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Fuori menu
Una gelida e sinistra brezza invernale sferzava le alte mura del castello, mentre il buio inghiottiva il paesaggio cavalcando la linea d’ombra proiettata sul terreno. Una cupa melodia pareva provenire dal maniero, come fosse un grande organo suonato dal vento che s’insinuava nella merlatura sputando le sue note tra i vigneti tutt’intorno e oltre, fino ai confini della Napa Valley.
Come sempre, nel giorno del ringraziamento, il castello di Amorosa era chiuso al pubblico. Una specie di liberazione per Mr. Van Wood, che tranquillamente passeggiava con il suo bastone di ebano nella grande sala dei cavalieri, vuota e silenziosa come non mai. Il ticchettio dei suoi stivali sul pavimento di legno, alternato a quello del bastone, rimbombava tra i cassettoni dell’alto soffitto e rimbalzava sulle affrescate pareti, convincendolo definitivamente che l’acustica della grande sala era perfetta.
“Eh già!” esclamò convinto e sorridente.
Scapolo, dal temperamento mite e piuttosto riservato, si era finalmente deciso a porre fine al suo secolare tormento, per cui avrebbe fatto qualsiasi cosa. Se soltanto avesse pensato a tante persone, chiassose e ilari, che s’ingozzavano di cibo e vino prima di danzare fino allo sfinimento, gli sarebbe venuto il voltastomaco. Ma era un prezzo che avrebbe pagato volentieri, poiché in cambio avrebbe finalmente ricevuto pace e libertà interiore.
Si guardò intorno: l’atmosfera era spettrale. Niente di meglio per la grande festa in programma per il 25 dicembre. Anche quel giorno il castello sarebbe stato chiuso e silenzioso, per cui il gran vociare, la musica e lo scricchiolio di ossa datate, sarebbero arrivati soltanto alle orecchie che potevano sentirli. Sorrise, compiaciuto di se stesso. Un incisivo traballante si staccò dalla mascella e cadde sul pavimento. Mentre s’avviava fuori dalla sala, lo pestò volutamente sotto la suola degli stivali, polverizzandolo. Questo gesto gli ricordò i suoi sigari preferiti, che spegneva allo stesso modo. Avrebbe organizzato un’altra festa, se necessario, pur di potersi fare ancora una boccata come ai vivi tempi.
Tutti quegli anni di solitudine gli avevano impolverato la vista. Con le dita della mano poste come artigli, scavò un poco nell’orbita oculare per estrarne il bulbo. Lo avvicinò al telefono e finalmente fu in grado di distinguere i numeri. Posò l’occhio accanto all’apparecchio e prese la cornetta.
Dopo qualche squillo: “Scoleri brother funeral home, buon giorno del ringraziamento e…condoglianze!” disse una voce che era passata da una sorta di euforia per gli auguri della festa a una tristezza gutturale per le condoglianze.
“Mi chiamo Jeroen Van Wood e non è morto nessuno” rispose l’uomo con voce pacata.
“Allora ha sbagliato numero!” ribatté ridacchiando il becchino.
“In realtà sono già tutti morti…devo richiedere un trasporto funebre…un numeroso trasporto funebre.”
Ci fu un attimo di silenzio.
“Chiedo scusa” disse con voce seria l’uomo dell’agenzia, “ma cosa intende per numeroso?”
“Una cinquantina di bare, dal cimitero di Langley a…” s’interruppe Van Wood, “la destinazione la saprete soltanto all’ultimo momento.”
“D - d’accordo,” balbettò l’impresario, dubbioso per l’insolita richiesta. Si convinse quasi subito che si trattasse di uno scherzo, ma decise di stare al gioco.
“Si può fare?” domandò deciso Van Wood.
“Certamente!” disse altrettanto deciso e con evidente ironia il beccamorto, “su per giù, considerando la destinazione ignota e il fatto che dovremo smuovere mezza città per trovare tutti i carri funebri necessari, il tutto le costerebbe circa cinquantamila dollari” aggiunse trattenendo a stento una risata.
“Perfetto,” rispose laconico Van Wood, “domani mattina un mio incaricato passerà da voi per corrispondere la metà della cifra. Il resto del denaro ve lo darò personalmente, dopo aver constatato che l’ultima bara sarà giunta a destinazione senza intoppi.”
Il più piccolo dei fratelli Scoleri era senza parole. Con voce scettica, chiese: “Per quando sarebbe il trasporto?”
“Il 24 dicembre.”
“Sul serio?”
“Avrete maggiori dettagli domani, insieme al denaro. Buonasera” tagliò corto Van Wood.
“Ce ne sono di pazzi in giro!” disse Giuliano Scoleri rivolgendosi al fratello che se ne stava svaccato su una sedia dell’ufficio, con i piedi sulla scrivania, addentando una coscia di tacchino avanzata dal pranzo.
“Meglio un pazzo morto!” esclamò Giovanni, sputazzando pezzi di tacchino masticati, “di che si tratta?”
“Te lo dico domani mattina, fratellone” rispose Giuliano, scettico più di prima.
L’indomani, di buonora, Giuliano si trovava già in ufficio per sistemare le solite scartoffie burocratiche. Anche perché la giornata si prospettava pesante: un’imbalsamazione, una vestizione, una salma da recuperare all’aeroporto proveniente da Cuba, due funerali al pomeriggio. Mentre con lo sguardo scorreva l’agenda, qualcuno suonò al citofono. Un altro morto? Poteva essere.
“Scoleri funeral home.”
“Delivery, per i fratelli Scoleri. Espresso. Uuuuuurgente!”
Giuliano rimase sorpreso: veramente strano un corriere a quell’ora. Aprì il portone e subito dopo la porta d’ingresso dell’ufficio, rimanendo appoggiato allo stipite in curiosa attesa.
Dalle scale comparì un figura alta e snella, che indossava un casco integrale a coprigli quasi completamente il viso. Si vedeva solo la bocca e Giuliano non poté non notare quanto quell’unico particolare visibile avesse un che di animalesco, ferino.
L’uomo, senza dire una parola, porse a Giuliano un corposo plico allungando la mano guantata. Fece un leggero inchino e, sempre in silenzio, si voltò per andarsene.
“Grazie” farfugliò Giuliano. Girò il plico e spalancò gli occhi:
Per Scoleri Funeral Home. Jeroen Van Wood.
Fece appena in tempo, alzando lo sguardo, a scorgere il corriere che spariva dietro l’angolo delle scale.
“Giova, mi devi credere! Aveva un lunga e folta coda!” disse Giuliano con le mani nei capelli.
“Non dire cazzate! Avrai visto male” lo liquidò Giovanni dopo aver ascoltato, con distacco, ciò che gli aveva raccontato il fratello minore.
Cazzate o no, il plico conteneva venticinquemila bigliettoni. Tra le banconote, un foglio di carta ingiallito recava un messaggio: “La vigilia di Natale, presso la sala mortuaria del cimitero di Langley, troverete le bare da trasportare. Non ci sarà nessuno ad attendervi e comunque non fatevi domande. Le troverete in ordine di trasporto, a due a due. Voi Scoleri dovrete tassativamente trasportare le ultime due. La destinazione finale sarà indicata con un messaggio come questo posto sull’ultima cassa. Vi aspetto per il saldo del servizio. J. Van Wood.”
Giuliano lo lesse ad alta voce, con gli occhi sbarrati. Pareva terrorizzato. Giovanni, che non si sorprendeva mai, l’ascoltò annoiato.
“Giova, questa storia mi puzza” disse sospirando Giuliano.
“Di cosa? Di dollari?” lo schernì il fratello.
“Vaffanculo. Sto parlando seriamente! Secondo me dovremmo rinunciare.”
“E perché mai?”
“Non te lo dico. Anzi sì. Ho paura, ok?”
