Le biotelecamere svolazzavano attorno ad una figura magra, avvolta da una tunica il cui colore indefinibile creava l’illusione di un tessuto impalpabile.
Accanto a lei un’altra figura, piccola e grassottella: le sfumature gialle e verdi della sua tunica, sulle app sensoriali dei “tallonatori” più danarosi, avrebbero reso percepibile il profumo e il sapore rinfrescanti di menta e limone.
La Seppellitrice e il Cuoco finalmente si palesavano.
Le loro voci sarebbero diventate la colonna sonora per le poche immagini promesse, e quindi da non perdere, costasse pure una quantità di crediti che molti avevano definito oscena.
Un’abile regia trasmise agli utenti in linea sui neurosocial visioni sfumate delle figure e al contempo immagini vivide e tridimensionali della sala in cui, di lì a poche ore, si sarebbe tenuto il Ballo de’ Debuttanti.
La sala era l’esatta riproduzione, reale e non creata al computer, della sala da ballo di un piccolo castello francese. Anche il castello era stato fedelmente riprodotto e altre telecamere lo stavano riprendendo dall’esterno, circondato da rigogliose palme da datteri e vigneti dalle dimensioni inusitate; piccoli stagni e un ruscello delimitato da cespugli fioriti facevano da cornice a piccoli villaggi e grandi serre che si intravedevano in lontananza.
Idilliaco e reale.
Un’enorme oasi in un deserto che ormai stava scomparendo: l’emirato di Jabolah, uno dei tre emirati segreti, sconosciuti al mondo, che prosperavano sui territori dell’Emirato di Abu Dhabi. Prigioni dorate per le figlie dell’Emiro Reale Humaid al-Quashat.
Ma agli utenti poco interessava l’ubicazione di tutta quella opulenza, per molti frutto di illusioni informatiche: la curiosità era tutta per la sala da Ballo, di lì a poco a disposizione dei soli invitati.
Per il resto del mondo, solo il ricordo della sala: impossibile registrare il video, che sarebbe stato inesorabilmente cancellato pochi minuti dopo il termine del collegamento. Troppo poco anche solo per fantasticare su un evento così misterioso.
La sala non era molto grande eppure pareva enorme: grandi finestre davano su un giardino lussureggiante, armonioso, inselvatichito ad arte; tendaggi di seta leggera giocavano con la luce abbagliante del sole. Pesanti arazzi erano appesi alle spalle di eleganti divanetti e poltrone dall’aria comoda, separati da piante rigogliose e da piccoli tavolini su cui facevano bella mostra delicati vasi di rose e peonie.
Grandi lampadari pendevano dal soffitto a cassettoni: le migliaia di gocce di cristallo quella sera avrebbero creato giochi di luce con tutti i colori dell’arcobaleno.
Ad un lato della sala tutto era pronto per l’orchestra, vera e non sofisticati ologrammi: strumenti anch’essi originali, anacronistici spartiti di carta, poltroncine di velluto. All’altra estremità, un lungo tavolo attorno al quale si stavano affaccendando camerieri e cuochi: il buffet sarebbe stato speciale, cibi cucinati con cura e con materie prime vere, niente chimica, frutta maturata al sole e non in serre ipertecnologiche.
La figura magra, la Seppellitrice, seppur consapevole che il mondo la stava morbosamente osservando, recitando una parte accuratamente studiata, improvvisamente perse ogni leggiadria e il Cuoco le avrebbe fatto da spalla, come da copione.
Se avessero rispettato il copione.
«Cuoco maledetto da tre generazioni, a che punto sei con il buffet? Pensi di avere ancora una settimana di fottuto tempo a diposizione per i tuoi pasticcini, tartine... e quelle cose mollicce...»
«Lasagne, con ragù di carne vera. Ricetta italiana, originale.»
«...e per quel piscio di gatto che chiami cocktail all’idea di champagne?»
