A me le serie televisive poliziesche piacciono, mi godo anche le repliche. Elementary, Balthazar, Bones... devono essere ragionevolmente credibili, magari anche un po' istruttive nel senso più ampio del termine, avere personaggi ben delineati ma soprattutto umani e sufficientemete realistici da non farmi dire "ma anche no!" e regalarmi un'oretta di relax. In questi giorni vado di Dexter, ma dopo la prima serie... chi ha tempo non aspetti tempo, e per la serie 7/8 in cui entra in scena Isaak Sirko (ebbene sì lo confesso

aspettavo lui... non importa se sembra adolescenziale, chissenefrega), ordinati i dvd.
Leggere e scrivere sono tutta un'altra cosa.
Un romanzo mi deve tenere fino all'ultima pagina, senza indurmi nella tentazione di andare a curiosare nell'ultima pagina (sia per l'attesa spasmodica del finale, sia per vedere se ho capito - Jo Nesbo docet).
Scrivere? Beh... la "mia"storia deve togliermi il sonno, "i miei" personaggi prendermi per sfinimento, seguirmi quando vado a camminare, suggerirmi un dialogo mentre lavoro a maglia o riordino un armadio; in primis la storia deve piacermi, anzi deve soddisfare le mie esigenze di lettrice. Strano? Sto rileggendo il romanzo in cui mi sono cimentata agli inizi della mia avventura (mica ho cominciato con dei racconti, no con un romanzo e solo dopo con un corso che mi "sgrossasse un po') e come mi trovo bene tra quelle pagine! Con tanti personaggi di contorno a quei due che mi avevano fatto davvero soffrire. Leggo scoprendo di non ricordare certi passaggi, ogni tanto la trama (era un giallo noir dal sottotitolo Diario intimo di un'indagine banale) mi sfugge, complicata, con tante diramazioni. Ma lì dentro ci sono tanti pensieri miei, tante ansie mie, tanti desideri miei.Quando andrò di editing mi sentirete piangere disperatamente ogni qualvolta mi dovrò liberare di qualcosa (e i suggerimenti di DT di questi mesi mi serviranno) perchè ora la storia non dovrà più piacere solo a me, ma anche forse a qualche incauto lettore cui vorrei trasmette le stesse mie emozioni. Però lì dentro, scontata o banale che sia il tutto, ci dovrò rimanere.
A volte di scontato e banale nelle storie c'è poco: perchè la vita è spesso scontata e banale, perchè quella è. La vita non è quella di Dirk Pitt o di Borne, non quella di un poliziotto che si scazzotta per un quarto d'ora (ricordiamoci che c'è gente che muore per un solo pungo) e poi non ha neanche un graffio e per di più ha ancora le forze per una nottata a rotolarsi tra le lenzuola, ma quella di una persona che si guarda allo specchio e dietro ad un cerotto o ad un occhio gonfio vede anche la paura di non riuscire a non avere paura.
E queto vale per le trame romantiche, per i noir ecc. ecc.
Ora vado a riordinare le idee per lo step, la storia c'è ma è ingarbugliata (e non potrebbe essere diversamente.)