Giovanni scoppiò a ridere sguaiatamente, mentre si grattava vistosamente il sottopancia: “Cagasotto! Lo sei sempre stato. Stai con i morti dalla mattina alla sera e questo Van Proof ti fa paura? Ma che storia è?”
“Si chiama Van Wood. Non lo so, Giova, ho una brutta sensazione, è giusto che tu lo sappia” disse sconsolato Giuliano.
“Ed è giusto che tu sappia che io voglio gli altri venticinquemila verdoni!” tagliò corto il fratello maggiore, “perciò datti da fare, contatta tutte le imprese della città, ci servono carri.”
“Hai ragione Giovanni, mi sto facendo una paranoia inutile!” si convinse Giuliano.
“Mi avete fatto chiamare Signor Van Wood?” disse il lupo mannaro digrignando i denti.
“Ah, Wolfango, ho bisogno di te!” esclamò Van Wood, “prenditi tutti i trolls di cui hai bisogno, c’è da sgomberare la sala per l’arrivo delle bare.”
“Ma signore, hanno appena finito di apparecchiare i tavoli!” ribatté il lupo.
“Davvero? E chi l’avrebbe ordinato?” disse seccato Van Wood.
“Voi, signore” rispose Wolfango chinando il capo e sbavando tutto il pavimento.
“Mi sto rimbambendo. Hai ragione. Allora, per favore, chiama Angelica, è invitata alla festa, ma ho bisogno della sua magia, non abbiamo molto tempo. Mi deve far sparire l’allestimento. Temporaneamente.”
Wolfango girò qualche pagina della rubrica del telefono: “Angelica Malefica, signore?”
“Esatto, proprio lei. Chiamala subito”, Van Wood si stava agitando, “Ah, Wolfango! In cucina tutto a posto? Tutto sporco? Hai controllato tutte le provviste per il menu? Sono arrivati i Van Boccell e la sua band per il ballo? Hai tolto le sacche dalla ghiacciaia? Non voglio far figuracce con Vlad. Hai guardato il meteo? Ci sarà luna piena?”
“Auuuuuuuuu! Signore, calmatevi! E’ tutto a posto!”
Van Wood sospirò, rendendosi conto del suo stato di agitazione: “Scusami Wolfango. Odio le feste ma, sarà perché la organizzo io, la sto sentendo particolarmente.”
Wolfango ansimava sfiatando dritto in faccia a van Wood e sbavando copiosamente: “Mi dispiace che ve ne andate, signore.”
“Mio caro, dispiace anche a me,” sussurrò il mezzo scheletro, “ma sono stufo di fare questa vita sotterrata. E’ il momento che anche la mia anima trovi ristoro.”
“Sissignore, avete ragione, au au au, sono onorato di essere stato al vostro servizio, au au au” farfugliò il licantropo.
“Mr. Van Wood” esclamò qualcuno. L’eterno decomposto e il lupo si girarono ma non videro nessuno.
“Sono qui sotto” disse lo gnomo egiziano. Fu scriba del faraone Tutancatmon.
“Ah!” urlò soddisfatto Van Wood, “Wolfango, abbiamo il menu! L’ho pensato personalmente. E per realizzarlo ho ingaggiato il migliore! Guarda qua!”
Festa della DD (dipartita definitiva)
Jeroen Van Wood – n. 23/10/1818 m. 25/12/1899
Antipasti
Piccola battuta di iguana delle Galapagos, granella di guano e chutney di mandragora
Filetto di murena marinata, olio aromatizzato alla tibia e polvere di calabrone essiccato
Occhi di raganella saltati su letto di rovi spinosi, ristretto di veleno di vipera
Primi
Tortelli di pelle ripieni al verme, burro di ratto e biancospino confit
Risotto invecchiato sotto zinco ai sapori del cimitero
Secondi
Diavolo della Tasmania arrosto, cicuta saltata e coulis di blatte
Sorbetto alla malmignatta
Terrina di squaletto decomposto, tela di ragno e crema di bile
Dolce
Cervello di gufo semifreddo
“Che ne pensi Wolfango?” chiese Van Wood con soddisfazione.
“Auuuuuuuu!” rispose il lupo sbavando.
Il gran corteo di carri funebre si dirigeva ordinato verso il cimitero di Langley. Chiudevano la fila i due mezzi della Scoleri brother. Nulla, quella sera, faceva presagire qualcosa di male, nulla era insolito. L’abitudine ad aver a che fare con la morte tutti i giorni, non aveva minato la felicità di quegli uomini per l’imminente festa del Natale. Giovanni, come al solito, pensava di concludere in fretta per tornarsene a casa; Giuliano, nonostante un filo d’inquietudine scorresse insieme al suo sangue, aveva smesso di farsi domande e anche lui voleva portare a termine il servizio in fretta.
I primi carri iniziarono a caricare le casse, che come indicato erano in fila a due a due nella grande camera mortuaria. Erano tutte datate, lo si vedeva dal legno che aveva perso la sua lucentezza. Nessuna, stranamente, recava una data o un nome. Soltanto l’ultima era diversa dalle altre: non solo perché sembrava essere più recente, ma soprattutto perché sul coperchio aveva un altorilievo con una forchetta e un cucchiaio incrociati. Appena più sotto, c’era appuntato un biglietto di carta ingiallita.
Giuliano lo afferrò e lo lesse insieme al fratello.
“Lo conosco il castello di Amorosa” esclamò Giovanni.
“Ci andavi con le tue puttane?” rispose piccato Giuliano.
“Ma che c’entra?” tagliò corto il fratello maggiore.
“C’entra che…” ci fu un attimo di silenzio, “il castello chiude al pubblico soltanto tre giorni l’anno, ovvero nel giorno del ringraziamento, la vigilia di Natale e Natale. L’ho visitato tempo fa e me lo ricordo benissimo!” ribatté Giuliano. E aggiunse: “Adesso telefono immediatamente ad Amorosa!”
“Fatti i cazzi tuoi!” urlò Giovanni bloccando la mano del fratello che aveva già il telefonino in mano, “non è affar nostro che cazzo succede là, noi trasportiamo, incassiamo e arrivederci. Siamo professionisti, o no?”
Giuliano rimise il telefono in tasca e guardò il fratello dritto negli occhi. Non era per nulla convinto.
Effettivamente il castello di Amorosa era deserto. Il portone era spalancato sul cortile, come se qualcuno, nessuno, attendesse effettivamente il corteo. Non c’era nessuna luce eccetto un debole lume di candela che proveniva dalla sala principale. Gli Scoleri s’aspettavano di trovare Van Wood, ma il silenzio era totale. Decisero dunque di iniziare a scaricare le bare e posarle, nello stesso ordine in cui erano state caricate, all’interno della sala dei cavalieri. A mano a mano che le casse venivano adagiate sul pavimento, i carri s’allontanavano dal castello per far ritorno in città. Ci volle una buona mezz’ora prima che i fratelli potessero scaricare le ultime due bare dai loro carri.
“Qui, in tempi antichi, i signori del castello facevano grandi feste con abbondanti banchetti e danze sfrenate” disse Giuliano a Giovanni mentre posavano la prima cassa. Giovanni annuì con indifferenza.
“Che mal di schiena!” disse Giovanni imprecando mentre toglievano dal carro l’ultima bara, “beh, dove sarà questo Van Wood?”
“Giova. Che ne dici se vediamo chi è questo qui?”
“Non ci pensare nemmeno, troviamo questo Van Wood piuttosto!”
Posarono la cassa sul pavimento, si girarono verso l’ingresso della sala e videro Van Wood ad attenderli. Era un signore di una certa età. Aveva lunghi capelli bianchi e un viso pallido; vestiva una giacca lunga di raso blu e indossava dei pantaloni aderenti da cavallerizzo infilati in lunghi stivali neri che gli arrivavano sotto il ginocchio. Pareva un uomo d’altri tempi, anche per il bastone che impugnava nella mano destra e che sembrava sorreggerlo più delle sue stesse gambe.