«Oh, la Seppellitrice si è rianimata storta stamattina! È tutto pronto, Sep, in cucina si stanno persino annoiando. Menu ad hoc per ogni invitato! Bazzecole, se pensavi di mettermi in difficoltà, donna. In futuro, debuttanti più di classe, se ti riesce!»
«Che cuoco lamentoso! Il formaggio non è stagionato, le verdure non sono croccanti, le uova non sono di galline felici... stronzate a cento alla volta! Come le tue ricette di due secoli fa! Ma che differenza pensi che faccia? Dimmelo.»
«Ogni volta la stessa storia! A proposito, hai aggiornato le disposizioni per il tuo funerale? Il menu è sempre il solito? E la sala?»
Una grassa risata fece ballonzolare la pancia del Cuoco.
«Cuoco dalle palle disperse in guerra, la sala da ballo è pronta da tre giorni, l’orchestra sta provando e riprovando musiche che mi fanno digrignare i denti. Gli abiti sono pronti, e i falegnami hanno lucidato le bare che ci potresti pure pattinare sopra! Per non parlare del resto! Direi che stavolta ho superato me stessa, considerando l’accozzaglia di debuttanti che hanno prenotato. Ma per lo spettacolo, questo e altro.»
«Quindi, pallida lapide mia, perché stiamo discutendo, dico io... Opss! Siamo già on line sui neurosocial, mia cara! Ma che sbadato!»
«Cuoco, che ne diresti di...?»
«Dici che è ora? Ma sì, dai, così questi frustrati mentecatti avranno qualcosa con cui tenere in vita, si fa per dire e speriamo per poco, il... bah... cervello non saprei se sia il temine esatto. E allora, diamoci dentro, Seppellitrice, un giorno di gloria poi tutto sarà solo storia. E voi non ci vedrete mai più, ma saremo spesso nei vostri pensieri, da oggi in poi. Promesso.»
Lo sguardo catturato dalla sua biotelecamera era perfido e non costruito, fuori copione.
Gli utenti in linea trattennero il fiato: il Cuoco ma soprattutto la Seppellitrice erano usciti allo scoperto. Una sola volta, poi sarebbero tornati nell’ombra, indifferenti a offese, critiche e giudizi. Come sempre.
«Cari de-trattori e de-trattrici, che il lavoro sia con voi! Se solo conosceste qualche parola in più di quella che usate per i vostri odiosi, beceri e inutili neuropost, non ridereste tanto, pensando a qualche nuovo nickgeneral dietro cui nascondersi: avreste capito che l’unica vostra utilità per la parte nobile della società, di cui ovviamente non fate parte, sarebbe quella di andare a lavorare nei campi. Come mezzi agricoli. Preistorici ovviamente: vanghe, badili, zappe. Nel Nuovo Deserto Verde c’è bisogno di voi.»
«Che fai, Cuoco, il procacciatore di mano d’opera?»
«No, dispenso verità. Con quei bei dentoni all’ultima moda che si trovano - sembrate dei castori omg - e con quelle unghie così laccate che potrebbero falciare, per non parlare di tutti quegli inutili muscoli, là fuori darebbero un senso alla vita, non credi? Alla nostra, intendo.»
Il Cuoco si allontana, soddisfatto e ballonzolante.
«Da un paio d’anni vi state chiedendo - prosegue la Seppellitrice - senza ottenere risposte intelligenti da chicchessia, cosa ci fanno un cuoco e un impresario di pompe funebri nel più piccolo degli Emirati Arabi Uniti, di cui non trovereste comunque traccia: ufficialmente non esistiamo. Siamo solo un’oasi nel deserto, un deserto che ancora galleggia sul petrolio, nonostante le previsioni catastrofiche del secolo scorso. Noi ce ne stiamo qui semplicemente per due motivi, ma anche tre: fare i soldi, pagare poche tasse e toglierci qualche soddisfazione. Io, la Seppellitrice, anche per ripicca.»
