti a me cari e vicini. Un ottimo testo che non può non trovare posto nella classifica finale.
Complimenti!
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Un giorno tornerò, e avrò le idee più chiare.
vivonic- Admin
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Re: Quarantasette, morto che parla
Ciao ragazzi e grazie a tutti per gli splendidi commenti!
Innanzitutto questo racconto prende ispirazione, come ha giustamente intuito @Arianna 2016, proprio da un saggio di E. Baldini sulle tradizioni del Natale in Emilia Romagna, che stavo leggendo proprio nei giorni di apertura del contest. Ho sfruttato" il saggio per quanto riguarda le informazioni sulla tradizione del ceppo di Natale, sull'usanza di indossare qualcosa di nuovo e sul relativo proverbio. Il resto poi, è solamente frutto della mia fantasia.
Per quanto riguarda le critiche che mi sono state giustamente mosse sul finale, devo dire che sì, in effetti non soddisfa neanche me. Avevo anche pensato di terminare il racconto con la frase «Non lo hai ancora capito che è per te? Accomodati.», lasciando intuire al lettore una possibile morte della protagonista, quindi accolgo le osservazioni di @Asbottino e degli altri e le trovo più che legittime. Però c'è da dire che senza quel finale il proverbio, con il riferimento alla morte nel fosso avrebbe perso gran parte della sua funzionalità.
Comunque sia sì, mi rendo conto che avrei potuto gestire meglio il tutto pensando a un finale meno brusco, ma il tempo è quello che è.
Per il resto, se qualcuno mi chiedesse come mai è morta la protagonista, perché una fine così tremenda, risponderei semplicemente "perché non ha rispettato le tradizioni". Del resto bisogna sempre dare retta ai proverbi. O no?
Innanzitutto questo racconto prende ispirazione, come ha giustamente intuito @Arianna 2016, proprio da un saggio di E. Baldini sulle tradizioni del Natale in Emilia Romagna, che stavo leggendo proprio nei giorni di apertura del contest. Ho sfruttato" il saggio per quanto riguarda le informazioni sulla tradizione del ceppo di Natale, sull'usanza di indossare qualcosa di nuovo e sul relativo proverbio. Il resto poi, è solamente frutto della mia fantasia.
Per quanto riguarda le critiche che mi sono state giustamente mosse sul finale, devo dire che sì, in effetti non soddisfa neanche me. Avevo anche pensato di terminare il racconto con la frase «Non lo hai ancora capito che è per te? Accomodati.», lasciando intuire al lettore una possibile morte della protagonista, quindi accolgo le osservazioni di @Asbottino e degli altri e le trovo più che legittime. Però c'è da dire che senza quel finale il proverbio, con il riferimento alla morte nel fosso avrebbe perso gran parte della sua funzionalità.
Comunque sia sì, mi rendo conto che avrei potuto gestire meglio il tutto pensando a un finale meno brusco, ma il tempo è quello che è.
Per il resto, se qualcuno mi chiedesse come mai è morta la protagonista, perché una fine così tremenda, risponderei semplicemente "perché non ha rispettato le tradizioni". Del resto bisogna sempre dare retta ai proverbi. O no?
SisypheMalheureux- Padawan
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Re: Quarantasette, morto che parla
Ciao Sisyphe.
Il finale fatto così di solito non è gradito. Anche la mia editor storcerebbe il naso. Quindi non dirlo a nessuno, ma secondo me ci sta. Non so se sia più crudele il finale perché Lina muore bruciata o per l'articolo di giornale in cui l'iniziale del nome è con la N che lei odiava.
Ho gradito molto le scene in cui Lina si dimostra (a mio giudizio personale) più adolescente che ragazzina e infatti mi ha lasciato perplesso la sua età di tredici anni soprattutto perché appena compiuti.
Bellissima la scena con Sandro e il nonno; strizzi l'occhio a chi come me in queste scene ci crede davvero anche se avrei preferito che fosse un sogno piuttosto che la realtà.
Mi è piaciuto anche lo stile di scrittura e il modo in cui hai accompagnato la mia lettura dentro la scena.
Grazie e alla prossima.
Il finale fatto così di solito non è gradito. Anche la mia editor storcerebbe il naso. Quindi non dirlo a nessuno, ma secondo me ci sta. Non so se sia più crudele il finale perché Lina muore bruciata o per l'articolo di giornale in cui l'iniziale del nome è con la N che lei odiava.
Ho gradito molto le scene in cui Lina si dimostra (a mio giudizio personale) più adolescente che ragazzina e infatti mi ha lasciato perplesso la sua età di tredici anni soprattutto perché appena compiuti.
Bellissima la scena con Sandro e il nonno; strizzi l'occhio a chi come me in queste scene ci crede davvero anche se avrei preferito che fosse un sogno piuttosto che la realtà.
Mi è piaciuto anche lo stile di scrittura e il modo in cui hai accompagnato la mia lettura dentro la scena.
Grazie e alla prossima.
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Re: Quarantasette, morto che parla
Achi a 13 anni sono adolescenti a tutti gli effetti... te ne accorgerai prestoAchillu ha scritto:Ciao Sisyphe.
Il finale fatto così di solito non è gradito. Anche la mia editor storcerebbe il naso. Quindi non dirlo a nessuno, ma secondo me ci sta. Non so se sia più crudele il finale perché Lina muore bruciata o per l'articolo di giornale in cui l'iniziale del nome è con la N che lei odiava.
Ho gradito molto le scene in cui Lina si dimostra (a mio giudizio personale) più adolescente che ragazzina e infatti mi ha lasciato perplesso la sua età di tredici anni soprattutto perché appena compiuti.
Bellissima la scena con Sandro e il nonno; strizzi l'occhio a chi come me in queste scene ci crede davvero anche se avrei preferito che fosse un sogno piuttosto che la realtà.
Mi è piaciuto anche lo stile di scrittura e il modo in cui hai accompagnato la mia lettura dentro la scena.
Grazie e alla prossima.
paluca66- Maestro Jedi
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