“Jeroen Van Wood?” esclamò direttamente Giovanni.
“Voi dovete essere i fratelli Scoleri, benvenuti ad Amorosa. Ho qui…”
Van Wood vide due ombre passare veloci dietro ai becchini. Non capì subito finché non li vide entrambi tremare nella semi oscurità, come fossero in preda a delle convulsioni. Di colpo, poi, i due stramazzarono a terra.
Van Wood era pietrificato. Si rinsavì dopo qualche minuto e si avvicinò agli Scoleri, che non davano segni di vita. Fu così che si accorse di una presenza.
“Vlad! Ma cosa hai combinato?” disse Van Wood allargando le braccia.
“Jeroen, scusami! Ma non ce la facevo più!” rispose sconsolato il conte.
“Cazzo Vlad! Ho svaligiato un ospedale per te!”
“Scusami, davvero! E poi anche Vampirina, tutto quel tempo dentro la cassa, con il tramonto già passato da ore…”
“Mi vuoi mandare a puttane la festa? Dai, lascia stare, ho un’idea, abbiamo poco tempo e gli ospiti stanno iniziando a uscire e la sala ad animarsi.”
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“Bastardi voi. Sì, voi, Van Craccken, Van Cannavalen, Von Der Barbie. E tutti gli altri. Soltanto io ho portato l’alta cucina e la passione nel farla in un’altra dimensione. Solo io ho varcato i confini del reale. Solo io sono veramente vivo!”
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“Gordon, scusami, abbiamo un problema” disse Van Wood indicando allo chef i cadaveri dei fratelli Scoleri.
“Ah, mi sorprendi sempre caro Jeroen! Ci penso io…e questa mi mancava!” rispose Gordon mostrando il suo verde sorriso.
Fu un gran battere d’ossa quando Van Wood, alla fine della cena, prese la parola per l’ultimo saluto agli ospiti.
“Cari amici, intanto grazie. Grazie a tutti per la vostra compagnia. Come sapete, non amo le feste, ma questa è l’ultima davvero e spero abbiate gradito. Ci tengo a ringraziare il mio più stretto collaboratore Wolfango. Chi di voi lo avrà al suo servizio sarà un cadavere fortunato. Ci tengo a ringraziare, per l’eccellente realizzazione del menu da me proposto, Chef Van Ramsey. Non è presente perché è ancora in cucina, ci sta preparando un fuori menu che sono sicuro apprezzerete. Del resto, dopo il grande ballo, vi verrà certamente un languorino. Malefica, sparecchia! Vi lascio con i Van Boccell che vi faranno scatenare! Grazie ancora a tutti!”
Van Wood aveva davvero finito. Era giunta l’ora di oltrepassare. Ticchettando con il bastone e gli stivali, il pelle ossa si lasciò alle spalle la grande sala dei cavalieri, piena di scheletri, carcasse, trolls e vampiri che ballavano indemoniati.
“Sì,” disse Van Wood, “è stata proprio una bella festa!”
Different Staff- Admin
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Re: Fuori menu
Anche questo racconto è un fantasy che sconfina nel cartoon (continuavo a immaginare Jeroen come Jack O'Lantern, di Tim Burton) e nell'umorismo.
La combinazione dei due fattori, purtroppo, non mi ha entusiasmato, forse perché non ha brillato in originalità.
A livello di trama, mi è mancato qualcosa nel passaggio delle due bare finali: Van Wood voleva che fossero portate tassativamente per ultime, ma non sappiamo perché né chi ci fosse nella seconda.
Né perché Van Wood fosse già lì ad attenderli, pensavo fosse in una delle bare.
La morte dei due Scoleri mi sembrava annunciata (pensavo che le due bare da portare per ultime fossero per loro e quindi vuote), ma in realtà arriva in maniera slegata dalla storia e quindi lascia un po' freddini (oddio, freddini parlando di cadaveri, che freddura..).
Stilisticamente non ho molto da eccepire, il racconto è scritto bene e si legge volentieri. Manca qualcosa in termini di verve, di guizzo, che per l'humour è fondamentale. C'è anche qualche maiuscola qua e là che non è stata messa.
Troll è una parola straniera, non andrebbe messa la S finale per il plurale.
Insomma, forse la componente umoristica, un po' forzata, prende troppo il sopravvento su tutto il resto. Avrei investito di più sulla trama, ma è solo il mio punto di vista.
La combinazione dei due fattori, purtroppo, non mi ha entusiasmato, forse perché non ha brillato in originalità.
A livello di trama, mi è mancato qualcosa nel passaggio delle due bare finali: Van Wood voleva che fossero portate tassativamente per ultime, ma non sappiamo perché né chi ci fosse nella seconda.
Né perché Van Wood fosse già lì ad attenderli, pensavo fosse in una delle bare.
La morte dei due Scoleri mi sembrava annunciata (pensavo che le due bare da portare per ultime fossero per loro e quindi vuote), ma in realtà arriva in maniera slegata dalla storia e quindi lascia un po' freddini (oddio, freddini parlando di cadaveri, che freddura..).
Stilisticamente non ho molto da eccepire, il racconto è scritto bene e si legge volentieri. Manca qualcosa in termini di verve, di guizzo, che per l'humour è fondamentale. C'è anche qualche maiuscola qua e là che non è stata messa.
Troll è una parola straniera, non andrebbe messa la S finale per il plurale.
Insomma, forse la componente umoristica, un po' forzata, prende troppo il sopravvento su tutto il resto. Avrei investito di più sulla trama, ma è solo il mio punto di vista.
Fante Scelto- Cavaliere Jedi
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Re: Fuori menu
Più che un vero e proprio fantasy, direi un racconto del terrore in salsa gotico umoristica. Ben scritto, abbastanza scorrevole. Per i miei gusti strizza un po' troppo l'occhio all'attualità. Mi chiedo anche per quale motivo tutti i morti discendono da nobili casate prussiane...
Un racconto simpatico e piacevole. Forse da inquadrare meglio.
Complimenti.
Grazie
Un racconto simpatico e piacevole. Forse da inquadrare meglio.
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I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto. Gli altri fanno volume.
CharAznable- Cavaliere Jedi
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Re: Fuori menu
Credo sia un genere misto. L'horror (i becchini e tutta la parte funebre, il fantasy (il troll, il lupo mannaro e l'umoristico (il filo conduttore). Un po' troppo per poterlo seguire correttamente. Lasci anche delle cose in sospeso (le due ultime bare, perchè e dove se ne va Wood?) Ti allunghi un po' troppo sul menu. Un racconto simpatico e una bella idea ma nulla più.
Antonio Borghesi- Cavaliere Jedi
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Re: Fuori menu
Ia prima cosa che mi ha colpito di questo racconto è stata quel nome: Van Wood.
Solo quelli della mia età possono ricordare questo bravissimo chitarrista, una specie di Hendrix che come lui riusciva a far parlare la sua chitarra, ne è esempio la canzone 'Butta la chiave'.
Solo per questo l'autore del racconto guadagna un paio di lunghezze su tutti. Il discorso finale di Van Wood impreziosito dalla presenza di troll, vampiri e carcasse è davvero esilarante. Bocelli mi sta antipatico, ma ascolterei volentieri il suo lugubre gruppo.
Bravo e coraggioso autore meriti di essere premiato.
Perdona il mio scarno commento telefonico.
Se puoi.
Solo quelli della mia età possono ricordare questo bravissimo chitarrista, una specie di Hendrix che come lui riusciva a far parlare la sua chitarra, ne è esempio la canzone 'Butta la chiave'.