Il cuoco torna porgendole una coppa di una bevanda dal colore iridescente.
«Che l’abbiate capito è palese: l’invidia che trasuda dalle vostre tastiere virtuali, la si tocca con mano. I soldi, pensate - parola grossa - solo ai soldi che stiamo facendo a palate... e che palate! A come li spendiamo e a come li spendereste voi. E ci calunniate. Termine antico: stolti. Chi paga fior di crediti per le view dei concerti - falsi - dei vostri idoli? Voi. Chi compra magliette con le tette in rilevo delle vostre pornostar preferite? Chi compra creme che cementano le rughe? Sempre voi. E i viaggi estremi, dove il pericolo più grande è che vi perdano le valigie stracolme di credulità? Sempre voi. Voi pagate, noi incassiamo, voi ci criticate. Salvo poi, quando riuscite a diventare altrettanto ricchi, seppellire l’ipocrisia di un enorme godimento con donazioni, un po’ di carità ben pubblicizzata. Il tutto mentre il saldo dei vostri conti vi procura orgasmi multipli.»
La Seppellitrice pare annoiata, se ne rimane alla finestra.
«Passiamo oltre, questa era solo un piccolo antipasto del nostro disgusto per voi. Chi siamo, cosa facciamo... ah, quello che il sacro web dice, verità è. Anche quando dice bugie. A noi piacciono le parole antiche.
Io ad esempio sono davvero un cuoco. Incompreso. Mandavo avanti un localino in un posto disgraziato, cibo vero, niente chimica, per molti schifoso, ma qualche ologramma di micro porzioni per conti stratosferici e non sapevo più dove mettere i clienti. Lista d’attesa annuale. Finché, nel 2130, il mai estinto uomo delle tasse volle sapere perché non le pagavo le tasse, anzi come, curiosamente, riuscivo a non pagarle.
A parte che non erano affari suoi, evitai di rispondere e accettai l’ospitalità della qui presente Seppellitrice e ci mettemmo in affari. Sporchi, ma sempre affari. E tu Sep, cosa vuoi confessare al mondo?»
«Allora chi sono, cosa faccio... bla bla bla... chissà se poi sarà vero? Decimo frutto dei lombi di mio padre con la decima moglie, sfortuna volle che fossi femmina.
Per il Grande Capo Supremo degli Emirati Arabi un’onta, tradito dal suo stesso seme, così prezioso e infallibile. Quasi. Appurato che non c’erano dubbi sulla paternità, mi relegò in uno degli Emirati, Ajman, sotto falso nome ovviamente. Il mondo proprio non riesce a progredire: un continuo Medio Evo per certe questioni. Il petrolio su cui galleggiano gli emiri ha fatto miracoli, per certi versi, hanno pure una piccola colonia sulla Luna per le emergenze, prestigiose Università, ma per il resto... per noi donne nobili ancora Medio Evo.
Comunque, compreso chi ero, mi impegnai molto a crescere perfida, eterna bastian contraria, irriverente, indisciplinata, profittatrice. Sfruttai le paure di chi doveva mantenermi invisibile e trovai modo di entrare nel Sacro Mondo di Internet e feci filtrare qualche notizia, annegata nei dati delle produzioni di datteri e della pesca.
Alla fine ebbi quello che volevo: un pezzetto di deserto mio e tanto, tanto denaro per indurmi al silenzio. Libera no, questa è una prigione dorata, ma... giusto per fare dispetto a mio padre, a parte il far prosperare il mio piccolo regno, purtroppo non riconosciuto ufficialmente, scelsi di “lavorare”, e di fare un lavoro schifoso, di prerogativa maschile.
Un termine arcaico mi definirebbe becchino, ma Seppellitrice è più evocativo.»
I due ora puntano virtualmente agli occhi dei collegati, passandosi abilmente la palla.