Solo per questo l'autore del racconto guadagna un paio di lunghezze su tutti. Il discorso finale di Van Wood impreziosito dalla presenza di troll, vampiri e carcasse è davvero esilarante. Bocelli mi sta antipatico, ma ascolterei volentieri il suo lugubre gruppo.
Bravo e coraggioso autore meriti di essere premiato.
Perdona il mio scarno commento telefonico.
Se puoi.
Ospite- Ospite
Re: Fuori menu
Racconto che attinge più all'horror stretto che al fantasy, con atmosfere e descrizioni lugubri.
Andando avanti sconfina in un fumettone horror ironico stile Zio Tibia.
La trama a mio parere è leggerina, però è indubbio che il racconto scorre via liscio e senza intoppi.
Una lettura divertente e poco impegnativa.
Titolo simpatico che si esplica solo nel finale.
Andando avanti sconfina in un fumettone horror ironico stile Zio Tibia.
La trama a mio parere è leggerina, però è indubbio che il racconto scorre via liscio e senza intoppi.
Una lettura divertente e poco impegnativa.
Titolo simpatico che si esplica solo nel finale.
Byron.RN- Cavaliere Jedi
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Re: Fuori menu
Ciao autore
ho letto più volte il tuo racconto prima di decidermi a commentare.
La parte iniziale, ancorché forse non propriamente aderente al genere, mi ha subito conquistata. Poi, durante la lettura mi hai persa. Non so dirti esattamente il punto (forse quando tiri in ballo la faccenda delle date di apertura del castello insinuando che il fratello ci andasse a puttane).
Da lì la storia perde spessore, le attese di un racconto a tinte fosche sfumano e tutto si trasforma in una sorta di parodia o non sense. Alla fine sono rimasta con tante domande e nessuna risposta soddisfacente te. Non mi è piaciuto neppure il menu anche se immagino tu ti sia divertito moltissimo a scriverlo e neppure le commistioni con nomi attuali (tipo Ramsey per intenderci)
L’intreccio in pratica non esiste, e alla fine mi chiedo cosa realmente tu volessi comunicare.
Nella ennesima rilettura ci leggo una sorta di “presa di giro” di una certa letteratura. E, se questo è l’intento, posso solo farti i complimenti e godermi gli ululati!
Non è che ci stiamo prendendo tutti troppo sul serio?
Ti lascio alcune osservazioni sulla scrittura:
rimbalzava sulle affrescate pareti,
boccata come ai vivi tempi.
Questi aggettivi prima del nome potrebbero essere coerenti con certo stile ma solo se lo stesso fosse mantenuto per tutto il testo, viceversa appesantiscono e “invecchiano” .
morti…devo
funebre…un
A parte un uso eccessivo di puntini di sospensione, gli stessi devono essere sempre seguiti da uno spazio. Poiché è ripetuto più volte, non credo si tratti di un refuso.
ho letto più volte il tuo racconto prima di decidermi a commentare.
La parte iniziale, ancorché forse non propriamente aderente al genere, mi ha subito conquistata. Poi, durante la lettura mi hai persa. Non so dirti esattamente il punto (forse quando tiri in ballo la faccenda delle date di apertura del castello insinuando che il fratello ci andasse a puttane).
Da lì la storia perde spessore, le attese di un racconto a tinte fosche sfumano e tutto si trasforma in una sorta di parodia o non sense. Alla fine sono rimasta con tante domande e nessuna risposta soddisfacente te. Non mi è piaciuto neppure il menu anche se immagino tu ti sia divertito moltissimo a scriverlo e neppure le commistioni con nomi attuali (tipo Ramsey per intenderci)
L’intreccio in pratica non esiste, e alla fine mi chiedo cosa realmente tu volessi comunicare.
Nella ennesima rilettura ci leggo una sorta di “presa di giro” di una certa letteratura. E, se questo è l’intento, posso solo farti i complimenti e godermi gli ululati!
Non è che ci stiamo prendendo tutti troppo sul serio?

Ti lascio alcune osservazioni sulla scrittura:
rimbalzava sulle affrescate pareti,
boccata come ai vivi tempi.
Questi aggettivi prima del nome potrebbero essere coerenti con certo stile ma solo se lo stesso fosse mantenuto per tutto il testo, viceversa appesantiscono e “invecchiano” .
morti…devo
funebre…un
A parte un uso eccessivo di puntini di sospensione, gli stessi devono essere sempre seguiti da uno spazio. Poiché è ripetuto più volte, non credo si tratti di un refuso.
Petunia- Moderatore
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Re: Fuori menu
Il racconto si legge, è carino... ma alla fine ci si aspetta di più.
La fine non è proprio una fine, manca un coup de théâtre, che stupisca e spieghi perché succede.
I personaggi ci sono tutti: vampiri, lupi, gnomi, ma slegati.
C'è ironia, a tratti: il deadfacebbok lo trovo originale, azzeccato, il menù della festa mi sembra messo lì.
Scusami autore, non mi hai colpito.
La fine non è proprio una fine, manca un coup de théâtre, che stupisca e spieghi perché succede.
I personaggi ci sono tutti: vampiri, lupi, gnomi, ma slegati.
C'è ironia, a tratti: il deadfacebbok lo trovo originale, azzeccato, il menù della festa mi sembra messo lì.
Scusami autore, non mi hai colpito.
FedericoChiesa- Padawan
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Data di iscrizione : 24.04.21
Età : 56
Località : Milano
Re: Fuori menu
Be', io invece due risate me le sono fatte, anche tre. A parte Frankenstein Jr non apprezzo tanto lo humour gotico, lo ammetto. Se horror deve essere, che horror sia. Eppure ho trovato azzeccato diverse gag e il menù mi ha fatto venire l'acquolina in bocca. La scrittura è ottima, forse sulla parte stilistica potevi essere ancora più ironico, soprattutto nella prima parte, che scorre via un po' anonima.
A rileggerci!
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Akimizu- Cavaliere Jedi
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Re: Fuori menu
Premetto che il fantasy io lo intendo un po' diverso (ma questo è un problema principalmente mio, visto che in questo step un'alta percentuale dei racconti fantasy si sono orientati verso il gotico horror o il fantascientifico post apocalittico); per questo motivo pur scrivendo molto bene (lo scrivo spesso, questo è un contest letterario e il saper scrivere bene non può essere messo sempre in secondo piano rispetto alle storie raccontate) non sei riuscit* a coinvolgermi nel tuo castello.
Mi è piaciuto a un certo punto il tono umoristico che ha preso il racconto ma purtroppo a m io parere è andato a discapito della trama che si è un po' prosciugata come se il fiume iniziale che prometteva di riversare un'abbondante quantità d'acqua in mare si fosse improvvisamente ridotto a un torrentello.
Nel complesso non posso dare un giudizio negativo perché tanti sono i punti a favore del tuo racconto, ma a mio parere li hai un po' dispersi in troppi orpelli quasi a compensare una trama un po' esigua.
Mi è piaciuto a un certo punto il tono umoristico che ha preso il racconto ma purtroppo a m io parere è andato a discapito della trama che si è un po' prosciugata come se il fiume iniziale che prometteva di riversare un'abbondante quantità d'acqua in mare si fosse improvvisamente ridotto a un torrentello.
Nel complesso non posso dare un giudizio negativo perché tanti sono i punti a favore del tuo racconto, ma a mio parere li hai un po' dispersi in troppi orpelli quasi a compensare una trama un po' esigua.
paluca66- Maestro Jedi
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Re: Fuori menu
Castello di Amorosa: credo proprio di esserci passato molto vicino nel mio viaggio in zona e dopo questa lettura mi pento di non averlo visitato. Come Tom, anch’io, appena letto Van Wood me lo sono immaginato subito con una chitarra in mano. Sarà l’età…
Nel complesso è stata una lettura gradevole e divertente. La morte è sempre un buon soggetto da poter sdrammatizzare con un po’di ironia.
Alcune insistenze sullo storpiamento dei nomi e sull’appetitoso menu potevano essere limitate.
Anche il finale mi ha lasciato alcune zone d’ombra. Divertenti i riferimenti ai “like” di Facebook.
La frase che ho gradito di più: “Nulla, quella sera, faceva presagire qualcosa di male, nulla era insolito.” Perché arriva con un tempismo umoristico eccellente dopo aver descritto una serie di situazioni assurde: corteo di carri funebri, menu improponibili e ululati di lupo mannaro!
Collocazione temporale (XXII secolo), lasciato all’intuizione.
“Dalle scale comparì un figura alta e snella” preferirei: “comparve”
Nel complesso è stata una lettura gradevole e divertente. La morte è sempre un buon soggetto da poter sdrammatizzare con un po’di ironia.
Alcune insistenze sullo storpiamento dei nomi e sull’appetitoso menu potevano essere limitate.
Anche il finale mi ha lasciato alcune zone d’ombra. Divertenti i riferimenti ai “like” di Facebook.
La frase che ho gradito di più: “Nulla, quella sera, faceva presagire qualcosa di male, nulla era insolito.” Perché arriva con un tempismo umoristico eccellente dopo aver descritto una serie di situazioni assurde: corteo di carri funebri, menu improponibili e ululati di lupo mannaro!
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Danilo Nucci- Cavaliere Jedi
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Re: Fuori menu
Con la fantasia presente in DT, un titolo così racchiude tutto. Lasciati sorprendere, mi sono detta.
Sono stata accontentata. L’ho interpretato come un horror fantasy, più che fantasy a tutto tondo, ma se siamo qui a leggerti, va bene.
Nonostante l’argomento di fondo un po’ macabro, mi sono goduta un racconto leggero, divertente, frizzante.
I dialoghi mi sono piaciuti molto, le descrizioni sintetiche ma esaustive mi hanno presentato luoghi e personaggi senza esagerazioni, chiaramente percepibili.
Dal racconto non emergono motivi di riflessione, non è detto che ne debbano essercene ad ogni costo. Insomma, se l’intento era di far passare piacevolmente un po’ di tempo ad un lettore, cara Penna, ci sei riuscito.
Divertenti alcune trovate: il bulbo oculare al cellulare è una chicca (volevo dire una figata ma poi magari sarebbe intervenuto il moderatore).
Quindi un bel pezzo, di quelli che ogni tanto fa bene leggere, immergendosi in atmosfere meno realistiche.
Trovo la scrittura sicura e scorrevole, curata con alcune piccole forzature che però non inficiano il bel ritmo.
Le mie note:
Dopo i tre puntini di sospensione ci va uno spazio
nella merlatura sputando mi suona meglio: nella merlatura, sputando.
sulle affrescate pareti sulle pareti affrescate meglio si adatta allo stile del racconto
Sorrise, compiaciuto di sé stesso. Qui sarei andata a capo: enfatizza quello che hai descritto prima, che lo soddisfa appieno.
Scoleri Brother Funeral Home essendo una denominazione, le iniziali vanno in maiuscolo
In realtà sono già tutti morti…devo richiedere un trasporto funebre…un numeroso trasporto funebre
La leggo meglio così, più incisivo:” In realtà sono già tutti morti. Devo richiedere un trasporto funebre, un numeroso trasporto funebre.” (Bond, James Bond)
che l’ultima barasarà sia giunta
Buonora: è più comune buon’ora, ma vanno bene entrambe.
chiamareSignor signor Van in questo caso minuscolo
La parte che ho trovato inutile per l’economia del racconto (alla seconda lettura scusa ma l’ho saltata a piè pari, mi ha disturbato proprio) è stata quella del deadfb, con quei richiami ai cuochi onnipresenti in tv. Ma dai, anche tu cadi in questi trabocchetti dopo un racconto così ben strutturato!
Tutti quegli anni di solitudine gli avevano impolverato la vista. Bella questa frase.
Una nota letteraria: leggendo il menu, mi si è riproposto il titolo di un bel romanzo letto mesi fa (penso che lo recensirò perché davvero interessante e che va ben oltre la storia raccontata e dei menu/piatti forti inventati): Memorie di un cuoco di un bordello spaziale. A fine step, ve ne parlerò. Adesso siamo tutti impegnati.
Sono stata accontentata. L’ho interpretato come un horror fantasy, più che fantasy a tutto tondo, ma se siamo qui a leggerti, va bene.
Nonostante l’argomento di fondo un po’ macabro, mi sono goduta un racconto leggero, divertente, frizzante.
I dialoghi mi sono piaciuti molto, le descrizioni sintetiche ma esaustive mi hanno presentato luoghi e personaggi senza esagerazioni, chiaramente percepibili.
Dal racconto non emergono motivi di riflessione, non è detto che ne debbano essercene ad ogni costo. Insomma, se l’intento era di far passare piacevolmente un po’ di tempo ad un lettore, cara Penna, ci sei riuscito.
Divertenti alcune trovate: il bulbo oculare al cellulare è una chicca (volevo dire una figata ma poi magari sarebbe intervenuto il moderatore).
Quindi un bel pezzo, di quelli che ogni tanto fa bene leggere, immergendosi in atmosfere meno realistiche.
Trovo la scrittura sicura e scorrevole, curata con alcune piccole forzature che però non inficiano il bel ritmo.
Le mie note:
Dopo i tre puntini di sospensione ci va uno spazio
nella merlatura sputando mi suona meglio: nella merlatura, sputando.
sulle affrescate pareti sulle pareti affrescate meglio si adatta allo stile del racconto
Sorrise, compiaciuto di sé stesso. Qui sarei andata a capo: enfatizza quello che hai descritto prima, che lo soddisfa appieno.
Scoleri Brother Funeral Home essendo una denominazione, le iniziali vanno in maiuscolo
In realtà sono già tutti morti…devo richiedere un trasporto funebre…un numeroso trasporto funebre
La leggo meglio così, più incisivo:” In realtà sono già tutti morti. Devo richiedere un trasporto funebre, un numeroso trasporto funebre.” (Bond, James Bond)
che l’ultima bara
Buonora: è più comune buon’ora, ma vanno bene entrambe.
chiamare
La parte che ho trovato inutile per l’economia del racconto (alla seconda lettura scusa ma l’ho saltata a piè pari, mi ha disturbato proprio) è stata quella del deadfb, con quei richiami ai cuochi onnipresenti in tv. Ma dai, anche tu cadi in questi trabocchetti dopo un racconto così ben strutturato!
Tutti quegli anni di solitudine gli avevano impolverato la vista. Bella questa frase.
Una nota letteraria: leggendo il menu, mi si è riproposto il titolo di un bel romanzo letto mesi fa (penso che lo recensirò perché davvero interessante e che va ben oltre la storia raccontata e dei menu/piatti forti inventati): Memorie di un cuoco di un bordello spaziale. A fine step, ve ne parlerò. Adesso siamo tutti impegnati.
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"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"
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Re: Fuori menu
All'inizio del racconto ho percepito un'atmosfera da racconti di Lovecraft. Con questo stretto legame con la morte e i suoi risvolti nel mondo del reale. La cosa mi stava piacendo parecchio certo di gustarmi un Horror/fantasy. Ma poi lo stile cambia repentinamente e vengo proiettato in un film di animazione tipo "Hotel Transylvania" con tanto di onomatopee e parecchi siparietti comici.
Io avrei preferito che avessi continuato il tuo racconto con quell'atmosfera iniziale magari arricchendolo con descrizioni pompose e scene horror.
Dunque per me il racconto è riuscito a metà anche perché poi la trama è molto semplice e non ci sono particolari guizzi.
Mancano anche molte caratteristiche tipiche dei fantasy ma rimane ugualmente un testo che legge con leggerezza e che strappa qualche risata.