«Quanto ci avete criticato, per il Ballo de’ debuttanti! Che doveva rimanere segreto, se non fosse stato per un cliente pentito, un vigliacco di prima qualità. Beh, poi è tornato sui suoi passi, ma ormai... Quindi eccoci qui.
Allora, il Ballo. Debuttanti! Siamo tutti debuttanti, la prima volta che facciamo qualcosa: la prima scopata, il primo matrimonio e il primo divorzio, le prime tette finte... ehi, Seppellitrice, ti ricordi il tuo primo morto da preparare? Povero stomaco!»
«Noi due ci occupiamo della vostra prima morte, che poi sarebbe anche l’ultima, visto che -detto tra noi - non siamo poi tanto sicuri che ne vorreste una seconda.»
«La morte! L’unica certezza che abbiamo nella vita, sia pure con le aleatorietà del quando, dove e come, e la temete. Noi, per esempio, temiamo più la vita, con tutte le incognite che ci aspettano al varco. Comunque, facciamo il possibile perché questo vostro debutto sia memorabile.»
«La morte è ancora un tabù, in tanti scegliete di prolungare la vita fino agli estremi, rinsecchiti, pieni di tubicini e imbottiti di farmaci di cui preferite non sapere nulla. Anni inutili, credetemi.
Ma la morte quanto ancora vi sgomenta! Non il dopo, lì ognuno la immagina come vuole, se sapeste le confidenze che mi fanno i clienti, ma l’appena prima... il momento in cui si ha la consapevolezza che tutto sta per finire, questo non tutti sono in grado di immaginarlo o di viverlo consapevolmente, appunto.»
«Noi ci occupiamo di questo, delle poche ore prima e le rendiamo memorabili, per quel poco di memoria che vi rimarrà. Inutile? Penoso? Pietoso? Perverso? A noi, francamente, non interessano le ragioni dei clienti. Pagano per le loro scelte.
Attenzione, giusto per risparmiarvi l’energia di inutili commenti, vi porto nello sconosciuto mondo della serietà: l’eutanasia, quella che finalmente è stata accettata più o meno dappertutto, è altra cosa e altri se ne occupano. Sia chiaro.
Noi organizziamo la parte ludica della dipartita di chi, costosamente, pensa di beffeggiare la morte, di cui però - ve lo assicuro - ne ha il terrore. Malati di troppa vita.»
Il Cuoco si avvicina al grande tavolo, ormai pronto per il banchetto.
«Ah, e quante pretese! Ma chi entrerà in sala, stasera, se lo può permettere. Può permettersi un momento un po’ perverso, a volte liberatorio. E se pensate che sono tutte persone che nella vita hanno potuto avere tutto quello che desideravano, anche il proibito, beh questo dovrebbe farvi capire quanto l’essere umano sia patetico e incontentabile.»
«E non ci sono solo vecchi che stanno su sedie levitanti o praticamente tenuti in piedi da aitanti infermieri, ma anche giovani che nella vita non trovano nulla di vivibile. Niente ponti, auto lanciate contro muri: un bel sonno, pulito e senza ripensamenti.»
«Qui, nel mio piccolo regno, nessuna legge lo proibisce. Bene, tra poco la sala si riempirà di musica, di profumi. Purtroppo, i debuttanti di stasera, o la maggior parte di loro, non godono di buona salute, ma truccatori e sarti sanno fare piccoli miracoli: le dame faranno il loro ingresso, a piedi se ce la fanno, poveracce, altrimenti abbiamo provveduto in merito, agghindate con abiti favolosi, bianchi per una verginità perduta e rifatta. Pizzi, sete, cristalli: fogge ormai dimenticate riprendono vita. Non indosserei mai nulla di simile, ma pare sia un’antica tradizione.»
«Gli uomini avranno compagne con cui rifarsi gli occhi e da palpare, volendo anche un po’ si sano sesso tradizionale, se ce la fanno. Quei valzer così stucchevoli stordiranno tutti, il buon cibo satollerà stomaci fragili, vini pregiati e champagne completeranno l’opera. Beh, vi risparmio la nottata: il personale avrà molto da fare. Lavoro sporco, in tutti i sensi.