Ti faccio i complimenti e ti ringrazio.
Io avrei preferito che avessi continuato il tuo racconto con quell'atmosfera iniziale magari arricchendolo con descrizioni pompose e scene horror.
Dunque per me il racconto è riuscito a metà anche perché poi la trama è molto semplice e non ci sono particolari guizzi.
Mancano anche molte caratteristiche tipiche dei fantasy ma rimane ugualmente un testo che legge con leggerezza e che strappa qualche risata.
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ImaGiraffe- Cavaliere Jedi
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Re: Fuori menu
Da amante del genere mi hai conquistata subito: un bel testo, spettrale, capace di evocare belle atmosfere senza essere prolisso. Poi arriva la scena dell'occhio: bella questa vena nera d'ironia, un tocco geniale per smorzare i toni cupi, mi dico.
Continuando la lettura capisco invece il vero tono del testo.
Rimango un pò spiazzata, ma tutto diventa gustoso e la lettura m'incuriosisce.
Poi succede una cosa strana. mentre il testo si carica di situazioni tragico comiche, il mio gradimento si sgonfia. Spero quindi in un finale con il botto (a questo punto orribile o comico che sia), ma questo finale non c'è.
Un racconto strano per me, un depistaggio nemmeno tanto giustificato nei confronti del lettore che mi lascia un pò perplessa e poco soddisfatta.
La penna è abile e convincente, ma credo che l'aver mescolato così tante situazioni e generi diversi non abbia giovato al testo, rendendolo un pò fumoso, vago e senza una vera trama e con alcuni gustosi perchè irrisolti (come trapassa il trapassato Van Wood?)
Continuando la lettura capisco invece il vero tono del testo.
Rimango un pò spiazzata, ma tutto diventa gustoso e la lettura m'incuriosisce.
Poi succede una cosa strana. mentre il testo si carica di situazioni tragico comiche, il mio gradimento si sgonfia. Spero quindi in un finale con il botto (a questo punto orribile o comico che sia), ma questo finale non c'è.
Un racconto strano per me, un depistaggio nemmeno tanto giustificato nei confronti del lettore che mi lascia un pò perplessa e poco soddisfatta.
La penna è abile e convincente, ma credo che l'aver mescolato così tante situazioni e generi diversi non abbia giovato al testo, rendendolo un pò fumoso, vago e senza una vera trama e con alcuni gustosi perchè irrisolti (come trapassa il trapassato Van Wood?)
caipiroska- Cavaliere Jedi
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Re: Fuori menu
Questa è stata una lettura piacevolissima, molto lontana dal fantasy che mi aspetto ma lascio ad altri le considerazioni sul genere. Mi pare che l'Autore abbia avuto delle intuizioni geniali e sia riuscito a presentarcele, quindi è tutto decisamente convincente.
Poche le pulci da fare: la scrittura è sicura e scorrevole, si percepisce molto l'ironia di fondo che permea tutto il racconto, e io riesco anche a cogliere qualche messaggio, addirittura forse oltre le intenzioni dell'Autore, ma hai colpito la mia sensibilità in alcuni punti e mi piace pensare che fosse il tuo intento.
Poi, certo, il menu mi ha fatto morire dal ridere e allo stesso tempo credo di essermi disgustato non poco, nonostante stessi soltanto leggendo
Una buona prova, secondo me.
Complimenti!
Poche le pulci da fare: la scrittura è sicura e scorrevole, si percepisce molto l'ironia di fondo che permea tutto il racconto, e io riesco anche a cogliere qualche messaggio, addirittura forse oltre le intenzioni dell'Autore, ma hai colpito la mia sensibilità in alcuni punti e mi piace pensare che fosse il tuo intento.
Poi, certo, il menu mi ha fatto morire dal ridere e allo stesso tempo credo di essermi disgustato non poco, nonostante stessi soltanto leggendo

Una buona prova, secondo me.
Complimenti!
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Un giorno tornerò, e avrò le idee più chiare.
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Re: Fuori menu
Ciao Penna.
I fratelli Scoleri sono uccisi da Vlad e Vampirina, ma il fuori menù ce lo dobbiamo immaginare perché Van Wood lascia la sala prima degli invitati. Ho dovuto riflettere a lungo prima di capire che le bare devono essere trasportate al castello perché dentro ci sono gli invitati, almeno credo. Penso che si tratti di un limite mio. Insomma, tutto si basa su una serie sfortunata di eventi concatenati e mi manca un motivo che spieghi come mai i Soleri vengano cucinati anziché diventare anche loro degli esseri "non morti" e unirsi ai festeggiamenti.
Mi sono inceppato nella lettura su "carri funebre" e "L’abitudine ad aver a che fare", forse è più corretto "L’abitudine DI aver a che fare". Ti segnalo anche che "menù" in italiano vuole l'accento e "troll" è una parola invariante.
Ho apprezzato il lavoro che hai fatto, secondo me se qualcosa non è venuta come prevista dipende forse solo dall'avvicinarsi della scadenza. Ci vorrebbe un guizzo almeno su un personaggio; per esempio, se a uccidere gli Scoleri fosse stato Wolfango – anziché Vlad con Vampirina – ci sarebbe stata una sorpresa e il personaggio non sarebbe più stereotipato ma sarebbe diventato più tridimensionale.
Il genere è fantasy, lo spazio gli Usa, il tempo dicembre 1999, i personaggi ci sono entrambi, la stanza da ballo c'è.
Grazie e alla prossima.
I fratelli Scoleri sono uccisi da Vlad e Vampirina, ma il fuori menù ce lo dobbiamo immaginare perché Van Wood lascia la sala prima degli invitati. Ho dovuto riflettere a lungo prima di capire che le bare devono essere trasportate al castello perché dentro ci sono gli invitati, almeno credo. Penso che si tratti di un limite mio. Insomma, tutto si basa su una serie sfortunata di eventi concatenati e mi manca un motivo che spieghi come mai i Soleri vengano cucinati anziché diventare anche loro degli esseri "non morti" e unirsi ai festeggiamenti.
Mi sono inceppato nella lettura su "carri funebre" e "L’abitudine ad aver a che fare", forse è più corretto "L’abitudine DI aver a che fare". Ti segnalo anche che "menù" in italiano vuole l'accento e "troll" è una parola invariante.
Ho apprezzato il lavoro che hai fatto, secondo me se qualcosa non è venuta come prevista dipende forse solo dall'avvicinarsi della scadenza. Ci vorrebbe un guizzo almeno su un personaggio; per esempio, se a uccidere gli Scoleri fosse stato Wolfango – anziché Vlad con Vampirina – ci sarebbe stata una sorpresa e il personaggio non sarebbe più stereotipato ma sarebbe diventato più tridimensionale.
Il genere è fantasy, lo spazio gli Usa, il tempo dicembre 1999, i personaggi ci sono entrambi, la stanza da ballo c'è.
Grazie e alla prossima.
Re: Fuori menu
Ciao. Un bel racconto.
Colonna sonora:
The Pink Panther – Henry Mancini.
Le pulci (poche, perché in un racconto no sense puoi scrivere quello che ti piace):
1. – Una cupa melodia pareva provenire dal maniero, come fosse un grande organo (…) fino ai confini della Napa Valley. – Una melodia non è l’organo, che invece è il mezzo per giungere eventualmente alla melodia. Inoltre, ha dei tasti fisici, non può essere suonato dal vento. Il vento che sputa proprio non ce lo vedo.
2. Un complimento: lo meriti. Finalmente una sequenza di dialoghi dove non si fa fatica a capire chi parla in successione.
3. - …carri funebre… - mi ci sto ancora perdendo. Non capisco se sia giusto o sbagliato quel “funebre” anziché “funebri. Qui, Molli Redigano può forse aiutarci.
4. – Van Wood vide due ombre (…) i due stramazzarono a terra. – e qui, pur in un racconto no sense, avrei preferito una dipartita più caricaturale, fintamente horror. Epilogo troppo sbrigativo, a mio parere.
Riferimenti artistici / letterari:
1. Dai fumetti, i mitici Peanuts, con Snoopy alle prese col suo interminabile libro che scrive sopra la sua cuccia con una macchina da scrivere. Moltissime sue strisce cominciano con – Era una notte buia e tempestosa… - a voler intendere che quel romanzo è sempre e solamente all’inizio e non prosegue, un po’ come – Il mattino ha l’oro in bocca. – in Shining. E il tuo incipit, le prime due righe, me l’hanno ricordato.
2. Dal cinema, Frankenstein Junior, ma soprattutto Cirque du Freak di Paul Weitz. Questo per il parterre dei personaggi che metti in campo.
Considerazioni finali.
È un divertente racconto, che scorre “simpatico” più che comico, come meriterebbe per come è stato impostato. Mi sono chiesto se un racconto come questo abbia speranze di entrare tra i primi cinque, e dopo una perplessità di fondo, mi sono detto anche che potrebbe trovare degli estimatori, ma se preso nel contesto no sense. Ho proseguito provando a mettere in correlazione Frankenstein Junior con Il Cervello di Frankenstein con Gianni e Pinotto, ovvero due film finto horror e comici, ma con una evidente differenza: il primo ha una logica, mentre il secondo no. Come, appunto, questo racconto non vuole, per scelta autoriale, avere. E allora, ha poco senso andare a cercare le incongruenze o le mancate risposte (come vengono rianimati gli ospiti? Come morirà Van Wood? Perché la festa?).
Concludo ringraziandoti per avermi fatto sorridere col tuo bel racconto.
Colonna sonora:
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Le pulci (poche, perché in un racconto no sense puoi scrivere quello che ti piace):
1. – Una cupa melodia pareva provenire dal maniero, come fosse un grande organo (…) fino ai confini della Napa Valley. – Una melodia non è l’organo, che invece è il mezzo per giungere eventualmente alla melodia. Inoltre, ha dei tasti fisici, non può essere suonato dal vento. Il vento che sputa proprio non ce lo vedo.
2. Un complimento: lo meriti. Finalmente una sequenza di dialoghi dove non si fa fatica a capire chi parla in successione.
3. - …carri funebre… - mi ci sto ancora perdendo. Non capisco se sia giusto o sbagliato quel “funebre” anziché “funebri. Qui, Molli Redigano può forse aiutarci.
4. – Van Wood vide due ombre (…) i due stramazzarono a terra. – e qui, pur in un racconto no sense, avrei preferito una dipartita più caricaturale, fintamente horror. Epilogo troppo sbrigativo, a mio parere.
Riferimenti artistici / letterari:
1. Dai fumetti, i mitici Peanuts, con Snoopy alle prese col suo interminabile libro che scrive sopra la sua cuccia con una macchina da scrivere. Moltissime sue strisce cominciano con – Era una notte buia e tempestosa… - a voler intendere che quel romanzo è sempre e solamente all’inizio e non prosegue, un po’ come – Il mattino ha l’oro in bocca. – in Shining. E il tuo incipit, le prime due righe, me l’hanno ricordato.
2. Dal cinema, Frankenstein Junior, ma soprattutto Cirque du Freak di Paul Weitz. Questo per il parterre dei personaggi che metti in campo.
Considerazioni finali.
È un divertente racconto, che scorre “simpatico” più che comico, come meriterebbe per come è stato impostato. Mi sono chiesto se un racconto come questo abbia speranze di entrare tra i primi cinque, e dopo una perplessità di fondo, mi sono detto anche che potrebbe trovare degli estimatori, ma se preso nel contesto no sense. Ho proseguito provando a mettere in correlazione Frankenstein Junior con Il Cervello di Frankenstein con Gianni e Pinotto, ovvero due film finto horror e comici, ma con una evidente differenza: il primo ha una logica, mentre il secondo no. Come, appunto, questo racconto non vuole, per scelta autoriale, avere. E allora, ha poco senso andare a cercare le incongruenze o le mancate risposte (come vengono rianimati gli ospiti? Come morirà Van Wood? Perché la festa?).
Concludo ringraziandoti per avermi fatto sorridere col tuo bel racconto.
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A FedericoChiesa non piace questo messaggio.
Re: Fuori menu
digitoergosum ha scritto:
3. - …carri funebre… - mi ci sto ancora perdendo. Non capisco se sia giusto o sbagliato quel “funebre” anziché “funebri. Qui, Molli Redigano può forse aiutarci.
Ringrazio [Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link] per la chiamata in causa e cerco di fugare il suo dubbio: non è scorretto dire "carri funebri", per cui credo che l'autore abbia voluto togliere un possibile impiccio "di lettura", nel senso che "carri funebre", con l'aggettivo al singolare non concordato col nome, suoni meglio in questo contesto di "carri funebri". Ce lo spiegherà a bocce ferme.
Come ci spiegherà, per esempio, se la parentesi social sul finale di Chef Van Ramsey voleva essere un tentativo di pamphlet ridotto. Maldestro aggiungerei, dato che il racconto si sviluppa come un fantasy dalle venature horror. Concordo con chi sostiene di vedere una differenza tra la prima parte e la seconda circa l'ironia di fondo, forse l'Autore avrebbe dovuto concepire tutto il racconto con vena ironica oppure crearlo totalmente senza questo appoggio parodistico che forse stona con il genere scelto.
Non ho trovato refusi o errori particolari per cui la lettura è risultata scorrevole. Mi fa piacere vedere che anche gli altri amici commentatori hanno notato questo aspetto in un fantasy non del tutto riuscito. Secondo i miei gusti, ovviamente.
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"Già credo che in qualunque punto dell'universo ci si stabilisca si finisce coll'inquinarsi. Bisogna moversi. La vita ha dei veleni, ma anche degli altri veleni che servono di contravveleni. Solo correndo si può sottrarsi ai primi e giovarsi degli altri."
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Re: Fuori menu
Fantasy sì, fantasy no, non lo so. Per me più sul no, visto che siamo in ambito horror-comico, ma non importa. La collocazione temporale invece non mi è chiarissima.
Il racconto è molto carino, si legge bene anche se in alcuni punti ho dovuto fermarmi per cercare di seguire il filo (es. quando Van Wood sputa il dente e si toglie un occhio ho dovuto rileggere dall’inizio alla luce delle nuove informazioni. Oppure non ho capito perché “Voi Scoleri dovrete tassativamente trasportare le ultime due”.)
Tra i riferimenti letterari "alti" metto anche Carletto, il principe dei mostri.
Mi raccomando: la è maiuscola non va con l’apostrofo (E’) ma con l’accento (È): “E’ tutto a posto!”, “E’ il momento”.
Divertentissimi gli intermezzi: il menù è disgustosamente divertente e deadfacebook è fantastico.
Tutto sommato mi è piaciuto.
PS: [Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link]: fino a oggi pensavo di essere l’unico nell’universo ad aver letto i libri di Mongai, invece vedo che anche tu sei incappata in Rudy “Basilico” Turturro, il più famoso cuoco d’astronave delle galassie.
Il racconto è molto carino, si legge bene anche se in alcuni punti ho dovuto fermarmi per cercare di seguire il filo (es. quando Van Wood sputa il dente e si toglie un occhio ho dovuto rileggere dall’inizio alla luce delle nuove informazioni. Oppure non ho capito perché “Voi Scoleri dovrete tassativamente trasportare le ultime due”.)
Tra i riferimenti letterari "alti" metto anche Carletto, il principe dei mostri.
Mi raccomando: la è maiuscola non va con l’apostrofo (E’) ma con l’accento (È): “E’ tutto a posto!”, “E’ il momento”.