Io riposerò. Nei prossimi giorni avrò molto da fare: “ogni morto la sua morte” è il mio motto. Perché tutti, ma proprio tutti, per il dopo, voglio rispettare i sacri riti della loro religione. Se non ne hanno una, scelta o imposta, finiscono per aggregarsi a quelle che propongo in catalogo.
Lo so, ora direte che sono spregevole, irrispettosa, che per denaro sono disposta a calpestare l’incalpestabile. La cosa non mi tange. IO mi occupo di cose che oggi nessuno vuole più fare: mi occupo di corpi inanimati, che puzzano, che si stanno decomponendo... vanno lavati, vestiti, resi presentabili. Volete dettagli? Non credo. Sono disgustosi momenti privati.»
La donna si avvicina alla tavola riccamente imbandita.
«Il buffet è opera del Cuoco: non è vero che non sa cucinare. Dategli gli ingredienti giusti e non vorreste più alzarvi da tavola. Solo ricette antiche, tipo 1900 o giù di lì: da piangere, ve l’assicuro. È talmente bravo che riesce a cucinare pappette e roba del genere per i debuttanti più decrepiti e farli assomigliare a piatti veri. O forse sono davvero quel che sembrano: che male può fare un po’ di cibo vero a uno che ha già il piede nel crematorio?»
«Alla fine tutti saranno satolli, ubriachi persi e trovati, avranno male ai piedi per il troppo ballare, qualcuno si farà anche l’ultima scopata nel guardaroba - un grande classico, sempre in voga - e poi si ritireranno nelle loro stanze, anzi nelle sale preparate per i vari rituali. E io sarò soddisfatto, ancora una volta.»
«Ecco, questa è stata la mia grande sfida! Recuperare la memoria dei vari rituali, segreti ben custoditi dopo il veto mondiale, a seguito delle ultime due pandemie, di celebrare funerali tradizionali. Cremazioni e basta.
Vi vedo già allontanare i biovideineurali, schifati dall’argomento, di qui peraltro non sapete nulla, ignoranti come siete: tranquilli! Tanto non ci crederete, ma vi posso assicurare che quella demenziale storia che “maneggiare” i morti potesse portare a contagi e a nuove malattie è appunto demenziale. Certo bisogna stare molto attenti, io ne so qualcosa, ma si sopravvive.»
La Seppellitrice, con aria noncurante, si avvicina ad un arazzo, che cela una collezione di libri antichi, odorosi di inchiostro e carta.
«Mentre il Cuoco recuperava in giro per il mondo, ricette e piantine di erbe varie, io pagavo e ottenevo informazioni. Pagavo e trovavo gente disposta a lavorare per me. Riti cattolici, ebraici, isalmici... l’elenco sarebbe lungo, ma se potete permettervi il prezzo, al vostro ballo seguirebbe una bella cerimonia funebre come il dio in cui credete comanda.
Ormai non è più un segreto, ma, domani, tutti fingeranno di non saperne nulla, anche questo videopost sarà tacciato di essere falso, ma francamente... Francamente, siamo più ricchi di un paio di milioni di crediti, al netto delle tasse che pagheremo all’emiro, alle spese vive e morte, quindi che ci crediate o meno, poco mi importa.»
«Ora, se permettere, dobbiamo andare. Potevamo raccontarvi altro, vi immaginiamo speranzosi per qualche dettaglio macabro, proibito, raccapricciante ma che la frustrazione sia con voi. È quello che volevamo, dopo tanto massacro mediatico. Senza sovraprezzo, avrete comunque qualche buon incubo per passare la notte. Di questo, statene certi. Buona morte a tutti.»
Il collegamento si interrompe. Niente titoli di coda e niente contatti, solo qualche secondo di una musica struggente e al contempo inquietante.