Divertentissimi gli intermezzi: il menù è disgustosamente divertente e deadfacebook è fantastico.
Tutto sommato mi è piaciuto.
PS: [Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link]: fino a oggi pensavo di essere l’unico nell’universo ad aver letto i libri di Mongai, invece vedo che anche tu sei incappata in Rudy “Basilico” Turturro, il più famoso cuoco d’astronave delle galassie.
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Re: Fuori menu
L'avevo cominciato e poi lasciato lì a decantare. Quando l'ho ripreso, tutto d'un fiato. Sto preparando la recensione per la "nostra" sezione. Alla fine mi sono chiesta, mese più mese meno, quanti anni ha Rudy, ma soprattutto... avessi avuto io modo di viaggiare così, quando anni fa per fare 16 km di via Emilia impiegavo un'ora (però quanta bella musica mi sono ascoltata!)
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Re: Fuori menu
probabilmente sono io dell'umore sbagliato, visto che pure questo non riesco a gradirlo.
eppure ci sono buone idee, sarcasmo, ironia...
ed è fntasy in tutto e per tutto.
eppure, mi spiace, ma non riesco ad apprezzarlo.
chiedo scusa all'aut@ per questo.
è scritto pure bene, oltretutto, ma non sono riuscito a entrarci
eppure ci sono buone idee, sarcasmo, ironia...
ed è fntasy in tutto e per tutto.
eppure, mi spiace, ma non riesco ad apprezzarlo.
chiedo scusa all'aut@ per questo.
è scritto pure bene, oltretutto, ma non sono riuscito a entrarci
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Re: Fuori menu
Ironico, a tratti esilarante, condotto benissimo praticamente tutto ( non ho apprezzato il post di deadfacebook, ma devo dire che è una delle poche cose che non ho apprezzato).
Hai saputo mantenere un registro narrativo ironico e coerente per tutto il testo, le trovate sono grottesche, ci sguazzi dentro per tutta la durata del racconto e lo fai con grande mestiere. Questo è il tuo registro narrativo, lo hai semplicemente dovuto piegare al genere.
E lo hai fatto bene, a mio avviso. Qui siamo sul filo delle parodie, un umorismo spinto su situazioni surreali e anche tragiche che invece fanno sorridere o ridere, e questo è merito della tua scrittura.
Una chicca il menù, ehehehehe.
Brav.
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Hai saputo mantenere un registro narrativo ironico e coerente per tutto il testo, le trovate sono grottesche, ci sguazzi dentro per tutta la durata del racconto e lo fai con grande mestiere. Questo è il tuo registro narrativo, lo hai semplicemente dovuto piegare al genere.
E lo hai fatto bene, a mio avviso. Qui siamo sul filo delle parodie, un umorismo spinto su situazioni surreali e anche tragiche che invece fanno sorridere o ridere, e questo è merito della tua scrittura.
Una chicca il menù, ehehehehe.
Brav.
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Re: Fuori menu
Strano, questo racconto.
Leggendolo la mia immaginazione veniva sballottata continuamente a destra e sinistra e ogni situazione, ogni battuta, mi ricordavano qualcosa di già visto.
I mostri ricordano Hotel Transilvania. L'umorismo e tutto il menù sembrano usciti da uno di quei film per bambini.
I becchini invece sembrano una versione più volgarotta di Gianni e Pinotto (ne Il Cervello di Frankenstein Abbott e Costello incontrano Dracula, l'Uomo Lupo e il mostro di Frankenstein e devono giusto consegnare delle casse).
Curiosa l'ambientazione nella Napa Valley e nel castello di Amorosa, azienda vinicola a Calistoga, CA. Anche se non capisco bene dove sia il cimitero di Langley che citi (se fosse in Virginia saremmo un po' lontani)
La sala da ballo è più un salone delle feste, ma sono davvero pochi i racconti in cui ho trovato una stanza e ho sentito la musica giusta, o almeno quello che mi sarei aspettato.
La scrittura è buona. I dialoghi svelti. Avrei scaricato un po' il linguaggio degli Scoleri. Come detto sono un po' volgarotti ma non mi sembra che la volgarità li renda più simpatici.
Leggendolo la mia immaginazione veniva sballottata continuamente a destra e sinistra e ogni situazione, ogni battuta, mi ricordavano qualcosa di già visto.
I mostri ricordano Hotel Transilvania. L'umorismo e tutto il menù sembrano usciti da uno di quei film per bambini.
I becchini invece sembrano una versione più volgarotta di Gianni e Pinotto (ne Il Cervello di Frankenstein Abbott e Costello incontrano Dracula, l'Uomo Lupo e il mostro di Frankenstein e devono giusto consegnare delle casse).
Curiosa l'ambientazione nella Napa Valley e nel castello di Amorosa, azienda vinicola a Calistoga, CA. Anche se non capisco bene dove sia il cimitero di Langley che citi (se fosse in Virginia saremmo un po' lontani)
La sala da ballo è più un salone delle feste, ma sono davvero pochi i racconti in cui ho trovato una stanza e ho sentito la musica giusta, o almeno quello che mi sarei aspettato.
La scrittura è buona. I dialoghi svelti. Avrei scaricato un po' il linguaggio degli Scoleri. Come detto sono un po' volgarotti ma non mi sembra che la volgarità li renda più simpatici.
Asbottino- Padawan
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Re: Fuori menu
Molli Redigano ha scritto:digitoergosum ha scritto:
3. - …carri funebre… - mi ci sto ancora perdendo. Non capisco se sia giusto o sbagliato quel “funebre” anziché “funebri. Qui, Molli Redigano può forse aiutarci.
Ringrazio [Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link] per la chiamata in causa e cerco di fugare il suo dubbio: non è scorretto dire "carri funebri", per cui credo che l'autore abbia voluto togliere un possibile impiccio "di lettura", nel senso che "carri funebre", con l'aggettivo al singolare non concordato col nome, suoni meglio in questo contesto di "carri funebri". Ce lo spiegherà a bocce ferme.
Come ci spiegherà, per esempio, se la parentesi social sul finale di Chef Van Ramsey voleva essere un tentativo di pamphlet ridotto. Maldestro aggiungerei, dato che il racconto si sviluppa come un fantasy dalle venature horror. Concordo con chi sostiene di vedere una differenza tra la prima parte e la seconda circa l'ironia di fondo, forse l'Autore avrebbe dovuto concepire tutto il racconto con vena ironica oppure crearlo totalmente senza questo appoggio parodistico che forse stona con il genere scelto.
Non ho trovato refusi o errori particolari per cui la lettura è risultata scorrevole. Mi fa piacere vedere che anche gli altri amici commentatori hanno notato questo aspetto in un fantasy non del tutto riuscito. Secondo i miei gusti, ovviamente.
Fuori menu è stato veramente tale. Non tanto per i cadaveri degli Scoleri cucinati a bassa temperatura da Chef Van Ramsey last minute, quanto per il mio approccio verso un genere che, s'è visto, non mi è congeniale. Sì, come ho suggerito io stesso nel mio commento qui sopra, un fantasy non proprio ben riuscito. Come ben riuscito non è quel pamphlet social dello Chef contro alcuni suoi diretti concorrenti. Credetemi, e lo penso da un bel po', quando i commenti erano ancora nel vivo, che Chef Ramsey, in verità, ce l'avesse con me, io che l'ho creato!
Eppure, non mi stancherò mai di dirlo, esserci stato è importante. Non solo per quanto "perso" con il mio racconto, ma per quanto guadagnato leggendo i Vostri bellissimi racconti.
Tutti meritavano, davvero. Ma ho dovuto fare delle scelte, come tutti voi. Dopo TAS, l'ultimo, se non ricordo male, concorso del fu SPS, [Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link] lo riconoscerei anche in mezzo all'oceano. Sono cose che fanno un'invidioso piacere...
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